ଓ 𝗰𝗮𝗽𝗶𝘁𝗼𝗹𝗼 1 ❟ 𝐆𝐢𝐮𝐝𝐢𝐳𝐢 𝐞 𝐒𝐞𝐧𝐭𝐞𝐧𝐳𝐞

Le schegge del tavolo di legno gli pizzicavano una guancia, la pelle si era tinta di un leggero rossore, ma nulla in confronto allo straziante dolore che gli percorreva la schiena e che sostava tra le ultime schiere delle vertebre toraciche.
Gli toglieva il respiro, ma non il desiderio di liberarsi da quella stretta o la voglia di combattere che si annida nelle sue impazienti membra.
All'Assassino non era stato concesso il tempo di processare la serie di informazioni e situazioni che lo avevano portato a ricevere un calcio dalla donna alle sue spalle, battendo il petto contro il tavolo.
L’unica cosa di lei che poteva scorgere da quella posizione era l’ombra, creata dall’importante e malridotto lampadario che, non appena le urla di buona parte dei clienti si levarono alte, cominciò a dondolare impaziente; non scossi dall’azione della giovane, usuale nella vecchia locanda Fairy Glen, ma desiderosi di unirsi alla mischia che ben presto si sarebbe creata e che avrebbe evitato ad alcuni di loro, con la giusta dose di fortuna, di pagare il salatissimo conto che li attendeva.

« Ma che diavolo » biascicò il ragazzo, poggiando entrambe le mani sul ripiano in legno per sollevare il busto quanto bastasse per dondolarsi e scivolare di lato, così evitando un nuovo colpo.
« Un ricercato dovrebbe aspettarselo » affermò la donna, il quale sguardo ancora il ragazzo non aveva incontrato, « In particolare se ha appena attentato alla vita del sovrano, vero Vyacheslav? ».

In risposta solo un mugugno tra il confuso e l'esasperato.

Fu poco dopo, trovandosi con la schiena contro il pavimento umido e sporco di vino e rimasugli di cibo, che la riconobbe. Quella donna era famosa a Shingetsu.
Il suo nome aveva già fatto il giro del continente per la pericolosità dei criminali che aveva catturato con il tempo, dando prova di maestria e conoscenza per la sua giovane età.
L’Assassino era conscio come fosse lì per catturarlo, vivo o morto che fosse, e portare in dono il suo corpo esanime a qualche governante, che aveva urtato con la sola presenza in quelle terre benedette dagli spiriti della natura.
Del resto esisteva un'ampia lista dei crimini che si raccontava avesse compiuto, ma molto più semplice risultava definire il loro incontro come il risultato di una serie di sfortunati eventi.
Il narratore, di grazia, vuole definire la donna come uno dei tasselli fondamentali per dare avvio al percorso di redenzione e ricerca che lo sventurato avrebbe percorso — o la sua morte, se le cose fossero andate male, ma attualmente stava facendo esclusivamente il lavoro per la quale sarebbe stata pagata.

Chiyoko, in quel momento, aveva agito d’istinto. Trovarsi di fronte uno dei criminali più ricercati di Aethyra non aveva contribuito a rendere neutrali e razionali le sue decisioni, portandola a colpirlo prima che potesse muovere un muscolo, anche se con amarezza doveva ammettere che si sarebbe aspettata di più di un ragazzino sporco di sangue e polvere. Si raccontava di come avesse ucciso anche i più forti cacciatori giunti da lui per catturarlo e le probabilità che avessero esagerato nel riportare le informazioni erano pochissime, ma qualcosa non le quadrava.
Portò una mano al fianco dentro, mentre la sinistra scivolava dentro la tasca dei pantaloni alla ricerca della corda con cui avrebbe legato i polsi del ragazzo.

Erano cacciatore e preda, ma Vyacheslav non le dava l'idea di aver ben compreso la situazione in cui si trovava.
Se Fairy Glen fosse stata una taverna come tutte le altre, nessuno si sarebbe messo tra di loro e la caccia si sarebbe conclusa in breve tempo.
Indolore o quasi, veloce e semplice: Vyacheslav poteva desiderare un modo migliore per consumare gli ultimi giorni della propria vita dietro delle sbarre?
Non avrebbe avuto un tale privilegio, Chiyoko era sicura che lo avrebbero condannato a morte.
Eppure un uomo dall'aspetto tozzo e dagli abiti eccessivamente rammendati si era avvicinato al criminale, precedendo la donna. Quell'uomo sapeva di alcol.
Era l'unica conclusione alla quale la ragazza — e anche l'altro steso sul pavimento — era giunta.

« Toglimi le mani di dosso »  sputò acido l'Assassino all’uomo che lo sollevò da terra per le spalle, tra il frastuono di stoviglie in frantumi e le urla di commensali lo scaraventò sopra un tavolo poco distante. Lo sguardo incredulo e tagliente della Cacciatrice parlava chiaro: non erano compagni e si stava mettendo tra lei e un lavoro che le avrebbe permesso di guadagnare bene in poco tempo.
Avrebbe soltanto dovuto scegliere a chi cedere la vita e il futuro di quel ragazzo, ma la scelta ovvia sarebbe ricaduta sulla giustizia che egli stesso aveva minato con le proprie azioni.
« Spostati » sbottò scorbutica all’uomo. I capelli scuri legati in una coda alta, i tratti orientali e lo sguardo severo.

Intanto il giovane Vyacheslav si era ritrovato faccia a faccia con un viso sconosciuto, schiacciando con il proprio corpo una serie di fogli sparsi sul tavolo dove era atterrato. Il ragazzo, che avrebbe successivamente conosciuto con l’appellativo di Inventore, si sporse in avanti per incontrare il suo sguardo confuso. Costui, Timothy,  si trovava lì per caso; la locanda gli era stata consigliata da un conoscente di Anima e lui, stanco per il viaggio e sentendo la necessità di riordinare le idee che avrebbe proposto all'inventore, aveva colto l'occasione.

Vyacheslav stava senza grazia spiegazzando e sporcando con le luride vesti i fogli su cui erano trascritti i suoi ultimissimi progetti, proprio quelli che avrebbe voluto mostrare all’Antiquario. Ora impregnati dell’odore del vino speziato e ricorperti dell’appicicume che si lasciava dietro il sidro di mele, quando veniva portato dal bancone ai tavoli dentro grandi boccali.
Il contatto visivo durò ben poco.
« Cosa… quella mi serve  » mormorò solo questo, quando l’Assassino gli tolse la penna che stringeva in mano per usarla come arma - sempre meglio di niente, si diceva - contro l’energumeno ubriaco che si sarebbe ritrovato di fronte una volta in piedi. Anche se il desiderio di conficcare quella punta di metallo nella carne della Cacciatrice era preponderante, doveva concentrarsi sulle cose importanti.
« Potevi avere qualcosa di meglio » grugnì Vyacheslav e lo sguardo cadde proprio sulla donna che aveva ormai raggiunto il tavolo e che, afferrato per una caviglia, lo tirò in basso.

Un sorrisetto si stagliò sulle labbra screpolate e pallide del ragazzo quando alle spalle di Chiyoko vide l'ubriacone, stava dando ben prova della propria preparazione anticipata per i giochi agricoli che si sarebbero tenuti tra qualche mese nel paese. Prontamente la donna, però, schivò il colpo dell’uomo, tant'è che questo sbatté violentemente il pugno sul tavolo.
L’Inventore, perso tra i propri pensieri, si destò dal torpore solo quando il tavolo venne mosso a tal punto da far cadere tutto quello che vi stava sopra sul pavimento, ancora più fradicio dei vestiti del ragazzo che avevano già macchiato i suoi progetti.
Si aspettava di essere sfortunato, ma non sapeva ancora come due membri della stirpe della colpa nella stessa stanza erano baciati da Dystuxia, divinità minore legata alla malasorte, con più frequenza rispetto alle persone comuni.
Crollò con le ginocchia a terra, cercando di recuperare quanti più fogli possibili, senza rendersi conto di come il compagno di sventure fosse stato catapultato poco più in là, sbattendo la testa contro il pavimento in pietra.

Il Narratore, davanti a scene così pietose, tiene a precisare che l’Inventore e la Cacciatrice non si sarebbero dovuti trovare in quel posto, piuttosto presso la bottega dell’Antiquario, ma grazie a loro anche il Tessitore del destino aveva ripreso con uno dei suoi tanti meravigliosi arazzi che avrebbero reso vagamente più ridicola la loro storia.

« è stato più semplice di quanto mi aspettassi, non ho dovuto nemmeno ricorrere alla magia » sospirò la donna, avvicinandosi al corpo inerme della sua preda, spingendo la suola della scarpa contro una delle sue caviglie, sull’attenti nel caso in cui il criminale si fosse degnato di una reazione soddisfacente.
Chiyoko si accovacciò al suo fianco, facendo poca attenzione a Timothy —  preso dal recuperare i propri progetti —, per stringergli i polsi intorno a dei lacci, opportunamente incantati, che gli avrebbero impedito la fuga. Una delle dotazioni del mestiere, in quel caso utili, soprattutto se l’ordine d’arresto e cattura proveniva direttamente dall’ufficio reale.

Non era necessario rimuginare troppo sulla situazione che si era appena conclusa: Chiyoko aveva già un appuntamento, la cattura di quell’uomo era stato un semplice fortunato caso che le avrebbe fatto guadagnare quanto bastava per molto più che un mese.
« Tu sei l'inventore? » chiese poi, catturando l'attenzione dell'albino.
Il ragazzo raccolse l'ultimo dei suoi fogli, quelli che si erano salvati dalla situazione degenerante, e annuì alla donna.
« L'Antiquario mi ha chiesto il favore di portarti da lui » affermò la donna, facendo riferimento al proprio datore di lavoro momentaneo, « ma prima dovrei consegnare questo criminale alle autorità » aggiunse.

L'Inventore sgranò gli occhi grigi, arricciando le labbra in una smorfia confusa, ma finì per annuire.
L'Antiquario doveva proprio sapere tutto quello che accadeva ad Aethyra come ad Argentum si raccontava, tra la botteghe e le strette vie metalliche.

« Ti ha assunto lui? ».
« Non sono l'unica. Inventore, si prospetta un viaggio molto lungo ».


Le prigioni della sede dell'Ordine Cavalleresco erano collegate alle segrete del palazzo reale. La spiegazione di questa particolare scelta architettonica si trovava in vecchie leggende, più antiche degli arazzi che pendevano dalle lugubri e tristi pareti delle stesse celle che ospitavano i criminali.
Quelle erano state il luogo di incontro, secondo diverse storie, dell'eroe che aveva guidato la liberazione di quelle terre e della donna il cui sangue sarebbe passato nelle vene dei sovrani fino al presente.
Un legame indissolubile stringeva quelle due creature; la bilancia pendeva tra il giusto e l'ipocrisia.

Maeriel aveva la fortuna di essere una terra dove le minacce ufficiosamente, almeno quelle interne, si presentano sporadicamente; paese conosciuto per l'umanità con cui trattava i suoi prigionieri, molti criminali di Fana avrebbero preferito scontare le proprie pene tra il profumo di fiori e vino della capitale.
Il gladiatore, che i lettori conosceranno solo in seguito, si colloca proprio tra questi. 

La cella che ospitava l'assassino era grande, seppur poco accogliente.
Un letto in paglia e fieno accostato ad una parete, fronteggiato da una panca di legno; dei secchi d'acqua riposti agli angoli, e nessuno degli ospiti attuali aveva particolare interesse nel sapere a cosa servissero quelli o gli altri poco distanti.

Vyacheslav si trovava a terra, senza catene, ma con tutte le ossa vagamente doloranti.
Anche solo ispirare profondamente gli causava un dolore all'altezza del petto, forse dovuto al colpo che precedentemente aveva ricevuto; le palpebre serrate, non voleva destarsi da quella posizione, cercando di capire come avrebbe dovuto fare per fuggire da quel luogo. Poco curante degli sguardi che l'altro detenuto gli stava lanciando, un disprezzo che non aveva bisogno di essere esplicitato a parole e di cui il ragazzo non sapeva l'origine.
Si ricordò solo dopo dell'accusa che pendeva su di lui, la spada pronta a strappare via il capo dal resto del corpo e di come, anche a Maeriel, niente fosse diverso.
Sembrava percorrere una strada già segnata: indipendentemente dalle scelte compiute si sarebbe trovato lercio e stanco a sputare sangue nelle segrete di qualche castello.
Dentro di sé non voleva aprire le palpebre, incontrare lo sguardo dell'altro detenuto.

« Hai intenzione di guardarmi ancora a lungo? » sospirò acido, piegando le labbra in una smorfia dolorante. Si mise di lato, appoggiando il capo sul proprio braccio, mettendosi comodo.
« Non sono stato io » asserì poi.
« Eppure ti hanno visto » commentò poi la figura che ancora Vyacheslavnon aveva incrociato con lo sguardo.

Era la voce di un ragazzo, probabilmente suo coetaneo; si poteva sentire una nota di spavento, ma, del resto, quel tipo era stato collocato nella stessa cella di un temibile prigioniero.
Condividevano quello spazio, l'aria e l'acqua, ma le colpe di cui si erano macchiati erano del tutto differenti: da un lato una persona che sembrava aver perso traccia della propria umanità con le proprie azioni, dall'altra una che cercava di imprimere i progressi e i sentimenti di cui si faceva carico la stessa, attraverso il suono della propria musica.

« e tu cosa avresti fatto? »
« niente di paragonabile » bofonchiò il musicista, spostando una ciocca degli arruffati capelli castani dietro un orecchio. Serrò la mascella, alzò gli occhi al cielo nel vano tentativo di trovare le parole adatte affinché non sembrasse più ridicolo di quanto già non fosse. « mi sono introdotto nell'abitazione di mastro Godwin senza autorizzazione ».
Vyacheslav non disse niente, la sua espressione rimase imperturbabile di fronte a una tale confessione.
« avranno sbagliato cella » aggiunse l'altro semplicemente.
« è quello che volevo dire io ! » esclamò l'altro.

L'Assassino si limitò a voltarsi verso di lui, pur ancora sdraiato sul pavimento, con il freddo che attanagliava le sue ossa spezzate e le ferite sporche.
Era stato medicato, ma nulla rispetto alle cure che aveva ricevuto poco tempo prima il sovrano.
Lo sguardo vermiglio ancorato all'altro: gli abiti eleganti e la pelle candida, senza alcuna macchia o imperfezione; il taglio degli occhi sottile e giudicante, che sembrava nascondere qualcosa di più; le labbra candide imbronciate.
Vyacheslav sicuramente avrebbe collocato quel ragazzo nella categoria dei nobiluomini che abitavano la nazione, senza sapere che Niko era semplicemente il compositore di corte.

E il narratore avrebbe voluto soffermarsi a raccontare le peripezie che avevano condotto quest'ultimo in cella, ma ormai era situazione abituale per chiunque nella capitale.
Non sarebbe stata nemmeno l'ultima, a detta della guardia che lo aveva li scortato tra proteste e divagazioni su come chiunque si mettesse tra lui e la propria arte.

Rimasero una manciata di secondi a fissarsi negli occhi, interrotti semplicemente da un rumore metallico proveniente dall'esterno della cella.
Un uomo alto e dal portamento elegante si presentò di fronte a loro; Niko deglutì a vuoto, di fronte al cenno di capo dell'altro.
Anche lui, almeno agli occhi di Vyacheslav, sembrava provenire da qualche nobile stirpe.

« Valentin… è un piacere rivederti » affermò titubante il musicista.
« È la terza volta questa settimana, sir » di rimando disse il cavaliere, osservando la situazione nella cella. Nulla di grave, niente di pericoloso, probabilmente il sovrano aveva ragione e quel criminale sarebbe diventato uno degli strumenti nella mani delle divinità.
Tuttavia era qualcosa che Valentin non riusciva ancora ben comprendere o, forse, era la fede smisurata dell'uomo che li guidava a risultargli eccessiva.
« Perché sono una persona determinata » commentò il musicista, scattando in piedi. Stare seduto troppo a lungo sopra quel pavimento così gelido da ricordargli la propria terra natale lo spinse a muoversi il più velocemente possibile, di fronte alla possibilità di uscire da quella gabbia.
« Sua maestà si è arresa ormai? » chiese l'altro, genuinamente incuriosito e con un sorriso sulle labbra, il cavaliere; afferrò dalla cinta un mazzo di chiavi che cominciò a spostare, alla ricerca della chiave giusta, in un tintinnio che fece storcere il naso agli ospiti della cella.
« Evidentemente » ammise.
« Peccato che sia proprio qui » aggiunse il cavaliere prima di mostrare ai detenuti la chiave che li separava dalla libertà.

Niko sorrise genuinamente, in contrasto con lo sguardo confuso dell'altro prigioniero. Il sovrano di Maeriel, dopo essere stato pugnalato, si trovava lì per loro. Un peso attanagliò lo stomaco dello straniero, la sentenza gli appariva sempre più vicina e difficilmente sarebbe riuscito a fuggire, ma doveva farlo. In un modo o nell'altro, quella cella non sarebbe diventata l'ultimo luogo dei suoi numerosi soggiorni in lungo e largo per il continente.
Scattò in piedi con la stessa velocità che Valentin impiegò a portare la mano sull'elsa della spada, riposta nella propria fodera al fianco. Era pur sempre chi era accusato di aver attentato alla vita del sovrano!
Difendere il proprio sovrano doveva essere il compito di ogni cavaliere all'interno dell'Ordine, anche se questo si fosse messo contro le divinità.
Tuttavia questa opzione era impossibile nel caso di Ezra, amato dagli dèi e portatore della loro voce in quelle splendide e rigogliose terre.

Dal corridoio alla destra del cavaliere, si presentò proprio colui che attualmente affollava i pensieri del cavaliere.
In fondo era difficile comprendere perché la vittima volesse incontrare il presunto — perché ancora non era stato incriminato — carnefice, eppure Valentin non si era sottratto alla richiesta del proprio sovrano di essere scortato davanti alla cella di Vyacheslav.
Il sovrano di Maeriel, conosciuto più per la bellezza e il legame con gli dei che per le riforme innovative che aveva introdotto durante la sua giovane reggenza, si trovava di fronte a lui in abiti cerimoniali, macchiati del proprio sangue.

« Suvvia, Valentin! È solo spaventato » esclamò il sovrano, incrociando le braccia al petto, come a riprendere il cavaliere che subito dopo lasciò scivolare la mano lungo il fianco.
« Lei dovrebbe riposare » aggiunse quest'ultimo, rivolgendo all'uomo un sorriso caldo e gentile — in netto contrasto con il colore dei suoi capelli che richiamava il freddo delle terre più gelide e la profondità delle acque del mare dell'ovest. « E poi pochi nell'ordine ritengono che sia innocente… suo fratello è preoccupato » sussurrò piano.
« Non è il primo attentato a cui sopravvivo » rispose il sovrano, quasi gonfiando il petto con orgoglio. Sembrava molto orgoglioso delle proprie capacità e tecniche di sopravvivenza — così come dei medici che erano istruiti all'accademia e di cui la capitale disponeva.


« Ezra… non dovresti vantartene. È la seconda volta che la tua quasi morte rovina una festa » sbottò il musicista in risposta a quella sciocca affermazione del vecchio amico. Il sovrano imbronciò le sottili e rosee labbra, sciogliendo la posa, pur mantenendo uno sguardo severo rivolto al compositore e musicista di corte.
Si conoscevano da anni, ma il loro rapporto non era mutato nonostante i cambiamenti che loro hanno subito con il tempo.
« Invidia perché gli dèi dispongono sempre situazioni al limite per me ».
« Invidia no sicuro, piuttosto preoccupazione » mormorò il cavaliere, affiancando il sovrano.
« Non morirò prima di aver portato a compimento la volontà dei nostri creatori e protettori, poi i maghi guaritori esistono per questo ».

« Evitare che la gente muoia durante feste? »
« Ma la divinità protettrice di Maeriel non è dispersa? » fu la domanda che si pose il compositore, ricordandosi di come Ezra gli raccontasse del passato di quelle terre. Gli aveva raccontato anche il dio della natura aveva lasciato agli uomini quelle terre, protette dalla casata reale e dai cavalieri, vegliati dagli spiriti della foresta.
Tuttavia non li aveva abbandonati: le leggende raccontano che è possibile trovare la divinità nelle zone più interne, itinerante, desideroso di contribuire alla prosperità della nazione che ha salvato.

Valentin sorrise ai due ragazzi, ripensando ai pomeriggi passati con i fratelli e quegli attimi che custodiva nel cuore; l'amicizia che li univa sembrava stretta, non vacillante, un affetto puro e sincero.
Il sovrano della terre delle rose fece cenno con il capo, oscillando le ciocche bionde che gli incorniciavano delicatamente il viso, così che il cavaliere procedesse con l'ordine che gli era stato impartito poco prima di abbandonare le stanze dello stesso e intrufolarsi all'interno delle segrete. Piano, così che nessuno potesse vederli o sentirli, spinti dal sospiro del vento e dal desiderio di chi aveva il sangue del Creatore nelle vene.
Il loro sarebbe dovuto essere inchiostro, eppure non sentivano il peso della penna o dell'Autore, subendo solo i capricci di cui si faceva effige le divinità che aveva dato loro i natali.
Mise la chiave entro la serratura, questa scattò in un colpo secco.

« Adesso pronuncerò la tua sentenza, Vyacheslav, assassino di Shingetsu » e il sorriso del sovrano faceva a pugni con parole tanto severe. « una condanna peggiore della morte che potresti bramar-».
Ezra fu costretto a fermarsi, sentendo una mano contro il petto. La pressione fu tale da farlo vacillare, costringendo il cavaliere a soccorrerlo sorreggendolo con un braccio; doveva evitare che le ferite si riaprissero e, allo stesso tempo, assecondare i desideri di un sovrano che alle volte pareva tanto egoista — quanto giusto.
Lo sguardo sanguinolento dell'assassino si spostò immediatamente sul compositore, ex compagno di cella, diventato il suo mezzo per uscire da quel posto.

Lo sentiva nello stomaco, banalmente un presentimento: stare in quel lungo, in compagnia di quei soggetti, lo avrebbe condotto a una fine ancora più grama di quella ricevuta per mano di un boia.
Stringendo Niko per una spalla, tenendolo fermo con un braccio attaccato alla propria schiena, lo stava trascinando verso un futuro che il Tessitore non avrebbe voluto intrecciare.

« È per natura diffidente » sospirò il sovrano, portando le mani ai fianchi, piegando così ulteriormente la quantità eccessiva di stoffa che aveva in dosso e lo copriva. L'abito cerimoniale che ancora non aveva tolto, qualcosa che solo i più fortunati avevano avuto il piacere di vedere, dato che era indossato esclusivamente nel frangente di tempo antecedente alla processione e alla festa.
« Sire, intanto sta scappando con Niko » affermò il cavaliere, puntando lo sguardo sul sovrano.

« Li raggiungeremo a cavallo, Niko se la caverà » aggiunse poi, non mostrando nessun turbamento nel tono della voce.
« Gli dèi le hanno parlato? » sembrò quasi naturale chiederlo. Valentin aveva una concezione diversa delle divinità rispetto quella del signore di Maeriel, ma rispettava pienamente ciò in cui credeva e i suoi pareri in merito alla situazione.
« Valentin, è stato già scelto chi compirà la loro volontà e noi non possiamo astenerci a partecipare a questo meccanismo » aggiunse, voltandosi verso l'uomo, e inclinando il capo per incontrare il suo sguardo. Gli afferrò le mani, coperte dai guanti in pelle, e gliele strinse « Mi seguirai? »

Era il compito di un cavaliere seguire il proprio sovrano e difendere la propria nazione, anche nella situazione più disperata e con le prospettive più negative che lo stesso sovrano — scelto dalla divinità fondatrice di quel paese — avrebbe potuto fornire.
Il meccanismo aveva iniziato a muoversi e nemmeno loro si sarebbero potuti sottrarre.
Valentin avrebbe dovuto usare tutte le proprie capacità nell'arrangiarsi per trovare un modo di raggiungere gli altri due, soprattutto senza un piano e con la foresta alle porte, ma era ciò che il suo incarico richiedeva e mai si sarebbe sottratto.

« Sì, mio sire ».

Sussurri, lamenti e risate, alle volte, sembravano provenire dalla soglia della foresta. Le più antiche leggende la definivano come la foresta dei Sussurri e il nome si era tramandato, iscritto nei racconti popolari e nei documenti ufficiali.
Storie su storie si avvicendano tra le fronde dei maestosi alberi che ospita la foresta, ma il Narratore si soffermerà a parlare solo di alcune di queste, mentre i suoi protagonisti si addentrano nei suoi meandri.
Voci raccontano di come la foresta ospiti i resti di uno dei più grandi uomini della storia del paese, il primo a potersi definire un eroe in quei luoghi; le sue membra diventate un’unica cosa con quelle terre, le sue ossa scudo e il suo sangue linfa che avrebbe permesso alle generazioni future di ergersi e prosperare sui peccati che aveva eliminato.
I peccati degli uomini e l’ipocrisia degli dèi.

Chi si addentra nella foresta, proprio dietro il terreno dove i fondatori hanno innalzato la capitale, è conscio che, senza gli opportuni mezzi, potrebbe non fare più ritorno alla propria dimora.
Incauto chi non procede stringendo in mano un amuleto benedetto da Zymir, evita di socchiudere gli occhi e coprire le orecchie ai sussurri degli alberi, perché nessuno potrebbe dire cosa sia vero o meno, nè cosa si nasconde all’interno di quello spazio immenso.

L’Assassino e il Compositore si trovavano proprio alle soglia di questa, raggiunta velocemente dopo aver sottratto un cavallo a un contadino che si era racato in città in occasione della festa.
Il ragazzo, che si intendeva più di spartiti che di leggende, aveva solo un’idea vaga dei racconti che prendevano forma in quello spazio; lo straniero, invece, ne ignorava completamente l’esistenza e, alle proteste dell’altro, aveva semplicemente etichettato tutto come una leggenda.

« Non pensi che le foreste abbiano un che di spettrale? » chiese Niko, procedendo a piedi, affiancato dall'altro, mentre era intento a stringere il laccio di cuoio con cui tratteneva l'animale.

Riflette bene sulla possibilità di scappare: Vyacheslav sembrava molto veloce e sicuramente era più forte di lui, sarebbe stato sopraffatto in breve tempo in uno scontro fisico. Era lurido, violento e sembrava ai suoi occhi proprio un incivile. Tuttavia Niko era abituato alla capitale del regno, alla corte del sovrano e alle cure che egli poteva riservare ai fedeli tra i cittadini del suo popolo.
« Non hai nemmeno sentito cosa Ezra volesse dirti » continuò poi, rivendo solo un grugnito come risposta.
« Sei un conversatore nato, sai? » continuò.
« Come fai a fidarti di una persona che ama così tanto gli dèi? » fu l’unica domanda che gli pose per quel tratto iniziale della foresta, « soprattutto se di sangue reale. Conosci meno storia di me » affermazione che rimase sospesa nel vuoto, quando percepirono un fruscio provenire da dietro un albero a circa due metri da loro.
Se solo non si fossero seguiti incessanti rumori simili, Vyacheslav avrebbe etichettato tutto come il prodotto degli animali che si muovevano nel proprio habitat.

« L'hai sentita? » soffiò piano Niko, come se avesse timore che ci fosse qualcuno insieme a loro « sembrava la voce di una donna » deglutì a vuoto, facendo qualche passo in direzione dell'altro, forse non volendosi allontanare troppo — e poi, qualsiasi cosa fosse, l'unico in grado di affrontarla era proprio il soggetto che l'aveva rapito come ostaggio.
« No, aspetta, di un uomo » aggiunse poi, tendendo l'orecchio nella direzione dalla quale proveniva quel ronzio incessante di voci umane.

Il criminale non rispose, forse perché non stava sentendo niente di quello che aveva udito il musicista, la quale credibilità era appesa sul filo del rasoio, o, forse, perché era più preoccupato dall'eventuale presenza di forme di vita — umane o animali che fossero — che avrebbero potuto attaccarli.
Il suo desiderio a breve termine era semplicemente quello di attraversare il paese verso una meta lontana dove nessuno avrebbe potuto accusarlo e processarlo per eventuali crimini.
Vyacheslav strinse il pugnale che aveva recuperato dalla fodera all'altezza della coscia, mentre Niko si limitò ad avvolgere le dita delle mani alle briglie del cavallo che si stava accompagnando; non sia mai che si fosse spaventato e li avesse lasciati al loro destino.

« Bilke, non fare troppo rumore o ti sentiranno…» un sussurro riecheggiò; Niko ispirò profondamente, pronto a correre finché non gli sarebbe restato fiato in corpo; Vyacheslav si avvicinò lentamente, dato che non avrebbe perso un altro scontro nell'arco delle stesse ventiquattro ore.
« Maria, ormai siamo qui, cosa pensi che dovrei fare? » continuò la voce. « Tate, anche tu? Non hanno oro, sembrano più poveri di me e te messi insieme ».

Lo sconosciuto avrebbe aggiunto altro, una collezione di voci e nomi che agli altri non era possibile sentire, se solo il Criminale non avesse oltrepassato quella coltre di erbe e fiori, trovandoselo davanti.
Vyacheslav non si aspettava di incontrare una sola persona, intenta ad osservarli come se fossero una presenza o qualcosa che di rado vedeva passare per di lì. L'eremita di Gildenwind, il ladro, il brigante. Era conosciuto con molti nomi nei territori adiacenti alla foresta, da chi, protetto dagli dèi, preferiva attraversare la foresta invece di prendere una nave, risparmiando giorni di viaggio.
Attaccava le carovane mercantili, sottraeva oro e generi di prima necessità, poi spariva come se niente fosse successo, accompagnato dal brusio confuso di idee e pensieri, modellati da anni di vita in quella foresta.
La foresta dei Sussurri aveva mille voci e l'eremita aveva imparato a riconoscerle tutte, diventando le sue compagne di avventure — per quanto dannoso potesse essere non sentire altro che voci immateriali.

Il ragazzo, di contro, non rimase a lungo a fissare l'Assassino che reggeva in mano un pugnale e fece velocemente marcia indietro sui propri passi, frenato solo dalla mano dell'altro che andò ad agguantare un lembo della sua camicia, tirandolo a sé.
« Dove pensi di andare? » chiese il criminale.
« Ho un appuntamento questa sera, non posso restare. No, no ».
« Prima dobbiamo farti delle domande ».

Sopraggiunse Niko, che evidentemente non aveva il cuore di restare ancora da solo.

« Mhm, Ezra ti pagherà! Così saremo tutti felici… e magari alle fine di questa storia mi verrà un'idea per una nuova sinfonia » aggiunse, piegando il capo di lato agli sguardi curiosi e straniti dei compagni temporanei di viaggio. Cosa si poteva aspettare, probabilmente non sapevano nemmeno cosa fosse una sinfonia.
« Questo Ezra è ricco? » chiese il brigante, portandosi una mano tra le ciocche dei lunghi capelli orchidea, grattandosi la nuca per poi posare lo sguardo sui propri artigli. Decisamente troppo lunghi e affilati, ma almeno gli erano utili.
« Abbastanza » si limitò a dire Niko, « Buono a sapersi » di rimando disse l'altro.

Vyacheslav rimase particolarmente colpito dall'utilità dimostrata da quel ragazzino amante della musica, che lo aveva assillato durante il tragitto con concetti che avrebbe potuto comprendere solo in un'altra vita.
Gli sarebbe bastato poco per essere libero, gli sarebbe bastato poco per scappare di nuovo.

Tuttavia nessuno dei tre sapeva, a differenza degli altri viaggiatori che da lì a poco avrebbero preso il largo e di quelli che a loro si sarebbero aggiunti, come il destino, l'Autore, avesse scelto proprio loro e che mai li avrebbe lasciati andare.

note::

mentre aspetto gli altri bimbi ecco metà del primo gruppetto che vuole evidentemente morire ops
non mi soddisfa molto come capitolo, ma sigh
al prossimo l'inventore e la cacciatrice incontreranno la loro squad, speriamo bene (?)
sarò lentina con la presentazione dei personaggi perché non voglio solo nominarli, ma entro i prossimi tre dovrei riuscire con tutti ✨✨
perché dovrei ancora presentare gladiatore e il nostro amato sacerdote, ma sto rimodellando i gruppi sulla base delle schede che ho a disposizione
ovviamente non posso presentare personaggi di cui non ho niente oltre il nome e questi si aggiungeranno in seguito :(((
se mi arrivano le info.
spero di sì.
scusate se il capitolo fa un po' schif... spero che non sia troppo noioso :(

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