« 𝗖𝗵𝗮𝗽𝘁𝗲𝗿 3


❲ ⚠️ ❳ WARNING:
In questo capitolo sono presenti scene violente e, nell'ultima parte, smut 🔞 (Nb: è la mia prima scena esplicita, ho solo e sempre ruolato simil parti, quindi have mercy on me)
Se siete sensibili o comunque non amate leggere tali scene, vi prego di saltare le parti che hanno davanti un "***".
Non segnalate il mio lavoro, ve lo chiedo in ginocchio.
È una Mafia Au! è ovvio che ci siano scene splatter, quindi please, abbiate pietà.













Il giorno seguente, sembrava passasse alla grande.
Wakatoshi spiegò brevemente al ragazzo che per essere sicuri della sua lealtà, avrebbe dovuto superare una prova.
Essa però, non sarebbe stata rivelata fino al momento stesso in cui l'avrebbe dovuta superare, creando nel rosso un vero alone di curiosità ed emozione.

Era quasi elettrizzato.
Sperava non fosse qualcosa di banale, come consegnare qualche pezzo importante, fare da semplice porta voce o sistemare qualche scartoffia.
Voleva azione, voleva sentirsi come quei gangster protagonisti dei propri film, con suspense e violenza annessa.

Ma ancora non era a conoscenza della sua prova, e forse avrebbe voluto saperla prima.

Pregava inutilmente il castano di confessargliela, strattonandolo e stressandolo come solo lui sapeva fare, ma niente, Wakatoshi era un sigillo.
O almeno fino a quella sera, quando calò il sole e tutto nella villa divenne silenzioso.

Entrato in camera di Satori, il minore teneva le mani sulle sue spalle e fissava con apparente impassibilità i suoi occhi confusi.

‹‹ Ho promesso che ti proteggerò, ma dovrai fare una cosa per me ››

La sua voce era cupa, Wakatoshi non aveva la minima intenzione di far tornare il rosso in quel luogo, ma se avesse voluto davvero aiutarlo, avrebbe dovuto usare ogni mezzo necessario.
Sentì un tremore partire come una scarica elettrica dal corpo del maggiore davanti a se, mentre annuiva con lieve agitazione.

‹‹ Qualunque cosa ››

Insomma, gli era ormai devoto.
Era ovvio che avrebbe accettato, indipendentemente dalla richiesta che gli avrebbe posto.
E poi, cosa avrebbe dovuto mai fare di così importante?
Forse punire qualcuno.
Sarebbe stato intrigante secondo lui vedere il colpevole di qualche crimine orribile venir ripagato con la stessa moneta.
Avrebbe tanto voluto assistere ad uno di quei tanti "compiti", come li definivano il castano e suo padre.

‹‹ Ho bisogno che tu mi porti a casa tua ››

Quella frase tanto diretta, sicura e posta in modo esageratamente serio, fece barcollare all'indietro il giovane dai vermigli capelli, assumendo uno sguardo turbato.
Non avrebbe mai pensato di tornare indietro.
Non in quel momento che aveva trovato finalmente un posto sicuro e una ragione di vivere.

‹‹ Non . . . posso ››

Non avrebbe voluto rivelare la sua ancora persistente paura nei confronti di quel posto, anche se era palesemente evidente, ma non poteva rifiutare, gli doveva troppo.

Fallo.
Gli devi la vita.
Devi fare tutto ciò che ti dice.
Accetta.
Non sei tenuto a dire di no, non puoi.
Ti odierà anche lui se dici di no.
Ti lascerà tra i rifiuti se ti opponi.

‹‹ I-io volevo dire- ››

‹‹ Ok Tendou, se non vuoi non sei obbligato  ››

Wakatoshi lo interruppe immediatamente, ma il rosso sapeva non fosse così.
Il suo subconscio gli diceva di obbedire a qualsiasi comando, obbligo e ordine, sebbene quello non fosse nessuno dei precedenti.

‹‹ No, farò tutto quello che vuoi ››

‹‹ Sicuro? Non vorrei- ››

‹‹ Tutto, anche morire ››

//

Eccola lì.
La stanza era rimasta tale uguale a come l'aveva lasciata: buia e fredda.
Ma forse quelle erano le sensazioni che solo lui poteva provare, dati i molteplici ed orrendi ricordi.
Il letto era ancora intatto, i morbidi cuscini erano adagiati al lato delle lenzuola vermiglie ed il comodino era vuoto.
Era tutto al suo posto, tutto dannatamente perfetto.
L'odiava.
Odiava la propria stanza, lui e quella sua ossessione per la perfezione.
Ogni errore era sempre una condanna.
Tutto era odiosamente simmetrico, ed era opera sua, della sera prima.

Satori fissava tutto con occhi spenti, senza dire nulla per cinque buoni minuti, prima di entrarci e sedersi sul morbido materasso ai piedi del letto.

Il manico del coltello che si era portato appresso premeva contro la propria fodera in pelle, mentre la gamba del ragazzo si muoveva ansiosa per l'attesa, sebbene tenesse un piccolo sorriso in viso.
Sapeva che non fosse solo, ma chiariamoci, stava palesemente aspettando la sua vittima, con l'intenzione di porre fine alla sua miserabile vita e per fortuna non avrebbe dovuto aspettare molto, dato che l'uomo finiva di lavorare proprio a quell'ora e, di conseguenza, sarebbe rincasato in qualche breve minuto.

Passata quell'infinità di tempo, o almeno così fu per il rosso, lo scricchiolio della porta constatò il suo arrivo, che lo mise in allerta.

Ok, ci siamo.
Prendi coraggio.

‹‹ Sei tornato allora ››

Sentire quella calma voce, non era di certo un bel segno, dato che Satori era consapevole che fosse il tono da lui usato in momenti di rabbia o esasperazione.
Avrà sicuramente notato le sue scarpe all'entrata.
Le aveva usate come "esca".

‹‹ Temevo fossi andato a spifferare tutto, dove sei? ››

Non rispose, forse perché la voce gli morì in gola, e rimase quindi fermo a fissare la porta della camera, fino a notare l'alta figura dell'uomo spuntare dal corridoio.

‹‹ Eccoti, dove sei stato? Mi ero preoccupato ››

Bugiardo.

Era un bastardo bugiardo.
A lui bastava semplicemente avere qualcosa con cui sfogarsi dopo le dure e stressanti giornate lavorative, non gli importava null'altro.

‹‹ Satori, lo sai che mi devi rispondere quando ti parlo ››

Vide l'uomo avvicinarsi e dovette letteralmente lottare con tutta la sua forza di volontà per non accennare il minimo movimento.
Avrebbe potuto alzarsi e tentare di scappare, ma doveva fare ciò che Wakatoshi gli aveva chiesto.
Gli doveva questo favore.

Non muoverti.
Fidati di lui.

‹‹ Allora? Abbiamo perso la lingua? Questa mattina ero di buon umore ma evidentemente sono stato troppo buono con te ultimamente ››

Percependo della pressione sui propri zigomi, il ragazzo dovette seguire il gesto dell'adulto, che gli alzò il volto ed incrociò il suo sguardo.

‹‹ Sembra che tu abbia bisogno di una lez- ››

Un secco colpo alla nuca lo fece bloccare, mentre due robuste braccia lo immobilizzarono al pavimento.
Si ritrovò quindi schiacciato a terra dal peso di Wakatoshi, che adesso lo teneva immobilizzato.

‹‹ Che cazzo succede?! Togliti di dosso stronzo! ››

L'uomo iniziò a divincolarsi, ma la sua stazza non poteva di certo competere con quella del ragazzo che, sebbene fosse un adolescente, non era per nulla leggero, di conseguenza sprecò solamente energie invano.

‹‹ Pronto? ››

Il castano rivolse uno sguardo tranquillo all'amico, stringendo la presa alla giacca dell'uomo.
La voce di Wakatoshi era come una piccola luce in quel tunnel d'oscurità, ed anche se Satori non aveva ancora tolto di dosso gli occhi dall'adulto, riuscì comunque ad annuire lentamente, trattenendosi dal sorridere ancora, per mantenere "la parte".

‹‹ Pronto per cosa? Satori, idiota, cosa vorresti fare?! Rispondimi! ››

‹‹ Non è tenuto a rispondere ad una feccia come te ››

Conclusa quella frase, il minore appoggiò un panno intriso di cloroformio su labbra e naso dell'uomo, che crollò pochi secondi dopo privo di sensi.

‹‹ Ora tocca a te Tendou, questa è la tua personale prova ››


//



***
Adesso era in piedi davanti al suo incubo terreno, ma era incredibilmente tranquillo.
La sedia era ancorata all'armadio ed il corpo era stato adagiato su di essa.
Le caviglie erano legate alle gambe della sedia, così come i polsi erano stretti dietro alla schiena.
Le labbra tremanti, erano nascoste dietro ad una stretta bandana, in grado di soffocare le strazianti grida disperate che l'uomo tentava di emettere per chiedere aiuto.
Si agitava e si muoveva come un topolino in trappola davanti ad un gatto affamato e quella visione era davvero accomodante per Satori.

Vedere il terrore nei suoi occhi, fece scattare quella scintilla che gli mancava per prendere tutto il suo coraggio e riversarlo in un piccolo sorriso compiaciuto.
Quei suoni angoscianti gli facevano ribollire il sangue e tutti quei mugugni soffocati erano musica per le sue orecchie.

La situazione si era ribaltata, ora era lui ad avere il coltello dalla parte del manico.
Letteralmente.

Doveva iniziare.
Toccava a lui divertirsi quella sera.

Passando un dito sulla lama, fece qualche passo avanti, avvicinandosi lentamente alla sua vittima che si agitava con terrore.

Non sarebbe stato veloce.
Doveva soffrire lentamente.

Poteva notare come le iridi smeraldo lo stessero fissando terrificate, passando l'attenzione sull'arma per poi tornare sul di lui, per molte volte.
Scuoteva il capo velocemente, come a pregare di risparmiarlo ed avere pietà di lui.

Pietà . . .
Non ne aveva.
Lui non si meritava la sua pietà.

Non appena gli fu davanti, si sporse verso il suo viso, e vedendolo farsi sempre più piccolo e appiccicarsi all'armadio, il suo sorriso si tramuto in un piccolo ghigno.
Le iridi rosse bruciavano di quel dolce sentimento di vendetta, mentre abbassava il coltello sul petto dell'uomo.

La reazione fu immediata e Satori posò lentamente la lama sulla giacca bianca, quasi incantato da come il corpo si fosse contratto e stesse tremando come fosse in un congelatore.
Tornando ai suoi occhi, notò delle lacrime formarsi ai lati, il che gli fece schioccare la lingua al palato e scuotere il capo con disapprovazione.

‹‹ Ma come zietto, non ti ho ancora toccato e già piangi? ››

Ciò che usciva dalle sue labbra altro non erano che le frasi ripetute un'infinità di volte dallo stesso adulto.
Frasi che Satori aveva sentito troppe volte per dimenticarle.

‹‹ Non si piange, mi farai arrabbiare altrimenti ››

Sussurrò così, avvicinando le labbra al suo orecchio, godendo dei brividi che andavano a nascere sul collo tremante e sudato per la tensione accumulata.
I mormorii spaventati si facevano sempre più forti, la gola doveva bruciare per la quantità di grida sprecate, ma decise comunque di non abbassargli la bandana.

Non aveva ancora finito.
Aveva appena iniziato.

‹‹ Silenzio, fai il bravo, shh ~ ››

Appoggiò la punta della lama sullo zigomo, incidendo sulla pelle qualche taglio in posizioni e dimensioni completamente casuali sulla pelle, fino all'incavo del collo.

‹‹ Ma come siamo belli ora, sono proprio un artista, come te zietto adorato ricordi? ››

Prese poi il colletto della propria felpa con la mano libera, e lo abbassò appena per mostrare delle chiazze scure e dei lividi.

‹‹ Siamo . . . una famiglia di artisti . . . ››

Continuò, finendo per sedersi in grembo all'uomo.

‹‹ Adesso giochiamo ad un gioco che ti piace tanto, al cavallino, ti divertivi quando ero piccolo vero? ››

Disse, sbottonando la camicia del corvino con la punta dell'arma, scoprendo lentamente il petto.
Il tintinnio dei bottoni che balzavano sul pavimento si mescolò con le leggere risatine del ragazzo, che andò a tracciare linee imprecise sulla calda pelle.

‹‹ Beh . . . io no ››

La sua espressione cambiò radicalmente.
Il sorriso era scomparso completamente, lasciando spazio ad un viso cupo e accigliato.
La rabbia che provava in quel momento, non poteva essere espressa a parole, nemmeno a pensieri e si ritrovò, pacatamente, ad alzare il coltello con entrambe le mani al centro del petto.

‹‹ I bambini cattivi meritano una punizione ››

Esordì, ma si bloccò.
Non aveva senso, si stava divertendo a vederlo soffrire.
Era quello che aveva sempre voluto no?
Fargli provare il suo stesso dolore.
Fargli patire le pene dell'inferno.
E vederlo agonizzante e strisciare per il suo perdono.

In quel momento, teneva il manico dell'arma con mani tremanti, impossibilitato a continuare il suo vizioso operato.
Era come se l'ombra dell'uomo gli stesse tenendo le spalle e sentì un brivido percorrergli la schiena, prima di udire delle voci.
Era davvero inquietante.

Non hai il coraggio.
Sei semplicemente inutile.
Fermati e chiedi perdono, potrei essere clemente.

‹‹ Zitto! ››

Le iridi scarlatte tornarono su quelle smeraldo dell'adulto.
Era spaventato, no, terrorizzato a morte.
Aveva finalmente paura di lui.

‹‹ Sta zitto! ››

Abbassò le braccia, togliendo la bandana che impediva alle grida di riempire la stanza, ma non appena le labbra ritrovarono libertà, l'uomo si dimenò ancor di più.

‹‹ Cosa vuoi fare?! Liberami immediatamente! T-ti prego . . . Satori, ti ho davvero sconvolto così tanto? L-la violenza non risolve nulla . . . parliamone! ››

Non c'è mai stato un singolo momento in cui non fossi spaventato da lui.
Andiamo, la tua occasione è proprio qui, sfruttala.
FALLO!

Il battito del ragazzo aveva accelerato, sebbene fosse rimasta l'espressione cupa e arrabbiata di poco prima.
Doveva farlo.
Adesso.

‹‹ Mi assicurerò che non dirai mai più il mio nome ››

Iniziò, rialzando le braccia, questa volta completamente libero dalla presa del suo subconscio.
Non aveva esitazioni, non in quel momento.
Non più.

‹‹ Hey, che cazzo stai dicendo?! Togliti di dosso, figlio di puttana! ››

‹‹ Che non mi guarderai e non mi toccherai mai più ››

La presa si strinse ancora più, fino a sentire il manico ruvido abituarsi alla forma dei suoi palmi.
Gli occhi che bruciavano di odio.

‹‹ E che non mi metterai mai più le mani addosso! ››

La rabbia, il disprezzo ed il profondo disgusto, presero il totale controllo delle sue azioni.
I rumori circostanti si annullarono, erano solo loro due in una stanza buia e nera, o per lo meno era quello che la mente di Satori aveva costruito per se.
Riversò tutti quei sentimenti in un grido furente, che squarciò il silenzio e nascondeva il suono della lama che attraversava il petto dell'uomo.

Nonostante gli zampilli andassero a impregnare il suo viso, non si fermò un solo secondo continuando, ad ogni pugnalata, a gridare.
Il sangue gli ribolliva in corpo, sentiva caldo, ma le mani erano congelate sul manico, fredde e comandate dalla propria ormai assente volontà.
Il cuore pulsava imperterrito e poteva sentirne il battito fino alle orecchie, così come quella strana agitazione nello stomaco. ***

Dopo pochi minuti, il giovane era chinato sul corpo giacente della sua vittima, completamente assente e quasi esangue.
Gli occhi sfocati fissavano il nulla, il respiro era completamente irregolare, come se avesse appena percorso una maratona, mentre il cuore aveva rallentato discretamente i battiti.

Non sentiva nulla, era come se fosse rinchiuso in una stanza priva di rumori, e potesse percepire solamente il proprio respiro che, caldo, riscaldava le mani ancora sul coltello, rimasto infilzato nell'ormai ghiacciata pelle dell'uomo.

Quella differenza di temperatura, sembrava non infastidirlo, era concentrato sul suo respiro, e finalmente, realizzò.

Una flebile risata, che gradualmente divenne sempre più forte, riempì la stanza intrisa di quella fragranza ferrosa quale era il sangue, che ancora gocciolava dalla sedia, ed il giovane si tirò su.

Il viso grondante di sudore e fluido scarlatto, guardava adesso il soffitto, lasciando che i polmoni prendessero aria per approfondire quella risata e allargare il sorriso.
L'euforia che provava era impensabile e indescrivibile.
Di stupefacenti ne aveva provati, ma non si era mai sentito così prima di allora.

La lingua tracciava lentamente le labbra, quasi gustando il liquido vermiglio adagiato su di esse, mentre la risata andò a calmarsi una volta ripresi completamente i sensi.

‹‹ Tendou ››

Quella voce, quella bella voce era ancora li.
In quel lasso di tempo, si era completamente dimenticato della sua presenza, tanto che dovette aspettare qualche secondo prima che la sua mente ricollegasse il tono alla persona.

‹‹ Wakatoshi, l'ho fatto ››

Sussurrò, senza girarsi, inizialmente, lasciando però l'arma e guardandosi le mani.
I palmi, che erano rimasti chiusi sul manico per tutto il tempo, erano completamente pallidi, tanto che lo trovò quasi divertente.

‹‹ L'hai fatto ››

Constatò il castano, avvicinandosi e appoggiando una mano sulla sua spalla.
Il maggiore asciugò una piccola lacrima che, involontariamente, era andata a smorzare quella completa assenza di emozioni, e si alzò abbandonando il cadavere dietro di sé.

‹‹ Sono stato bravo . . . boss? ››

‹‹ Molto ››

Quella parola non era completamente fuori luogo, sebbene lo stesso Wakatoshi ne fu alquanto sorpreso.

Satori però fissava il pavimento adesso, tenendo un'espressione quasi indecifrabile.
Sembrava che dei tormentati pensieri stessero ancora vagando nella sua mente, ma essa non era mai stata così silenziosa.

‹‹ Tendou, non si può tornare indie- ››

La voce si bloccò, quando le labbra dei due ragazzi s'incontrarono in un dolce bacio.
Satori aveva tirato il colletto della camicia del castano, portandolo avidamente più vicino a se per annullare la distanza tra loro e sentirlo.

Con incredibile sorpresa da parte dello stesso ragazzo, Wakatoshi ricambiò quell'avventato gesto come meglio poteva, ed anche se era stato preso alla sprovvista, posò la mano sulla morbida guancia del maggiore.

Lentamente, si avvicinarono ai piedi del letto ed il rosso si lasciò cadere sulle morbide coperte trascinando con se anche il più alto, che una volta staccatosi dalle sue labbra, lo guardò quasi ammaliato.

‹‹ Come mai così eccitato? ››

Chiese Wakatoshi, mentre una scintilla di fermento guizzò nei suoi occhi.

‹‹ Perché sono felice . . . così felice! ››

Esclamò il rosso, fiondandosi nuovamente su di lui per tornare ad assaporare le sue labbra.
Allacciò le braccia dietro alla nuca, completamente rapito da un sentimento al quanto complesso, che nessuno dei due ne comprendeva l'origine.

Lo conosceva da un giorno?
Non gliene importava nulla.
Non aveva finito.
Satori non aveva ancora finito.

Una volta lontano dal suo viso, in assenza di fiato, egli si sporse e ribaltò le loro posizioni, posizionandosi di conseguenza sopra di lui.
Gli occhi erano tornati ad avere quella scintilla esaltata di poco prima, fremevano di impazienza e desiderio, così come il suo cuore che batteva agitato.

‹‹ Di più . . . ››

Pronunciò, muovendo i fianchi con fare malizioso in grembo al ragazzo, avvicinandosi e leccando il lobo del suo orecchio con ovvie intenzioni provocanti e sorridendo alla vista della comparsa dei brividi sul suo collo.

‹‹ Voglio di più . . . ››

Si rialzò, il tono basso, e finalmente riuscì a notare gli effetti delle sue lusinghe sul viso di Wakatoshi che, nonostante tenesse quel solito tono apatico, i suoi occhi brillavano di altrettanta brama.
La robusta mano del castano percorse nuovamente la guancia del rosso, fermandosi per accarezzarla delicatamente con il pollice, mentre quest'ultimo socchiuse le palpebre beandosi di quel gentile gesto.

‹‹ Cosa vorresti? ››

Domandò il minore, delineando con il dito il contorno delle pallide labbra.
Satori, che di pazienza non ne aveva – specialmente in quel momento – , sfiorò con la lingua il suo indice per poi tornare finalmente sui suoi occhi e appoggiare una mano sul suo petto, spingendolo verso il materasso.

‹‹ Che mi desideri . . . ››

La mano si abbassò lentamente sul ventre, le dita "camminavano" lungo il contorno dei bottoni e il palmo premeva sul cavallo dei pantaloni, faceva tutto con quel piccolo sorriso malizioso misto ad una triste disperazione.

‹‹ Che mi tocchi . . . ››

Del leggero rossore andò a colorare i suoi zigomi, mentre appoggiava dolcemente il viso alla mano del ragazzo.

‹‹ Che mi faccia sentire di nuovo vivo . . .  ››

Un desiderio che ardeva in quel petto ormai vuoto, che voleva venisse colmato al più presto.
Voleva essere sicuro che la morte di suo zio non fosse solo un sogno.

‹‹ Va bene ››

***
E dopo aver risposto con tono calmo, portò il viso del ragazzo verso di sé, catturando le sue labbra in un altro passionale bacio che cambiò radicalmente spessore quando il maggiore picchiettò piano la lingua contro il suo palato.

Abbandonandosi alla forza del castano, lasciò che lo posasse sotto di sé e che, lentamente, gli togliesse la pesante felpa macchiata di sangue ormai quasi secco, tornando a baciarlo una volta assicuratosi di non avere più "ostacoli" davanti a sé.

Scese poi con le labbra, sfiorando la calda pelle e lasciando una scia di leggeri ed umidi baci per tutto il collo, accarezzando con le dita il suo petto.
Un brivido percorse l'esile corpo, lasciando udire in quella stanza un ansimo incontrollato di piacere.
Satori appoggiò velocemente l'avambraccio sulle proprie labbra, offuscando così i suoni spontanei che la gola non era in grado di trattenere.

Quando Wakatoshi scese fino al petto ed iniziò a pizzicare con delicatezza la parte sensibile del suo corpo, egli inarcò di poco la schiena, mordendosi il labbro inferiore per bloccare un altro mormorio spontaneo, girando di lato il viso e stringendo con forza il lenzuolo sotto di sé.

Il castano risalì, alzando il capo per guardarlo, e non appena constatò che si stesse "nascondendo", colse la mano posta davanti alla bocca, portandola verso il proprio viso per baciarne il polso e, a quell'azione, Satori arrossì vistosamente.

Allentando la presa, tornò nuovamente sul ventre del ragazzo.
Il pollice si muoveva con irruenza e compiva movimenti circolari sul suo capezzolo, mentre un'umida scia, si avvicinava lentamente all'inguine.

‹‹ A-aspetta . . . ››

Non bastava.
Non era abbastanza.

‹‹ Qualcosa non va? ››

Il minore si avvicinò nuovamente al suo viso, preoccupato.
Era spaventato di aver esagerato o premuto troppo e di conseguenza avergli fatto male.
Era fatto così.
Piccolo Wakatoshi, in un momento del genere che si preoccupa in quel modo.
Dolce.

‹‹ No . . .  ››

Riprendendo fiato, il rosso alzò il capo verso di lui, poggiando le mani sul suo petto per tirarlo su e farlo mettere sulle ginocchia e si leccò il labbro inferiore, puntando lo sguardo su quello del ragazzo.
In quel momento, gli occhi di entrambi erano ben ancorati l'uno all'altro e, mantenendo il contatto visivo, Satori strinse tra i denti la cerniera dei pantaloni del castano, slacciandoli per liberare la sua intimità.

Quella visione accese nel più alto una vena quasi esaltata ed eccitata.
Quando lo guardava era come se si perdesse in quelle vermiglie iridi, e vederle così tanto vogliose gli faceva desiderare di continuare.

Il contatto con l'aria all'esterno fece contrarre il viso di Wakatoshi in una piccola smorfia, corrugando appena la fronte in attesa che il ragazzo si spiegasse.

‹‹ Non devo divertirmi solo io boss ››

Disse, abbassando gli occhi, sfiorandone l'estremità con l'indice per iniziare a stuzzicarla.
Le falangi si avvolsero attorno al membro dell'altro, la sua mano si muoveva rapida fin da subito, creando non poche reazioni da parte del castano.
Egli ansimò, perdendosi in quei fluidi movimenti di Satori, un po' indeciso sul da farsi in realtà.
I dubbi scomparvero però, quando il maggiore iniziò a stuzzicarlo con la sola punta della lingua fino a quando non schiuse le labbra e scivolò col capo per tutta la sua lunghezza, cominciando a muoversi lentamente.

I respiri, dapprima calmi, erano diventati veri e propri affanni, e per Satori non erano che semplice ed appagante musica per le sue orecchie.
Sentiva le guance bruciare, ed un piacevole calore al basso ventre, così slacciò i propri pantaloni, ormai diventati troppo stretti.

Wakatoshi, portò la mano sui capelli scarlatti dell'altro, tirandoli appena all'indietro, lasciandosi andare al piacere.
Gli sguardi dei due ragazzi s'incontrarono nuovamente, ma questa volta, Satori poté giurare di aver visto dell'inconsueta brillantezza nei suoi occhi verdi, come una sorta di vogliono sfavillio.

Egli si leccò le labbra, e avrebbe fatto volentieri una battuta se non fosse stato per la spinta che subì da parte del castano, che lo adagiò nuovamente sul materasso, premendo le labbra in un altro bacio.

I suoi erano baci profondi e Satori si ritrovò ad essere impotente sotto alla sensazione delle mani di Wakatoshi ovunque, mentre le sue labbra si facevano strada fino alle cosce calde, lasciandosi alle spalle una scia di ardenti baci umidi e cercava il suo viso, desideroso di notare l'impazienza nei suoi occhi.

Satori incrociò nuovamente il suo sguardo e . . . dio.
Wakatoshi era bello, nessuno poteva negarlo, ma in quel momento i suoi occhi parevano selvaggi, i suoi capelli in disordine attorno alle sue dita, le labbra rosse dai baci.
Stupendo.
Un dio greco.

Il ragazzo fece scivolare un dito in lui, muovendosi lentamente e con straziante calma, tanto che Satori dovette trattenersi dall'esalare un gemito imbarazzante.
Nonostante ciò, tremò al solo percepire una sensazione simile.
Era diverso.
Era bello.
Dannatamente bello.

Appena aggiunse un secondo dito però, Satori esalò un lamentevole gemito, inarcando nuovamente la schiena, rabbrividendo sotto quei leggeri baci sul petto e arrossendo quando sentì i denti del ragazzo affondare piano nella sua carne.

Era davvero bravo.
Quasi si stava stupendo di tutto ciò.
Sembrava così puro quello strano individuo, eppure . . .
Diavolo se era capace.

Improvvisamente, Satori dovette attutire un pianto alla sensazione di Wakatoshi che premeva un terzo dito dentro di lui.
Che imbarazzo.

‹‹ P-per favore . . . ››

Alzò appena i fianchi e sebbene i muscoli stessero perdendo sempre più forza, si spinse maggiormente verso di lui, tirando su il viso e pregandolo con lo sguardo di sbrigarsi.
Vedere quegli occhi vogliosi, permisero a Wakatoshi di perdere quel briciolo di lucidità che gli rimaneva, togliendo le dita e spingendosi lentamente in lui.

Egli emise un altro lamento disperato mentre il minore lasciava cadere la presa tra le sue cosce per alzare una gamba sopra la spalla.
Satori ne aveva le vertigini.
Wakatoshi sembrò già distrutto, i suoi occhi si dilatarono e il suo respiro usciva dalle sue labbra sotto forma di pesanti e affannosi ansimi.
Il rosso sorrise tremante e orgoglioso per essere stato in grado di provocare tali reazioni ad uno grande e grosso come il ragazzo, non poteva esserne più fiero.

Wakatoshi si chinò di nuovo su Satori tirandolo in un bacio caldo, la sua mano si mosse per raggiungere la sua nuca e sostenerlo.
Voleva guardarlo mentre accadeva.

L'esile ragazzo si sentiva così esposto con la gamba appoggiata sulla spalla di dell'altro, ma cavolo se quella era una delle più piacevoli serate della sua vita.

Quando finalmente i due s'incontrarono di nuovo, il maggiore non ebbe alcuna intenzione di bloccare un forte ansimo dolorante, stringendo gli occhi e la presa sulle coperte.
Vide le stelle, ed il suo corpo si contrasse non appena percepì il ragazzo muoversi con graduata lentezza.

Satori non riuscì a trattenere quelle poche lacrime che iniziarono a bagnargli le guance, e ad emettere lamenti su lamenti.
Era rumoroso, ne era consapevole.
Ma in quel momento, al diavolo l'imbarazzo.
Era letteralmente in paradiso.

I battiti ed i respiri erano diventati una cosa sola.
Satori rabbrividiva per il caldo respiro del ragazzo sul proprio collo e Wakatoshi ansimava per quei gemiti che il rosso esalava al suo orecchio.

‹‹ Toshi, Toshi, Toshi, Cazzo! ››

Satori si sentiva come se il suo cervello si stesse trasformando in poltiglia.
Le gambe erano diventate gelatina, e ad ogni spinta sembrava che la sua voce diventasse sempre più acuta.
Graffiò la schiena di Wakatoshi, cercando disperatamente di aggrapparsi ad una presa solida, mentre il minore si lasciò andare ad un rude mugugno, stringendo la presa sui fianchi del ragazzo finendo per creare dei lividi.

Infine, staccandosi, si lasciarono cadere nel piacere, tremando all'unisono mentre i muscoli iniziarono lentamente a rilassarsi e allentare la tensione. ***

Si sdraiarono uno di fianco all'altro, attendendo senza fretta che quella tregua calmasse i loro fiati pesanti, mentre si guardarono, ancora una volta, negli occhi.

‹‹ Cavolo mi hai rotto Wakatoshi! ››

‹‹ Non mi sembri tagliato in due però . . . ››

Satori ridacchiò dolcemente, senza riuscire a trattenersi e si avvicinò al petto del ragazzo affondando il viso nell'incavo del suo collo.
Era esilarante, bello, stupendo.
Wakatoshi Ushijima era perfetto.

‹‹ Tranquillo, è solo un modo di dire . . . grazie Wakatoshi-kun ››

‹‹ E per cosa? ››

Il castano passò lentamente la mano tra i suoi vermigli capelli.
Li trovava morbidi e bellissimi.

‹‹ Per avermi salvato ››

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