Capitolo 85.
Eren's pov.
06/08/1945 - 7:30 a.m.
Mi svegliai nel letto del corvino per via della tenue luce di prima mattina che filtrò dalle tapparelle semi-abbassate proiettando un raggio dritto sui miei occhi ancora addormentati. Corrugai le sopracciglia per l'iniziale fastidio, i capelli disordinati dalla sera prima ed il mio corpo svestito suggerirono un'avventura ben movimentata. Puntai uno sguardo alla mia mano ancora riversa sulle lenzuola stropicciate scorgendola intrecciata con quella del corvino, che al contrario mio parve perfettamente in ordine ed ancora immerso nel sonno.
Addolcii il viso ripensando alla notte precedente, una volta tornati in camera finimmo quello iniziato alla collina riuscendo a stremarci e ad addormentarci poco dopo.
Le sue dita combacianti con le mie ancora addormentate, risultarono tremendamente raffinate ed eleganti, le smossi appena stringendogli la mano.
Lo osservai ritrovandomici ad un palmo dal viso, potei percepire il suo respiro mischiarsi col mio, i suoi lineamenti tanto aspri e duri parvero in quel momento rilassarsi abbandonandosi ad una scompostezza ammaliante.
Mi avvicinai il giusto per poter posare le labbra sulla mano stretta fra la mia percependo la sua pelle piacevolmente tiepida e morbida nonostante i suoi arti apparissero colmi di cicatrici.
I nostri corpi ad un soffio di distanza parvero richiamarsi a vicenda, la mia pelle scura contrastò con quella candida dell'uomo, mi avvicinai cautamente smuovendo delicatamente le leggere coperte in un suono sordo.
Mi attaccai al petto del corvino lasciandomi cullare dal suo respiro regolare e dal suo profumo da uomo estremamente pungente, mi ci rannicchiai avvertendo il suo corpo a contatto col mio.
"Mnh... Eren"
Sussurrò lui, roco e scombussolato.
"Buongiorno"
Ricambiai con un filo di voce.
Lo guardai svegliarsi, i suoi lineamenti seri presero a corrugarsi per la stanchezza e la consapevolezza che si sarebbe dovuto alzare di lì a poco.
"È ancora stanc-"
Non feci in tempo a terminare la frase che l'uomo dopo un breve attimo presosi per stirare le braccia al di sopra del capo, me le avvolse al bacino avvicinandomi maggiormente a lui riempiendomi il viso di baci.
Accennai un sorriso delicato lasciandomi coccolare dal corvino che prese a far scivolare le sue dita sul mio corpo senza nessuna restrizione.
"Da quanto sei sveglio?"
Mi domandò una volta placato dal lasciarmi milioni di baci in volto.
"Non da troppo"
Risposi poggiando le mie labbra sul suo collo.
"Ed hai avuto la bella idea di svegliarmi?"
Chiese alzando un sopracciglio, le sue dita mi accarezzarono il corpo completamente svestito percorrendo ogni mia curva.
"Volevo le sue attenzioni"
Ammisi mordendomi entrambe le labbra pur di reprimere un sorrisetto complice. L'uomo in tutta risposta mi pizzicò il naso con due dita.
"Sei tremendo"
Contestò sbuffando divertito.
Gli sorrisi consapevole sarebbe stato solo una questione di tempo prima che l'inferno si fosse scatenato in Giappone, decidendo così di trascorrere quegli ultimi attimi in sua compagnia tentando di non farmi schiacciare dagli innumerevoli sensi di colpa.
Sono egoista? Probabile...
Non avrei potuto fare nulla al riguardo, eppure il Caporale mi fu accanto, le sue mani sul mio corpo, possibile non avessi potuto fare nulla? Un accenno, un'allusione, almeno per metterne in salvo una minima parte.
Mi morsi convulsamente l'interno della guancia fino a farla sanguinare e proprio in quel momento il corvino mi baciò più intensamente intrecciando la mia lingua assieme alla sua.
"Sanguini"
Mi disse poi staccandosi dal bacio, il suo viso corrucciato mise in risalto la mandibola tirata in un gesto di preoccupazione.
Sbattei per un paio di secondi le palpebre così che fossi stato in grado di tornare in me, finché le sue mani non mi si poggiarono sulle guance.
"Sei nervoso?"
Mi chiese dolcemente squadrando ogni mio lineamento.
Distolsi prontamente lo sguardo tentando di scostarlo il più velocemente possibile.
Perché i tuoi occhi sono così profondi?...
"Eren"
Il mio nome pronunciato dalle sue labbra mi fece mancare un battito abbandonandomi al suo tocco delicato ancora fisso sulle guance.
Sei ancora in tempo, puoi ancora fare la differenza, magari lo perderai e con lui anche la vita, ma ne avrai salvate altrettante, sei ancora in-
"CAPORALE"
Una voce terrorizzata prese a pugni la porta della cabina dell'uomo facendoci sussultare fra le coperte.
"CAPORALE È UN'EMERGENZA! BOMBARDIERI NEMICI SI SONO AVVICINATI AD HIROSHIMA!"
Le dita dapprima fisse sulla mia pelle si distaccarono bruscamente lasciandovi un vuoto non indifferente.
"Porca troia..."
Lo sentii sussurrare alzandosi di scatto dal letto alla ricerca dei vestiti lanciati disordinatamente nella stanza la notte passata.
"CAPORALE!"
"SÌ HO SENTITO"
Rispose urlando, il suo viso che qualche attimo prima si ritrovò ad un palmo dal mio, in quel momento lo percepii lontano chilometri non incrociandolo nemmeno per sbaglio da quanto concentrato.
"ATTENDIAMO ORDINI SIGNORE"
Riprese ad urlare il soldato posto dietro la porta.
"Sto arrivando, CHIAMATEMI L'UFFICIALE ED ORDINATE UN'ASSEMBLEA GENERALE IMMEDIATA"
Rispose allacciandosi la cintura, il capo reclino fece sì che ciuffi di capelli gli ricadessero in volto rendendolo dannatamente sexy.
"Levi-"
"Fai silenzio"
Mi freddò non permettendomi di terminare la frase, constatando quello con cui stessi parlando non fosse stato lo stesso di qualche attimo prima, decidendo così di obbedire senza discutere, mi alzai a mia volta recuperando gli indumenti.
Non feci in tempo ad aggiungere nulla che l'uomo fu già fuori sbattendo violentemente la porta dietro di sé in un frastuono cupo ed assordante.
È iniziato...
Levi's pov.
7:50 a.m.
Corsi all'esterno più in fretta che potei, i miei polmoni presero a bruciarmi, in tutto il campo vi iniziò ad assembrarsi un numero indefinito di soldati intenti a correre disordinatamente da una parte all'altra. La drammaticità della scena fu smorzata però dalla giornata paradossalmente quieta e soleggiata.
Dio, ci stai prendendo per il culo?
Il mio sguardo prima volto verso il cielo tornò presto a fissarsi sulla strada davanti a me per raggiungere la camera delle assemblee. Una volta arrivato sfondai la porta senza grazia né tatto, scorgendovi all'interno già la metà degli uomini più illustri.
Farlan alla mia vista si alzò in piedi venendomi incontro, mi sentii afferrare le spalle in modo saldo, i suoi occhioni cerulei inglobarono i miei facendomi mancare l'aria per un istante.
"Vuoi dirmi che cosa cazzo sta succedendo?!"
Mi domandò scandendo bene ogni parola con tono deciso a discapito delle sue mani tremanti.
"Hiroshima verrà bombardata, non abbiamo più tempo porca troia! Non pensavo avrebbero attaccato così presto!"
Gli gridai addosso scostandolo poco dopo, mi diressi verso la poltrona lasciata da Yamamoto nonostante non mi fosse più appartenuta.
"Signori è uno stato di emergenza, dobbiamo far evacuare le città... CHE FATE ANCORA QUI? SONO ORDINI"
Urlai scagliando un posacenere lungo tutto il tavolo ammaccandolo per la forza esercitatavi.
Gli uomini estremamente confusi si guardarono attorno.
"AVETE SENTITO? SCATTARE!"
Mi aiutò Farlan ringhiando addosso ai presenti. Il mio respiro si fece irregolare, i miei occhi perennemente sgranati mi fecero apparire più come un pazzo che come un Caporale.
Mi fissai le mani fra i capelli tentando di riflettere a mente più lucida.
Gli uomini nel frattempo si dispersero eseguendo ciò che ordinai.
"Che cosa sta succedendo? Ne sai nulla?"
Mi domandò l'Ufficiale una volta rimasti soli nella stanza, la sua espressione corrugata ed estremamente seria mi esaminò per intero apparendo più maturo di quanto non lo fosse già stato.
"So più di quanto dovrei"
Ammisi passandomi una mano sulle tempie che scivolò poi sugli occhi.
"Che cosa vorresti dire?"
Chiese iniziando ad intuire.
"Voglio dire che-"
Non finii mai quella frase.
8:15 a.m.
il cielo fu squarciato da un lampo luminoso, giallo e brillante come diecimila soli, un'esplosione agghiacciante coprì totalmente la mia voce e quella di chiunque altro, il boato fu assordante, un rumore fortissimo, profondo, che risuonò nel cuore e fece tremare le ossa. Durò due minuti, ma furono due minuti interminabili, sia io che l'Ufficiale cademmo a terra, le finestre si ruppero ad una velocità innata ferendoci in ogni parte del corpo.
Sentii gocciolare dalla fronte, dallo zigomo, dalla clavicola, dal busto, dal ginocchio... il pavimento ed i miei vestiti iniziarono nel giro di qualche secondo ad inondarsi di un viscoso rosso cremisi.
La nostra fortuna fu il fatto che riuscimmo a buttarci a terra appena in tempo.
Non riuscii ad aprire gli occhi dal fumo e dalla polvere che inondò la stanza, la stessa che qualche attimo prima ospitò decine di uomini in una calda e quieta giornata di agosto.
Le orecchie presero a fischiarmi insopportabilmente non riuscendo a distinguere più nessun tipo di rumore se non quel fastidioso sibilo continuo che riuscì ad ovattarmi l'udito.
Tentai di alzarmi per controllare attorno a me, ma come poggiai l'avambraccio a terra con l'intento di farne leva, lo trovai completamente ustionato, la divisa mi si fuse assieme alla carne in una scena raccapricciante.
Ancora scombussolato non riuscii a mettere a fuoco la scena, i miei occhi che presero ad abituarsi mano a mano, scorsero in modo distorto la figura di Farlan riversa a terra.
Non percepii paura in quel momento, ma solo la più totale apatia, come se non avessi ancora realizzato ciò che accadde di lì a poco.
Tentai di trascinarmi a terra con i gomiti sanguinanti pur di raggiungere l'uomo.
Mi posizionai davanti colpendogli il viso con delicati ma decisi schiaffi, vidi i suoi occhi corrucciarsi, solo allora tirai un corposo sospiro di sollievo che venne interrotto da un marcato colpo di tosse per l'innumerevole polvere che inalai con quel gesto.
"FARLAN"
Urlai non avendo ancora riacquistato l'udito per intero.
"FARLAN PORCA TROIA"
Continuai, la mia voce si spezzò per il tono esageratamente alto, sentii la gola in fiamme assieme a tutto il corpo martoriato da cocci di vetro ed ustioni.
Il biondo tossì copiosamente, il suo viso era intatto così come il capo e le gambe, peccato per una sanguinante ferita al bacino ed al braccio.
"TI PORTO FUORI DI QUI, RESISTI"
Urlai con tutta la forza che mi rimase in corpo.
Uscii dalla stanza ormai irriconoscibile, osservando come l'intero campo fosse stato disseminato di feriti e vetri rotti.
Quale bomba riesce a raggiungere una tale distanza provocando ustioni?
Continuai a domandarmi nel frattempo che tenni saldo il biondo con un braccio al suo bacino e l'altro a reggere il suo attorno al mio collo.
Non sembrarono esserci stati molti morti di primo acchito, il mio respiro sbalzato iniziò mano a mano a mancare all'idea di Eren fra quelli.
Dove sei?
Il Campo entrò in uno stato generale di caos, la normalità di pochi minuti prima scomparve per sempre, urla, grida ed ordini volarono per le strade, vi passai in mezzo non ancora in grado di distinguerne le voci, tutto mi apparve ovattato, solo la presa sull'Ufficiale mi fece rimanere ancorato alla realtà.
Non eravamo noi i loro obiettivi, ma i civili di Hiroshima, eppure perché è arrivata fino a noi? Che potenza è mai questa?
Raggiunsi l'infermeria già stracolma di soldati, scorgendovi diversi corpi privi di vita all'interno.
Poggiai Farlan al di sopra di un lettino abbandonandomi su una sedia vicina, solo quando riuscii a sedermi fermandomi un secondo iniziai a percepire il dolore delle ferite.
Mi puntai uno sguardo alienato addosso rigirando le braccia pur di comprenderne la gravità, e come sospettai il braccio destro parve decisamente grave data l'ustione.
Portai indietro il capo fino a farlo appoggiare al muro dietro di me, la bocca schiusa e gli occhi pesanti, mi ordinai di rimanere cosciente nonostante iniziai a percepire dolori lancinanti dappertutto, avrei volentieri preferito farla finita subito che continuare a subire tali sofferenze.
Puntai un debole sguardo alla situazione circostante scoprendola drammatica, vi fu un enorme via vai di gente da tutte le parti, sentendomi esterno, come fossi stato soltanto un narratore onnisciente.
"Poggiatela qui!"
Sentii per caso ed in modo più nitido una voce che richiamò la mia attenzione, il capo ancora poggiato al muro e gli occhi pesanti si spostarono seguendo la scena per intero.
"C'è qualcosa che possiamo fare?"
Chiese un'infermiera.
"No, è praticamente morta"
Negò un uomo in tono autoritario.
"Signore, ha solo diciannove anni! Mi lasci provare a dare un'occhiata!"
Insistette lei urlando contro l'altra figura che in tutta risposta le lanciò un generoso schiaffo in volto facendole voltare il viso in modo brusco.
"Và ad occuparti di chi ha qualche possibilità di salvarsi piuttosto di struggerti per qualcuno che ha già un piede nella fossa!"
La rimproverò senza il minimo accenno di risentimento né titubanza.
Non ebbi le forze necessarie per prendere parte alla scena, decidendo a malincuore di assistervi solo come spettatore.
Poco dopo vidi varcare all'ingresso Mikasa apparentemente in salute se non per qualche coccio sul corpo. La vidi correre poggiandosi al lettino su cui vi era poggiata la ragazza ragione della discussione di pochi attimi prima.
Corrugai le sopracciglia smuovendomi il giusto per riuscire a scorgervi il volto.
Isabel.
Chiusi definitivamente gli occhi tentando di eliminare quell'immagine dalla mente già parecchio scombussolata. L'udito iniziò a tornarmi mettendo a fuoco milioni di voci sofferenti tutte assieme, pensai allora che l'unica grazia concessa da Dio, ammesso che fosse esistito, fu l'averci nascosto il modo in cui saremmo morti.
In quanti di voi sarebbero rimasti sapendo la fine sarebbe stata questa?
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