𝘊𝘈𝘗𝘐𝘛𝘖𝘓𝘖 13/ parte 1: "Arma a doppio taglio"
ᏗᎷᎧᏒᏋ ᎥᏁᎦᎥᏁᎥᏖᎧ
"Endless Love"
1 libro
∞ ❤️∞
"Mi allontanerò da te. Per sempre." Affermò lapidario credendo di convincermi ma principalmente per convincere se stesso. La sua bocca poteva dire qualsiasi cosa, che mi odiava, che mi aveva strappata dal cuore, ma i suoi occhi... quelli non potevano mentire.
Era ancora quel ragazzo timido e impacciato, celato dietro quella maschera di magnate d'affari. "Non voglio far soffrire più nessuno. Addio." Mi diede le spalle pronto per varcare l'uscita.
Potenti colpi contro il portone lo fecero bloccare di scatto e i nostri occhi immediatamente si incontrarono.
C'era qualcuno là fuori... sembrava volesse buttare giù la porta da quanto colpiva e il mio cuore fremette per l'ansia.
Lucas decise di prendere il toro per le corna e scendere le scale.
"Lucas, dove vai? Cosa succede?!"
"Rimani lì." Ma decisi di fare esattamente il contrario. Qualunque cosa stesse capitando, riguardava entrambi.
Nell'aria si udì il rumore assordante di un antifurto. Lucas si affacciò e gridò a un ragazzo biondo: "Ehi! Ma che stai facendo? Tu hai bussato al portone?" Poi scese dal marciapiede per andargli incontro. "C'è qualche problema con l'auto?"
"Non può lasciare la macchina lì!" Lo informò con tono prepotente. Lucas tirò fuori il telecomando e disattivò l'antifurto, poi raccolse il tergicristallo rotto sul cofano anteriore. C'era un altro uomo poco più lontano.
"Mi dispiace."
"Idiota." Lo insultò pesantemente.
"Non voglio creare problemi, amico. Me ne vado, ok?" Ma il giovane gli afferrò saldamente il braccio per non farlo muovere.
"Perché pensi di poterti rivolgere a me in questo modo."
"Non provocarmi, è meglio che tu te ne vada." Slegò quella presa violenta molto tranquillamente.
Ma il compagno nel frattempo alzò una mazza di ferro, pronto a colpirlo. Lucas se ne accorse e lo scansò per un soffio.
"Lucas!" Esclamai, spaventata da ciò che stava succedendo. Chi erano quegli uomini? Che cosa volevano? Si scatenò una violenta rissa nel bel mezzo della strada e il biondino riuscì a mollargli un pugno sulla guancia. "Lucas!" gridai fermandomi, quando lo vidi restituire il gancio con altrettanta potenza.
Lo scaraventò sull'asfalto e impedì all'altro di recuperare il piede di corpo, calpestandolo. "Lascialo!" L'altro tornò all'attacco, ma appena notarono le auto della polizia a sirene spiegate si misero in piedi. Lucas gli lanciò un avvertimento, arrabbiato. "Fuori di qui! Levatevi dai piedi e smettetela di cercare guai." Gli uomini fuggirono e corsi da lui con la preoccupazione a tremila e il cuore che batteva all'impazzata nel petto.
Era ferito? Cos'era successo? Ma soprattutto, perché?
"Lucas... Lucas... Lucas..." Gli sfiorai il viso, ma continuò a mostrarsi indifferente di fronte a quelle carezze. "Stai bene?"
Gli strinsi le mani e rialzò il volto, evitando però i miei occhi.
"Sto bene. Non preoccuparti."
"Come faccio a non preoccuparmi? Avevo tanta paura che potesse succederti qualcosa. Lucas, andiamo, ti prego."
Volevo convincerlo a rientrare per disifettargli le ferite.
Era chiaro che fosse in pericolo per colpa mia, mia e della mia ostinatezza di voler rimpiangere il passato, dove non ci era mai passato di mente che un giorno ci saremmo separati.
La nostra era una storia fatta di alti e bassi. Anzi più alti...
"Ho detto di no." Insistè.
"Smettila di essere tanto stupido!" Lo sgridai. "E inoltre anche gli eroi hanno diritto di sanguinare." I suoi occhi screziati di verde scuro si tuffarono dentro i miei. "Andiamo..." Sussurrai.
"E se vengono lasciati, muoiono dentro."
Non si stava riferendo alla ferita fisica, ma a qualcosa di più profondo: la sua anima spezzata, devastata dal dolore.
Infatti girò le spalle, sbloccò la sicura della macchina e spalancò lo sportello dal lato guida.
Prima di salirvi, mi fissò per l'ultima volta.
I miei occhi si fecero d'un tratto offuscati, ma repressi il bisogno di piangere. Mise in moto e sgommò via. Restai immobile sul posto, mentre la macchina era già un puntino invisibile nell'orizzonte.
Avevo abbandonato lui e lui mi aveva ripagato nella stessa maniera.
Era questa la verità.
Non ci appartenevamo più.
Pov's Louis
"Sei riuscito a farli uscire." Mi rivolsi all'interlocutore dietro la cornetta facendo spuntare un ghigno sulle labbra. Finalmente avrebbe ottenuto quel che meritava, nessuno avrebbe osato frapporsi fra me e Amybeth.
Il piano poteva cominciare. Feci cenno ai due uomini di avvicinarsi e Loch lo condusse di fronte a me. Dovevo prima capire quanto fosse disposto a rischiare in quella storia. Non avrei accettato nullafacenti.
"Per prima cosa, Jacob... - era il suo nome, a quanto mi era stata comunicato - Chi sei e cosa vuoi?"
"Beh, che vuole che le dica signor Hynes. Sono un barbiere."
"E? Ha anche una famiglia?"
"Sì, certamente. Vivo con i miei genitori e ho anche un fratello e una sorella."
Interessante. Indirizzai uno sguardo d'intesa all'assistente, prima di teletrasportarlo nuovamente sul castano.
"Che bello!"
"Sono il maggiore." Precisò. "Mio padre e io lavoriamo insieme in un salone di parrucchiere. Ecco, è un negozio piccolo, in realtà."
"E i tuoi fratelli?"
Ero curioso su questo argomento e lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi, irrigidendosi.
"Al signor Louis piace conoscere i propri impiegati, Jacob."
"In effetti, conosce già mio fratello. - Alzai le sopracciglia dandogli il mio muto consenso di continuare. - Lucas Zumann.
"Oh, parli del nostro carissimo ingegnere?"
"Sì."
"Faremo accordi molto diversi da quelli che ho con lui."
Il giovane si aprì in un sorriso. "Molto bene."
"Fallo venire domani. Avrò un lavoretto da affidargli." Mi rivolsi a Loch per poi dare le spalle ad entrambi per camminare in direzione della casa.
"Sarò a sua completa disposizione per tutto quello che le servirà, signor Louis."
Mi fermai per un attimo per poi proseguire sul sentiero in pietra, sussurrando a me stesso.
"Stai tranquillo, Louis Hynes!"
❛...❜
Assorbito dalla lettura dei documenti, sentii dei colpi leggeri contro la porta. Loch non attese il mio permesso ed entrò.
"Chi è il prossimo?"
"Non capisco, signore."
Sollevai gli occhi.
"Quell'uomo ha due fratelli. Abbiamo visto l'amaro, ora tocca alla ragazza. A chi assomiglierà Kyla Zumann? Al fratello buono e gentile o a quello cattivo e manipolatore?"
"Va bene, mi muovo subito." Rispose e uscì dallo studio avvolto nella penombra.
Ripiegai il foglio più volte, dicendomi. "Arriverà anche il tuo turno, vedrai..." In seguito lo infilai nella tasca interna della giacca, assaporando il momento in cui avrei avuto tutti sotto il mio controllo.
Sulla via del ritorno, trovai mio fratello che faceva una passeggiata per schiarirsi le idee e lo convinsi a rincasare con me. Per tutto il tragitto fino al nostro cancello, non mi parlò affatto.
Lo sentivo strano, sobillato da pensieri che non potevo sapere.
"Cosa c'è che non va, fratellone? Hai chiuso il salone a quest'ora?"
"Già. I lavoratori onesti devono guadagnarsi il pane tutti i giorni e lavorare. Non sono tutti come te che compari in TV e siede alla sua scrivania come un despota."
"Se lo dici tu."
Pigiò il campanello e bussò un paio di volte. Nostra madre ci venne ad aprire e allargò un sorriso smagliante sulle labbra.
"Oh, eccovi qui. Le mie gioie sono a casa. Bentornati."
"Come stai, mamma?" Fece passare Jacob e io le stampai un bacio affettuoso sulla guancia prima di oltrepassare la soglia. Anche mio padre mi attendeva nel corridoio.
Aveva seguito il programma e sentito le mie parole? Speravo si fossero trovati davanti al televisore, mentre decantavo le sue lodi di buon padre. Non l'avevo detto perché c'era un copione, mi era uscito dal cuore. Pensavo veramente tutto ciò.
Ero fiero e orgoglioso della mia famiglia così unita.
"Hai parlato veramente bene, figliolo. Siamo orgogliosi di te." Mia madre mi aiutò a svestirmi della giacca per appenderla e ci dirigemmo nel salottino.
"I vicini ci hanno chiamato appena l'hanno visto. Non sai quante volte sono andata a rispondere al telefono! Sembrava un centralino!"
Mio padre rise e si accomodò sul divano, accanto a me. "Avresti dovuto vedere la sua arroganza!"
"Non potranno mai avere un figlio fantastico come Lucas e moriranno d'invidia tutti."
"Mamma, se si tratta di andare in televisione andrò a uno di quei programmi dove ti trovi una ragazza, così mi sposo e vi sbarazzate di me." Annunciò Jacob, mentre sbottonavo i gemelli per accorciare le maniche della camicia.
"Ah, non dire così... Queste cose non funzionano mai. Spero molto presto che riusciate entrambi a trovare le ragazze giuste ed essere felici."
"Dov'è Kyla? Dorme?" Sviai il discorso prontamente per chiudere quello del "matrimonio".
"No, caro. Non sta dormendo. È andata da una sua compagna per un progetto scolastico. Se non fosse stato per Sarah, Kyla non avrebbe mai continuato a studiare."
"Non dovrebbe volerci molto." Aggiunse mio padre.
"Meglio che vada a prenderla." Affermò Jacob per poi mettersi in piedi. Stava per raggiungere il corridoio principale, quando il rumore della porta lo bloccò.
"Oh, è tornata!"
La biondina si fece largo nel salotto e i tentativi di Jacob di svignarsela andarono in fumo.
"Siete arrivati presto anche voi." Chiese guardandoci uno per uno.
"Sì. Eravamo già qui."
Si mise seduta sul pavimento con la classica espressione sognante, da bambina. "Non sapete quanto abbiamo parlato di te e non siamo riuscite a finire i compiti. Lascia che ti dica una cosa... Stai molto bene in televisione. Perché non entri anche tu in un'agenzia?"
"Iscrivermi?" Fece sì. "Tu l'hai già fatto?" Le domandai e il sorriso solare le morì sulla bocca.
Tutti la guardammo in silenzio e la bionda chinò gli occhi.
"No... Io non ci sono andata. Era solo un modo di dire, tutto qui."
"Ah, sì?"
Chissà perché non credevo affatto alla finta aria angelica, che si era dipinta in faccia.
"Quale agenzia?" Prese parola mamma incuriosita, all'oscuro dell'idea che frullava nel cervello di mia sorella. "Non è meglio la professione d'insegnante, tesoro?"
"Ma il lavoro migliore lo ha, Lucas." Mi stuzzicò Jacob. "Cambiamento dall'estrarre carbonio nella miniera ad arrivare al ruolo di grande e importante ingegnere."
"Quei tuoi commenti possono diventare offensivi e ferire le persone, figliolo. Ricordalo."
"Papà, che dici?" Protestò. "Non stavo dicendo niente di male. D'ora in poi metterò in atto le mie idee e progredirò come barbiere. Potrei pensare di aprire un'attività mia. No?" La buttò lì.
"Altre idee innovative... Di cosa stai parlando, figliolo?"
"E perché non farlo, papà? I nostri affari vanno a gonfie vele." Si lasciò andare contro lo schienale morbido della poltrona. "C'è un sacco di gente ricca e noi invece abbiamo la stessa clientela. Dobbiamo espanderci e credo sia arrivato il momento di farlo."
"Papà, penso che mio fratello abbia ragione. È una cosa nuova, ma se funzionasse, avreste più clienti, mhm?" Dichiarai guizzando gli occhi da mio padre a Jacob, a cui diedi un leggero colpetto al ginocchio.
"Henry... Le entrate aumenteranno." Anche mia madre si schierò a favore.
Mio padre sospirò. Eravamo uno contro tre e acconsentì.
"Va bene. Proviamoci."
"Fratellino, hai già qualcuno con cui lavorare."
"Che intendi fare? Assumere qualcuno come mio socio?"
Mi adombrai per la sua risposta dura, ma d'altronde sapevo che la sua arrabbiatura non era passata. "So che sei arrabbiato con me e mi dispiace per oggi... Scusami."
Tirò un sospiro e si elevò dalla poltrona, facendo scivolare via la mano dal suo ginocchio.
"Buona notte a tutti."
Mia madre e mia sorella gli augurarono lo stesso, io invece mi domandavo se avessi mai recuperato il nostro rapporto.
"Ciao, famiglia!" Li salutai sforzandomi di esibire un'espressione felice, mentre mi toglievo di dosso il cappotto.
"Oh, finalmente è arrivata la signora della casa."
Louis era in vena di smancerie e già mi dava il voltastomaco con quella melassa. Lui e la sua aria da finto maritino perbene.
"Buonasera."
Entrai nel nostro aristocratico salotto, dove c'erano anche i miei e mio marito mi venne incontro.
"Dipingere così tanto ti renderà una grande artista, amore mio." Mi costrinse a stargli appiccicata prima di lasciarmi un bacio sull'attaccatura dei capelli, a cui non potei sottrarmi.
"Se si tratterebbe solo di pratica..." Mi passai la mano sul collo. "Io e te sapremmo fare delle belle battute, tesoro."
"Amybeth, mia cara..." Esordí mia madre alzandosi dal divano per poi avvicinarsi a noi. "Hai trovato traffico ed è per questo che sei arrivata a quest'ora. No?"
Voleva accertarsi che assecondassi la versione, ma no, non avrei potuto farlo.
Stavolta, volevo dire la verità.
"No. Quando stavo uscendo è arrivato il signor Lucas."
Sentivo lo sguardo di Louis su di me.
Mia madre non ebbe particolari reazioni, se non quella di stare zitta.
"Suppongo che voleva vedere i tuoi dipinti, dato ch'è un fan." Ruppe il silenzio mio padre.
"Non pensare che non stia dicendo la verità, Casey." Lo riprese Louis, puntandogli l'indice addosso e poi tornò a spogliarmi con i suoi occhi rapaci.
"Lucas Zumann mi ha appena fatto un'offerta di lavoro."
"Ed è venuto per riascoltare la stessa risposta di questa mattina?"
"Gli ho detto che ci avrei pensato."
"Non pensarci. È solo una perdita di tempo."
Ruotai il collo verso il biondo e corrugai la fronte. Sbattei le ciglia un paio di volte. "Prego?"
"Non lavorerai con lui. Hai capito, amore mio?"
Rivolgendogli comunque un sorriso, gli risposi a tono.
"Tu non puoi dirmi cosa fare."
"Certo che posso."
"E con che diritto?" chiesi senza far svanire quel sorriso falso.
"Con quello della legge. Io sono tuo marito, decido io cosa è bene per te."
Se non avessi avuto davanti i miei, gli avrei mollato uno schiaffo, ma invece mantenni straordinariamente la calma.
"Tranquilli, ragazzi..." Mia madre s'intromise per riportare ordine e fece girare Louis nella sua direzione. "Non fate così. Non vale la pena litigare per una semplice proposta di lavoro."
Lui appoggiò la sua lurida mano sulla parte bassa della mia schiena e mi spinse contro di lui. "È così che ci dimostriamo quanto ci amiamo, giusto?"
Girai la faccia per non dovermi scontrare con la sua espressione vittoriosa.
"Quindi, che gli hai risposto, girasole?"
"Non c'è bisogno di una risposta. La moglie di Louis Hynes non lavorerà mai con un morto di fame di umili origini, chiaro?"
Sostenni intensamente i suoi occhi scuri come il catrame e senza dire nient'altro, ci liberò immediatamente della sua presenza ipocrita per tornare di sopra.
La rabbia mi pervase tutto il corpo, si era alimentata a tal punto che non riuscivo a tollerarla. Non sarei rimasta zitta.
"Amybeth... per favore, non litigare..."
"Non intrometterti, papà." Lasciai i miei genitori nel salotto e, come una furia, mi recai nel suo ufficio, sbattendo la porta.
Ora avremmo fatto i conti.
Come osava controllarmi... o ordinarmi qualcosa?
"Tu non puoi sminuire il mio lavoro."
Si voltò, con un bicchiere di whisky in mano, che stava sorseggiando, e quel sorriso gonfio di strafottenza.
"Mai e poi mai. Tu riesci a trasformare anche le pietre grezze in diamanti."
Alzai gli occhi al cielo. "Uhm... A volte mi confondo e non so quale atteggiamento detesto di più."
"Ed io amo quel fuoco nel tuo sguardo, mia amata." Si avvicinò. "Non importa se sia odio o amore."
"Non mi dirai cosa fare! Né ora, né mai!" Urlai. "Non sono affari tuoi, dove o con chi voglia lavorare."
"Nei tuoi sogni."
Sbatté con foga il bicchiere sul tavolino e si accasciò sulla poltrona.
"Lasciami lavorare in pace."
"Va bene. Se vuoi dipingere, ti presto l'impresa che possiedo. Non guardarmi così..." Quella scintilla di rabbia non si spegneva, casomai il contrario. Ero sul punto di prendere fuoco e scatenare un incendio. "Ti sto offrendo un lavoro." Mi tirai i capelli all'indietro con una mano. "Non si tratta della tua arte, no?"
"Domani inizierò a lavorare nell'impresa di Lucas Zumann."
Si mise in piedi. Eravamo a pochi millimetri, ma non avevo paura. "Non te lo permetterò."
"Non te lo sto chiedendo!"
"È così che si risponde a tuo marito, che ha coperto un omicidio?"
"Lo sto dicendo all'uomo che ha utilizzato mio fratello per ricattarmi!" ribattei con durezza.
❛...❜
Lui non era stato un eroe.
Non il mio, soprattutto.
Il viso di Aymeric era corroso per le lacrime, che gli scivolavano lungo la mascella e continuava a implorarmi di aiutarlo, singhiozzando.
Gli passai le mani fra i capelli.
Ero sua sorella, avrei fatto di tutto per proteggerlo e rassicurarlo.
«Aymeric... Sono qui, fratellino. Tranquillizzati. Andrà tutto bene. Non preoccuparti...»
Poi Louis dalla soglia mi richiamò. «Amybeth.» Alzai la testa. «Possiamo parlare un momento?»
Gettai uno sguardo verso mia madre e poi su mio padre, che mi fece un cenno d'assenso.
Lasciai un'altra lieve carezza sulla spalla di Aymeric e seguii il ragazzo, fuori dalla camera.
Con la schiena contro l'armadio, mi intrecciavo e torturavo le dita, le mani mi sudavano. Gli occhi sbarrati erano vacui, persi nel vuoto e l'unica parola che pronunciavo era. «Non è possibile... No... Non può essere...» Tremavo visibilmente, non riuscivo a capacitarmi che il mio dolce Aymeric fosse un assassino. Le lacrime mi correvano lungo le guance pallide. Poi Louis si posizionò di fronte a me.
«Tranquilla. Tranquilla...» sussurrò.
«Mio fratello è un... assassino. Mio fratello l'ha ammazzata.»
Mi prese per le spalle, facendo scorrere le mani sulle mie braccia, sulla mia pelle, vittima di brividi continui.
«Tranquilla... Parliamo, dài.»
Mi staccò delicatamente dall'armadio per condurmi verso il letto. Lo seguivo come un automa, mi ripetevo ancora.
«Mio fratello è un assassino...»
«Siediti.»
«Mio fratello l'ha uccisa.»
Mi guidò e continuò ad accarezzarmi il braccio.
«Parliamo... Tranquillizzati, Amybeth.»
«Louis, di cosa dobbiamo parlare? Mio fratello... mio fratello è un assassino.»
Ero distrutta al pensiero che finisse in galera. Lui era troppo fragile per quei postacci, la sua salute ne avrebbe risentito.
«Parleremo della vita di tuo fratello, perché è stato un incidente.» Una lacrima mi segnò la guancia. «Non possiamo riportare in vita chi è morto, però possiamo salvare Aymeric. E questo puoi farlo solo tu... È tutto nelle tue mani.»
«Mio fratello è un assassino... Mio fratello l'ha uccisa...» tutto il mio universo si era capovolto, mi sentivo scivolare in quel baratro da cui era impossibile risalire.
«Amybeth. Ascolta Louis, per favore.» Mia madre anche era lì, immobile alla porta, ma l'unica cosa che vedevo attorno a me era buio, oscurità. Non vedevo più la luce. Vacillavo nell'incertezza.
«Amybeth accetta la mia proposta.»
«Louis, qualcuno è morto... Mio fratello l'ha uccisa. Di che proposta parli?» gli chiesi con la voce rotta per i singhiozzi. «Dimmelo, Louis. È morta, Louis. È morta, Louis. È morta...» Sembravo un disco fermo allo stesso punto, con la mente in completa paralisi.
Mi appoggiò il suo palmo freddo sulla guancia e guardai mia madre. «Mamma...» Ero in trappola come un topo, ma ero talmente addolorata da non riuscire a respirare. «Mio Dio... Che razza di incubo sto vivendo? Mio Dio... Mio Dio...» alzai gli occhi gonfi verso il cielo, pregando che avesse pietà di me.
«Io posso farlo terminare. Devi solo accettare la mia proposta e la polizia non saprà cos'è successo questa notte. Nessuno sarà mai in grado di provare la colpevolezza di tuo fratello. Diventa mia moglie, Amybeth.»
I singhiozzi si placarono, lo guardai negli occhi. «E sarò felice di salvare la vita di tuo fratello.»
Mi aggrappai a quelle parole, anche se sarebbe potuto essere un diavolo in persona a parlarmi.
«Te lo prometto.»
A quel punto, guardai mia madre e con sguardo stravolto... tornai su Louis Hynes. Era l'unica speranza.
❛...❜
"Non mi importa delle tue ragioni, l'importante è il risultato dell'accordo che abbiamo fatto, e questa è una verità." Scandí. "Tu. Appartieni. A. Me."
"Tu non sarai mai il mio padrone!"
"Sì che lo sono, mogliettina cara. E non lavorerai con lui."
"Ti sbagli di grosso. Lo farò e tu non potrai fare niente! Niente per fermarmi!" Conclusi per poi andarmene dal suo ufficio.
Era da un pezzo che non andavo là, ma quella mattina né avevo sentito la necessità. Mi era mancato parecchio la mia amica.
Arrivai dinanzi a Mary, che si fermò dal leggere il quotidiano e bere la sua spremuta d'arancia. Non si aspettava che venissi dopo che l'avevo attaccata per avermi fatto incontrare Amybeth.
Lei però si mostrò fredda, ritornando alla lettura. Poi schiarì la voce. "E ora che si fa? Sei qui per valutare i danni?"
Mi voltai verso il panorama mozzafiato propinato dall'altezza e mi grattai la nuca, a disagio.
"So di aver sbagliato e di essermi comportato come un bambino."
"Se fossi stato un bambino... forse mi avresti ascoltato." Mi passai le mani fra i ricci, contemplando le mattonelle. Poi riprese, ma stavolta da più vicino e con tono posato. "Lo so, lo so. Il tuo cuore è spezzato. Volevo solo che lo vedessi... Credo che Amybeth ti ami follemente e anche tu la ami. Ma anche se non lo credi, esiste una spiegazione per tutto, Lucas."
"No, non c'è." Sorrisi con amarezza.
"Che tristezza... Ma non l'avresti mai saputo, se non vi foste visti. Voglio dire, è meglio che tu senta il dolore di un cuore spezzato piuttosto che di un pentimento totale. Che c'è di male?" La guardai. "Accetto." Poi distolse il suo volto. "Va bene, accetto di essermi intromessa in qualcosa di troppo personale. Ma se ho osato è per l'amicizia che mi lega a te. Non posso farlo, eh?!"
Alzai le mani in segno di resa. "Va bene, va bene Mary. Ammetto di essermi sbagliato e so che ho fatto un grosso errore con te. Vuoi cacciarmi?"
Sorrisi. Non volevo che mi tenesse il broncio, avevo bisogno di lei come l'aria che respiravo.
Avevo bisogno della mia migliore amica.
"Non riuscirai a farmi sentire in colpa." Alla fine, si lasciò sfuggire una piccola risata.
"Finché tutto l'odio nella mia anima non si estinguerà, mi allontanerò da Amybeth. La collaborazione con Louis Hynes continuerà fino a quando il progetto non sarà finito."
"È una buona idea. Ma..."
"Non mi credi?"
"Non si tratta di questo, Lucas. Spero che accada." Poi passò a un argomento meno articolato, per sciogliere la tensione. "Vuoi un caffè? Pasticcini? Una torta?"
"No, devo andare."
"Va bene, come vuoi. Ci vediamo dopo."
M'incamminai verso le scale, poi ricordai di chiederle un particolare e mi bloccai.
"Mary..." Anche lei si fermò. "Ieri ho visto che stavi andando al cimitero, vero?" Sbatté le lunghe ciglia nere. "Hai perso una persona cara?"
"Non sono affari tuoi. Preferisco non parlare di questioni private." Sentenziò per poi sorridermi con amore. "Dài, vai, altrimenti farai tardi a lavoro." Le rivolsi un altro sorriso solare e alzai la mano a mo' di saluto, poi mi voltai chiudendomi le labbra con una zip invisibile. Il sorriso di Mary non si affievolì nemmeno per un secondo.
Era l'unica persona che riusciva a spazzare via le nuvole, che preannunciavano un temporale.
Pov's Louis
La sfrontatezza di Amybeth la sera precedente mi aveva fatto svegliare in un fascio di nervi.
"Signore." Mi passò una busta gialla con dentro vari scatti, che mostravano il riccio in compagnia di una donna con la pelle bronzea e sembravano essere in confidenza. In altre c'era anche mia moglie.
"Hai qualcosa di più utile?"
"No, signore. È uscito di casa, ha fatto visita a una vicina e poi è andato a lavoro."
"E con la mia sorpresa cos'è successo?"
"Non si preoccupi, ci siamo quasi."
"Molto bene. Lucas Zumann molto presto riceverà una delle mie fonti." Dichiarai, unendo i polpastrelli e mi abbandonai contro lo schienale, pronto a godermi lo spettacolo.
Quando varcai l'entrata, mi bloccai di colpo nel vedere lei - il mio chiodo fisso - intenta a sfogliare il catalogo in compagnia con una ragazza.
Beh, in fondo, dovevo passare per forza da quel corridoio per arrivare in ufficio, quindi mi feci coraggio.
"Buongiorno."
Ruotò la testa, poi lasciò la ragazza ad occuparsi del resto assieme ad un altro paio di persone.
"Ho molto pensato alla tua offerta ed è così allettante da non poter essere rifiutata. Quindi io e la mia squadra abbiamo iniziato subito."
Le feci segno di seguirmi e ci mettemmo a debita distanza per discutere a quattr'occhi.
Mi accigliai. "Di cosa abbiamo parlato ieri?"
"Abbiamo messo fine alla guerra, Lucas, o mi sbaglio?"
"Non abbiamo firmato la pace."
"Va bene che sparisca dal nostro accordo di pace."
"Non sarà così!" Obiettai. "Ho bisogno di stare lontano da t...-." Lasciai la frase a metà, quando alzai gli occhi in alto, notando la castana osservarci a braccia conserte e una smorfia visibile sulle labbra. Mi avvicinai allora all'orecchio di Amybeth, bisbigliando. "Ti prego, finiscila."
"Lucas." Mi bloccò. "Stare qui è molto difficile per me. La gente decide per me senza neppure prendere in considerazione ciò che voglio davvero." La guardai e alzai un cipiglio. "Vorrei almeno decidere sul mio lavoro."
Era così testarda che non persi tempo a farle cambiare idea, perché la conoscevo bene.
La sorpassai e quando mi trovai davanti alle scale notai che mi stava fissando con l'intensità di sempre, ignorando il resto del mondo e la ragazza che le si era avvicinata per chiederle qualcosa, inerente al catalogo. Salii in fretta gli scalini, scrutandola, fino a che non puntai gli occhi sulla castana.
"La giornata è iniziata movimentata, no?" Mi parai dinanzi alla castana.
"Per quale motivo?"
"Non ti piace." So che le dava molto fastidio vedermi in compagnia di Amybeth Hynes e che in fondo aveva capito che il nostro rapporto fosse più stretto.
"Non avevo idea che l'avresti fatto. Avresti dovuto dirmelo." Abbassai gli occhi in basso, Amybeth non aveva rotto il contatto visivo. "L'ho saputo dalla sicurezza. È venuta con tutta la squadra al seguito e nessuno sapeva niente a riguardo."
"Ha sorpreso anche me. Non lo sapevo, per questo non te l'ho detto." Scosse la testa con grande disappunto e si strinse nelle spalle. "Davvero mi dispiace."
"Cos'è cambiato quando siamo arrivati qui?"
"Non è cambiato nulla."
"Una volta eravamo amici. Non c'erano segreti fra di noi. Ma ora sento che mi tratti come un'estranea." Borbottò.
Sospirai e le posai una mano sul braccio. "So che sei stanca... Ma possiamo parlare."
A quel punto lei proseguì e lanciai un ultimo sguardo di sotto, verso Amybeth il cui sguardo tornò poi sui fogli.
Shannon entrò nel mio ufficio e chiusi la porta per avere più privacy. "Shannon." Mi avvicinai. "So che ti ho ferito troppo."
"Ti sei allontanato."
"Assolutamente no, perché dici questo?" Dovevo toglierle questa sciocca idea dalla mente e le toccai gentilmente il gomito. Era nella stessa posizione di prima, braccia conserte e sguardo acido puntato su di me. "Tu sei una grande amica."
"Questo, in America. Eravamo una famiglia. Io e mio zio ti abbiamo sempre considerato così." Poi rilasciò le braccia facendole ricadere lungo i suoi fianchi. "Ma da quando sei a Dublino non capisco cosa sia successo, tutto è cambiato. Non mi hai neppure presentato alla tua famiglia."
Annuii, dandole silenziosamente ragione e presi il cellulare per mettere in chiamata.
"Pronto?" La voce di mia madre così allegra invase la cornetta e mi girai verso Shannon.
"Ciao, mamma." Le andai incontro per mostrarle che facevo sul serio.
"Tesoro!"
"Stasera abbiamo un ospite a cena."
"Chi?"
"Shannon. La mia migliore amica dall'America." Sapevo che sarebbe stata felice di cucinare, specie per una donna.
"Ma certo, figliolo!" squittì. "Mi piace l'idea." Spostai il cellulare dall'orecchio per farglielo sentire. "Dille ch'è la benvenuta e dille anche che ho intenzione di cucinare qualcosa di molto speciale per lei."
"Ok, mamma, a stasera."
"Ci vediamo, tesoro. Abbi cura di te. Ti mando un grande bacio."
Come al solito, mia madre era iper euforica alla notizia che avrei portato una donna a casa nostra. Lei sperava sempre che si trattasse di quella che avrei portato all'altare.
Pov's Louis
"Buongiorno a tutti." Salutai le persone riunite al tavolo, che aspettavano per la riunione in programma e mi andai a sedere a capo tavola, mentre Casey si posizionò di fronte.
"Tieniti libera stanotte. Ho molta voglia di stare con te." Sussurrai a Bridgitte. Quest'ultima piegò la testa e non rispose. "E' un no?"
"Impossibile. Sono ai suoi ordini, signor Hynes."
Feci un sorrisetto e mi rivolsi a mio suocero, che ci fissava. "Casey..." Sgranò gli occhi e drizzò la schiena, come colto in fragrante. "C'è qualche problema, Casey?"
Sorrise. "No, nessuno."
"D'accordo, iniziamo." Feci scorrere il mio sguardo su ogni presente e Loch m'interruppe.
"Scusi." Venne da me e mi mostrò il cellulare. Scossi la testa come un tacito consenso ad allontanarsi e lasciarmi proseguire il discorso.
"Scusate, credo di aver lasciato le mie pillole in ufficio. Cominciate pure, io torno subito."
"Puoi fartele portare." Gli suggerii ma lui si era già alzato.
"Non ti scomodare, vado io."
Lasciò la sala, destando non pochi sospetti nel mio cervello. Ma feci cenno agli altri comunque di parlare.
❛...❜
Mentre la riunione procedeva, Casey non era tornato e mi stavo spazientendo.
Doveva prendere delle pillole, no?
Ero sempre più pensieroso e distratto. Quella sparizione non poteva essere un caso.
Lanciai la penna sul tavolo con cui stavo giocando e dissi. "Continuate voi. Torno subito."
Abbandonai anch'io la riunione per vederci chiaro e capire cosa stesse facendo il mio caro suocero. Discesi velocemente le scale, avendo come unico obiettivo... di raggiungere al più presto il mio ufficio.
Sorpassai il corridoio con lunghe falcate e appoggiai la mano sulla maniglia, spalancandola di corsa. Lui era lì, proprio come immaginavo, e si girò di scatto. Gettai una rapida occhiata alla mia scrivania.
"Non erano nel mio ufficio e sono venuto a cercarle qui. Erano nello scrittoio."
Come prova, mi mostrò il contenitore e gli girai attorno per andare dietro la mia scrivania.
"Non dovresti dimenticare le medicine, né le raccomandazioni che ho fatto a te e a Giselle."
"Hai ragione. Sì, lo farò."
Poi andò verso la porta e uscì, mentre sollevavo qualche plico qua e là per capire se avesse frugato qui dentro, altrimenti che cazzo ci era venuto a fare?
Ehilà, lettori!
So che questa storia vi è mancata molto, come i suoi aggiornamenti... per cui tornerò ad aggiornare saltuariamente.
Mi ha fatto bene allontanarmi un po'... così posso riprendere a scrivere con più attenzione.
Questa trilogia è molto articolata e ci sono parti molto importanti.
Louis si sta preparando ad una vera e propria guerra con Lucas, ma con l'aiuto niente meno del fratello di quest'ultimo! Jacob... tradisce Lucas e tutta la sua famiglia!
Ed è solo l'inizio...
Mentre, sul fronte femminile, Amybeth non vuole che nessuno le chiuda la bocca e decide di sfidare il marito, lavorando a stretto contatto con Lucas, per cui il loro "addio" non è definitivo...
I due continueranno ad essere molto più vicini. Torna anche la nostra Mary, perché dai... quella donna non può mancare, essendo lei la fan number 1 della coppia Amybeth-Lucas.
E Casey, invece? Anche lui si schiererà contro il genero, per amore della figlia?
Beh, per tutto questo e molto di più, aspettate i prossimi aggiornamenti del primo libro di questa trilogia... E non dimenticate la stellina e un commento per farmi sapere che ne pensate, mi raccomando!
Volevo ringraziare Stef_98_Ania e jolycarbon per aver ripreso a deliziarmi con i loro commenti e anche gli scleri. ADORO! ❤️❤️
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top