Prologo
Quella notte il cielo era sereno.
La luna piena riluceva, riversando i suoi raggi, scintille luminose, sull'enorme distesa d'acqua.
La volta celeste, punteggiata di stelle, appariva come un gigantesco lenzuolo a pois, che si estendeva per chilometri e chilometri, senza alcun limite.
Soffiava una leggera brezza.
Sentivo i capelli agitarsi, animati dal caldo vento di scirocco che incedeva, poderoso, con una lentezza a tratti asfissiante.
Come se tutto scorresse a rallentatore.
Non pioveva da più di due mesi.
Avevo freddo.
Me ne stavo immobile, distesa sulla riva del mare.
Qualche onda più audace, di tanto in tanto, si ergeva fino a raggiungermi. Si innalzava, alta, per poi ricadermi addosso e cingermi con le sue braccia umide.
Ogni spruzzo una carezza.
I pantaloncini scuri e la camicetta bianca erano ora un misto di sabbia, sangue e salsedine. Le infradito blu galleggiavano sulla superficie acquosa qualche metro più in là.
Sentivo le labbra disidratate e, in bocca, il sapore metallico del sangue secco.
Gli occhi erano spalancati.
Entrambe le braccia abbandonate ai lati del corpo.
Potevo avvertire il peso del sangue, che andava raccogliendosi sul dorso.
Non avrei saputo dire che ora fosse.
Forse le tre, o forse le quattro di notte.
Più in là fonti ufficiali dichiararono che erano esattamente le tre e ventuno.
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