00. Prologo
oppure in cui Fujiko Gojo si fa le solite pippe mentali
Non era la prima volta che Fujiko metteva piede nell'Istituto di Arti Occulte di Tokyo, ma nella sala del preside non era mia entrata. Non era molto diversa dal resto della struttura (stesso legno, stesso stile... insomma, nulla di realmente differente), ma era completamente chiusa, se non fosse stato per la porta alle spalle della ragazza, e questo a Fujiko non piaceva. Si sentiva in gabbia.
E non aiutava di certo che suo fratello avesse deciso di rimanere fuori dalla stanza, non prima di averla messa per bene in ansia dicendo cose alla Satoru Gojo, come: "Dovrai solo rispondere correttamente ad una domanda secondo i gusti del preside, altrimenti sarai fuori!" oppure "Non preoccuparti, è solo un test piccino piccino da cui dipenderà il tuo futuro da stregone!".
Fujiko si chiedeva ancora in che modo un tipo come lui fosse diventato insegnante.
Davanti a lei, il preside Yaga la guardava da dietro i suoi occhiali, circondato da pupazzetti di ogni tipo e colore. Era, in qualche modo, una figura che metteva soggezione anche sembrando un bambinone che non riusciva ad allontanarsi dai suoi peluche.
«Vedo che tu non sei ritardataria come tuo fratello» fece l'uomo, continuando a rimanere seduto.
«Mi piace essere puntuale» rispose Fujiko. Quel giorno, per arrivare puntuale, c'era voluto un miracolo. Suo fratello aveva deciso che l'avrebbe accompagnata "come un bravo fratello maggiore fa", parole sue, e Fujiko non gli aveva detto di no, il problema è che Satoru era un ritardatario cronico e portarselo dietro per arrivare lì puntuali era stato più difficile del previsto.
«Buono a sapersi» disse il preside. Aveva posizionato tre la gambe un pupazzetto viola di medie dimensioni, che aveva un'espressione arrabbiata.
Fujiko era a conoscenza della tecnica maledette del preside Yaga, di conseguenza le fu naturale chiedersi se l'adulto intendesse usare la sua abilità contro di lei.
«Perché vuoi diventare una strega?» le domandò con tono grave. Fujiko non si aspettava una cosa del genere, non detta come se dalla risposta dipendesse la sua vita.
Alla ragazza tornarono in mente le frasi che il fratello maggiore le aveva detto. Pensava gliele avesse dette solo per metterle un po' d'ansia e pressione addosso, ma se lo avesse fatto per aiutarla? Se ciò fosse corretto, doveva dare una buona risposta.
La ragione ufficiale era dovuta alla noia. Fujiko si sarebbe annoiata a svolgere un lavoro che non teneva conto della sua tecnica maledetta. Non era completamente falso, ma non era la principale ragione che l'aveva spinta a oltrepassare le porte di quella scuola.
La vera ragione è che la sorella di Satoru Gojo non poteva permettersi altro nella vita. Non poteva avere una vita diversa da quella. Tutti avevano delle aspettative per lei, anche i suoi genitori, sebbene non l'avessero mai forzata a intraprendere quella strada. E se Fujiko avesse iniziato a lavorare in mezzo alle persone comuni ne sarebbero stati delusi, avrebbero iniziato a parlare di lei alle sue spalle. Non aveva alternative.
Era infantile come motivazione? A Fujiko non interessava, perché se ne vergognava a priori.
Evitò di stringere i pugni. Al preside non sarebbe di certo piaciuto che una dei suoi studenti voleva percorrere quella strada tortuosa solo per le aspettative dovute alla sua parentela con lo stregone più forte dell'epoca.
E poi, suo fratello già sarebbe diventato il suo professore (cosa molto imbarazzante), ci mancava solo che il preside gli dicesse che lei aveva iniziato la carriera da strega solo perché era sua sorella per rendere la cosa vergognosa, oltre che imbarazzante.
«Perché mi annoierei a morte a svolgere qualunque altro lavoro» disse infine, sorridendo come se fosse ovvio.
Non era una bugia, ma parte della verità. «Ho bisogno di continuare a provare il brivido della lotta».
Come membro del clan Gojo, Fujiko aveva avuto varie missioni in passato, missioni che le avevano dato esperienza in campo e quel senso di pericolo che apprezzava molto.
Il preside Yaga continuò a guardarla (o almeno era quello che Fujiko dedusse, era difficile dirlo con certezza per via degli occhiali scuri) come se la stesse analizzando. Alla ragazza dava un po' fastidio, senza contare che le stava facendo venire il dubbio che avesse sbagliato a rispondere con così noncuranza, oppure che (e questo era ancora peggio) il preside avesse capito che non aveva detto la completa verità. Ma quest'ultimo era solo un dubbio dovuto allo stress: Yaga non aveva quell'abilità.
«Ammessa» disse infine, e un sorriso sincero comparve sul volto di Fujiko.
Si inchinò di fronte a quello che era diventato ufficialmente il suo preside, sia per rispetto sia per ringraziarlo. «La ringrazio molto. Ci vedremo presto, arrivederci!».
Fujiko si girò verso la porta, ma prima ancora che potesse fare un passo, l'uomo la bloccò.
«Gojo, ho alte aspettativa su di te».
Il sorriso di Fujiko si spense. Ovviamente aveva alte aspettative su di lei, chi non le aveva? Chi non le aveva?
Fece nascere un altro sorriso, questo era falso, ma così dannatamente reale da passare per vero, e si girò.
«Non ho intenzione di deluderla!» disse energica, per poi andare in direzione della porta.
L'aprì, e mentre suo fratello compariva nella sua visuale, Fujiko seppe che lui, nel bene o nel male, sarebbe stato una costante nella sua vita per sempre.
Ecco il prologo! Come vi sembra Fujiko? So che il suo personaggio sembra molto legato a Gojo, e lo è, ma sarà molto più di questo!! In questi giorni dovrei anche far uscire la presentazione del primo atto e il primo capitolo.
Com'è andato il rientro a scuola?
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