𝘊𝘈𝘗𝘐𝘛𝘖𝘓𝘖 14/ parte 2: "Sotterfugi"
ᏗᎷᎧᏒᏋ ᎥᏁᎦᎥᏁᎥᏖᎧ
"Endless Love"
1 libro
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"Posso sapere perché tenete prigioniera mia sorella, se è stata provata la sua innocenza?" L'uomo dai capelli grigiastri e brizzolati era seduto dietro la scrivania con gli occhi puntati sui fascicoli.
"L'agente che l'ha arrestata è nuovo. Ha commesso un errore." Li rialzò per fissarmi, congiungendo le mani. "Non è necessario trattenere ulteriormente la signorina."
"Chi mi ha chiamato mi ha detto ch'era in guai seri."
"Oh, sì, sì... Sua sorella stava accompagnando una persona che non doveva guidare. Era molto nervoso, per questo gliel'ha detto quando l'ha chiamata." Spiegò spiccio il commissario. Feci vagare lo sguardo altrove. "Mi dispiace che si sia dovuto precipitare qui. Dopotutto sua sorella è una persona adulta, può cavarsela da sola."
"No. Non sono venuto qui per niente... Lui voleva che lo scoprissi."
"Stia molto attento."
"Altrettanto." Risposi e in quel momento realizzai che partecipare a quel complotto doveva avergli fatto guadagnare parecchi quattrini. "È difficile nascondere una trappola, vero?" Immediatamente attirai su di me lo sguardo stupefatto dell'uomo. "Non si stancano mai."
"Scusi, cosa intende?"
"A nulla. Mi capisco io." Detto ciò, spalancai la porta e uscii nel corridoio, sorpassando il biondo, ch'era stravaccato comodamente sulla prima sedia della fila.
"È il mio turno." Proferí con tono beffardo.
"Ci vediamo dopo." dissi sottovoce, incamminandomi prima di svoltare all'angolo.
Tanto avevo capito quel giochetto che aveva montato con la complicità di quelle persone per poter incastrare mia sorella.
"Tuo fratello si arrabbierà moltissimo quando lo verrà a sapere! Perché non gliel'hai detto, Kyla? Perché nascondere ad Aymeric che sei la sorella di Lucas, mhm?"
Avevo un disperato bisogno di scoprire che cosa le fosse passato per l'anticamera del cervello, mentre tremava come una foglia scossa dal vento.
Continuai a gesticolare con la mano al limite dell'esasperazione e l'altra poggiata sul fianco sinistro.
"Amybeth, è successo tutto così in fretta. Volevo davvero dirglielo. Io..."
"Kyla!" Sbottò il riccio interrompendo la nostra conversazione e ci raggiunse svelto, afferrandole il braccio infervorato. "Racconterai tutto a me. Cammina." E fu così che la portò via con sé, gettando una fulminea occhiata alla sottoscritta, e la ragazzina non si azzardò a protestare sapendo che nessuna scusa sarebbe servita a calmare i nervi del fratello.
"Cammina."
"Fratellino calmati, ti giuro che ti spiegherò tutto."
"Cosa ci facevi con lui, eh? Rispondi alla domanda!" Strillai non appena varcammo l'uscita della stazione di polizia, costringendola a fermarsi di fronte a me.
"Lucas, tutto ha una spiegazione. Per favore, calmati." Mia sorella era sull'orlo di una vera e propria crisi di pianto.
"Non intendo calmarmi. Mi spiegherai ogni cosa. Andiamo." Le afferrai il braccio per condurla alla limousine. Mi ricordai della presenza dell'autista del signor Dawson, quando si avvicinò a me.
"Come va? Tutto bene?"
"Non sto bene Ivan, è ovvio." Poi ruotai la testa verso mia sorella che aveva chinato il mento in basso. "C'è una cosa che devo risolvere al più presto - e mi rivolsi a Ivan - Tu puoi andare, se ho bisogno ti chiamo, io prendo l'auto. Ho bisogno di fare un lungo discorsetto con mia sorella..." Le posai la mano sul braccio, ordinandole. "Entra in auto forza e in fretta!" Mi infilai nell'abitacolo e lei poco dopo occupò l'altro sedile.
"Fratellino..." Chiuse lo sportello mentre io mettevo la cintura di sicurezza. "Giuro che ti dirò tutto, ma ti assicuro che non è successo niente di male."
"Mi hai deluso. Ora devi dire la verità. Voglio che mi guardi negli occhi e mi spieghi." Udii i suoi sospiri e le tirate di naso mentre avviavo il motore togliendo il freno di stazionamento. "Forse riuscirai a convincermi che non è successo nulla." Dopodiché partimmo allontanandoci da quel posto, con l'abitacolo invaso dai suoi continui singhiozzi. Quante cose erano successe alle mie spalle, che non mi aveva confessato? E cos'era questa storia che stava frequentando Aymeric?
Stavo perdendo di vista i miei fratelli, più cercavo di porre distanza tra quella famiglia e noi, più ci trovavamo vicini.
Jacob e poi Kyla ch'erano entrati a contatto con quella serpe velenosa e dovevo impedire che venissimo distrutti un'altra volta. Ne avevamo già passate molte - indirettamente - per colpa loro. Per colpa di Giselle. Per colpa di Louis. Per colpa di un destino avverso.
Tornai da mio fratello, che oramai stava abbastanza meglio in quanto a colorito e respirazione, poggiando le mani sulle sue spalle, mentre nostra madre lo fissava, addolorata.
"Come hai potuto farlo, Aymeric? Non posso crederci. Mi hai delusa."
"Di questo passo diventerà uno smidollato... Lasciate stare i rimproveri da bambini dell'asilo, si è trattato di un'innocente avventura." Esordì Louis, accarezzandogli la nuca.
"Grazie a te." Sputai, incrociando le braccia al petto e guardai il colpevole con risentimento.
"Prego?"
"Louis, conosci le condizioni di Aymeric. Come ti è venuto in mente di dargli la macchina?"
"E come avrei potuto immaginarlo, amore? Sono l'unico in famiglia che non tratta Aymeric come un bambino. Pensavo che avrebbe fatto un giro breve..."
"L'hai fatto apposta, vero!" Ma la mia era un'affermazione, non solo un'insinuazione. Lui inclinò la testa da un lato, ma quell'espressione angelica non avrebbe più sortito alcun effetto. Era solo una maschera.
"Giuro che non ha fatto niente. È stata tutta colpa mia. Sono solo un po'... stanco, non voglio più andare avanti così... Sono solo un buono a nulla."
"Ok, tranquillo Aymeric." Lo consoló dandogli altre carezze sulla schiena.
"Per favore, andiamocene da qui. Mi sento soffocare." Ci pregò alzandosi in piedi.
"Sembra che dovremmo firmare qualche documento, burocratico. Bisogna aspettare." Poi si rivolse a un agente che stava passando di lì. "Agente, può dirci se possiamo andarcene ora?"
"Spero di farlo uscire prima della fine del mio turno." Rispose.
"Altrimenti che può succedere?" lo interrogai perplessa.
"Il signor Aymeric rimarrà qui tutta la notte."
"No! Perché?" Urlò il castano agitandosi fino a che non iniziò a dimenare le braccia e a mostrare segni di squilibrio. "Non posso! Non voglio. Non ho ucciso nessuno! Non ho fatto niente. Sono innocente. Lasciatemi andare! Lasciatemi andare!"
"Aymeric, calmati..." Sussurrò nostra madre, ma ormai mio fratello era sordo a qualsiasi supplica che gli si rivolgeva.
"Aymeric, calmati! Per favore!" Portai le mani ai lati del contorno del suo viso, era rosso sulle guance e continuava a inveire nel bel mezzo della stanza.
"Idioti!"
"Aymeric... Calmati... Calmati." Riuscii nel mio intento, ma il suo sguardo era carico di sdegno mentre nostra madre gli infilava la giacca che in quello scatto d'ira si era tolto di dosso.
"Sono le procedure, tranquillo."
Lo feci accomodare, mettendogli la giacca sulle spalle per tenerlo al caldo. Sentivo il suo cuore battere forte contro il mio palmo mentre lo tenevo stretto.
"Calmati Aymeric ... Siamo qui con te. Ti giuro che non ti lascerò solo. Calmati... Ti prego." Posai un bacio fra i capelli scuri e feci adagiare la testa sul mio grembo. Pian piano, si acquietò, come un neonato. Intanto Louis e mia madre erano impegnati in una discussione, che francamente non ascoltai chissà quanto. Parlavano di mio padre.
Non si trovava da nessuna parte e non era reperibile al cellulare.
Ma la mia unica priorità in quel momento era confortare e stare accanto a mio fratello. Louis sprofondò nell'altra sedia accavallando le gambe e poco dopo a mia madre squillò il cellulare e si allontanò per poter rispondere.
Fermai la macchina nel retro di un vecchio edificio scolastico dall'intonaco color salmone, dove c'era una panchina in legno e la vecchia segnaletica di un campo di basket ormai inutilizzato. Spensi il motore e osservai dal vetro gli infissi bianchi delle finestre chiuse.
"Perché siamo venuti qui?" Chiese mia sorella, ma non le diedi risposta e scesi dall'auto. M'incamminai con le braccia allacciate dietro la schiena e mi voltai per contemplare l'edificio, facendo riemergere dei ricordi.
"Lo ricordi? Mhm?" Lei si affiancò e tirò su con il naso, con gli occhi arrossati e le palpebre gonfie per l'intero tragitto passato a piagnucolare. Mi fece cenno di no e annuii. "Capisco. L'hai dimenticato, Kyla. Ci avevi mentito anche quella volta... Dicevi che era Richard a copiare e invece eri tu a farlo."
"Lucas, basta."
"Suo padre alcolizzato l'ha tolto da scuola, l'ha picchiato e costretto a lavorare in un'officina."
La biondina tirò su con il naso, spostandosi una ciocca dal volto. "Ogni giorno, quando venivo a scuola, mi guardava da qui."
"Sì, guarda - allungai il braccio puntando il dito contro la finestra, con degli adesivi appiccicati sul vetro - mentre tu studiavi dietro quella finestra e guardavi la pioggia al coperto, lui. - Riportai gli occhi su di lei - stava lavorando sodo qui fuori."
"Fratellino, non farmi questo, ti prego."
"Quanto abbiamo insistito! Quanto tempo nostro padre l'ha supplicato, ma suo padre non lo fece più studiare! Kyla... Quella bugia ha condizionato l'intera vita di Richard. Se menti, distruggerai la vita di qualcun altro. Inclusa la tua." La ragazza alzò lo sguardo per guardarmi. "Ora mi dirai tutto e senza tralasciare i dettagli."
Lei, a quel punto, fece un profondo sospiro e iniziò.
"Sono entrata in un'agenzia."
"Quale agenzia?"
"Agenzia di attuazione del signor. Alfred." Vedendo il mio sguardo farsi accigliato, aggiunse. "È un posto di grande prestigio!"
"Kyla..." Feci un passo avanti. "Se era questo che t'interessava fare, perché non ce l'hai detto? Poi ne riparliamo, adesso spiegami di Aymeric McNulty. Ti stai frequentando con lui?"
"È stata Amybeth... a raccomandarmi all'agenzia." Confessò lasciandomi del tutto interdetto mentre il mio sguardo si perdeva nel vuoto.
Per fortuna, il pericolo era stato scongiurato e mio fratello finalmente varcò l'uscita della centrale, senza passare una sola ora in una cella buia e fredda. Questo fu un vero e proprio sollievo per me.
"Bene, un'altra cosa da aggiungere alla lista... di ringraziamenti che farete a Louis Hynes." Si galvanizzò, ma nessuno di noi gli diede uno straccio di attenzione. Anzi lo ignorai per parlare con Aymeric.
"Vuoi mangiare qualcosa?"
"Andiamo solo a casa."
"Va bene, allora ci guardiamo un film su Netflix. Che preferisci?"
"Che non sia un poliziesco, Aymeric." Ironizzò Louis. Il mio sorriso si smorzò all'istante, quando puntai gli occhi sul biondo. Se il suo intento era fare dell'ironia avrebbe potuto risparmiarsi quella battuta, che faceva ridere soltanto lui. In quel momento, arrivò l'auto tirata a lucido di papà e quest'ultimo si fiondò su Aymeric.
"Figliolo, figliolo.... Stai bene?" Gli stampò un bacio sulla guancia e lo guardo per accertarsene. Aymeric annuì.
"Casey, dov'eri?!" gracchiò mia madre facendolo voltare bruscamente. "Perché non eri con noi?"
Si voltò, di nuovo. "Perdonami, Aymeric." Mio fratello non era affatto seccato, nostra madre invece era così nervosa che non esitò a rifargli la stessa domanda.
"Casey, dimmi dov'eri!"
Repressi uno sbuffo.
"Aymeric tesoro, andiamo con la mia macchina, ok?"
"Buona idea." Mi assecondò, avendo già capito l'aria che tirava. Lo presi per il braccio accompagnandolo verso l'auto, sorpassando anche mio marito, mentre mia madre già aveva iniziato a urlargli contro inferocita i peggiori rimproveri sul fatto che non fosse venuto prima. A volte, non capivo come facesse a tollerare i suoi capricci senza mandarla a quel paese.
"Perché eri nella sua auto, Kyla?" Insistei passeggiando nervosamente nel perimetro di quel campetto mentre lei si era seduta sulla panchina.
"Te l'ho detto, Lucas. Avevo dei compiti in sospeso e stavo andando da un'amica, quando lui si è affiancato a me... Ero confusa ed è stato facile per me accettare quel passaggio, dopo che ho pensato che se mio fratello mi avesse visto, sono sicura che mi avrebbe uccisa."
"Stai dicendo la verità?" Lei fece sì con il capo osservandomi e alzai l'indice, sentenziando. "Ascolta, se mi stai mentendo per paura, mi arrabbio." Sbattei le mani. "Prima di tutto lascerai quest'agenzia. Poi, lo dirai ai nostri genitori e se loro sono d'accordo - alzai le mani in alto - ti sosterrò."
"No, Lucas." Scattò in piedi. "Ti prometto che lascerò l'agenzia, ma non dire niente ai nostri genitori, altrimenti nostra madre non mi fa più uscire di casa."
"Kyla, tu da sola ti sei messa in mezzo a questa famiglia, se si ripete, non sarò così tranquillo."
"Giuro che non succederà più, sul serio. Te lo prometto, davvero!"
"C'è qualcosa che non mi hai detto?" insinuai riducendo le palpebre in due fessure.
Parve rifletterci un istante, per poi sussurrare. "No..."
"Che mi dici di Louis? - mia sorella rialzò lo sguardo sofferente- L'hai mai visto prima?"
Altri secondi di silenzio.
"No... Ci siamo incontrati solo oggi."
Mugugnai qualcosa e mi feci ancora più vicino al suo volto, specchiandomi nelle sue iridi azzurre, tenendo d'occhio ogni minima reazione facciale.
"Non. Voglio. Bugie." Scandii.
"No..." ripeté con una vocina stridula. Mi separai di qualche centimetro e cercai di fidarmi delle sue parole.
"Entra in auto, su."
"Lucas, - si scostò un'altra ciocca dal volto - non dirai nulla ai nostri genitori, vero?"
"No per il momento." Lei sollevata mi si buttò addosso circondandomi il collo con le sue piccole braccia e quando sciolse l'abbraccio ci dirigemmo verso la macchina. Misi in moto e ripartimmo. Forse lei era più tranquilla e leggera avendo la certezza che per il momento non avrei confessato il suo segreto, io un po' meno a causa dei presentimenti che non abbandonavano la mia testa.
"Amybeth, possiamo salire sopra prima che arrivino i nostri genitori?" Mi implorò Aymeric con fare scocciato mentre lo aiutavo a togliersi il cappotto.
"Sarà meglio scappare e di corsa! Ricordi il gioco che facevamo da piccoli?"
Ridacchiammo e ci lanciammo su per le scale, ma i nostri piani naufragarono quando la voce di Louis risuonò alle nostre spalle.
"Aymeric? Vieni un attimo?" Mi fermai appoggiandomi al muro, a braccia conserte, in attesa che mio fratello si sbrigasse.
Dopo aver scambiato poche battute con mio marito, ritornò al mio fianco e salimmo sopra.
"Cosa ti ha dato?"
"Be, questo."
Mi mostrò un portachiavi a forma di macchina. Era carino e gli rivolsi un sorriso affettuoso, poi rimettendogli la mano sulla spalla, proseguimmo in direzione delle camere. Mi divertivo a stare con mio fratello e adesso lui aveva più che mai bisogno di distrazioni e una buona dose di divertimento. Non volevamo sorbirci altri drammi familiari.
Stare in quella casa era meno "terrificante" se passavo del tempo con Aymeric dinanzi a un bel film, almeno così potevo gioire per la felicità toccata ai protagonisti piuttosto che crogiolarmi nel mio inferno.
Arrestai l'auto di fronte alla nostra casa e misi troppo velocemente il piede sul freno tanto da farla sballottare.
"Fratellino - la guardai con la mano posata ancora sul volante - Non parlerai, vero?"
"Né abbiamo già parlato." Fece per aprire la portiera, poi la richiuse, notando che non avevo spento il motore. "E tu non entri?"
"Ho degli affari in sospeso."
La ragazza non chiese altro, captando in qualche modo la mia voglia di solitudine.
Seguii attentamente il suo tragitto fino al cancello e poi ingranai la marcia facendo stridere le ruote sull'asfalto mentre me la lasciavo dietro.
Iniziai a guidare con più avventatezza, facendo slalom pericolosi da una corsia all'altra, mentre tenevo comunque d'occhio il rettilineo dinanzi a me. Guardai per un istante le indicazioni sul navigatore che avevo impostato nel mentre, prima di forzare di più sull'acceleratore.
Pov's Louis
Mi apprestai a scendere le scale di casa quando il cellulare di lei vibrò nella tasca dei pantaloni. Quando guardai il display, lessi sottovoce il nome di un uomo: un certo "Dalmar."
Doveva essere qualche conoscente di Kyla e increspai le labbra in un sorriso. Alla fine, ero entrato in possesso del suo cellulare, quando gliel'aveva sottratto alla stazione di polizia.
"Ora ch'è successo?" La voce di mio padre mi fece tornare con i piedi per terra. Rimisi il cellulare in tasca e mi voltai.
"Niente. Abbiamo solo tirato fuori Aymeric..."
"Puoi venire con me?" mi interruppe bruscamente dall'alto della scala. Lo seguii, non sapendo di cosa volesse parlarmi dato che gli avevo chiarito di avere la situazione perennemente sotto controllo.
"Stai meglio?" Domandò papà toccandogli la spalla.
Eravamo riuniti in camera di Aymeric, ch'era semidisteso nel letto, circondato dalle persone che lo amavano.
"Mi fa male solo la testa."
"È perfettamente normale, è tutto dovuto allo stress." Intervenne nostra madre, strappandomi una leggera risata.
Mi allungai e gli diedi un pizzicotto sulla guancia.
"Sei stato cattivello, fratellino! Attento o la prossima volta la mamma ti chiude in cantina a pane e acqua."
Mise su il solito broncio.
"Amybeth, zitta!" Urlò mia madre stizzita. "Guardami... Tu che stavi facendo con quella ragazza?"
"Uff, mamma mi piace! Perché è così difficile da capire?"
"Non può essere!" Guardai in direzione di mio padre e lui non poteva aprire bocca. Non dopo la sfuriata di prima. "Hai altre scelte... Ma lei no!"
"Altre scelte?" Aymeric sbuffò. "Mamma... Uffa! Riesci a tormentarmi più tardi? È chiaro che adesso io e lei non andremo più d'accordo."
"Basta Giselle, andiamo." La interruppe quel sant'uomo di mio padre e la donna se ne andò con aria dritta e fiera dalla stanza. Mio padre scompigliò i capelli di mio fratello, che sospirò rumorosamente, e gli feci un lieve sorriso. Almeno mia madre non avrebbe toccato quell'argomento per un po'.
Non volevo che mio fratello patisse l'inferno come me, era già molto fragile di suo e si era appena invaghito di una ragazza che ovviamente non piaceva a mia madre perché era la sorella del mio ex fidanzato...
Il mondo era praticamente tutto là e sembrava condurre a un qualcosa che nessuno poteva ormai evitare. I nostri destini erano collegati dopo tanto tempo.
Pov's Louis
Mio padre restò in silenzio per parecchi minuti, prima di abbassarsi alla mia altezza puntellando le mani sui braccioli e trafiggermi con i suoi occhi.
Poi passò più volte la mano sulla mia guancia, ma non mossi un muscolo facciale. "Né Amybeth, né Aymeric... per nessuno di loro, voglio che tu sia in pericolo."
Sollevai la mano. "Papà, è stata una lezione. Se non gli ricordo chi comanda in famiglia, loro lo dimenticheranno."
Si raddrizzò. "Si tengono occupati. Pensi molto a loro. Ti distrai e potresti sbagliare nel cercare di salvarli. Ti concentri su cose insignificanti."
"Pensi ancora che mi stiano ricattando?" L'uomo annuì con convinzione. "Nessuno oserebbe mai minacciarmi, papà. Non ti fidi di me?" Estrasse dalla tasca un foglio ripiegato su sé stesso e lo lasciò scivolare sul tavolo. Lo presi e guardai il contenuto. C'erano segnalati dei numeri in colonna, alcuni evidenziati. Alzai il capo. "E questo? Controlli i nostri conti in banca?"
"Non m'importa come spendi i soldi, ma se qualcuno ti ricatta - puntò il dito addosso - ho bisogno che tu me lo dica."
Accartocciai il foglio nel mio pugno con sdegno, ringhiando a denti stretti. "Se mi fai di nuovo questo o mi interroghi, lascerò la società papà e venderò le mie azioni."
Tornò a guardarmi dritto negli occhi e l'espressione dura che aveva si ammorbidì, mentre mi accarezzava dolcemente la guancia come a voler togliermi dalla faccia la tensione che mi aveva reso un fascio di nervi. "Bene, figliolo, bene. Se mi dici che va tutto bene, ti credo. Capisci che sei il mio unico figlio? Nessuno può diffamarti, metterti alle strette o farti del male, senza ricevere una punizione esemplare. Voglio che non lo dimentichi mai, Louis."
Distolsi il viso, annuendo. Poi sollevai gli occhi.
"Non posso dimenticarlo, papà. Lo so bene." Mi alzai per dirigermi alla porta. "Vado a fare una doccia ed esco. Ho bisogno di un po' d'aria fresca."
Dopodiché, uscii da lì, fermandomi in un punto del corridoio, perdendomi un attimo nei pensieri riguardo a quel discorso. Dovevo guardarmi le spalle anche dal mio stesso genitore. Non potevo fidarmi di lui, come della mia ombra.
Con le mani posizionate sotto il mento, in ginocchio con i gomiti sulle coperte - proprio come da bambina - osservavo mio fratello, ch'era sul punto di addormentarsi... ma mi conosceva troppo bene e sapeva quali pensieri mi stessero assillando da minuti. Spalancò gli occhi. "Muori dalla voglia di chiedermelo. Fallo."
Feci spallucce. "Preferirei che me lo dicessi tu, fratellino."
Osservò il gingillo ancora nelle sue mani e disse: "Sai, per la prima volta mi sono sentito un vero uomo. Mi sentivo importante, credimi." Sbattei le ciglia con espressione sognante. L'amore era uguale per tutti, allo stesso modo si insinuava nel corpo e faceva vivere il tuo cuore colmandolo di gioia. "Ho pensato che se avessi avuto una possibilità con lei, sarebbe successo qualcosa. Lei mi piace. Ero felice... Ma non è successo niente. Perché ho rovinato tutto?"
Tolsi le mani dal viso per intrecciarle sulle lenzuola.
"Non è colpa tua se sei malato."
"Ma ne soffro le conseguenze."
Abbassai lentamente il viso. "L'ostacolo tra te e Kyla non è la tua malattia, Aymeric."
"Mi piace una ragazza... e si dà il caso che sia la sorella del tuo ex."
Detto così ci potremmo anche ridere sopra... che a mio fratello piaccia proprio la sorella del ragazzo con cui ho passato gli anni più belli e intensi della mia vita. Magari per far venire i capelli bianchi a nostra madre per il ridicolo tiro mancino. Ha cercato di tenere me e Lucas lontani e si ritrova a fare i conti con Aymeric e Kyla.
Strinsi la mano del castano. "Potrai provare di nuovo questi sentimenti, Aymeric. Un giorno..."
"Stai dicendo che dovrei arrendermi? Che il nostro amore è impossibile solo perché è la sorella di Lucas?"
"Sfortunatamente... Se ce ne fosse un'altra, ti sosterrei e ti direi di non arrenderti, di lottare, ma..."
"Ma?"
"Ma non con Kyla, Aymeric. Lo sai, non funzionerà." Strizzò gli occhi e provò a posare la testa sul cuscino. "Per favore, dimenticala. Promettilo."
Il castano mi guardò ancora, ma sapevo che non condivideva quelle parole, ma lo faceva per lui, per evitargli che incorresse in delusioni che in primis avevano distrutto la me del passato.
❛...❜
"Sai, qual è la cosa più strana?" Riprese mio fratello, mentre avevo la guancia premuta sulla mano sovrapposta sull'altra.
"Cosa?"
"Da che mi ricordo, abbiamo sempre avuto una connessione così speciale..." Sghignazzai schiacciando la faccia sul lenzuolo. "Non lo credi?"
"Sciocco."
"Questo è il chiaro segnale che siamo fratelli. Vieni qui." Fu lui ad abbracciarmi.
"Sei pazzo." Dopodiché tornammo nelle posizioni originali - lui disteso con la testa sul cuscino, io inginocchiata vicino al suo letto matrimoniale.
"Amybeth... Tu dici che non può funzionare e devo dimenticarla." Mugugnai un verso affermativo. "Lo dici pensando a me o a te?"
Insomma... Il mio amore con Lucas non ha mai avuto modo di vivere alla luce del sole ed è stato sopraffatto dalla volontà di altri... Non volevo che mio fratello avesse la stessa sorte. Che soffrisse come me...
"Penso per tutti e due." Dissi e infine mi misi in piedi. "Me ne vado in camera mia. È l'ultima cosa di cui voglio parlare adesso, Aymeric."
"Perché non credi alla possibilità che possa essere felice? Mi farebbe bene."
Mi sedetti accanto a lui per guardarlo negli occhi.
"Perché ci sono molti ostacoli. Con Kyla non saresti felice. Il suo primo ostacolo sono io e non perché stia cercando di esserlo... Quello che ho vissuto nel passato con Lucas rovinerebbe la tua felicità, capisci?"
"Un punto di forza tra fratelli."
"Aymeric, ricorda che siamo fratelli." Fece sì con il capo. "Quello che passerai con Kyla prima o poi mi toccherà." Mi osservò in silenzio per tutto il tempo. "Quello che ho vissuto con Lucas, prima o poi, si ripercuoterà anche su di te. Non c'è alcun modo di essere felici."
"Nessuno dei due?"
Annuii. "Nessuno dei due." Sentenziai e si spinse in avanti per abbracciarmi. Gravava una maledizione che purtroppo era troppo forte per essere spezzata.
"Questo è il contratto con Kyla." Mi porse il fascicolo che strappai dalle mani del tizio dell'agenzia, dietro la scrivania.
Lo aprii iniziando a leggere le prime righe. "Grazie."
"Kyla è molto interessata al mondo dello spettacolo e ha talento. Ha già ricevuto un'offerta di lavoro per questo." Spiegò spiccio fin troppo esaltato.
Sospirai. "Sí, lo sapevo già."
"La H. Life sarà un ottimo impulso per la sua carriera."
Non potei credere alle mie orecchie quando si lasciò sfuggire quest'informazione.
"Aspetti un minuto..." Lo guardai non battendo assolutamente le palpebre e le mie iridi restarono inchiodate sull'uomo. "L'offerta proviene dalla società di Louis Hynes?"
"Sì. Appartiene alla loro società." Confermò.
"Conosce Louis Hynes?"
"Sí, è il mio amico. C'è qualche problema?" In quel frangente, non seppi come mantenere la compostezza e mi limitai a conficcare le unghie nel fascicolo, finendo per sfogare su quello la mia frustrazione.
"No. Nessuno. Ma non rappresenterà più mia sorella."
"Signor Lucas ..." provò inutilmente a parlarmi, ma ero già schizzato via dall'ufficio, fino al corridoio e al cancello per raggiungere la mia auto parcheggiata lì davanti.
Poi, un flashback s'insinuò nel mio cervello mentre aprivo la portiera. Ricordai quando mi aveva detto la frase: "Se fai affari con la mia famiglia, anche io lo farò a mia volta." Così, mi infilai nell'abitacolo e partii subito.
Se aveva deciso di volermi sfidare, allora era meglio che Hynes si preparasse perché non l'avrebbe passata liscia. Non stavolta. Non se il suo obiettivo era colpire la mia famiglia.
Uscii dalla camera di mio fratello per lasciarlo riposare un pochino e mi diressi alla porta dell'ufficio di Louis bussando. "Avanti."
Quest'ultimo era da poco uscito dalla doccia, intento ad asciugarsi la chioma bionda con un asciugamano e impegnato a parlare al telefono. Salutò il suo interlocutore non appena mi sedetti di fronte a lui.
"Cosa stai cercando di fare, Louis?"
"Dimmi cos'ho fatto tesoro, così che ti abitui a venire a trovarmi."
"Aymeric mi ha già raccontato tutto. Ha detto che si sono conosciuti all'agenzia, quindi... dimmi - socchiusi gli occhi in fessure - che stai cercando, Louis?"
"Una ragazza conosce Aymeric all'agenzia e dopo salta fuori ch'è la sorella di Lucas. Che devo cercare?" Si spinsi in avanti. "Risolvo i problemi della tua famiglia, ma non è il mio unico lavoro." Distolsi il volto dal suo. "Abbiamo assunto l'agenzia di Alfred. Mi ha chiamato per avvisarmi che non ha ancora la modella per gli annunci. Non capisco cosa ti dia tanto fastidio."
"So molto bene che hai prestato la tua auto ad Aymeric solo per fargli del male."
"Come potevo sapere che una volta uscito, la polizia lo avrebbe fermato?"
Mi mossi leggermente sulla poltrona, intrecciando le mani e guardandolo negli occhi.
"A volte dimentichi cosa ci lega, Louis: Aymeric. Quello che mi tiene ancora al tuo fianco è mio fratello. Non dimenticarlo, ok? D'ora in avanti, lo tratterai bene, ti occuperai della sua salute. Se per qualsiasi motivo, Aymeric dovessi farsi male per colpa tua, allora..."
"Mi chiedo cosa farai..."
"Allora tu avrai cancellato il nostro accordo non io." risposi con lo stesso tono strafottente. Louis si limitò a fissarmi a lungo senza proferire parola e a quel punto mi alzai per andarmene.
Ormai era calata la sera e non avevo smesso di girovagare per le strade con l'auto.
Quando arrivai nei pressi di un incrocio, non molto distante dal centro, mi resi conto che quel modello sportivo apparteneva proprio ad Hynes. Anche se ne rese conto e improvvisamente accelerò, costringendomi a cambiare marcia e spingere sul contachilometri sempre più su.
Mi spostai sulla corsia di sinistra per stargli con il fiato sul collo, poi a destra e a sinistra ancora riuscendo ad affiancarlo. Aprii subito il finestrino, ordinandogli. "Accosta!" Ma non mi ascoltò e semmai accelerò di più sorpassandomi. Gli feci altri segnali con gli abbaglianti e lo superai definitivamente, per poi frenare bruscamente e posizionarmi in obliquo per intralciargli la strada.
Dopo scesi immediatamente sbattendo forte lo sportello.
"Non ci stavamo divertendo? Che guastafeste!"
Gli lanciai addosso quel ridicolo contratto e mi riservò uno sguardo sbalordito.
"Non toccare i miei fratelli. Non sono i tuoi giocattoli."
"Di cosa sta parlando?" Venne nella mia direzione, schierandosi a qualche centimetro da me.
"Non scherzare con Jacob e stai lontano da Kyla! Non li comprerai come fai con i tuoi burattini!" ringhiai a denti stretti.
"Non capisco di cosa sta parlando. Jacob è solo il mio barbiere e con Kyla... non ho alcun legame."
"Smettila di giocare. Tua moglie l'ha raccomandata in agenzia e tu le hai fatto una generosa offerta di lavoro."
"Offerta di lavoro? Quale?"
"Se vuoi una guerra, l'avrai." Sentenziai. Si dipinse in faccia il solito ghigno ripugnante. "Ma stai lontano dai miei fratelli. Stai lontano dalla mia famiglia."
"Oh, che paura! Guarda... Sto tremando!" Tornò serio di colpo. "Non me ne frega niente della sua famiglia. Non scelgo io i miei impiegati. Loro si prostrano ai miei piedi. Proprio come te."
Improvvisamente tutto il mio autocontrollo vacillò e gli afferrai un lembo della giacca, facendolo scontrare contro il mio torace mentre piantavo gli occhi nei suoi, come un palo dritto nel cuore. "Ascoltami bene! La mia pazienza ha un limite. Non giocare con il fuoco... perché potresti bruciarti."
"Mi vuole picchiare?"
Guardai la sua espressione fintamente spaventata, che anelava quel pugno più di qualsiasi altra cosa, e lasciai la presa.
"Non m'interessa stare al tuo gioco - gli spuntò un altro sorrisetto - però se insisti e mi spingi a farlo... non mi tirerò indietro."
"Prendi posto Lucas Zumann. È qui solo perché io lo permetto. Se io non lo volessi non vivresti né in questo distretto ne dà qualsiasi altra parte della città."
"Gioca alle mie spalle quanto vuoi, ma non vincerai. Poco a poco... capirai che contro di me sei sempre destinato a perdere." Osservai il suo sorriso affievolirsi. "Stai lontano dalla mia famiglia. È l'ultimo avvertimento." Gli diedi le spalle e salii in auto, sgommando via.
Seduta sul mio letto, continuavo a muovere le gambe, tenendo tra le mani il cellulare.
Ero combattuta se fare quel passo o lasciar perdere, ma alla fine mi decisi a seguire il mio cuore. Aprii la chat dei messaggi iniziando a digitare e a ripetere mentalmente il testo.
"Dobbiamo parlare di quello ch'è successo oggi. Ci vediamo tra un'ora al muro. Amybeth." Premetti invio e tirai un sospiro. Appoggiai il telefono sulle gambe e attesi che visualizzasse.
Sperai che mi desse l'opportunità d'incontrarlo.
Il cellulare trillò per una notifica e distolsi un secondo gli occhi dalla strada per aprire l'sms.
Era un messaggio di Amybeth.
Mi dava appuntamento a un posto che conoscevo fin troppo bene, dove i ricordi mi sarebbero piombati addosso come macigni.
Non so se sarei stato capace di affrontare quel momento... Considerato quelli precedenti in cui l'avevo trattata male e gettato addosso il mio risentimento.
Ma in quel momento, mi sentivo un povero idiota, che non aveva il coraggio di scendere e marciare fin là per affrontare la ragazza che mi aveva rubato il cuore e poi l'aveva calpestato.
L'osservavo da lontano immobile sul sedile, mentre Amybeth mi aspettava da chissà quanti minuti invano, sperando che arrivassi.
Si guardava attorno e passeggiava avanti e indietro, mentre i miei occhi iniziarono a pizzicare e riempirsi di lacrime, quando l'ennesimo tuffo nel passato mi saettò nella mente.
E la ferita riprese a bruciare con più intensità fino a lasciarmi senza respiro.
FINE CAPITOLO
Salve cari lettori, ecco a voi il nuovo aggiornamento di "Amore Infinito" che vi ricordo sarà ricco di colpi di scena!
Amybeth sembra aver capito il gioco del marito e lo intima di non ferire suo fratello o romperà l'accordo tra loro due. Nel frattempo, Lucas cerca con ogni mezzo di strappare i suoi fratelli dalle grinfie di Hynes! Ma la guerra sembra quasi alle inevitabile fra i due uomini.
Lucas sembra intenzionato a non tirarsi indietro! Cosa pensate succederà con così tanta tensione nell'aria?
Aymeric, intanto, si è preso una cotta per Kyla ma il loro è un amore impossibile, cosa a suo tempo lo fu per Amybeth e Lucas. Vi consiglio di non perdere i prossimi capitoli della storia perché Hynes ne combinerà di tutti i colori!
Se questo capitolo è stato di vostro gradimento fatemi sapere che cosa ne pensate e soprattutto inserite una stellina.
Grazie mille per il supporto. ❤️
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