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L'improvvisa visione aveva ricordato a Daniele che era venuto lì per passare la solita, bella serata insieme alle tre ragazze. Ma si era anche reso conto, con grande amarezza, che ancora non l'aveva fatto. Anzi, le aveva quasi del tutto ignorate, immerso com'era nell'attesa spasmodica di rivedere i suoi vecchi compagni.
Percorse il tragitto "bagno-bancone del bar" continuando a ripetersi: "Ora basta! Pensa alle tue amiche!".
Ma, appena sbucò nella sala e posò lo sguardo sulla tavolata, si ritrovò senza volerlo a buttare l'occhio in ogni angolo, su ogni viso, per tentare di scorgere coloro che cercava.
«Allora, ti sei un po' ripreso, dado?» chiese Milena, appena le raggiunse.
Daniele riuscì a fatica a spostare l'attenzione sulle ragazze, ma sapeva che non poteva, né doveva più mostrarsi nello stesso modo in cui aveva fatto fino a quel momento. Tutti e quattro aspettavano quei ritrovi con attesa febbrile; quello, poi, in modo particolare, essendo il festeggiamento del loro cinquantesimo anno di vita. Chi era lui per rovinare tutto?
«Oh, sì! Va molto meglio. Grazie!» rispose, biascicando le parole e buttandole fuori come fossero pezzetti di cibo che non volevano andare giù, mentre i suoi occhi, come mossi da forze invisibili, continuavano a vagare per il locale. Non gli venne in mente nient'altro da dire e si zittì, sapendo di dar loro l'occasione di chiedergli cosa l'avesse turbato. Sperava non lo facessero. Ancora non riusciva a capire perché non volesse raccontare del sogno e di tutto il resto, ma... sperava con tutto il cuore che non chiedessero nulla.
Non sapeva che le tre ragazze, in sua assenza, avevano deciso di non incalzarlo, non forzarlo, ma aiutarlo a rilassarsi con la spensieratezza, l'allegria e un po' di sane, vecchie risate, quelle che in tutti quegli anni avevano contraddistinto i loro incontri.
«Vuoi sapere perché Federica è arrivata in ritardo, stasera?» chiese la Ti, catturando di colpo tutta l'attenzione di Daniele, a cui sembrò di riacquistare la padronanza delle proprie pupille.
«Ero uscita anche in orario» proseguì la Erre, «ma, appena fuori per strada, non ti becco il mio uomo ideale, appoggiato al cofano della mia macchina? Alto, bello, un po' selvaggio... Mi ha proposto una sveltina... Cosa dovevo fare?»
Daniele restò zitto per un secondo, come se percepisse le parole appena udite districarsi a fatica nell'ingorgo di pensieri che sentiva dentro la testa. Ma fu un attimo, poi scoppiò a ridere di gusto, e le tre donne insieme a lui, sentendo le lacrime depositarsi all'istante alla base degli occhi. Si sentiva bene ora, leggero come una piuma.
«E l'avete fatto lì? Sul cofano, davanti a tutti?» chiese, trascinando le parole, ma in maniera del tutto diversa da poco prima.
«Certo! Se fossimo saliti in casa, sarei arrivata ancora più in ritardo!»
Milena sputò la sorsata di Mojito appena bevuta, aumentando ancora di più l'ilarità già intensa, e si ritrovarono tutti e quattro a ridere in maniera convulsa, attirando sguardi e sorrisi dai tavoli vicini.
Erano quelli i momenti che preferivano e, tra le lacrime e le risate, Daniele si ritrovò a darsi dell'idiota per il tempo che aveva sprecato nel dar retta a un semplice sogno.
«Devo dire che questa, come scusa, batte quella della ruota bucata del treno!» sentenziò la Ti.
«Che non prendo mai, tra l'altro!» puntualizzò la Erre.
«Vi ricordate quella sera in Val d'Aosta, quando la Genny e la Schì avevano organizzato il pigiama party in camera?» disse Monica. «E la Erre sbagliò stanza, bussando a quella della prof?»
Le frasi guizzavano fuori dalle risate come pesci dal mare.
«Ha aperto la porta mezza addormentata, con i bigodini in testa e, quanti? Almeno dieci cerottini nei piedi!»
«Ma che aveva? I funghi? I calli?»
«Non lo so. Siamo scappate prima che potesse dirci qualcosa. Che ridere!»
«Credevo seriamente che alla Deby e alla Betta venisse da vomitare, per quanto ridevano!»
Daniele ascoltava e si sbellicava, la mente sgombra, il cuore leggero, mentre i ricordi dell'unica gita che la loro classe era riuscita a fare, si palesavano uno dietro l'altro, come legati a un filo.
Non se ne accorse subito. Chiudeva e apriva gli occhi, velati dalla patina di lacrime causata dall'ilarità travolgente che gli era piombata addosso, e vedeva le sue amiche ridere, raccontare, raccontare e ridere. Almeno credeva fossero sempre state lì perché, all'improvviso, seduti dove un attimo prima stavano Milena, la Ti e la Erre, c'erano "loro", tutti e dodici, giovani nelle fattezze e nei lineamenti, com'erano rimasti nei suoi ricordi, ma con lo sguardo, fisso su di lui, carico di una profondità sterminata, intensa, avvolgente, fatta di tutte le giornate che non avevano vissuto, di tutti i baci che non avevano dato, di tutti gli abbracci, i sorrisi, i litigi, i gesti d'affetto, gli sgarbi, le parolacce, le carezze, le prese in giro, le ipocrisie, i pianti, i desideri, i momenti di rabbia, gli impulsi, i pruriti, le risate, le smorfie, le cattiverie, i gestacci, le buone azioni, le coccole, i tradimenti, le delusioni, gli entusiasmi, le mancanze, gli impegni, gli sbadigli, le bugie, i pentimenti, le confessioni, le dichiarazioni che un misero aeroplano lasciato miseramente a vagare solitario nel cielo, aveva spazzato via per sempre.
Ridevano come se fossero sempre stati lì, coinvolti nella rimpatriata, immersi nei bei ricordi venuti a galla, belli, puri, candidi come un paesaggio innevato.
«Come possono stare tutti e dodici su tre sgabelli?» fu la prima cosa che venne in mente a Daniele, in quel fulmineo istante che passò tra lo stupore iniziale e il dubbio penetrante se si fosse addormentato, proprio lì, in quel bar, a quel bancone, con il suo Americano in mano.
Sentiva le loro voci mescolate alle risa, intente a raccontare altri aneddoti, altri episodi, altri splendidi momenti vissuti insieme. Tutti dicevano qualcosa, chi prima, chi dopo, chi ancora rideva; tutto si mescolava con il brusio della sala, e le loro voci erano familiari, conosciute, come se avesse continuato a sentirle per tutti quegli anni. Poi, capì.
Stava udendo le voci di Milena, della Ti e della Erre.
Si stropicciò gli occhi, sentendoli arrossati. Quando li riaprì, sui tre sgabelli c'erano le sue tre amiche.
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