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Daniele deglutì e, approfittando che sia Milena, sia la Ti, parevano aver intrapreso una conversazione tra loro, si voltò verso la tavolata.

Ancora vide solo un gruppo di persone normali, che normalmente chiacchieravano e si divertivano. Cercò la ragazza con cui aveva condiviso pochi secondi di sguardo, sicuro fosse stata lei a chiamarlo, ma non la trovò. La cosa lo lasciò perplesso e alquanto sgomento.

Stava per rigirarsi con l'intento di dare un po' di attenzioni alle sue amiche, quando notò un ragazzino che lo fissava, l'unico del tavolo che non stava parlando con nessuno. Poteva dimostrare dieci, forse undici anni, ma Daniele era certo ne avesse qualcuno in più. Era immobile, le mani nascoste tra le gambe.

Seppure in maniera lievissima, pareva emanare luce, o forse era solo più esposto alle lampade del locale. Sorrideva, e quel sorriso era l'insieme di tutte le gioie del mondo, tanto era spontaneo, solare, infantile e maturo allo stesso tempo. Per un attimo Daniele vi si perse dentro, e quell'istante sembrò durare una vita intera. Si accorse subito che quella vita, era la sua!

Rivide la sua infanzia, l'amore dei suoi genitori, quel senso di totale protezione, ingenuo disinteresse e perenne entusiasmo che solo un bambino può provare. Poi i primi amici, e lo sbocciare nel cuore dei germogli di lealtà e di fiducia nel comprendere di esserci per qualcuno, e che qualcuno c'era per lui. La prima volta che aveva visto una ragazza in modo diverso da quello che aveva sempre fatto, e il primo incontro con sua moglie, il primo bacio, la prima volta che avevano fatto l'amore, lo scoprire d'essere entrato in una piccola sfera dove esistevano solo loro due, e nessun altro. Ora teneva in braccio il suo bambino appena nato e insieme a lui piangeva una gioia che non si poteva paragonare con niente al mondo, e la stessa felicità, identica, per il secondo figlio, e lo stupore nel rendersi conto di riprovare tutto, come fosse la prima volta. Ora li vedeva crescere, farsi carico l'uno dei bisogni dell'altro, diventare uomini e riversare sui loro figli, tutto quello che lui e sua moglie avevano insegnato. E poi c'erano la Erre e la Ti e Milena, tutte le risate che avevano fatto, le lacrime versate insieme, abbracciati, il conforto che si erano sempre, reciprocamente scambiati, ogni volta come fosse la prima volta.

Dentro al sorriso di quel ragazzino stava osservando l'amore presente nella sua intera vita, vissuta e da vivere; l'amore puro, sincero, senza fronzoli, in tutte le sue forme, le sue manifestazioni, partendo da quello provato appena nato, inconsapevole, a quello profondo, che avrebbe sentito per chi fosse stato con lui, nel momento della sua morte. Perché il vero amore non può percorrere una sola via, né essere legato a un unico modo di vivere le proprie emozioni.

Il ragazzino si mosse, si alzò in piedi e, lentamente, cominciò ad avvicinarsi. Daniele riconobbe all'istante la stessa figura vista nel sogno, e capì. Avevano promesso di venire, ed erano venuti. Erano lì!

Eppure, vedeva solo lui. Dov'erano le altre? Era sicuro ci fossero, non sapeva il perché, ma ne era sicuro, e la voglia di rivederle in carne e ossa, così come stava ora osservando l'unico altro maschio di quella sventurata classe, era smaniosa, quasi insopportabile. Voleva scorrere con gli occhi l'intero locale, per individuarle, forse in un altro tavolo, forse appoggiate al bancone, a chiacchierare, ma quel sorriso traboccante di amore incommensurabile lo teneva incatenato, rendendolo incapace di distogliere lo sguardo. Con sua grande sorpresa il ragazzino si era fermato a fianco della Ti, il volto sempre fisso su di lui e il sorriso che pareva aprirsi sempre più.

Alzò una mano e indicò le sue amiche.

«Dani... Cos'hai stasera?»

Daniele batté le palpebre e si ritrovò davanti Milena e la Ti che, scese dallo sgabello e in piedi, accanto a lui, lo guardavano preoccupate.

Si toccò il viso e lo scoprì completamente bagnato; quando si rese conto che il ragazzino non c'era più, cominciò a singhiozzare. Era triste, deluso come mai era stato; e gli echi di quell'estatico momento vissuto, ancora vivi in lui, anche se in dissolvenza, acuivano la profonda frustrazione che provava.

Milena lo abbracciò. «Cos'è successo, dado? A noi puoi dirlo, lo sai!»

Daniele s'immerse nel contatto con l'amica, sentendo la scarica di brividi inondargli l'intero corpo.

"Non vorrei essere da nessun'altra parte, ora" pensò. Ma, allo stesso tempo, si ritrovò a vagare ancora il locale con lo sguardo, in cerca di qualcuno che sapeva impossibile essere lì.

Provò ad abbozzare una risposta, ancora indeciso se raccontare o no ciò che aveva sognato, ciò che stava provando e, forse, vedendo. Ma prima che le sue labbra vibrassero una qualsiasi parola, gli occhi si fermarono sulla porta d'ingresso.

Si staccò dall'abbraccio. «C'è la Erre» disse, tirando su con il naso.

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