extra: spoiler
Spoiler!
La neve iniziò ad imbiancare la strada, che correva parallela al mare.
Trovai un posto isolato e fermai l'auto sul ciglio, lì dove c'era una panchina anch'essa ricoperta di uno spesso strato di neve.
Con la mano la scostai e mi sedetti, posizionando il libro sulle mie cosce per poi spalancarlo davanti ai miei occhi.
Annusai l'inchiostro secco inciso sulle pagine, appoggiai le labbra su una foto baciandola e continuai a sfogliare.
Il vento soffiava fra i ricci scomposti e le onde s'infrangevano sugli scogli con prepotenza.
Eravamo entrambi agitati.
Alzai lo sguardo, chiusi gli occhi e allargai un sorriso, perché saperlo mi aveva reso l'uomo più felice del mondo.
Non m'importava che di lei. Mi aveva fatto rinascere dalle ceneri e ridato la forza di combattere quella guerra.
Man mano che sfogliavo, mi si presentavano immagini in primo piano di un bambino che si stava formando mese dopo mese... nel suo grembo. Il rumore dell'oceano accompagnava i miei pensieri più intimi.
«Questa mattina, ho avuto paura.
Mi sono lasciata prendere dal panico.
Sono andata dal dottore, anticipando di molto l'ultima visita. Il dottore ha detto che non manca molto e potrebbe accadere in ogni momento. Ha così tanta voglia di conoscerci, che la sento scalpitare nella pancia.»
«Nostra figlia sta per nascere, Lucas. Faccio fatica a trattenere l'emozione. Stamattina mi sono svegliata con delle fitte al basso ventre. Sono arrivata in ospedale e mi hanno ricoverato. Le contrazioni non sono abbastanza forti e la dilatazione è poco. Mi hanno raccomandato di camminare per stimolarla. Credi che funzionerà?».
Sì portò d'istinto la mano sul pancione, camminando con le gambe leggermente divaricate - a detta sua, avrebbe velocizzato il travaglio e buttò la testa all'indietro.
Aveva i capelli raccolti in uno chignon disordinato, con qualche ciocca qua e là che le sfuggiva e la fronte grondante di sudore.
Tirò un leggero sospiro e arricciò alla fronte al sopraggiungere di una contrazione. Accarezzò dolcemente il pancione, mentre ne stavo in disparte, ad osservarla da lontano.
«Senti molto dolore?» chiesi, ma non poté rispondermi perché stava respingendo l'ennesima contrazione che l'aveva piegata in due.
«Il travaglio è cominciato. Passeggiare nel corridoio ha dato i suoi frutti, ma il dolore equivale adesso a pugnalate. Più vado avanti, più mia figlia si avvicina alla vita che l'accoglierà a braccia aperte. Ho ascoltato anche il suo battito e la buona notizia è ch'è in posizione. Manca davvero poco.»
«Perchè hai voluto rubarmi questo momento?» Mi domandai vedendola stringere i denti e inarcare la schiena.
«Sono state le ore e i minuti più faticosi, emozionanti e spaventosi della mia vita. Ho sperato che potessi raggiungermi, stare lì, tenermi la mano. Il mio cervello si rifiutava di cancellarti... e in quei momenti in cui tutto sembrava crollare intorno a me - tu eri lì a darmi la forza. In quella fase, in tutto quel dolore, la tua immagine era l'unica immagine che mi compariva davanti... Percepisco la stretta delle nostre mani indivisibili. Ti vedo sconvolto, con la faccia pallida....»
«Mio Dio, Mio Dio... Signore dammi la forza... Ti prego!» Sussurrò fra sé e sé, mentre le andavo dietro prendendola dolcemente per le spalle. Poi un'altra fitta la costrinse a bloccarsi e piegarsi raccogliendo le mani al basso ventre.
«Ok, ok... Ora passa, passa tutto. Amybeth... Amybeth, andrà tutto a meraviglia, tesoro.» posai le mani attorno al suo volto madido di sudore.
«Lucas, come fai a dire che passerà se il travaglio è appena iniziato?»
«Ora basta camminare... finirai per stancarti di più. Andiamo, ti accompagno in camera, così riposi.»
«Ma la dilatazione non è quella giusta! Dovrei essere già di quattro centimetri...», diedi un'occhiata all'orologio sul polso per controllare.
«Si, le contrazioni sono... Ogni otto minuti. C'è abbastanza tempo.»
Sì coprì il viso con una mano e sbuffò. «No... No... Ancora otto...»
«Amybeth, non litighiamo per otto o cinque minuti, va bene?»
Afferrai il suo braccio per incitarla a seguirmi. La sostenni con l'altro, attorno alle sue spalle ed entrammo. L'aiutai a sedersi sul ciglio.
«Hai sentito cos'ha detto il dottore prima? Finché le contrazioni sono così distanziate fra loro non c'è rischio che abbia il bambino adesso!» Esclamò.
Tornò ai suoi esercizi di respirazione, espirò ed inspirò più volte.
«Ok... Allora possiamo pensare a qualcosa di bello... Di positivo nel frattempo che aspettiamo che la dilatazione sia completa?» Proposi. «Che ne dici? Eh?»
Si voltò. «Oh, ci sarebbe un po' di cioccolata ai distributori. Me la puoi portare?»
«Vuoi il cioccolato?» Chiesi perplesso.
Deglutì. «Hai detto che devo pensare a cose belle, positive... Per me il cioccolato lo è più di ogni altra cosa. Puoi portarmelo? Per favore!»
Sorrisi. «Voglio dire, Amybeth...»
«Smettila di prendermi in giro e vai a comprarla!» Mi ordinò e scattai in direzione dei distributori automatici. Misi delle monete e tirai fuori una barretta al cioccolato, l'unica reperibile, e feci ritorno nella camera vedendola girarsi subito.
«Non posso crederci! Non posso crederci che vuoi mangiare cioccolato prima di partorire, Amybeth!» Le porsi la barretta e lei ruppe un piccolo cubetto portarselo alle labbra.
«Perchè ora ho bisogno di energia per il parto», mentre stava masticando si portò istantaneamente la mano alla pancia e conficcò le unghie sul mio pantalone.
Smise di parlarmi, concentrandosi a respirare ed emise dei lamenti.
«Cosa c'è? Stai bene?» le chiesi preoccupato avvolgendole le spalle, sentendomi impotente nel vederla stare così male, in quello stato. «Su, respira... piano...», la istruii passandole la mano sulla schiena su e giù per darle sollievo. «Dimmi quello che posso fare! Parlami!» Arricciò il naso e cercò a tentoni la mia mano per stringerla come valvola di sfogo, prima di guardarmi negli occhi. Le passai le mani sul volto stravolto dalla fatica e tolsi il codino dai suoi capelli, facendoli cascare sulle spalle e sul petto.
Intanto respirava profondamente, segno che ormai le contrazioni stavano raggiungendo il picco massimo e affondò i denti nel labbro inferiore.
«Amybeth...» La chiamai dolcemente togliendole i capelli dalla faccia, mentre lei spingeva la fronte contro la mia e posava la mano sul mio petto. La sua cassa toracica ormai rimbalzava su e giù e le sfuggì un rantolo.
«Lucas...» sollevò a rallentatore le sue pietre azzurre nei miei. «Non sei reale in questo momento, vero?»
«Shh...» sibilai, lasciandole un bacio lungo sulla fronte e poi si abbandonò fra le mie braccia, prima di sentirla mugolare un'altra volta.
«Non sei qui, in questo momento. Non la vedrai nascere... non mi stringerai la mano...» biascicò, nascondendo la faccia sul mio petto e stringendo un lembo della mia camicia, come se volesse trattenermi al suo fianco.
«Non importa qui o altrove, l'unico posto dove mi troverai sempre è il tuo cuore Amybeth.»
Si separò di nuovo e rialzò la testa, guardandomi negli occhi, fino a quando non avvertì il dolore tormentarla e iniziò a respirare con più frequenza e affanno di prima, mentre una lacrima le rigava la guancia.
«Credo che ci siamo, Lucas. Chiama qualcuno... il dolore è forte!»
«Quando non ti ho trovato mi sono sentita mancare la terra sotto i piedi. Mi sono chiesa "dove fossi" e mentre mi guardo intorno... sentivo un peso sulla mia coscienza. Per la prima volta, la tua assenza mi aveva fatto male... i rimorsi attanagliavano la mia anima.
Dopo non so quanti minuti di spinte interrotte, ho sentito quel vagito meraviglioso, che apparteneva alla nostra bambina. Ma quando è venuta in questo mondo, non sono stata abbastanza forte per accoglierla.»
«I miei occhi si sono chiusi, in quell'esatto momento. Quando credevo che il buio avrebbe continuato a gravitare su di me, la luce l'aveva appena squarciato. Mi è bastato pensare a te e alla mia bambina per ritrovare l'uscita... C'erano troppe cose che avrei perduto. E una cosa... eri tu e mia figlia.»
Se vi piace questa parte inedita, mettete una stellina e aspetto i vostri commenti...
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