Isn't it lovely all alone? 「2°」
ECCOMI ECCOMI -sigma_ seconda scheda ultimata, appresso a questa dovrebbe arrivare la terza ed ultima, dato che ero troppo pigro di finirla ed ho pensato di cominciare l'altra nel mentre :3 sono speciale lo so~
Comunque qui, è il personaggio stesso a parlare, ogni tanto ofc, niente spero sia di gradimento (non l'immagine mi dispiace ma resto handicappato) e buona lettura.
♤ Nome:
「春」
Haru.
Mi chiamo Haru, non mi ricordo se fu mio padre o mia madre a proporlo. Tanto meno mi frega qualcosa di come suona, è corto e semplice, anche se è un nome unisex. È davvero fastidioso quando ti scambiano per una ragazza dall'elenco. Significa: "primavera". E devo dire che forse questo fa un po' schifo. Che cazzo sono una stagione così di merda poi?
Tuttavia, tutti i nomi fanno un po' schifo, almeno non è lungo, poteva decisamente andarmi peggio. Sono convinto che alla sfortuna non ci sia mai un vero e proprio limite.
Scelto dalla madre, è uno dei nomi più diffusi in Giappone. Da un significato così poetico, solitamente è tradizione mettere le stagioni nei nomi dei bambini nati in quel periodo. Però, lui non è nato in primavera, il nome Haru può significare anche sole o raggio di sole in base a come si scrive. Eppure optarono per questa geniale idea. A caso? Forse, oppure hanno consigliato l'ideogramma sbagliato. Onestamente sembra più uno scherzo per un piccolo gioco di parole, forse un po' cinico, ma cosa bisogna aspettarsi dalla famiglia vhe ha cresciuto qualcuno come lui?
♤ Cognome:
「冷」
Hiya.
Se potessi sapere chi dei due ha avuto la brillante idea di chiamarmi Haru, potrei tranquillamente sfogare la mia rabbia repressa sul genio che voleva giocare con i significati. Passando sopra al suono: Hiya Haru, Haru Hiya, sembra uno scioglilingua per vecchi senza dententiera. La parte peggiore è il gioco di parole, quale stronzo poteva chiamare il proprio figlio come la primavera sapendo che il suo cognome era: "freddo". Non trovo divertente questo stupido ossimoro.
Il nome di famiglia fu quello del padre, la madre ripudiava abbastanza la sua, per motivi ad Haru del tutto sconosciuti. Arrivò il giorno in cui i parenti materni tagliarono i ponti lasciando la famiglia Hiya composta da, il padre Yoshito (義人), il nonno paterno Fumio (五郎), la nonna Kasumi (霞) ed infine la zia, sorella maggiore di Yoshito, Kou (光).
♤ Età:
「Diciannove」
Sembra una battuta il giorno del mio compleanno, era l'undici di settembre. Sono stato fortunato a non nascere in America, sarebbe stato ancora più fastidioso 'festeggiare'. Ma alla fine non è che mi sia mai piaciuto il giorno del mio compleanno. Forse quando ero più piccolo ci facevo caso, perchè volevo ricevere tanti regali. Quando mamma se ne andò avevo sette anni, ed era proprio il giorno del mio compleanno. Non è morta, se ne andò e con lei non vidi più nemmeno gli zii ed i nonni dalla sua parte.
Non ho mai pensato che i rapporti tra i miei non fossero andati male, non mi ricordo scenate o altro, eppure senza dire nulla tutto andò via. Mio padre ha sempre lavorato tanto, infatti faceva sempre tardi alla festa, e così alla fine smisi di farla. Tanto una torta potevo sempre mangiarla.
Semplificando per i fanatici dell'oroscopo: è del segno della Vergine, mentre il suo gruppo sanguigno è B. Difatti la sua presenza si sente subito, essendo un ragazzo davvero fastidioso.
Haru non è mai stato il bambino facilmente approcciabile, che avesse un amico o due era già un grande traguardo, non gli è mai stata organizzata una festa con degli amici, solo una cena con tutta la famiglia, e come al solito la parte migliore, almeno secondo lui, era la torta che veniva servita dopo tutto. Quando dopo un poco il suo compleanno divenne motivo di tristezza per la partenza della madre, cominciò a detestarlo un po' di più. Non si sentiva in colpa, quella è un'emozione rara in Haru, pensava soltanto che forzarsi a rendere una brutta giornata in una migliore era solo uno spreco di energie.
È davvero una rottura di palle, quando perdi tempo e tutto va ad essere sempre più inutile. Se c'è una cosa che odio dopo gli idioti è la perdita di tempo, sopratutto se devo impegnarmi psicologicamente. Faccio il terzo anno, ma già al primo mi ero stufato. Qui, sono la schiappa, in più è come se tutti se la tirassero per non so quale motivo. Questi idioti hanno soltanto voglia di sentirsi delle divinità.
♤ Nazionalità:
「Giapponese」
Di che fottuta nazionalità deve essere qualcuno con un nome del genere? Senza parlare della mia orrenda pronuncia inglese. Il mondo è troppo complicato.
Sono cresciuto a Tokyo, almeno fino a che mio padre non ha avuto la bella idea di andare a fanculo in Europa. Non so perchè gli sia saltato in mente. Stavo bene in quel quartiere affollato di Tokyo, avevo la fumetteria sotto casa e la sala giochi sulla strada accanto. Qua a Londra è un miracolo se vendono dei manga in qualche libreria, vorrei tornare a casa.
♤ Aspetto:
Haru è un tipo particolare, con un altezza di un metro ed ottantadue pur essendo un recluso che si chiude in casa a leggere fumetti e giocare a videogiochi, ha un fisico robusto, non tonico, soltanto in forma ed i muscoli formati da quei pochi sport che ha praticato prima di trasferirsi. La pelle pallida crea uno stacco dai suoi occhi scuri, ha due borse per occhiaie ed il naso leggermente rosso e lungo. Le ciglia corte e le sopracciglia nere. Ma sicuramente quello che colpisce di più sono i suoi capelli fiammanti. Partono dalla cima della testa biondi, e man mano che si avvicinano alle pumte si colorano di rosso scuro, ricordando alle fiamme di un fuoco. Dalle decolorazioni e tinte sono tutti sfibrati e rovinati, eppure li sfoggia con un certo orgoglio. "Sembro uscito da un anime", si dice ogni volta che allo specchio si guarda i ciuffi rovinati. Altro tratto tipico di Haru è l'orecchino destro, una croce lunga e nera, la porta da quando aveva dodici anni e non l'hanno mai visto senza nemmeno i suoi parenti. Ovviamente non è il suo unico orecchino, avendo due buchi per lobo, ma almeno è quello più bello.
Con un peso di circa settantadue chilogrammi non si può dire che non sia nella media.
♤ Carattere:
「Ha-chan è una persona gentile」
「Grazie, sei davvero gentile Haru」
Le persone dicono che sono gentile. Eppure non credo di aver mai visto questa gentilezza in me. Non li capisco, o forse non li voglio capire. Non mi ritengo gentile, tanto meno buono o altruista. Tutte le mie azioni sono spinte dal mio egoismo e dalla mia ipocrisia. Ricorda bene:
"Tutti i giorni,
Camminiamo sopra l'inferno
Guardando i fiori".
Haru è un ragazzo complicato, ma allo stesso tempo fin troppo semplice. È un adolescente, questo è tutto e niente allo stesso tempo. Il suo primo approccio può variare in base al suo umore, se molto giù di morale resterà semplicemente in silenzio. La sua presenza potrebbe anche essere messa in dubbio, dopotutto non è il tipo da iniziare per primo una conversazione civile, di conseguenza è anche probabile che non risponda se non vuole. D'altra parte, anche se non sembra sprizzare energia da tutti i pori la sua presenza è forte. Borbotta a se stesso ogni piccola cosa che non gli va a genio, urla quando è infastidito e scarica la sua frustrazione repressa sul primo di turno. È brusco, quindi gli è solito passare alle mani dalle parole. In pubblico è proprio insopportabile, se di buono umore arriva anche a provocare, non ha importanza chi ha davanti, anzi, per lui non importa nulla. Però a suo modo è gentile. Quando preso da solo, dove resta tranquillo e parla anche come farebbe una persona normale, Haru è gradibile. Forse dà risposte poco chiare o assurde, ma resta scontroso e burbero. Chiunque preferirebbe stargli lontano, infondo lui è solo un moccioso iracondo. Eppure c'è chi lo reputa gentile. Nei suoi modi bruschi, con un atteggiamento negativo e turbolento ci sono state persone che hanno trovato quel briciolo di perfezione in un ragazzo fin troppo umano. L'hanno chiamata gentilezza, quel desiderio egoistico sano, che ti fa venir voglia di aiutare qualcuno.
「Bullo」
Me l'hanno detto più volte, "bullo" intendo. Le persone sono davvero fastidiose, io non ho colpe, semplicemente non tollero quando qualcuno di più insignificante alzi la cresta. Forse è sbagliato da parte mia, rispondere ogni volta, ma allo stesso tempo, perché non dovrei? Facevo le medie, quando cominciai a tirare dei veri e propri pugni. Le risse sono quasi divertenti, vince il più forte, e quando vinci ti senti incredibilmente forte e soddisfatto. Mi ricordo che non avevo problemi, anzi, non ho problemi contro una sola persona, solitamente vincerei. Tuttavia ci sono state innumerevoli occasioni dove erano più di due, probabilmente ho perso più risse di quelle che ho iniziato. È frustrante, sentirsi deboli ed impotenti davanti a qualcuno o più persone. Ma alla fine c'è un limite, non posso superarlo a mio piacimento, altrimenti non saremmo umani.
Violento. Come già accennato, Haru è violento, ed ha anche bullizzato più ragazzi nel suo vissuto. L'ira è la guardia del corpo della tristezza, ma Haru non si sente triste. Ha sempre attaccato briga un po' con tutti, soprattutto con persone esterne alla sua scuola, altri liceali di quartieri vicini. Le volte in cui tornava a casa con il volto sfregiato oppure entrava in classe con i graffi sulle nocche erano molte. Il suo brutto carattere lo portò ad allontanarsi dagli altri, andando a creare una barriera sempre più spessa tra lui e le altre persone. Dopotutto a lui le persone non piacciono. È solo, ed è quel senso di solitudine che lo costringe a vivere con un vuoto nel petto ed un peso sullo stomaco, sensazioni che reprime facilmente perché non importanti al momento. È semplice, se una cosa non gli piace la evita, è un codardo? Potremmo dire di sì, non sarebbe sbagliato. Ma alla fine è solo umano, non vuole ferirsi.
「Non ha importanza」
Non credo di essere stupido. Anzi, non lo sono. Ma non riesco a capire molte cose. Le persone sono complicate, si fanno mille problemi per nulla. Vogliono a tutti i costi avere un'esistenza gradevole, ma perché dovrebbero?
Alla fine non importa. Cos'è giusto, cos'è sbagliato, ci vengono insegnate conoscenze di cui alla fine non sappiamo nulla. E tutti ci comportiamo come se la nostra vita dipendesse da chi hai o non hai pregato al mattino. Se hai dato quegli spiccioli al barbone di turno, se hai offerto una bibita alla ragazza che ti piace. Ma alla fine, non ha senso. Se una cosa non ti piace, perché farla? Perché farla se non ti va? Siamo tutti così ipocriti che lasciamo quei due spiccioli al barbone sperando che un Dio misericordioso ci ripagherà. Devi essere davvero un disperato:
"Tutti i giorni,
Camminiamo sopra l'inferno
Guardando i fiori".
Questo lo chiamerei punto vitale. Per lui tutto quanto è relativo, forse anche troppo, ripeterà sempre che le situazioni cambiano di volta in volta e dalla circostanza devono o avranno un altro impatto sulla persona. Dice che tutto dipende, ma allo stesso tempo c'è la solita frase a contornare: "Non importa". Nella sua mente, qualunque cosa non ha rilevanza. Nella sua mente, tutto è così tranquillo e caotico che non serve niente. Più l'argomento che si tratta è grande più a lui non importa, si tira indietro, sparisce, ma nonostante ciò mostra un attaccamento ad altre stupide cose. Potrebbe fare un teatrino per una sua maglia rovinata e stare zitto quando un compagno si è quasi ammazzato. Non è bravo comunque con le parole, le cose profonde non importano. Nulla ha davvero importanza per lui. Molte volte si è fatto mandare a quel paese per questa sua logica del cazzo, per quanto si arrabbi per una cazzata ma finisca per ignorare un qualcosa di serio. Non lo capisce neanche lui, anzi, Haru è confuso. Era prepotente da piccolo ed è cresciuto così, fino ad arrivare alla sua attuale personalità. Si potrebbe dire che è tutta una recita perché alla fine non capisce neanche lui cosa sta facendo, ma alla fin fine a lui non importa. Se sembra uno stronzo. Se si ritrova da solo, non gli importa. Forse, anzi, probabilmente non ha neanche capito le conseguenze di quelle azioni, non ha ancora capito, quanto le sente pesanti. Non ha capito quanto ci soffre.
「"Non sono bravo a socializzare"」
Troppe volte ho dovuto ripetere questa frase. Lo penso davvero. Le persone sono complicate, quasi mi danno fastidio.
Perché esistono? Perché siamo così diversi?
Mi dà fastidio quando si avvicinano, perché alla fine ti legano a loro. Non voglio essere legato a nessuno, per favore non fatelo.
Si descrive come egoista ed egocentrico, anzi, pensa che tutti quanti lo siano. Per lui sono tutti egoisti ed egocentrici. Non crede davvero tanto nelle amicizie, semplicemente nessuno vuole stare solo per questo corrono a trovarsi degli amici. Eppure a lui è successo, si era affezionato, aveva degli amici, ci teneva. A modo suo li aiutava, era sempre con loro, perché non sapeva dove altro andare. Non cerca mai le persone per prime, non è bravo a socializzare lo dice anche lui. È impacciato nel comunicare, ha quel tono arrogante e provocatorio con quelle frasi sempre pronte a provocare. Eppure ci sono state. Quelle persone gli erano vicine, si legarono a lui, come lui a loro. Stavano bene, per un momento, poi i loro fili si stracciarono e volarono via, lontano da lui.
Non credo nell'amicizia, nell'amore o quelle stronzate.
Alla fine, fanno più male che altro.
Per favore, non ferirmi che non so cosa devo fare.
♤ Specie:
「Metà stregone metà umano」
Quando c'era ancora mi ripeteva sempre che un giorno avrei sentito qualcosa di speciale. Che avrei capito di essere diverso dagli altri. Soltanto che tutt'ora, non sento nulla di diverso. Non è mai successo nulla che mi rendesse speciale. Dovrei essere forte, capace di non so nemmeno io che magia, invece nulla è successo. Forse è questo il motivo per cui mamma se n'è andata.
L'intera famiglia della madre era composta da streghe e stregoni, Haru doveva essere solo un piccolo proseguimento con una parte umana per via del padre. Eppure anche a distanza di tempo nulla accadde.
Devo portare sfiga, perchè non me lo spiego nemmeno io. Che schifo essere solo un'idiota circondato da mostri. Mio padre, quando avevo circa dieci anni, mi diceva che gli stregoni erano immortali. Però ogni volta che dovevo prendere le botte le prendevo e basta. Ho provato a suicidarmi un paio di volte, ma in entrambe non ho avuto le palle per finirla, quindi non ho idea se sia vero o meno. È davvero una rottura sapere che non lascerò mai questo mondo.
♤ Backstory:
「"Mamma?"」
Non mi ricordo di mia madre.
È una frase facilmente fraintendibile, non so esprimermi.
Ovviamente mi ricordo com'era fatta fisicamente, aveva i capelli e gli occhi scuri, e poi la pelle pallida, era alta, ma anche io ero piccolo. Mi sono totalmente dimenticato il suo carattere ed il suono della sua voce. Che strano quando smetti di vedere una persona. Da quando ho memoria della sua partenza mio padre ha sempre detto che era normale che se ne fosse andata. Perchè le persone vanno e vengono nella vita, tuttavia, non ho mai sentito di altri bambini come me.
E sempre da quando ho memoria l'ho visto con un sorriso spezzato.
Le lacrime ogni volta che al mio compleanno soffiavo sulle candeline. Per cinque anni fu così. Finché non ebbi dodici anni lui continuò a tentare di nascondere quella tristezza latente, doveva avermi preso per un idiota.
Neanche mio padre mi fu vicino. Era spesso fuori per lavorare, lo vedevo solo a cena. I primi anni a scuola mi ci portava zia Kou. Zia Kou era davvero una persona gentile, mi ha sempre sorriso, però la vedevo solo al mattino. Quando tornavo a casa spesso c'era il pranzo già fatto ed i miei nonni a casa. Restavano finché non tornava mio padre. Questo continuò fino a quando non feci nove anni, con molte raccomandazioni cominciarono a lasciarmi a casa da solo. Andavo a scuola da solo, tornavo ed andavo direttamente a casa dei nonni perché erano da soli, non abitavano lontani. Giocavo spesso da solo, anche a scuola, tutti i bambini dicevano che ero troppo prepotente. Ma a chi importa di alcuni stupidi mocciosi totalmente umani?
Ero nel club di nuoto, mi ricordo di aver vinto molte gare, ero il più veloce a quei tempi. Anche gli altri bambini erano bravi, ma alla fine ero io il migliore. Però il mare è pieno di pesci, e ce ne sono anche di più grossi, ci furono delle gare che persi. Non mi piaceva perdere perché sottolineava quanto facevo schifo.
「"Ha-chan"」
Le scuole medie facevano schifo. "Kaisen" era il nome della mia scuola media. C'erano un sacco di nuovi volti, non conoscevo nessuno. Alle medie continuavo a fare tutto da solo, cucinavo anche, non era buonissimo ma neanche schifoso, era giusto. Mio padre non si lamentava ed io potevo stare per i fatti miei.
Ero appena entrato a scuola, mi ricordo che feci subito l'iscrizione per il club di nuoto. C'erano altri ragazzi come me, tra questi: "Kisaragi". Mi ricordo ancora il suo nome, mi stava davvero sul cazzo. Era un ragazzino poco più alto di me a quei tempi, aveva i capelli castani tagliati come se tenesse una scodella in testa. Era davvero orrendo, io avevo un undercut e me li tinsi anche di biondo l'anno dopo. Faceva spesso il saccente, era nella mia stessa classe, il cocco dell'insegnante. Anche lui nuotava veloce, aveva le gambe appena più lunghe, era più veloce di me.
Mi dava fastidio.
Non lo sopportavo.
Volevo batterlo.
Quello stronzo.
Kisaragi era conosciuto in classe, mentre io me ne stavo spesso da solo, nonché mi facesse tristezza, anzi, era meglio così. Si vantava di essere migliore di me nel nostro club, era il più bravo, così fastidioso. Lo sfidai davanti a tutti un'altra volta. <<Come se tu potessi battermi. Dovreste vederlo, Hiya è davvero lento>>. A quelle parole non ci vidi più, gli tirai un pugno dritto sul naso, gli diventò tutto rosso. Mi ricordo che tutti mi guardarono male, mentre Kisaragi mi urlava che avevo un problema. Andò in infermeria a farsi vedere. Quel giorno al club non venne infatti. Era un venerdì. Il sabato mattina mi recai a scuola per gli allenamenti del club, era presto, ma alla fine a casa non c'era nessuno ed ero solito arrivare per primo. La palestra era stranamente aperta, entrai ed andai nello spoiatoglio. C'era una borsa, pensai che un ragazzo del terzo anno fosse già arrivato, invece mi sbagliai. Era arrivato Kisaragi, ma da quando poteva tenere le chiavi?
Non lo salutai, andai dritto a riscaldarmi a bordo piscina. Mi ricordo che mi si avvicinò lentamente.
<<Sei scemo, Hiya?>>
Ancora posso sentire le sue parole. Non risposi e lui continuò: <<Ti ho chiesto se sei scemo>>.
Era strano, scossi la testa e dissi di no, che semmai lo era lui.
Si arrabbiò.
Mi afferrò per i capelli, buttandomi in acqua. <<Paga brutto bastardo>>. Mi urlò contro pico orima che la mia testa venne sommersa, la sia voce era ormai ovattata e confusa dall'acqua. Non riuscivo ad emergere.
Mi teneva con forza e non riuscivo.
Perdevo sempre più aria, avevo paura.
Necessitavo di tornare in superficie.
Potevo giurare di sentire il mio volto cambiare colore come mi dimenavo sotto Kisaragi.
All'improvviso quella forza che mi impediva di emergere sparì. Lo aveva allontanato uno dei nostri compagni del club. Emersi subito uscendo dalla piscina e tossendo. <<Kisaragi! Che diavolo stavi facendo?>> Gli chiese l'altro. Kisaragi non rispose, mi saltò addosso mettendomi le mani al collo.
Quella sensazione opprimente di non riuscire a respirare, mi faceva paura.
<<Prof Satoru!>> Lo chiamò l'altro ragazzo correndo verso lo spoiatoglio.
Diedi un calcio a Kisaragi togliendomelo di dosso, fu il mio turno.
Mi misi sopra di lui prendendolo a pugni più volte sul volto, mi presi un altro calcio, cominciò a graffiarmi il volto come mi tirava i capelli.
Poco dopo mi ricordo che il prof ci separò. Era fastidioso.
Lasciai il club. Quello fu solo l'inizio, torturai Kisaragi a scuola, giorno dopo giorno. Scrivevo sul suo banco, lo prendevo a pugni nei bagni, ho fatto girare anche un paio di stupide voci. Dopo tre mesi cambiò scuola. Entrai nel club di basket. Ormai ero un bullo, la cosa non era così noiosa, nessuno provò ad infastidirmi di nuovo. È un peccato però, che io abbia fermato quel piccolo stronzetto prima di vedere se fossi immortale per davvero. Ma a quei tempi non ero abbastanza sveglio da pensarci.
All'inizio del secondo anno conobbi Aiko. Era bassa, aveva i capelli neri lunghi fino allo stomaco. Che ragazzina energica. Faceva il primo anno, mi parlò lei, nella mensa. Non mi ricordo la nostra prima conversazione, tanto meno la seconda o la terza.
Lei era nel club di atletica leggera, come me finiva più tardi per andare a casa. Io mi fermavo spesso a dei negozi vicino scuola per comprare riviste o nuovi fumetti. Mi seguiva. Prima che me ne accorsi, la sua presenza era ben gradita.
Cominciammo ad uscire, parlavamo spesso.
Lei faceva ridere, andavo in dei bar o piccoli ristoranti anche. Le giornate sembravano quasi più colorate. Aveva anche altri amici oltre a me, ma tra loro e me sembrava venire sempre, io d'altro canto se non c'era lei me la prendevo con un qualche idiota.
Si stava bene con Aiko, conobbi la sua famiglia e lei sia mio padre che zia Kou. Veniva spesso a giocare da me, le piacevano gli sparatutto con mia sorpresa. Mi chiamava: "Ha-chan". Mi ricordo che passarono gli anni, arrivai a fare il primo superiore, mentre lei faceva ancora il terzo. Come al solito eravamo in giro insieme. Era il 12 Aprile. Stavamo andando ad un tempio dove potevamo stare tranquilli, andavamo spesso in posti isolati con le nostre bibite a parlare. La strada era mezza deserta. Non c'erano né macchine né pedoni. C'era un gatto dall'altra parte. Mi sono sempre piaciuti gli animali, lei stava andando a prenderlo. Corse per la strada e sentii. Sì.
Così tanto rumore.
Ed in un secondo silenzio.
<<Aiko!>>
Mi sporsi appena.
Come se volessi afferrarla.
Era vicina alla fine.
Eppure anche lontana.
Appena pochi centimetri ed avrei potuto tirarla indietro.
Passò un furgone bianco.
Correva fortissimo e la prese. Proprio davanti a me.
Il gatto scappò.
Tutti i giorni,
Camminiamo sopra l'inferno
Guardando i fiori.
Aiko, è appena caduta nell'inferno, mentre io sto qui a fissare un ciliegio sbocciare.
Sentivo un peso nel petto. Non volevo più uscire di casa. Mio padre mi sgridò per questo. Non ero un bravo studente, tanto meno uno sportivo titolare. Ero un bastardo che andava a prendersela con i più deboli se non per fare a botte con più persone.
Non voleva me ne stassi tanto tempo in casa.
"Ha-chan è una persona gentile" Disse una volta ad una sua amica. Lo sentii per puro caso, eppure mi rese felice. "Ti voglio bene". Quante volte ho sentito queste parole da parte sua. Non ho mai avuto il coraggio di risponderle propriamente. Però anche io le volevo bene. Anzi, forse l'amavo.
Mi fa male il petto pensarci.
Se solo fossi stato più veloce ora sarebbe viva.
「"Posso farti una foto?"」
Era gennaio. Dello stesso anno. Faceva freddo, ero semplicemente ad aspettare il mio bus. Mi mancava Aiko. Mi mancava tutto. Lui arrivò come un fulmine, inizialmente spinto dai suoi amici, aveva i capelli blu colorati, come i miei che erano biondi, gli occhi grandi e lo sguardo perso. Indossava l'uniforme di una scuola vicina.
Era imbarazzato.
Strinse la macchinetta nelle sua mani.
Azzardò un sorriso.
<<Posso farti una foto?>>
Ottenni il suo numero, si chiamava Akai, come rosso. Aveva la mia stessa età, andava alla scuola privata vicino alla mia, abitava al quartiere accanto.
Era dolce.
Non so cosa mi spinse a stare con lui, probabilmente era la mancanza di Aiko, volevo una nuova persona con cui bere soda mentre ci sdraiavamo sotto un albero a fare battute.
Dalla sua scuola c'era anche un gruppetto di ragazzi che me le aveva suonate qualche giorno prima. Mi ricordo che usciva leggermente più tardi per le sue attività del club, nei giorni in cui non dovevo allenarmi lo raggiungevo.
Era simpatico, eppure aveva un alone differente da quello di Aiko.
Cominciai a capirci un po' di più con le persone. Quelle tristi delle volte è come se emanassero quell'energia. Tutti ne emaniamo una in base alle persone che siamo, ed io? Che tipo di energia invio?
Akai era triste. Aveva un padre violento, il padre non voleva che facesse il fotografo ma che diventasse un dottore. Ma le sue fotografie erano belle.
Una volta non lo vidi per giorni e neanche mi rispose al telefono, mi preoccupai, perché li ho visti i suoi tagli sui polsi, quando appena si alzava la manica per sbaglio.
Bastò poco tempo per rimpiazzare Aiko.
Le ho voluto davvero bene, ed Akai forse vale di meno, ma in quel poco tempo mi affezionai troppo a lui.
Avevo bisogno di qualcuno perché mi sentivo solo.
Volevo fidarmi di qualcuno.
Anche Akai aveva altri amici, quella della sua scuola. Avevo scambiato qualche parola con alcuni di loro, c'erano anche quelli stronzi che giravano lì.
Che odio.
Io ed Akai parlavamo.
Dei nostri problemi da adolescenti, dei nostri passatempi ed anche di quel poco che interessava entrambi.
Un giorno parlammo di fiori, mi ricordo di aver avuto la stessa conversazione con Aiko. Non mi piacevano i fiori quando ci parlai con lei, mentre lei ovviamente sì me lo ricordo ancora.
<<Il glicine, è il mio fiore preferito>>.
Non era vero, non ne avevo uno, ma mi ricordavano Aiko adesso, quindi forse lo era?
Li odio.
Passò un annetto circa. Facevo il secondo anno, ero nel club di baseball, quel giorno ho avuto un prolungamento degli allenamenti. Dovevo uscire con Akai quel pomeriggio. Corsi per le strade fino al nostro punto d'incontro.
Non era lì.
Girai per il posto fino ad arrivare ad un parco. Era il luogo dove avevamo intenzione di andare. Dovevamo guardare la fioritura insieme.
Invece di Akai, trovai un'ambulanza ed una folla.
Chiesi spiegazioni e mi congelai.
Akai si era arrampicato su un albero più alto per scattare la foto ad un glicine. Aveva perso l'equilibrio, era caduto male sbattendo la testa.
Me la ricordo la corsa.
La stessa che feci per Aiko, seguendo l'ambulanza con un taxi. Correndo per i corridoi della struttura.
Ma alla fine niente.
Anche Akai era caduto nell'inferno.
Era colpa mia?
Sarebbe impossibile, eppure era già successo.
Che schifo.
Suo padre era arrabbiato. Non lo capivo, non lo odiava il figlio? Non mi rivolse la parola, mi diede la colpa e tirò uno schiaffo. Non lo vidi più.
Gli amici di Akai erano distrutti, li incrociai per sbaglio un paio di volte.
<<Manca anche a te Akai?>>
Avrei voluto chiudermi in casa come feci per Aiko.
Ma si sarebbe arrabbiato con me.
All'inizio non volevo Akai tra i piedi.
<<Meglio morto che vivo in un mondo di merda>>.
Il gruppetto di stronzi della sua scuola diventò quasi il mio incubo. Non perdevano occasione per prendermi di mira. Nonché mi rendesse triste, anzi, non importava. Io avrei soltanto preferito che Akai fosse ancora vivo, così come Aiko.
Non credevo che facesse così male la morte di qualcuno.
Mi mancavano.
Volevo morire.
Ma era ipocrita da parte mia dirlo.
Evidentemente ero diventato più aggressivo di prima.
Venni cacciato dalla squadra di baseball.
Non una grande perdita, ma era fastidioso.
Qualche mese dopo mio padre mi fece trasferire con lui in Inghilterra, ed ora sono tre anni in questa scuola di merda.
Hiya Haru, nato l'undici di Settembre, la madre se ne va al suo settimo compleanno. Continua a crescere da solo, un po' trascurato dal padre o dalle altre figure, creandosi una sua libertà ed indipendenza. Conosce Aiko che è solo un bambino per arrivare ad amarla e perderla, è sempre stato solo nella sua vita, la sola opzione di poter tornare al fianco di qualcuno lo rese felice. Ci sperò di nuovo, finendo così per perdere anche Akai, spaventato dalle due coincidenze pensa che sia colpa sua, e si ripromette di non cadere nello stesso errore di nuovo, per evitare di affezionarsi e perdere di nuovo qualcuno.
♤ Curiosità:
• Anime, manga e videogiochi. Haru è un recluso, nella sua stanza ha passato notti e giorni soltanto per divertirsi in santa pace. Con il nickname di "Hycrew" ha anche vinto svariati tornei di gaming online.
• È stranamente legato agli animali, troppe volte tornando da scuola si fermò a dare da mangiare ad un gatto.
• Delle volte quando sente il bisogno di sfogarsi parla alla sua action figure di Rufy/Luffy (protagonista di One Piece) e ci sostiene un dialogo come se fosse capace sul serio di rispondergli.
♤ Club:
「Nessuno」
Dalle sue vecchie esperienze in giappone, non si è iscritto a nessun club, trovandoli una perdita di tempo e non più degni di nota. Chiudersi ai videogiochi è più importante, no?
♤ Orientamento sessuale:
「Pansessuale」
Non ci ha ancora capito molto di questo argomento, non si interessa minimamente. Non è omofobo, o almeno, non gli importa neanche. Non avendo avuto né rapporti né relazioni, Haru è totalmente inesperto nel campo. È stato attirato solo da Aiko per un breve tempo prima della sua morte, viene attratto dal carattere e dalla personalità delle persone anche se ora come ora non lo ha minimamente capito. Sono più alte le probabilità che dica "etero" o che ignori l'argomento.
♤ Disponibile a relazioni:
「Non sono bravo a socializzare」
È probabilmente la scusa che userebbe. Ma direbbe una vosa tipo:
Che cazzo è? Un sito di incontri?
Haru è un tipo chiuso. È impossibile che cominci qualcosa, però, con tanta pazienza, forse un qualche risultato si potrebbe pur ottenere, buona fortuna a chiunque voglia tentare la sorte.
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