Capitolo 63
Ethan
Non potevo lasciare che Cami mi lasciasse di nuovo. Lo so, non stavamo insieme, ma questa volta ero preoccupato seriamente. Lei era convinta quando parlava. Ero sicura che mi voleva, ma ancora più sicura che voleva stare con Caden. Questa cosa mi feriva più di tutte. Cosa spinge due persone che si amano a non stare insieme? Davvero questo non basta? Cami e io non ci eravamo vissuti fino in fondo solo perché la distanza ci aveva allontanati. Ma questa volta era diverso. Avevo deciso di trasferirmi definitivamente a New York all'inizio dell'anno, ma a causa di questioni burocratiche ho rimandato la mia partenza. Ho deciso di non dirlo a nessuno perché volevo che fosse una sorpresa per tutti. A parte mio padre, nemmeno la mia famiglia lo sa. Volevo fare le cose per bene a fine estate. Credevo che tornare fosse la migliore delle idee. Avevo vicino le persone che amo e potevo fare il mio lavoro in proprio. Papà mi aveva concesso di utilizzare una delle tanti proprietà di famiglia e dovevo solo incontrare l'ingegnere per apportare delle modifiche al locale. Adesso non ero più sicuro di tornare a casa. Questo avrebbe comportato vedere tutti i giorni Cami con un altro e non ero certo che fosse una buona idea.
Comunque, Cami continua a ripetere che andare insieme in giro per la città è una cattiva idea, così non mi resta che lasciarla andare. Avrei voluto insistere ancora, ma il suo rifiuto era palese, quello che voleva era scritto a chiare lettere sul suo volto e non voleva di certo me in torno. Quindi ci salutiamo e mi riprometto di chiamarla per sapere quando arriverà.
Più tardi, verso ora di cena, ricevo una chiamata da parte di Elia.
«Ehi, quasi papà!» esclamo.
«Ehi, quasi idiota! Anzi, senza quasi» mi sfotte il mio amico.
Non posso fare altro che scoppiare a ridere. «Come stai?» chiedo.
«Io bene. C'è un problema con Cami. Avrebbe dovuto prendere un aereo per le sei, invece hanno cancellato il suo volo. Adesso non ha nemmeno un posto in cui stare perché l'albergo dove alloggiva è già al completo e non riesce a trovare altre camere disponibili. Ora, io non so cosa sia successo tra di voi, ma non vuole assolutamente chiamarti».
«Non è successo niente tra di noi».
«Lo immaginavo, ma lei non vuole il tuo aiuto ed è intenzionata a dormire in aeroporto» mi comunica.
Alle sue parole mi incazzo. Questo vuol dire solo una cosa: non vuole avere a che fare con me. Ma non importa, perché io me la andrò a riprendere e la porterò a casa mia, dove potrà dormire su un letto morbido.
«Tua sorella è davvero testona. Okay, meglio che vada a prenderla adesso» taglio corto, per chiudere la chiamata.
«Grazie, Ethan. Sei un amico».
Elia nemmeno dovrebbe ringraziarmi, anzi, io devo ringraziare lui per avermi avvisato. In pochi minuti, dopo aver caricato Harry Potter in macchina, raggiungo l'aeroporto. Cami non ha nemmeno passato i controlli di sicurezza, perché la trovo ancora nelle panchine dell'ingresso. È seduta, con la testa appoggiata al muro, le gambe sul suo bagaglio a mano e dorme. Mi avvicino cautamente per non svegliarla, ma il mio cucciolo invadente inizia ad abbaiare e la sveglia. Quando Cami apre gli occhi e mi vede, mi guarda come se fosse colpevole e io la guardo con tutta la disapprovazione che ho in corpo.
«Ti ho forse dato l'impressione che non volevo avere niente a che fare con te o che non potevi chiamarmi in caso di bisogno?» chiedo serio e calmo (anche se dentro sto fremendo di rabbia).
«Mmmh, no».
«E allora perché non l'hai fatto quando hai saputo che il tuo volo era stato annullato?».
«Non volevo disturbarti» si giustifica. E si vede perfettamente che la sua risposta camuffa una scusa bella e buona.
«Disturbarmi... Non abbiamo mai avuto di questi problemi. Non ti avrei mai permesso di stare qui tutta la notte. Sola» butto fuori. «Andiamo» le dico, afferrando la sua valigia.
Almeno questa volta Cami ha il buon senso di non protestare e mi segue in silenzio. In macchina, si siede davanti mentre tiene in braccio Harry Potter, beatamente addormentato sulle sue gambe.
«Avverti Elia e digli che sei con me. Era preoccupato» dico, rompendo il silenzio.
«Avrei dovuto immaginare che te l'avesse detto lui».
«E meno male perché a quest'ora saresti da sola».
«Non vedo quale sia il problema» ribatte.
«Il problema è che se ti fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato. La colpa sarebbe stata mia perché oggi non ho insistito per accompagnarti in giro e ti ho dato ascolto lasciandoti andare» dico, sperando che capisca il punto della situazione. «Tutte le volte che faccio come mi chiedi succede qualcosa che non va».
E lei saprà sicuramente a cosa mi riferisco. Perché fondamentalmente è sempre stata Cami a decidere del nostro rapporto. Noi nasciamo come amici, ci piacciano e stiamo bene insieme. Chi decide che è giunto il momento di metterci insieme? Lei. Chi decide che dobbiamo lasciarci? Lei. Chi decide che dobbiamo riprovarci? Sempre lei. E poi, di nuovo insieme, a rincorrerci a separarci di nuovo? Lei, lei, lei. Non ho mai avuto potere decisionale in questa relazione perché credevo che darle ciò che desiderava fosse la cosa migliore da fare. In questa maniera ho fatto in modo che le sue decisioni facessero male ad entrambi perché, diciamocelo, queste scelte hanno fatto davvero schifo. So per certo, che tra pochi mesi, quando saremo nuovamente tutti i giorni sotto il cielo della stessa città, non lascerò che tutti quei forse ci dividano ancora una volta. Io me la riprenderò.
«Non voglio affrontare di nuovo l'argomento, Ethan. Sai come la penso. Adesso voglio solo riposare». Poi aggiunge: «Grazie per tutto quello che fai per me».
Chi non lo farebbe per la donna che ama? Non capisco perché Cami si stupisca così tanto. Farei di tutto per lei e il gesto di questa sera non è stato nulla in confronto a tutto quello che potrei fare ancora.
Più tardi, appena arriviamo a casa, cambio le lenzuola al letto e lascio Cami riposare in camera mia. Dal momento che presumo non abbia mangiato, scongelo una pizza al microonde e gliela porto a letto. Faccio per andarmene, ma lei mi ferma.
«Mangia con me».
Resto lì, accanto a lei e ne prendo un trancio. Lascio a Cami il resto e devo dire che è davvero affamata. Sorrido perché la rabbia mi è passata e perché Harry Potter cerca le continue attenzioni di mia moglie. E ci riesce perché lei lo prende in braccio e lo fa accucciare al suo fianco. Sto invidiando il mio cane in questo momento esatto.
«Io non l'ho mai fatto salire sul mio letto» la informo.
«Tu perché sei un cattivo padrone. Scommetto che con me si divertirebbe di più».
«Può darsi». Magari tra pochi mesi vivremo tutti e tre insieme, chi lo sa?
Tengo il pensiero per me e, per ammazzare il tempo, accendo la TV. Mi sistemo accanto a Cami e iniziamo a guardare uno supido reality show.
L'indomani, mi risveglio tutto storto nel mio letto. Cami non è al mio fianco e subito il panico inizia a prendere il sopravvento. Spero che sia in bagno o in cucina, ma che non se ne sia andata senza dirmi nulla. Mi alzo di scatto e in bagno non la trovo. In cucina lo stesso, ma trovo un post-it attaccato al frigo.
Non volevo andarmene senza salutare, ma dormivi così bene che mi sembrava brutto svegliarti. Grazie di tutto, Ethan. Come sempre. Ti chiamo quando arrivo.
Mi passo le mani sul volto e scuoto la testa.
Cami non smetterà mai di farmi diventare matto.
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