Capitolo 15

JIMIN'S POV:

Sui visori notturni c'erano delle levette per calibrare la sensibilità al calore. Taehyung mi aveva prenotato una stanza in un albergo con una visuale perfetta sulla veranda posteriore del Cochina La'Fleur. Sfortunatamente, le finestre non si aprivano, ma avevo schiacciato i visori contro il vetro e fissavo torvo la terrazza coperta qualche piano più in basso. A quella distanza, Yoongi e la sua accompagnatrice erano grandi come il mio pollice, ma più o meno riuscivo a vedere cosa stava succedendo.

Yoongi sembrava una macchia arancione e rossa, più scura sul viso. La donna seduta di fronte a lui era di un giallo più chiaro, probabilmente perché l'idiota si era tolta la giacca per mostrare un paio di tette davvero hot - in senso letterale: erano le uniche due sfere rosso scuro. Forse aveva un potere da supercagna per concentrare la circolazione sanguigna nelle tette, in modo da gonfiarle e ottenere il massimo effetto "Ti rubo il maschio".

«Vedi qualcosa di bello?», domandò Taehyung. Era accovacciato dietro di me. E dietro di lui, Jungkook aspettava a braccia conserte, con l'aria di chi sta cercando ancora di capire perché ha sposato un bambinone. Allo stesso tempo, ogni volta che lo guardava c'era un lampo di adorazione nei suoi occhi. Probabilmente non riusciva a capire nemmeno perché fosse tanto innamorato del suddetto bambinone.

«Vedo il mio quasi fidanzato seduto di fronte a due tette giganti attaccate a una donna. Quindi no, niente di bello, almeno per me».

«Quindi ha una bella carrozzeria?»

«Taehyung», gemette Jungkook. «Potresti trattenerti dal parlare del seno di un'altra donna almeno in mia presenza, per favore?»

«Non mi diverto, Jungkook. Sto solo cercando di fare mentalmente il punto della situazione. Abbiamo il fidanzato e l'appuntamento misterioso. L'ex misteriosa che si proclama fidanzata. L'aspetto di questa donna misteriosa è un punto cruciale. Dobbiamo sapere se è un tipo scaltro o all'oscuro di tutto come Jimin fino a poco fa».

«Non ero all'oscuro di tutto. Per la cronaca, non so ancora se credere a tutta questa storia».

«Giusto. Non ci credevi al punto che mi hai supplicato di mettere su un'operazione sotto copertura».

Posai l'attrezzatura per lanciargli un'occhiataccia. «Supplicato? Ti ho solo chiesto i visori. Sei tu che non stavi più nella pelle dalla voglia di sapere cosa stava succedendo».

Jungkook mugugnò. «Avevi detto che accettavi solo perché era la prima volta che vedevi Jimin piangere. Che ti aveva commosso e che se fossi stato lì avrei pianto anch'io».

Taehyung fece una specie di verso alla "Succede", poi balzò in piedi. «Non perdiamoci nei dettagli, ragazzi. Abbiamo cose ben più importanti su cui concentrarci. Il ragazzo di Jimin non riesce a tenerselo nei pantaloni e dobbiamo scoprire se stanotte il serpente troverà una nuova tana».

«Taehyung», protestò Jungkook sottovoce. «Parli del suo quasi fidanzato. E hai mentito per trascinarmi in questa storia. Quindi stasera decido io dove ceniamo. Erano i patti».

Sospirò. «Eddai. Era una bugia bianca. So già cosa sceglierai e non lo reggo il sushi un'altra volta. Non hai letto le statistiche sulle probabilità di prendersi i vermi? O non hai visto il video dei tonni portato su dal molo brulicanti di vermi sotto le scaglie?»

«Allora farai meglio a masticare bene. Perché andiamo al sushi».

Si misero a litigare su dove avrebbero cenato e io mi concentrai di nuovo sul balcone, cercando di ignorarli.

Il cameriere portò una bottiglia di vino e versò per entrambi. "Alla faccia dell'incontro di lavoro". La donna si premette una mano sul petto e rise forte, la testa piegata indietro; non riuscivo a vedere bene in faccia Yoongi per capire se sorridesse anche lui.

Mi ritrovai a digrignare i denti. I visori notturni non erano granché d'aiuto. Il microfono con l'amplificatore sarebbe stato meglio, ma a causa delle finestre sentivo solo centinaia di echi rimbalzare sui vetri di tutto l'edificio.

Mi sentivo in colpa per ciò che stavo facendo, ma allo stesso tempo pensavo che qualsiasi donna o uomo sano di mente avrebbe almeno preso in considerazione l'idea di investigare dopo le affermazioni di Rose. Dovevo ammettere, però, che la maggior parte degli uomini sani di mente si sarebbero accontentati di appostarsi fuori dal ristorante, invece di farsi risucchiare in un'operazione elaborata come quella.

Stavo per alzarmi e scendere, quando vidi la sconosciuta abbassare a bella posta il vestito, in modo da scoprire ancora di più quelle tette fuori misura. Yoongi sembrò irrigidirsi, poi posò il tovagliolo sul tavolo, si alzò e rientrò nel ristorante. Anche la donna si alzò e lo seguì.

Sentii un vuoto allo stomaco. Era bastato tanto poco? Uno scorcio di tetta in più e al diavolo la cena, non poteva più aspettare per scoparsela?

«Missione annullata». La mia voce sembrava arida, morta.

«Cosa?», esclamò Taehyung; dai tonni con i vermi era passato alla teoria secondo cui il sushi è come mettere del riso sull'insalata, a pensarci bene. «Che è successo?»

«Gli ha fatto vedere il seno, lui si è alzato e sono entrati insieme. Mi chiedo se riusciranno ad arrivare fino a un letto o se faranno sesso in bagno».

«Aspetta», intervenne Jungkook.

«Chi si è alzato per primo? Lui?»

«Sì, perché?»

«Magari si è incavolato. Forse era davvero un incontro di lavoro e lei ha passato il limite della decenza. Forse se ne stava andando. Lei l'avrà seguito per fargli cambiare idea».

Ci pensai su e dovevo ammetterlo, l'idea mi piaceva. Aiutava a risollevarmi lo stomaco, almeno un pochino. «Forse...».

«Va' da lui», bisbigliò Taehyung.

Lo guardai, accigliato. «E se "vado da lui" e lo trovo dentro a quella donna fino alle palle?»

«Sarebbe uno sviluppo inatteso». Si sfregò il mento, riflettendo. «Penso che a quel punto dovresti dirgli che volevi solo informarlo che ti ha attaccato la gonorrea e che è uno sporco bastardo».

Annuii. «In effetti, è una buon piano».

«Caspita. Hai la gonorrea? Io scherzavo».

Sospirai e gli restituii i visori. «Scusa, Jungkook. Devo lasciarti solo con lui. E comunque, odio ammetterlo, ma ha ragione sui vermi del tonno. Ho visto i video. Li ha mandati a tutti i dipendenti qualche mese fa».

Jungkook mise il broncio, deluso. «L'ultima cosa che gli serve è sentirsi dire che ha ragione. Ti rendi conto di quello che hai fatto?».

Sorrisi. «Chissà perché, penso che saprai come prenderlo».

Uscii e dopo pochi secondi mi sparì il sorriso dalla faccia. Volevo credere alla versione piacevole della storia, che dopotutto Yoongi mi avesse detto la verità. Era un incontro di lavoro. Quella donna era una ninfomane e lui non lo sapeva. Se ne era andato. Fine.

E tuttavia, ero troppo coinvolto emotivamente per accontentarmi. Una voce gelosa nella mia testa continuava a sussurrare tutte le cose orribili che forse stavano succedendo proprio in quel momento - le cose orribili che erano già successe. Se Rose mi aveva raccontato la verità, non era nemmeno la prima volta che mi ingannava. Succedeva di continuo sin dal nostro primo incontro; per lui ero solo un giocattolo da manipolare finché non gli fosse venuto a noia.

D'altra parte, non riuscivo a togliermi dalla testa il ricordo delle sue parole. La sorellastra era una psicopatica. Gli aveva detto che avrebbe rovinato il nostro rapporto; eppure, non riuscivo a capire come potesse averci messo lo zampino. Avrebbe dovuto coinvolgere nell'inganno Rose e quella donna; non la conoscevo, ma credere qualcuno capace di tanto sembrava un po' esagerato.

Pensai che era inutile arrovellarmi. Basta con i voli pindarici. Avrei fatto ciò che avrei dovuto fare sin da quando Rose mi aveva raccontato quella storia: scovare Yoongi e chiedere chiarimenti. Speravo solo di trovarlo vestito e da solo.

◦•●◉✿✿◉●•◦

Arrivato in strada, scorsi Yoongi in attesa sul marciapiede; stava cercando di fermare un taxi. Mi fermai di scatto; decisi che dovevo vedere con i miei occhi dove sarebbe andato, invece di fidarmi del fatto che mi avrebbe detto la verità se glielo avessi chiesto. Per poco non finii lungo disteso per terra, quando un uomo mi venne a sbattere addosso da dietro.

«Impara a camminare, deficiente!», sbottai.

L'uomo mi guardò sorpreso, ma non si fermò.

Sbuffai, irritato, poi mi nascosi dietro una sporgenza del palazzo per sorvegliare Yoongi. Stava ancora cercando di fermare un taxi.

Non prendevo mai taxi, soprattutto una volta comparsa Uber, ma decisi lì su due piedi di seguirlo. Che volessi crederci o no, dovevo accettare la possibilità che Rose fosse sincera. Fino a quel momento, non avevo mai avuto sentore che Yoongi mi mentisse, a parte la questione della falsa identità, che aveva confessato molto presto. Perciò o non era un bugiardo, oppure era un bugiardo molto bravo. Seguirlo era forse l'unica possibilità che avevo di coglierlo in flagrante, per quanto la cosa mi facesse sentire in colpa.

Trovai un taxi libero quasi subito; lanciai un'occhiata a Yoongi e vidi che stava salendo su uno anche lui.

L'autista era una ragazza sulla ventina con i piercing e i capelli viola acceso legati in due codini. Si girò verso di me con un sorriso sorprendentemente invitante.

«Ehi, ehi!».

«Suonerà un terribile cliché, ma devi seguire quel taxi». Mi allungai in avanti e indicai il mezzo di Yoongi nello specchietto retrovisore.

Seguì il mio dito con gli occhi e li socchiuse. Pensai che stesse per scoppiare a ridere o dirmi di scendere; invece, strinse a pugno la mano minuta e annuì lentamente.

«Cazzo. Sì. Aspetto che me lo chiedano da quando ho cominciato a fare questo lavoro».

Mi appoggiai allo schienale del sedile e la guardai, un po' diffidente. Sembrava troppo eccitata; speravo capisse che non mi aspettavo un inseguimento da film di Hollywood.

Il taxi di Yoongi ci superò; la mia autista dette gas, tagliò la strada a una macchina e si mise a tallonare l'altro mezzo.

«Probabilmente non dovremmo stargli proprio dietro, non si sa mai».

«Merda», imprecò, a denti stretti. Sterzò a sinistra, tagliò la strada alle macchine in arrivo per infilarsi di traverso tra due auto parcheggiate, poi tornò di nuovo sulla corsia giusta, causando altre brusche frenate. Adesso c'era qualche macchina tra noi e Yoongi; la ragazza mi fece il pollice alto, trionfante, mentre dietro di noi scoppiava una tempesta di clacson.

«Ciascuno ha i suoi metodi», mormorai.

Continuò a seguirlo senza altri inconvenienti per il resto del viaggio, sempre a qualche auto di distanza e, per fortuna, evitando manovre spettacolari nel traffico, per la maggior parte.

Mi stavo comportando ancora da stalker? Sì. Ero del tutto giustificato? Quasi.

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