01. Il Feticcio
oppure, in cui un ragazzo batte il record nazionale di velocità (e si pappa un feticcio nel tempo libero)
Gli studenti del primo anno solitamente non avevano grandi missioni da portare a termine. Di solito, si ritrovavano a combattere maledizioni che non superavano il Secondo Livello, ma quella missione l'avrebbe gestita pure un non-stregone.
Satoru aveva affidato a Fujiko e Megumi Fushiguro il compito di andare in una scuola superiore a Sendai e recuperare un feticcio di Livello Speciale.
Fine.
Fujiko aveva avuto missioni più interessanti durante il suo periodo di allenamento con il clan Gojo. Quel compito era noioso.
La cosa più interessante da fare era osservare la luna brillare alta nel cielo notturno, dipingendo con una luce argentata la struttura di protezione in legno davanti a loro.
«Una struttura di protezione?!» domandò incredulo Megumi, un ragazzo dai capelli corvini simili che ricordavano a Fujiko un porcospino, osservando la struttura contenente il feticcio davanti a loro. «Tengono davvero un feticcio di Livello Speciale in un posto del genere? C'è un limite anche all'idiozia».
«Nah, io trovo che abbia senso» disse con tono basso e divertito Fujiko, abbassando lo sguardo dalla luna alla piccola costruzione. «Di sicuro non può stare nella scuola, no?».
Megumi alzò gli occhi al cielo e si avvicinò alla capannina per aprirla, mentre la ragazza rimaneva in disparte.
Con una mano libera, il moro spalancò una delle porticine. In un misto di incredulità e furia, aprì anche l'altra con la stessa mano, poi iniziò a cercare ovunque: aprì e chiuse più volte la struttura, salì sul tettuccio, guardò sotto.
Fujiko ci mise davvero poco a capire perché si comportasse in quel modo.
«Ti prego, dimmi che ti stai comportando così perché stai impazzendo, e non perché non c'è il feticcio» fece la ragazza, quasi implorando in una conferma.
Megumi chiuse le porticine della capannina e si girò verso di lei con viso serio. «Non c'è».
Fujiko lo spostò e aprì le porte a sua volta, ficcando la testa nella struttura di protezione e osservando ogni singolo angolo. Quando si rese conto che non c'era niente, cacciò fuori la testa.
«Incredibile, qualcuno è stato così fuori di testa da prenderlo!» esclamò, girandosi verso il corvino, che, d'altro canto, aveva il telefono in mano.
«Qui non c'è nulla».
«Eh?» sentì Fujiko dall'altro capo del telefono. Suo fratello, come sempre, aveva molte perle di saggezza da condividere.
«La capannina metereologica è vuota».
«Sul serio? Che ridere! Starà facendo una passeggiata notturna?» buttò sul ridere Satoru, ma Megumi non doveva essere molto in vena di scherzi.
«Giuro che la prendo a pugni» sibilò infatti il ragazzo.
«Be', non potete rientrare finché non l'avrete recuperato».
Fujiko rubò il telefono di Megumi dalle sue mani. «CHE COSA?! STAI SCHERZANDO?!» urlò al fratello, senza ottenere risposta. «IL BASTARDO HA RIATTACCATO!» fece offesa, stringendo un po' più forte il cellulare.
Megumi se lo riprese prima che lei lo lanciasse a terra.
«Quando lo rivedo lo prendo a pugni» fece la ragazza, incrociando le braccia. A quel maledetto di suo fratello conveniva non alzare il minimo infinito, quando si sarebbero rivisti.
Poi si girò verso Megumi. «Cerchiamo un albergo?».
«A quest'ora saranno tutti chiusi. Ci conviene dormire qui» rispose il corvino.
Fujiko strinse le labbra, ma non disse niente. Si sedette a terra, in un punto nascosto, poi portò le braccia dietro la testa e si buttò sull'erba, spostando la treccia bianca da sotto la nuca per stare comoda. Alzò gli occhi al cielo e si mise ad osservare la luna.
«Domani ci mettiamo a stalkerare gli studenti?» domandò con un velo di ironia.
Megumi non rispose.
«Lo prendo per un sì. Almeno ci divertiremo, sentiremo tanti gossip!»
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Il mattino seguente, Fujiko si svegliò con il rumore degli studenti che entravano nella scuola. Insomma, un magnifico risveglio.
Si mise seduta, notando come Megumi, invece, stesse ancora dormendo.
Gli si avvicinò e iniziò a picchiettarlo con l'indice.
«Oi, sveglia». Notando che il ragazzo non si svegliava, continuò. «Sveglia sveglia sveglia sveglia sveglia».
«Finiscila» sibilò Megumi, spostando il dito con una mano e alzandosi.
«Oh, sei sveglio! Dormito bene?» domandò Fujiko con tono finto-ingenuo, consapevole di aver dato fastidio al ragazzo.
«Fino a quando non mi hai svegliato» rispose infatti lui.
La ragazza sorrise divertita. «Be', è arrivato il momento di muoversi e stalkerare qualche minorenne!» disse, alzandosi in piedi e facendo un po' di stretching.
«Lo sei anche tu. E comunque non è il caso: a quest'ora la scuola sarà piena. Meglio aspettare il pomeriggio» fece apatico Megumi.
Fujiko sbuffò. «Quindi che si fa?».
Megumi si era già rimesso a dormire.
«Noioso!» disse la ragazza, risedendosi sull'erba. Avrebbe tanto voluto visitare un po' il posto, ma non poteva lasciare il corvino lì. Mannaggia a lui!
Poi Megumi si alzò di scattò, facendo quasi venire un'infarto alla ragazza.
«Megumi! Cosa fai?!» domandò lei, portandosi una mano sul petto.
Lui si alzò in piedi. «Dopo che qualcuno mi ha svegliato, non riesco più a dormire. Meglio andare in giro, giusto?».
Fujiko sorrise. «Così mi piaci!».
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Diverse ore dopo, i due erano tornati a fare visita alla scuola. Erano le quattro passate e a quell'ora doveva esserci meno gente.
Nonostante la loro divisa fosse molto simile a quella della scuole, Megumi scelse comunque di togliersi la giacchetta, rimanendo con una camicia bianca. Dall'altra parte, Fujiko decise di lasciarsi addosso tutta la divisa da stregone: un completo blu scuro formato da una giacchetta corta col collo molto largo (un'idea di suo fratello), una gonna che le arrivava alle ginocchia e delle calze. Lei avrebbe tanto voluto dei pantaloni (trovava la gonna scomoda per tutte le acrobazie che avrebbe dovuto fare in combattimento), ma, a quanto, pare la gonna faceva parte del dress code femminile, quindi si era dovuta tenere quell'indumento.
Una volta entrata, Fujiko percepì subito qualcosa che non andava. Girò la testa verso quello che doveva essere il campo da rugby della scuola, intuendo che quella sensazione provenisse da lì, incamminandosi.
Appena fu abbastanza vicina, notò una maledizione tra l'erba che si muoveva come se stesse nuotando nella terra. Doveva essere di Secondo Livello.
«C'hanno seppellito qualcuno?» domando Megumi vicino a lei.
Fujiko continuò ad osservare la maledizione, che, nel frattempo, si era arrampicata sopra la porta. «Questo spiegherebbe perché hanno un feticcio di Livello Speciale. Sempre ammesso che non sia il feticcio stesso ad attrarre le maledizioni».
Megumi l'ascoltò per un po', poi si allontanò da lì alla ricerca del feticcio. Compito per nulla semplice: la sua aura era così grande da risultare impossibile individuarlo con precisione.
Quando mi sono lamentato perché era un compito troppo semplice non volevo questo.
«Oi, Fujiko» la chiamò Megumi. La Gojo alzò gli occhi su di lui, che nel frattempo aveva salito le scale che portavano ad un altro campo da gioco. «Vieni».
Fujiko fece le scale, notando come gli studenti avessero creato una specie di mini gara nel lancio del peso. A gareggiare erano due persone: un uomo adulto (almeno era ciò che pensava Fujiko) e un ragazzo che doveva avere circa quindici anni.
La ragazza decise di rimanere a guardare (sicuramente molto più interessante che cercare un feticcio).
Il primo aveva fatto quindici metri, che, a giudicare dai complimenti, doveva essere un buon punteggio.
Poi il peso venne passato all'altro ragazzo, Itadori (almeno da quello che aveva potuto capire dal coro da stadio degli studenti), che per poco non cadde quando lo ricevette.
Aveva dei corti capelli rosa rasati ai lati e sparati un po' in aria, indossava una felpa gialla col cappuccio vhe Fujiko trovava un po' pesate per il tempo chr c'era. Non sembrava un tipo particolarmente forse, anzi, era piuttosto mingherlino. Come avrebbe potuto battere l'uomo muscoloso che aveva appena lanciato?
Poi il ragazzo lanciò e, porca troia!, Fujiko l'aveva proprio sottovalutato. Il suo lanciò non era molto professionale (le ricordava più un lancio da baseball), ma aveva comunque raggiunto l'altro lato del campo, arrestandosi solo perché era andato a sbattere contro la rete da calcio. Incredibile! Quel ragazzo era forte!
«Sorprendente!» sussurrò Fujiko, girandosi verso Megumi, ma lui si stava già allontanando. Lei sbuffò e gli andò dietro.
Poi sentì forte e chiaro l'aura del feticcio (era orribile!) e si mosse subito verso la direzione da cui proveniva.
Il ragazzo forzuto!
Anche Megumi aveva notato l'aura, ma nessuno dei due riuscì a fermalo. Era già sparito per andare chissà dove.
«Pare possa correre i cinquanta metri in tre secondi!» sentì Fujiko, girandosi subito verso il ragazzo che aveva parlato.
Ma quel ragazzo era una macchina da guerra!
«Ora che si fa?»
«Richiamerò i cani di giada e farò loro seguire il suo odore».
Fujiko sghignazzò. «Stalker».
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Il ragazzo forzuto, Itadori, a quanto pareva si trovava in un ospedale. Non proprio il luogo che si aspettava, ma Fujiko dubitava fosse malato: i cani di giada li avevano prima portati da una fioraia, da cui il ragazzo aveva comprato dei fiori, per cui doveva essere lì per salutare qualcuno. O almeno era quello che sperava.
Megumi allungò una gamba per entrare nella struttura, ma Fujiko gli tagliò la strada.
«Dove pensi di andare? Non hai notato dove siamo?»
Megumi sembrò infastidito. «A riprendere il feticcio prima che quel ragazzo muoia».
«Non sta morendo: sta visitando qualcuno. Non può interromperli!».
«Eh? E come lo sai?».
«Siamo passati davanti a una fioraia, ma non è questo il punto!» spiegò Fujiko. «Non sappiamo come l'altra persona stia, tantomeno chi sia, quindi non possiamo entrare».
Megumi, di tutta risposta, la spostò un po', andando avanti. «Io entro comunque. Prima prendiamo il feticcio, meglio è per tutti».
Fujiko incrociò le braccia. «Bene» disse arrabbiata. «Ma io rimarrò qui» e si appoggiò al muro dell'ospedale, mentre con la coda dell'occhio vedeva il corvino entrare.
Insensibile.
Quel ragazzo aveva tutto il diritto di visitare una persona a lui cara senza che Megumi andasse a infastidirlo con qualcosa che probabilmente avrebbe reputato "una sciocchezza". Se Fujiko si fosse trovata al suo posto, probabilmente avrebbe urlato a Megumi di non farsi più vedere.
La Gojo era ancora arrabbiata, quando vide sia Megumi che il ragazzo correre fuori dall'ospedale.
«Oi! Che è successo?» domandò svelta, iniziando a correre quando notò che nessuno dei due si stava fermando.
«I suoi amici rimuoveranno il sigillo stanotte».
«Che cosa?! Ma non ce l'aveva lui?» domandò Fujiko, indicando il ragazzo.
«La scatola è vuota».
«Sono fuori di testa!» fece la ragazza. «Allunghiamo il passo!».
In poco tempo, i tre erano davanti al cancello della scuola. L'energia malefica che proveniva dalla struttura non lasciava presagire nulla di buono.
«Rimani qui» ordino Fujiko al ragazzo, scalando la porta d'accaio e saltando dall'altro lato in un secondo.
«No, vengo anch'io!» ribatté. «Li conosco da poco, ma sono miei amici: non posso starmene a guardare!».
Prima ancora che la Gojo potesse aprire bocca, fu Megumi a parlare: «Rimani qui», poi entrambi i due stregoni corsero verso la struttura, spalancando la porta d'entrata e risalendo le scale.
«La maledizione è a piede libero! La sua aura continua ad avere un raggio troppo grande!» si sfogò il corvino, al fianco di Fujiko.
«Per quale diavolo di ragione sono andati al quarto piano?!» aggiunse Fujiko. No, su serio, i due ragazzi non potevano fare quella stronzata al piano terra?
La ragazza saltò sul largo corrimano e saltò un altra volta, tagliando vari gradini e ritrovandosi a correre davanti a Megumi.
Alzò gli occhi al soffitto appena in tempo per vedere una maledizione cadere. Si arrestò, saltando indietro per evitare di ritrovarsi sotto il corpo del nuovo nemico.
Bastarda! pensò, stringendo in un pugno stretto la mano destra. «Tecnica maledetta del sole e della luna: Luna piena!».
Un fascio di luce fuoriuscì dal pugno, colpendo in pieno volto la maledizione, esorcizzandola.
Con la coda dell'occhio, Fujiko notò qualcosa avvicinarsi a lei velocemente. Si abbassò prontamente, evitando il colpo. I cani di giada di Megumi furono subito addosso alla maledizione, ma la ragazza non ebbe tempo di guardare la lotta, continuando a correre.
Presto - molto presto - Fujiko si rese conto che più andava avanti più il numero delle maledizioni aumentava.
«Siamo vicini!» esclamò il corvino, mentre la ragazza uccideva l'ennesima maledizione spedendola con un calcio contro una finestra, che si ruppe, facendo cadere l'essere giù.
«Quanto vicini?!» domandò Fujiko, consapevole che Megumi non le avrebbe risposto. Ma non ne ebbe bisogno: svoltato l'angolo, si ritrovò un'enorme maledizione che stava inglobando due ragazzi.
«Merda!» imprecò la ragazza, stringendo i denti. Ma non ebbe il tempo di fare niente: Itadori - si proprio il ragazzo a cui aveva ordinato di non entrare nella scuola - irruppe nella sala rompendo la finestra più vicino dall'esterno, tirò un pugno alla maledizione e prese con sé i due ragazzi.
Mentre pensava a quanto Itadori non fosse normale, Fujiko allungò il braccio verso la maledizione, chiudendo la mano a pugno, lasciando fuori il pollice. «Luna calante!». Dalla sua mano si liberò molta energia malefica, che andò a colpire l'essere, lasciandolo morente e rendendolo cibo per i cani di giada.
«Mi verrebbe da chiederti cosa diavolo ci fai qui, ma hai fatto un buon lavoro» si complimentò a modo suo Megumi, posizionandosi davanti al ragazzo.
«Perché te la tiri così tanto?» commentò lui di rimando, costringendo Fujiko a trattenere un sorriso. «Ah, e cosa sono quei cani che si stanno pappando la maledizione?».
«Sono i miei shikigami» rispose Megumi. «Allora li puoi vedere. Di norma le maledizioni sono invisibili, tranne quando si sta per morire o in luoghi particolari come questo».
«Be'... in effetti non avevo visto spettri o fantasmi prima di stasera».
Fujiko si avvicinò a Itadori. «E non sei spaventato?» domandò sinceramente sorpresa di vederlo così calmo.
Il ragazzo si voltò verso di lei. «No, be', un po' me la stavo facendo sotto,» disse, spostando gli occhi verso la ragazza tra le sue braccia «ma sai, le persone muoiono davvero».
«Eh?» fece brillantemente Megumi, beccandosi un'occhiataccia da parte di Fujiko.
«Perciò vorrei fare in modo che almeno le persone che conosco possano avere una morte degna».
Morte degna? pensò la ragazza. Be', c'erano sicuramente morti più nobili e degne di onore di altre, ma immaginò che non fosse ciò che intendeva Itadori.
«Ma non è che ci capisca molto neanch'io» continuò il ragazzo. Si alzò, e nel farlo fece scivolare dalla tasca della sua amica il feticcio, prendendolo al volo. «Ops! È questo?».
«Sì! Finalmente potremo tornare a dormire su un letto!» rispose felice Fujiko, sbattendo le mani e lasciando un po' confuso il ragazzo dai capelli rosa.
«È un feticcio di Livello Speciale: il dito di Ryomen Sukuna» spiegò Megumi con tono apatico. «È un vero miracolo che non sia stato divorato».
«Perché qualcuno vorrebbe mangiarlo? È buono?».
Megumi sembrò voler dire qualcosa, ma Fujiko lo interruppe: «Sì, se vuoi morire. C'è da dire che ottieni più energia malefica, quindi suppongo che bilanci. Be', io non lo farei comunque» rispose Fujiko, come se l'essere posseduti non fosse qualcosa che tutti vorrebbero evitare.
Vista la faccia di Itadori, Megumi si intromise. «Ha ragione: è pericoloso, dammelo subito».
Poi Fujiko si ritrovò spinta via da dove si trovava, insieme a Itadori.
«Scappa!» urlò il corvino, prima che una maledizione gli piombasse addosso e lo stringesse nella mano.
«Merda!» imprecò la ragazza, alzandosi subito in piedi.
La maledizione sbatté Megumi contro il muro e Fujiko agì d'istinto.
«Luna piena!». Lo stesso fascio luminoso di prima colpì la maledizione, sbattendola contro il muro vicino alla finestra rotta, andando a creare un piccolo cratere dietro la schiena del mostro.
«Stai bene?» domandò preoccupata la Gojo, voltandosi verso il corvino.
«Sì, sto- ATTENTA!».
Fujiko aprì la mano. «Luna nuova!» urlò un attimo prima che la maledizione le fosse addosso. La tecnica protettiva fu abbastanza potente da evitarle il colpo diretto da parte della maledizione, ma non abbastanza da evitarle di sfondare il muro dietro di lei.
Rotolò sulle mattonelle, strappando le calze e graffiandosi in più punti, mentre pezzi della struttura cadevano affianco a lei.
Si alzò in piedi, quasi barcollando. Con la mano sinistra si tenne la testa, allungando, nel frattempo, l'altro pugno verso la maledizione che le correva contro.
«Luna pie- Itadori!» si interruppe. Il ragazzo si era lanciato addosso alla maledizione. Non poteva rischiare di colpirlo, si muoveva troppo.
«Prendi quei due e vattene via!» esclamò Megumi. I suoi cani di giada stavano mordendo l'essere, mentre lui era già vicino a Fujiko.
«Non siete in una bella situazione!» ribatte Itadori, cercando di evitare i colpi che rischiava di prendersi.
Si farà ammazzare!
«Soltanto una maledizione può esorcizzarne un'altra: non hai speranze!» urlò il corvino.
Itadori, nel frattempo, era stato lanciato via e Fujiko sfruttò l'occasione.
«Luna pi-».
Una maledizione le atterrò in faccia, graffiandole il volto.
Non è possibile! si disse, Che cazzo di sfortuna ho stasera?
Afferrò la maledizione, ficcandole le unghie nel corpo, per poi buttarla a terra e schiacciarla col piede.
«Luna piena!» urlò esorcizzandola.
Quando tornò a guardare la maledizione più grande, avrebbe preferito avere quella piccola ancora in faccia: aveva preso Itadori nella mano, come aveva fatto prima con Megumi.
«Idiota! Dallo a me! Finirai per essere divorato anche tu!» urlò a pieni polmoni il corvino, mentre un rivolo di sangue gli sporcava la fronte.
Itadori lanciò in aria il feticcio.
Non può volerlo fare davvero!
«C'è un modo per salvare tutti quanti, no? Mi serve solo un po' di energia malefica. Dico bene, Fushiguro?».
«NON FARLO!» urlò Fujiko, ma era troppo tardi: Itadori aveva ingoiato il dito.
Merda merda merda, merda! Morirà!
Ma qualcosa accadde. Invece di morire, Itadori si liberò semplicemente allargando le braccia e distrusse la maledizione con una semplice alzata di mano.
Fujiko spalancò gli occhi terrorizzata e indietreggiò istintivamente: era ancora peggio di quel che pensava. Come avrebbero fatto a risolvere una cosa del genere? Erano spacciati!
Si portò le mani al viso, notando appena il sangue che le si appiccicava alle mani. Suo fratello non avrebbe lasciato quel disastro accadere. Satoru sarebbe stato abbastanza veloce da fermare Itadori al campo da calcio. Ma non lei. Fujiko non aveva neanche un ventesimo della forza di suo fratello.
Il corpo di Itadori iniziò a ridere. Era una risata pregna di male, qualcosa che stonava completamente col ragazzo che aveva incontrato. «Lo sapevo! Sentire la luce sulla pelle - e si strappò la felpa - è davvero il massimo!»
Fujiko non ebbe neanche il coraggio di voltarsi verso Megumi. Quello davanti a lei non era più Itadori.
«La carne di spirito maledetto è una noia! Dov'è la gente? Dove sono le donne?». Girandosi intorno, gli occhi del ragazzo incrociarono quelli di Fujiko e lei impallidì di colpo.
Ryomen Sukuna si era incarnato.
Il tono della maledizione si fece più basso, e, con un sorriso che prometteva solo massacri, tutti e quattro i suoi occhi la fissarono.
«Eccone una».
Eccomi qua col primo capitolo, che ve ne pare? Non sono particolarmente brava con le scene d'azione, ma spero di essere riuscita a trasmettere almeno un po' delle emozioni del momento.
Che ve ne pare di Fujiko? Sappiate che il suo rapporto con Gojo sarà... particolare. Ma non vi spoilerò altro!
Vi lascio con questo bellissimo finale assolutamente non ansiogeno, ci si vede <3
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