XVII - parte prima

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capitolo 17: parte 1
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»»---- ★ jimin's p.o.v. ★ ----««

Sono a casa di Jungkook e siamo sul punto di iniziare a guardare l'ultimo episodio della saga di Star Wars quando mi arriva una telefonata da un numero sconosciuto. Mi scuso con lui e rispondo al telefono, alzandomi in piedi per allontanarmi di qualche metro in segno di rispetto.

Quando mi sono svegliato questa mattina, con tutta la voglia e la felicità che avevo di andare a casa del ragazzo che mi ha rubato un pezzo di cuore – di quella parte che ancora funziona –, non mi sarei mai aspettato di ricevere una telefonata simile. Eppure eccola qua, che mi sconvolge e mi colpisce come può fare un treno che arriva all'improvviso, viaggiando sui suoi binari, e ti urta, facendoti completamente sbarellare.

«Pronto...?» rispondo esitante, non conoscendo il nome della persona dall'altro lato della cornetta.

«J-Jimin?» domanda quella voce tremante e io sono sicuro di averla già sentita da qualche parte, solo non riesco a ricordare dove né quando.

«Sì?» continuo, più esitante di prima, ma allo stesso tempo curioso.

«Jimin, sono tuo padre» dice la voce e qui capisco il perché mi suonasse tanto familiare. L'ultima volta che l'ho sentita, mi ha letteralmente detto di "sparire dalla sua vista e non farmi più vedere".

«Che cosa vuoi?» domando acquisendo immediatamente un tono gelido e puntando lo sguardo nel vuoto. Forse perché il ricordo dei miei genitori, le persone che avrebbero dovuto amarmi incondizionatamente a prescindere da ogni cosa e che invece mi hanno solo dimostrato odio e disprezzo, rende vuoto anche me.

«V-volevo solo avvisarti ch-che...» la sua voce trema. Non è quella che ricordavo, non è quella che con cattiveria mi ha buttato definitivamente fuori dalla sua vita. È il tono di voce di un uomo qualsiasi, che ha paura. «Jimin, la mamma è morta» dice soltanto e posso affermare quasi con certezza che sia scoppiato a piangere dall'altra parte, anche se molto probabilmente ha allontanato la cornetta per non farsi sentire. «I funerali... saranno dopodomani, alle quindici, qui in città. Se vuoi, insomma... venire» continua e io non so cosa rispondere. Mi sento senza emozioni in questo momento, come se la cosa non mi avesse proprio toccato.

«Ok» è l'unica cosa che riesco a dire, dopodiché più nulla, dopodiché solo la mia mano che allontana il dispositivo dal mio orecchio e le mie dita che arrivano a toccare il pulsante rosso di interruzione della chiamata.

Torno in salotto pensando a come questa notizia mi abbia lasciato, a che effetto abbia avuto su di me, ma forse Jungkook è persino più bravo del sottoscritto a notarlo poiché proprio a pennello mi chiede: «Hey, tutto bene? Hai una faccia da funerale». Probabilmente ha notato il mio sguardo puntato dritto nel vuoto e ha dedotto che qualcosa non stesse andando nel modo corretto.

Mi siedo nuovamente accanto a lui e faccio uno sforzo enorme per guardarlo negli occhi, e questo contatto con qualcosa di reale mi riporta immediatamente alla realtà. Cercando quindi di mettere insieme i miei neuroni per rispondere, dico: «Mia madre è morta» e lascio la frase in sospeso.

Subito vedo l'espressione di Jungkook mutare in sconvolta e lo sento gettarsi verso di me per abbracciarmi, ma non è quello di cui ho bisogno. In qualche modo, questo non mi fa sentire meglio. Semplicemente non sento niente, poiché sento tutto; e non so decifrarlo. Mia madre è morta? Come mi ha lasciato questa notizia? Triste? Sconcertato? Sollevato? Non so decifrare la cosa. Non riesco a capire l'impatto che la notizia ha avuto su di me. Non so che dire, che pensare. Io non- «Oddio, Jimin, mi dispiace tantissimo» sento la sua presa rafforzarsi su di me, per tenermi stretto in un momento che a quanto pare sta percependo maggiormente lui.

«I funerali sono dopodomani alle quindici» dico meccanicamente, come se fossi un computer che manda in output le informazioni che ha ricevuto e analizzato. Beh, l'unica differenza tra me è un computer è che... io non le ho nemmeno analizzate: le ho solo sputate fuori, senza elaborarle né digerirle.

«Vuoi... insomma, lo so che è una cosa personale, ma... vuoi che venga con te?» mi chiede lui e io di getto rispondo: «Oh, ma io non ci voglio andare.»

«Scusami?» domanda lui spaesato. Se solo sapesse quanto lo sia io!

«Non parlo con mia madre da anni, precisamente da quando-» cosa stavo per fare? Stavo per dire a Jungkook che non le parlo da quando ha rifiutato di aiutarmi a pagare i miei medicinali, dicendomi esplicitamente per "non avrebbe voluto buttare via neanche un soldo per un figlio finocchio". Per lei la mia vera malattia non è al cuore, ma al cervello. Per lei la mia diagnosi è: omosessualità. «Da troppo tempo» concludo il discorso senza entrare nello specifico. Stavo per rivelare a Jungkook della mia malattia e se l'avesse scoperto... beh, sarebbe stata questa la cosa peggiore della giornata.

«Ma Jimin, è... è tua madre.»

«No, ti sbagli. Non è più mia madre da quando mi ha sbattuto fuori casa rinnegandomi come figlio. Non era più mia madre già da tempo addietro, se vogliamo proprio dirla tutta...» e ripenso al ricordo di quando mi ha accusato di avere ucciso mia nonna con il mio coming out.

«Come ti sei sentito nel ricevere la notizia?» domanda, forse per cercare di comprendere cosa mi passi per la testa, quando in realtà sono il primo a non capirci niente.

«Non lo so, sinceramente. Non ho sentito niente e non capisco il perché...»

«Forse... non sai cosa p-provi per lei. Pensavi di odiarla e adesso che è venuta a mancare ti sei accorto che non-»

«È così...» ribatto.

«Esatto, ti sei accorto che non è così» conclude.

«No, quello che intendevo dire è che è così. Lei non mi voleva bene e io l'ho sempre odiata. Perché dovrei andare al suo funerale?»

«Per dirle un'ultima volta addio. Per l'ultima volta le dirai quello che hai provato per lei, sia nel bene che nel male.»

«È morta, non mi potrà sentire» i morti sono morti, penso poi tra me e me. Quando succede è finita, continuo e sento quasi che mi sta per scendere qualche lacrima, ma non esce. Certo che ho pianto davvero in tantissime occasioni mentre in questa non ci riesco. Sembra quasi che l'acqua presente nel mio corpo abbia deciso di ritirarsi, infatti mi sento disidratato.

«Vado a prendere un bicchier d'acqua» annuncio alzandomi dal divano, ma Jungkook segue i miei movimenti prendendomi per mano e al mio sguardo interrogativo risponde con un semplice: «Non ti lascio solo» che per me vuol dire parecchio.

«Sai una cosa?» mi domanda il ragazzo che, appoggiato sullo stipite della porta della sua stessa cucina, mi guarda mentre mi servo un bicchiere d'acqua, che gli offro e lui rifiuta con un gesto del capo. «Secondo me dovresti andare. Lei è la donna che ti ha messo al mondo, senza la quale oggi non saresti stato qui e-», ma si blocca all'improvviso, cambiando all'istante la direzione del suo sguardo.

«E...?» domando curioso.

«E senza la quale non ti avrei mai conosciuto» dice e io in questo momento ho solo voglia di baciarlo. Baciarlo e non staccarmi da lui finché non ce lo imporranno i nostri polmoni. E chi me lo può impedire? Lui al massimo, ma tanto vale rischiare. Mi avvicino a Jungkook a passi lenti fino ad arrivare di fronte a lui. Le mie braccia si allacciano attorno al suo collo mentre le sue mani finiscono sui miei fianchi e io mi alzo sulle punte per poi incollare, letteralmente, le mie labbra alle sue.

Forse sono un po' in crisi ora come ora, forse la notizia mi ha lasciato un po' spiazzato, ma in questo momento, ora che sono tra le braccia di Jungkook, ora che mi solleva per i fianchi appoggiandomi sul bancone della sua cucina e continuando a baciarmi, mi dimentico di qualsiasi cosa. Forse ha ragione, l'unica cosa per la quale devo essere grato a quella donna è la mia vita, anche se tarocca. Però senza quest'ultima non avrei mai conosciuto la persona che adesso sto baciando, la persona della quale mi sono innamorato e che mi ha sempre aiutato, fin dal primo giorno quando neanche sapeva della mia esistenza. Devo solo questo a mia madre e in nome di quello che provo per Jungkook, decido che andrò al funerale. Insieme a lui.

«Ci andrò...» dico solamente e Jungkook sorride. Non capisco perché sia più felice lui per me, probabilmente ha i suoi motivi oppure in questo momento semplicemente non riesco ad essere felice, però mi piace che ci sia lui a darmi forza. L'ha sempre fatto, dal primo momento, ed è grazie a questo se mi sono innamorato di lui.

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Stiamo viaggiando sull'autostrada che ci porterà nella mia città natale: Daegu. Ho detto a Jungkook che a me sarebbe andato bene anche il treno o il pullman come mezzo per spostarci e che avrei pagato entrambi i biglietti perché si trattava di mia madre, ma lui ha insistito per usare la sua auto, che effettivamente ci è tornata più comoda.

Tra poco arriveremo in albergo e passeremo qui la notte, prima di andare al funerale di domani. Sto cercando in tutti i modi di pensare a qualsiasi altra cosa perché questa mi mette in agitazione, non so neanche perché. Forse per i volti dei miei parenti che domani rivedrò, forse perché rincontrerò mio padre e mio fratello. Chissà se gli altri sanno, chissà se sanno che persona di merda è stata mia madre. Probabilmente sì, ma essendo della sua stessa opinione non si sprecheranno neanche a salutarmi o a farmi delle finte condoglianze per qualcosa di cui non mi dispiace affatto e forse questa cosa mi consola, poiché non dovrò avere a che fare con loro.

«Sei nervoso?» mi domanda Jungkook, svoltando l'angolo con la macchina e rompendo il silenzio che si era venuto a creare tra di noi.

«Dovrei esserlo?» domando non in maniera retorica. Gli sto letteralmente chiedendo se dovrei essere nervoso per la situazione. Se dovrei essere nervoso perché sto per toccare il suolo della mia città natale, che ieri ha sofferto la morte della signora Park.

«No» risponde lui dolcemente e questa parola mi rincuora. Slaccio la cintura che mi tiene appiccicato al sedile e apro la portiera, poggiando il piede sull'asfalto freddo di Daegu. L'odore di smog è rimasto lo stesso dall'ultima volta che sono stato qua, tanto tempo fa. La città è esattamente come me la ricordavo, anche se sembra che le manchi qualcosa e di certo non parlo di mia madre. Il cielo è grigio quasi come a riflettere l'umore delle persone che domani dovranno partecipare ad un funerale.

Jungkook gira attorno alla macchina per raggiungermi, siccome mi vede incantato a guardarmi intorno, e mi prende per mano per dirigermi verso l'albergo. Quando la sua pelle entra in contatto con la mia mi riprendo all'istante e scuoto la testa per tornare a pensare in maniera lucida, seguendolo poi spontaneamente dentro la struttura. All'interno della hall all'inizio non vedo nessuno e mi dirigo a passo spedito verso la reception, ma quando odo alcune voci parlare della morte della signora Park capisco che ci sono anche dei miei parenti qui dentro e inizio ad agitarmi, aspettando che qualcuno arrivi alla reception per fornirci numero e chiavi della stanza che abbiamo prenotato. Smetto automaticamente di tremare quando sento la mano calda di Jungkook posarsi sul mio fianco e io mi volto a guardarlo, sorridendogli lievemente. È incredibile la sua capacità di farmi sentire al sicuro non facendo assolutamente niente.

«Lei è?» mi chiede la receptionist e quasi non riesco a dire il mio nome. Probabilmente saprà che qui ci sono altri parenti della deceduta e sentire il cognome "Park" potrebbe farle capire che sono il figlio, oppure le altre persone potrebbero sentirmi e avvicinarmi.

«Jeon» risponde Jungkook vedendomi in chiara difficoltà e nonostante le circostanze mi ritrovo a formare un nuovo sorriso.

La receptionist cerca il cognome sul computer e poi si volta a cercare le chiavi della nostra stanza, il cui primo numero corrisponde al piano dell'albergo al quale dobbiamo dirigerci.

«Ecco a voi la chiave» ci dice porgendoci la carta elettronica simile a quella che uso al Campus. Jungkook la prende e accenna un sorriso educato alla ragazza, che ricambia e lo guarda un po' troppo per i miei gusti. Se non sapessi l'orientamento sessuale del ragazzo accanto a me, in questo momento starei provando una gelosia assurda.

Dopo che sento la mano di Jungkook tornare sul mio fianco esercitando una leggera pressione, capisco che mi sta intimando a muovermi per arrivare al più presto nella nostra stanza e io cerco di camminare a passo leggero per attirare meno attenzione possibile. Fortunatamente ho passato anni della mia vita a cercare di passare inosservato e quindi ormai mi viene naturale.

Arriviamo davanti alla nostra stanza e io mi precipito dentro per scampare il possibile pericolo di parenti sullo stesso piano. Se avessi saputo che sarebbero venuti in questo albergo, probabilmente avrei cambiato hotel.

Una volta dentro la stanza mi accorgo che al centro si trova un grande letto a due piazze e due poltrone bianche come le lenzuola che ricoprono il primo. Subito il mio pensiero ricade su stanotte. Come dormiremo? Insieme? E se poi... «Mi avevano detto che c'erano due letti separati... non importa, dormirò sulla poltrona» commenta Jungkook interrompendo i miei pensieri riguardo l'argomento. In alcun modo lui rimarrà tutta la notte su una poltroncina, non dopo tutto quello che ha fatto per me. Non dopo essere arrivato fino a qua, quando non c'entrava assolutamente niente, solo per non farmi affrontare tutto questo da solo.

«No. P-possiamo» inizio schiarendomi la gola, «dormire insieme. Se per te non è un problema» concludo sentendo il cuore battere leggermente più velocemente. Jungkook è la mia dose quotidiana di adrenalina. Non sbaglio quando dico che è la mia cura.

«N-no. No, affatto, per me va bene. Insomma, se sei d'accordo anche tu» risponde timidamente. Sì, che sono d'accordo, penso iniziando a sentire caldo. Infatti velocemente mi libero della felpa rimanendo in una semplice maglietta bianca e con la coda dell'occhio lo vedo osservarmi, ma magari mi sto sbagliando.

«Senti, umh, Jungkook...» dico appoggiando la schiena alla porta della stanza. Lui si volta verso di me e fissa il suo sguardo nel mio, in attesa che io continui il mio discorso. «Ti volevo, emh, ringraziare» balbetto incapace di parlare fluentemente, cercando di non pensare al fatto che stanotte dormiremo nello stesso letto, «perché sei qui e... insomma, perché sei sempre stato qui» concludo sentendo le mie guance andare a fuoco. Probabilmente in questo momento sono viola dall'imbarazzo e lo divento ancora di più quando il ragazzo dall'altra parte della stanza la attraversa a grandi falcate fino ad arrivare di fronte a me, sorridendo, per abbracciarmi.

«Non mi devi ringraziare, davvero. Lo faccio molto volentieri» dice con un timbro di voce basso che mi fa venire i brividi in tutto il corpo. Fino a due secondi fa avevo caldo e adesso sto tremando ed entrambe le cose sono state provocate da Jungkook.

«Adesso hai sonno?» domanda poi staccandosi da me, togliendomi un po' di quel calore che mi stava dando, per dirigersi verso il suo zaino e tirare fuori quello che ha l'aspetto di un pigiama.

«Sì» mento. In realtà non ho per niente voglia di dormire, ma qualcosa nel mio corpo – qualcosa che porta il nome di "ormoni" – mi sta facendo venire la voglia di mettermi a letto. Stacco il mio corpo dalla porta accompagnandomi con le mani e mi avvicino al mio zaino per afferrarlo e tirare fuori a mia volta gli indumenti nei quali passerò la notte, consistenti in una maglietta di tre o quattro taglie più grande e... basta? Ho portato solo la maglietta? Cristo, sento che stanotte vorrò sprofondare.

«Vado a cambiarmi» dico camminando verso il bagno con in mano la maglietta e lo zaino. Meglio non dimenticarsi la medicina...

Mi spoglio velocemente, mi infilo la maglietta che per fortuna arriva a coprirmi almeno fino a metà coscia e poi prendo la pastiglia, mandandola giù con un po' di acqua proveniente dal rubinetto. Prendendo un bel respiro, ritorno nella stanza e trovo Jungkook seduto sul letto che sta mettendo in carica il cellulare. Quando si volta verso di me rimane a bocca aperta, probabilmente perché sono mezzo nudo e non posso fare a meno di sorridere mentalmente al suo apprezzamento implicito.

«N-non hai freddo?» domanda lui balbettante e io scuoto la testa, avvicinandomi al talamo per poi sedermici sopra. «Dormo sempre così» dico per non ammettere che mi sono dimenticato i pantaloni del pigiama a casa, evitando di fare una pessima figura. «Ti dà fastidio?» domando poi per essere sicuro che si trovi a suo agio con la cosa.

«Oh, nono, figurati» risponde. E ti pareva, penso io sorridendo e infilandomi sotto le coperte. Lui mi segue e finalmente siamo entrambi a letto insieme.

«Ci stai ripensando?» chiede Jungkook dopo un silenzio che mi è sembrato interminabile. «Ad andare domani...»

«A dire la verità, da quando siamo partiti non ho fatto altro che pensarci. "Starò facendo la cosa giusta?", mi sono chiesto. "È quello che voglio davvero fare?", ho aggiunto poi, ma dopo ho ripensato alle tue parole di ieri e la risposta è: "Sì, voglio davvero andare". Non so come andrà domani, però voglio esserci» dico spostando lo sguardo su di lui e notando che si è girato su un fianco per guardarmi parlare. Quando noto che sta sorridendo faccio lo stesso e mi giro anche io, continuando a guardarlo.

In questo momento, i capelli spettinati e leggermente lunghi gli ricadono sul viso e mi viene spontaneo allungare una mano verso di lui per sistemarglieli. Nel frattempo i nostri corpi si stanno avvicinando sempre di più l'uno all'altro, quasi come se il principio newtoniano della Gravitazione si stesse manifestando in questa stanza proprio in questo momento. Capiamo di doverci fermare quando ormai come unico ostacolo troviamo i rispettivi corpi; in poche parole significa che siamo appiccicati ed è impossibile avvicinarci maggiormente. Posso sentire il suo respiro unirsi al mio, in una sensazione così gradevole da rendermi un tremendo egoista, tanto da farmi desiderare di stare così per sempre, di avere Jungkook per sempre. La sua mano, automaticamente, finisce sul mio fianco e, se possibile, mi tira ancora di più a sé. Io ansimo, sentendo nuovamente caldo, e per mettere fine a questa circostanza di profondo imbarazzo che è venuta a crearsi mi sporgo in avanti facendo incontrare le nostre labbra in un normale bacio a stampo, che non chiede di più anche se lo vorrebbe.

A sistemare la situazione è Jungkook, che appena dopo quel bacio si sporge per dare il via ad un altro, questa volta molto più approfondito. Non so ancora interpretare questa cosa che c'è tra me e Jungkook, ancora non le so dare un nome; io so quello che provo per lui, ma non so se lui sente le stesse cose e mi bacia per gli stessi motivi oppure se ha solamente voglia di farlo per puro piacere personale. Se fosse così, tuttavia, non avrebbe neanche avuto senso aiutarmi per tutto il tempo. Mi fido di lui, ciecamente, ma c'è una piccola parte di me che vorrebbe dare un nome a tutto questo, per comprendere al cento percento cosa stia accadendo.

Quando le nostre lingue si sciolgono entrambi rimaniamo comunque attaccati, sorridendoci l'un l'altro, e la sua mano sul mio fianco stringe la presa. È incredibile come io mi senta in questo momento, quanto io sia sollevato dalla sua sola presenza nonostante le circostante critiche in cui mi trovo. Lui sta annullando tutto, sta annullando il malumore e la tristezza che avrei dovuto provare e sta annullando il vuoto che ho provato all'inizio.

«E io sarò lì con te» conclude lui, riprendendo il mio precedente "Ci voglio essere", che a questo punto mi sembrava così lontano dalla sua risposta. Sorrido ancora una volta, avvicinandomi nuovamente a lui per dargli un altro bacio a stampo e lui ha la mia stessa reazione. Rimanendo con la presa sul mio corpo, socchiude gli occhi in un senso di sonno che io ormai ho perso da tempo e sussurra: «Adesso dormi, domani sarà una giornata pesante».

La frase che ha appena detto dovrebbe mettermi agitazione, dovrebbe farmi – almeno un'altra volta – ripensare a quello che sto per affrontare, che stiamo per affrontare. Ma sapere di avere lui accanto mi rasserena, mi fa sentire tranquillo ed ecco perché sorrido un'ultima volta, prima di chiudere gli occhi e addormentarmi in quella stessa che posizione, con la sua mano che riposa ancora sul mio fianco e i nostri corpi già attaccati.

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Mi sveglio improvvisamente sentendomi sudare freddo, segno che qualcosa nel sonno mi ha turbato. Che sia il nervosismo per domani?

Quando sto per alzarmi e andare a prendere un bicchiere d'acqua mi giro per controllare che Jungkook stia ancora dormendo, ma non lo vedo a letto. Magari si è svegliato per il mio stesso motivo... lo scoprirò solo andando a prendere qualcosa da bere a mia volta. Tuttavia, alzandomi, vedo che la portafinestra che dà sul balcone è socchiusa e sento un sospiro appena ci passo accanto.

Ora so che Jungkook è lì di fuori, ma cosa ci fa sul balcone a quest'ora di notte? Esco anche io per scoprirlo e lo vedo appoggiato alla ringhiera, con le spalle larghe rivolte verso di me, una nuvoletta di vapore si diffonde nell'aria al di sopra della sua testa. Sta fumando, ecco cosa sta facendo...

Senza pensarci, mosso da qualcosa di più grande di me, cammino verso di lui e avvolgo le mie braccia intorno alla sua vita, premendo la mia guancia contro la sua schiena. Lo sento irrigidirsi, ma forse è perché sono arrivato all'improvviso. Alla cieca, senza proferire parola in questo silenzio riempito solo dai motori delle automobili, gli prendo la sigaretta dalla mano e la spengo sulla ringhiera, buttandola poi giù dal palazzo. A quest'ora non c'è fuori nessuno, penso per non sentirmi in colpa a causa di questo gesto poco corretto e anche poco ecologico.

«Jimin...?» domanda, anche se sa benissimo che sono io. D'altronde siamo noi due in camera insieme, sarebbe strano se ci fosse qualcun altro qui.

«Non fumare» rispondo io, come se potessi davvero impedirglielo. «Perché lo fai? Perché ti fai del male?» gli domando e attendo pazientemente una risposta, stringendo nel frattempo la mia presa attorno a lui.

«Questione di abitudine...» risponde lui e anche se non lo sto guardando negli occhi capisco dal tono della voce che sta mentendo. «Ho iniziato tanto tempo fa e mi è rimasto il vizio». La sua voce è soffice, non appartiene a qualcuno che fuma da anni.

«Lo sai che fa male?» chiedo.

«Lo so, me l'hai già detto...»

«E hai intenzione di ascoltarmi?» domando di nuovo.

«Jimin, è complicato...» dice girandosi tra le mie braccia per guardarmi negli occhi. «Non saprei dirti c-»

«Non voglio sapere niente infatti. Se mi vuoi dire qualcosa devi essere tu a farlo, non posso metterti pressione. Però vorrei davvero tanto che smettessi di fumare.»

«Perché?»

«Perché non voglio che ti succeda qualcosa. Devi vivere» almeno tu, gli dico avvicinandomi un po' a lui.

«Non morirò per una sigaretta ogni tanto» insiste lui, facendomi capire che non ha voglia di discuterne. Ma io sì e non mollerò adesso. Non so se vincerò mai questa battaglia, ma di sicuro non mi arrenderò.

«Ti prego» piagnucolo, sembrando un bambino. Probabilmente in questo momento si starà stressando alle mie parole, alle mie ingiustificate richieste, però voglio provarci.

«È difficile...» risponde col tono di voce ancora dolce. Come fa ad avere così tanta pazienza con me? Come fa a non avermi ancora mandato a quel paese?

«Essere innamorato di qualcuno che vuole morire è difficile» mormoro allentando la presa delle mie braccia attorno alla sua vita per girarmi dall'altra parte, muovendo un passo per tornare in casa.

«Cosa?» domanda Jungkook. «Cosa hai detto?» domanda riportandomi interamente sul balcone e cercando di farmi puntare lo sguardo nel suo.

«Niente...» rispondo evitando di guardarlo, girandomi per tornare in camera. «Buonanotte» aggiungo tentando di velocizzare il mio passo, ma Jungkook fa in tempo ad afferrarmi un braccio e a farmi girare nuovamente verso di lui.

«Dimmelo.» Il suo tono non è imperativo, è solo disperato, bisognoso di sapere cosa sia uscito fuori dalla mia boccaccia poco fa. Perché caspita ho fatto quel commento?! «Per favore...»

«Ho detto che mi piaci. Cioè, credo che tu mi piaccia davvero tanto e... non posso sopportare che ti importi così poco di te stesso» butto fuori di getto. Da quale pulpito arriva la predica? Proprio io faccio la morale a Jungkook su questo argomento?

«Hai detto che ti piaccio?»

«Sì.» rispondo senza pensarci: il mio cervello si è definitivamente spento, non ragiona più. «L'ho detto» aggiungo con la voce tremante. Lui mi tira a sé fino a che i nostri petti non si incontrano, mi avvolge con le braccia come ho fatto io poco prima con lui e stringe la presa. Io nel frattempo sto morendo dall'imbarazzo, faccio fatica a respirare e non so cosa dire né fare.

«Sembrerei patetico se ti dicessi che anche tu mi piaci tanto?» mormora lui e le sue parole mi colpiscono come una folata di vento in questa notte fresca. Non posso credere a quello che ha appena detto, ovvero che gli piaccio. Gli piaccio. Improvvisamente tutto diventa reale. Tutto quello in cui ho sperato e che ho sognato, sapendo che sarebbe rimasto frutto della mia mente, si sta materializzando davanti a me e... mi fa paura. Perché qua le cose cambiano. Finché credevo di essere io l'unico innamorato mi andava bene, finché credevo che mi sarei solamente fatto male da solo... ma adesso cambia tutto quanto perché se anche io piaccio a lui ferirò due persone anziché una soltanto, che poi sarei io, quindi non conta.

«A-anche io...» rispondo. Sono confuso al momento: sono contento, molto contento, ma allora perché non riesco mai una volta a lasciarmi andare al massimo? È odioso, sono odioso.

«Davvero? Sembri-»

«S-scusa...» dico riportandolo con l'attenzione su di me. «È solo che avevo la tua stessa paura a dirtelo, temevo non ricambiassi e-»

«Come si può non amare Park Jimin?» mi interrompe lui e non posso fare a meno di sorridere a questa domanda retorica. Come si può non amare Jeon Jungkook?, direi io e lo penso davvero. Mi chiedo cosa passasse per la testa di quei dementi che l'hanno sempre respinto solo per come appariva.

«Comunque non devi scusarti» pronuncia dopo una breve pausa.

«È che tutto adesso è diventato reale e... e non sono bravo in queste cose.»

«Tesoro, stai parlando con la persona più incapace di questo mondo» dice ridacchiando e io ho la sua stessa reazione, ma il mio udito si sofferma sulla parola "tesoro". Lo so che l'ha detta scherzando, in un altro contesto non mi avrebbe fatto effetto – o forse sì, ma decisamente di meno –, eppure adesso mi fa sentire le farfalle nello stomaco. «Però ci voglio provare, se tu me lo permetterai ovviamente.»

«Sì» rispondo spontaneamente, senza pensarci neanche per un secondo. In questo momento addio alle paranoie, in questo momento non voglio sentire parlare neanche mezzo neurone. In questo momento le parole stanno arrivando dritte dal cuore perché se c'è anche una minima speranza che il mio muscolo problematico riuscirà ancora a battere, questa speranza è proprio il biondo di fronte a me.

●▬▬▬▬▬๑۩ spazio autrice ۩๑▬▬▬▬▬●

Ecco a voi questo capitolone che, sì, è ancora a metà (o appena di più). Cosa pensate della pov interamente di Jimin? Ditemi :)

A voi dispiace per la mamma di Jimin? (siate sincere)
Cosa pensate succederà nella parte due? Spero di essere il più imprevedibile possibile.
I due cicci si sono confessati, piango.
Domani ho la verifica di mate, piango.

Ora vado, a piangere (e a studiare)

Spero vi sia piaciuto 🥺❤️

Words: 4687
Published: 05032021
Edited:

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