03. La ragazza di provincia

oppure, in cui Fujiko Gojo non è più l'unica ragazza del gruppo

La giornata seguente era stata calma.

Fujiko aveva dormito come un sasso dopo la visita da Shoko e la notizia, proveniente da suo fratello, che il preside Yaga era già consapevole di cosa fosse successo col feticcio. La Gojo immaginò che i futuri studenti non avrebbero mai più avuto a che fare con le ricerche di oggetti di Livello Speciale.

Essendo che suo fratello era via, così come il suo unico, attuale, compagno di anno e tutti (ma proprio tutti) gli studenti, le lezione quel giorno erano sospese. Fujiko avrebbe festeggiato se non fosse che si riteneva colpevole di tutto quello che fosse successo.

Ma, a parte i suoi sensi di colpa, la giornata andò bene: si svegliò molto presto, si allenò nella corsa e col saltò alla corda, suo fratello le confidò che Itadori si era svegliato senza lasciare il controllo del proprio corpo a Sukuna e che gli aveva proposto di essere il recipiente della maledizione (entrambi i fratelli concordarono che il ragazzo avrebbe accettato di diventare un recipiente)e Megumi l'aggiornò dicendo che lui sarebbe tornato quella sera, mentre Satoru e Itadori sarebbero rimasti ancora un po' a Sendai.

Arrivata la sera, infatti, Fujiko accolse Megumi all'entrata con un abbraccio, ignorando le varie ferite del ragazzo, che si lamentò. Sciolse praticamente subito l'abbraccio, perché, comunque, non voleva peggiorare la situazione dell'amico.

La Gojo accompagnò il corvino da Shoko, per poi lasciarlo lì e dirigersi per i fatti suoi verso la sua camera.

La mattina seguente, Fujiko venne svegliata dalla notifica di un messaggio di suo fratello: lui e Itadori erano arrivati a Tokyo. La ragazza rispose scrivendo che li avrebbe aspettati nei dormitori.

E, infatti, Fujiko uscì dalla sua camera quando sentì i passi dei due farsi spazio nel silenzio del corridoio. Poco dopo, fu accolta dal borbottio di Megumi.

«Sbaglio, o ci sono un sacco di stanze libere?».

Fujiko ridacchiò. «Sei sempre così espansivo, Megumi» fece con sarcasmo, facendo capolino dalla porta del corvino lasciata aperta.

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, mentre Itadori andò a vedere l'interno della stanza di Megumi e Satoru si avvicinò alla sorella con un sorriso.

«Ciao, sorellina, come va?» la salutò, non prima di averle scompigliato i capelli come suo solito.

Fujiko spostò la mano del fratello dalla sua testa, quasi sbuffando. «Tutto bene, tu?».

«Bene! Hai un nuovo compagno!» disse esuberante l'uomo, indicando Itadori mentre Megumi gli chiudeva la porta sulla nuca.

Il ragazzo dai capelli rosa si girò toccandosi la nuca e osservando Fujiko, a quel punto, come rendendosi conto di non averla salutata - con le mani lungo i fianchi - si inchinò leggermente.
«Buongiorno! Non ci siamo ancora presentati: io sono Yuji Itadori, piacere di conoscerti».

La ragazza trattenne una risata e, con ancora l'ombra di un sorriso addosso, si inchinò a sua volta, con le braccia davanti al corpo. «Piacere, Fujiko Gojo» si presentò. Una volta che entrambi furono in piedi, la Gojo poté notare come fosse più alta del ragazzo che aveva di fronte. Non erano tanti i centimetri che li separavano, saranno stati cinque tirati, ma questo la rendeva ufficialmente la studentessa umana più alta, non solo del primo anno, ma anche del secondo! Fujiko era abbastanza fiera di ciò.

«Passando ad altro,» disse Satoru con un gran sorriso in volto e attirando l'attenzione dei tre adolescenti, «domani si parte in gita, ragazzi! Andremo a prendere il quarto studente del primo anno!».

Satoru gliene aveva parlato, qualche tempo prima, e Fujiko ne era stata contenta, perché il quarto studente era una ragazza!

Che bello!

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Il punto di incontro era Harajuko, il quartiere della moda di Tokyo. Satoru aveva detto che era stata la ragazza nuova ad averlo richiesto, per cui Fujiko iniziò a pensare che questa fosse un'appassionata di abiti e di sfilate. La Gojo non era una grande esperta nell'ambito, ma ci teneva comunque a vestirsi bene; magari sarebbero andate d'accordo. Sperò solo che non fosse una fissata.

Ad ogni modo, il quartiere era pieno di gente. Ogni cinque passi, Fujiko dava o riceveva una spallata, cosa che iniziava a darle fastidio. Motivo per cui, quando adocchiò un negozio che vendeva varie robe carine, disse agli altri tre che sarebbe stata lì mentre la ragazza nuova arrivava.
Alla fine vennero tutti con lei.

Satoru si guardò intorno, vedendo attraverso la benda e attirando non pochi sguardi per ciò. Sia Fujiko che Megumi deciso di stargli alla larga, mentre Itadori guardava con stupore vari oggetti inutili.

«Guardate qua! Ci sono degli occhiali buffissimi!» disse estasiato il ragazzo, attirando l'attenzione dei suoi due compagni. Fujiko si diresse da lui, mentre Megumi osservò da lontano gli occhiali che aveva indicato, alzò gli occhi al soffitto, e si girò dall'altra parte.

Gli occhiali che Itadori aveva indicato non erano buffi, Fujiko li avrebbe definiti più strani: erano grandi, rosa fluo e tondi; alla sinistra c'era attaccata una R, mentre alla destra una F, formando la parola "ROOF".

«Sono un sacco strani» disse la Gojo. «Prendili».

Itadori sorrise come un bambino, li acciuffò e i due continuarono a osservare in giro oggetti da acquistare, indicandoli e cercando di attirare Megumi, invano.

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Al momento dell'incontro con la nuova ragazza, Itadori aveva comprato gli occhiali, un cestino di popcorn e una crepe alla fragola; Fujiko, invece, aveva preso un portachiavi con un sole carino e degli spiedini di gamberi. Satoru e Megumi, d'altro canto, avevano fatto i noiosi e non avevano comprato niente.

«Scusate, dovremmo andare a parlare con una così?» domandò Itadori, osservando la ragazza nuova bloccare con una mano un tipo che cercava modelle che, a quanto pareva, non la voleva. «Io lo trovo un po' imbarazzante».

Megumi, al suo fianco, gli lanciò un'occhiataccia che diceva "ma ti sei visto?". «Tsk, tu sei imbarazzante». Itadori sembrò non averlo sentito e Fujiko sorrise mentre addentava l'ennesimo gamberetto.

«Ehi! Da questa parte!» esclamò Satoru, richiamando l'attenzione non solo della ragazza nuova, ma anche di altra gente attorno.

La ragazza si voltò verso di loro e il gruppetto l'accompagnò in un posto poco distante dove posare il suo zaino e le varie borse che Fujiko immaginò si fosse comprata ad Harajuko.

«Passiamo alle presentazioni» fece Satoru, indicando con la mano la nuova arrivata, che aveva già addosso la divisa dell'Istituto di Arti Occulte. Questa si posò una mano sul fianco e, con sguardo di superiorità, si presentò: «Nobara Kugisaki. Per fortuna non sono l'unica ragazza». Poi assottigliò gli occhi e iniziò a squadrare i tre studenti.

«Piacere, Yuji Itadori. Vengo da Sendai», «Megumi Fushiguro» si presentarono, e Kugusaki indurì lo sguardo, come se i due avessero detto qualcosa di sbagliato.

«Io sono Fujiko Gojo e non sai davvero che fortuna è per te non essere l'unica ragazza» iniziò la ragazza dai capelli bianchi con fare melodrammatico, attirando l'attenzione della nuova arrivata su di lei. «Fidati, io sono stata sola con quei due - indicò Megumi e Saturo - da l'iniziò dell'anno e non sia che tortura! Menomale che è arrivato Itadori».

Kugusaki sorrise. Fujiko ci teneva ad avere la simpatia dell'unica ragazza del suo anno ed era felice di avercela fatta.

Satoru, giusto per attirare l'attenzione su di lui, si portò una mano al cuore in modo teatrale. «Come puoi dire questo del tuo amato fratellone?» domandò, fingendosi amareggiato.

Fujiko alzò gli occhi al cielo. «Tu non conti!» esclamò. "Sei il mio professore!" avrebbe voluto aggiungere, ma, per quanto fosse ovvio, si imbarazzava a dirlo davanti a Kugisaki.

«Dobbiamo forse andare da qualche parte?» domandò annoiato Megumi.

Satoru spostò lo sguardo dalla sorella al corvino e ridacchiò. «Finalmente i quattro primini si sono riuniti» disse l'insegnante, scrutando attraverso la benda gli studenti. «Dal momento che due di voi vengono dalla provincia, vi porterò in giro per Tokyo».

Itadori e Kugisaki iniziarono subito a festeggiare. Fujiko e Megumi, invece, si guardarono confusi e molto dubbiosi. 

Satoru che ci porta in giro per Tokyo senza fare niente? Sì, e io sono una fata.

«Vi svelo subito quale sarà la nostra meta» annunciò il professore, e Itadori e Kugisaki si misero in ginocchio con fare teatrale. Fujiko si portò una mano sulla fronte. Non sapeva chi fosse quello messo peggio: se suo fratello con la sua suspence o i due studenti a terra.

«Roppongi!».

Il ragazzo dai capelli rosa e la castana sembravano molto felici della cosa, ma ciò non fu abbastanza per cancellare il dubbio dalle facce di Fujiko e Megumi.

Eh, no. Qui gatta ci cova.

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Fujiko aveva ragione. Satoru non li aveva per niente portati in giro per Tokyo così, giusto per fare un giretto. Davanti ai cinque, infatti, si stagliava un edificio pregno di energia malefica. In più, constatò Fujiko, sembrava una costruzione di periferia: era sporco, abbandonato e pieno di graffiti.

«Che schifo» borbottò la Gojo, «Quante maledizioni» disse Megumi.
Dietro di loro, Kugisaki e Itadori si stavano lamentando di brutto.

«Era proprio necessario illuderli così?» domandò Fujiko a suo fratello. Lui ridacchiò e la ragazza comprese che no, non era necessario, ma lui aveva pensato fosse divertente.

«Nei paraggi c'è un grande cimitero e l'ondata di maledizioni si ripercuote anche sull'edificio abbandonato» spiegò Satoru.

Ovviamente.

«Quindi gli spiriti appaiono nei cimiteri?» domando calmo Itadori, che sembrava aver dimenticato la presa in giro di Satoru. Be', lui poteva averlo fatto, ma Kugisaki decisamente no.

«Gli spiriti non centrano» iniziò a spiegare Fujiko. «Le persone temono i cimiteri, oppure ci vanno provando tristezza e frustrazione per le perdite. Quindi si riempiono di energia malefica».

«Ah, un po' come accade per le scuole, ho capito bene?».

«Fermi tutti. Come mai lui non sa un bel niente?» domando Kugisaki, con un tono ancora furioso.

Megumi spiegò la situazione del ragazzo e la castana si nascose dietro la schiena di Fujiko per allontanarsi da Itadori. «Si sarebbe mangiato un feticcio di Livello Speciale?! Che schifo! È troppo schifoso e antigenico! No no no e no!».

«Fatti i fatti tuoi!» ribatté il il ragazzo in questione, prendendosela sul personale.

«Io la penso come lei» si aggiunse Megumi, apatico.

«Megumi!» lo rimproverò Fujiko. Anche lei trovava quello che aveva fatto Itadori schifoso, ma lo aveva fatto per salvare le loro vite, per cui trovava un po' ingiusto quel modo di fare nei suoi confronti.

«Voglio proprio vedere di cosa siete capaci» li interruppe Satoru.

La Gojo spostò lo sguardo sul fratello. Qualcosa le diceva che in quell'edificio non sarebbero entrati tutti e quattro.

«Consideratela una specie di prova sul campo. Nobara, Yuji, voi due esorcizzerete quelle maledizioni».

«Che?» fece Kugisaki.

«Ma una maledizione si può esorcizzare solo con un'altra maledizione. E io non so ancora usare le Arti Occulte» ricordò Itadori.

Satoru si girò verso di lui e lo indicò. «Tu, ormai, sei praticamente per metà una maledizione». Menomale che c'è lui a risollevare il morale. «L'energia malefica fluisce già in te. Tuttavia, non s'impara a controllarla nell'arco di una notte, perciò userai questo». E cacciò un falcia-demoni - una della armi intrise di energia malefica di Maki Zenin - direttamente dal buco del culo.

Okay, non veniva davvero da lì, ma Fujiko era certa che prima Satoru non ce lo avesse in mano, quindi doveva averlo nascosto da qualche parte per forza.

Itadori tolse dalla custodia l'arma e ne guardò sorpreso la lama, mentre Satoru gli spiegava cosa fosse.

«Patetico» borbottò Kugisaki. «Non può venire Gojo con me?» domandò, e Fujiko ci mise un po' per capire che la castana si stesse riferendo a lei. Solitamente, quasi nessuno la chiamava per cognome, soprattutto i presenza di suo fratello. Quella era... una piacevole sorpresa.

«No, mi spiace. Voglio vedere di cosa siete capaci» negò Satoru. Kugisaki sospirò, lanciò un'occhiata a Fujiko e si preparò per entrare nell'edifico con Itadori.

«Un'ultima cosa» disse il professore, facendo girare il ragazzo. «Cerca di non fare uscire Sukuna, altrimenti non verrebbero uccise solo le maledizioni, ma anche tutti gli esseri umani nei paraggi».

«D'accordo, prof. Terrò a bada Sukuna!» assicurò Itadori, alzando il pollice.

Kugisaki sembrava star perdendo la pazienza. «Ehi, datti una mossa!».

«Arrivo» fece annoiato il ragazzo.

«Divertitevi!». E i due ragazzi entrarono nell'edificio.

Fujiko e Megumi stettero un attimo ad osservare i loro compagni, poi si sedettero su una panchina in metallo lì vicino, mentre Satoru si mise a terra.

«Non dovremmo andare con loro?» domandò il corvino.

«Non dovete fare sforzi, non vi siete ancora ripresi» rispose l'insegnate, beccandosi un'occhiataccia da parte della sorella.

«Megumi aveva delle ferite superficiali e io sono stata medicata giorni fa. Qual è la vera ragione per cui non siamo entrati insieme a loro? Vuoi forse metterli alla prova?».

Satoru sorrise fiero. «Sì, soprattutto Nobara. Vedete, Yuji è un po' fuori di testa».

«Mi sembra che questo lo sappiamo meglio di te» borbottò Fujiko, e Megumi annuì.

Il sorriso del ventottenne si allargò. «Ovvio, e, come avrete notato, Yuji non ha la benché minima paura di lottare contro le maledizioni. E, a differenza vostra, non ha avuto a che fare con loro da quando era piccolo. Fino a poco fa, viveva una comune vita da liceale».

Fujiko guardò a terra, come se le parole del fratello fossero una sgridata. Si sentiva ancora in colpa per quello che era successo al ragazzo, nonostante le parole di Shoko. Se lei fosse stata più veloce, la vita da normale liceale non sarebbe solo un ricordo per Itadori.

«Conoscente anche voi stregoni che, seppur dotati di talento, hanno abbandonato tutto perché incapaci di scrollarsi di dosso la paura e il disgusto verso le maledizioni. Quindi, oggi, voglio testare il livello di pazzia della ragazza».

«Ma Kugusaki ha già fatto esperienza» fece Megumi, sovrappensiero.

«Non è la stessa cosa» puntualizzò Fujiko. «Lei viene dalla campagna e lì le maledizioni non sono potenti o numerose come quelle di città. Quindi, nonostante la sua esperienza, questa è una prova nuova».

«Esattamente» si complimentò Satoru, facendo il segno dell'okay alla sorella. «Tra le maledizioni di Tokyo e di provincia c'è una differenza abissale. E per differenza, non mi riferisco solo alla quantità di energia malefica, ma anche all'astuzia. A volte, i mostri più intelligenti ci mettono davanti a una crudele bilancia, sui cui piatti vengono soppesate due vite».

"Soppesate due vite", eh?

«E, giusto per sapere, l'edificio è vuoto, vero?» domandò Fujiko.

Satoru sorrise, ma non disse niente. E, proprio in quel momento, una maledizione di Quarto Livello saltò da una delle finestre.

«Me ne occupo io» disse calmo Megumi.

«Aspetta». Il corvino su sorpreso da quelle parole, ma si alzò in piedi lo stesso, preparando le mani.

Ma non ce ne fu bisogno: dal corpo della maledizione spuntarono degli spuntoni e quella si disintegrò.

Quindi è questa una delle abilità di Kugisaki, eh? Ha un sacco di potenziale.

«Molto bene. È pazza al punto giusto» constatò Satoru.

Poco dopo, dall'edificio, oltre Itadori e Kugisaki, uscì anche un bambino e Fujiko lanciò un'occhiataccia al fratello, che questo, però, ignorò.

«Sei davvero una merda».

«Ti voglio bene anch'io, sorellina».

Wela, raga, in questo capitolo non è successo niente di che, è rimasto molto simile a quello della serie, but dw! visto che la trama lo necessita, il prossimo capitolo sarà ideato interamente da me e si svolgerà prima del carcere. Non voglio fare spoiler, ma credo che Yuji e Fujiko abbiano bisogno di un po' di tempo extra per avvicinarsi. In ogni caso, vi prometto che sarà un capitolo bello pieno (non so ancora se ci sarà un solo capitolo o due, ma la sostanza è la stessa).

Ci si vede <3

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