~•ℍ𝕖𝕟𝕣𝕪 𝕩 𝔹𝕪𝕣𝕠𝕟•~
• 𝐑𝐈𝐂𝐇𝐈𝐄𝐒𝐓𝐀 𝐃𝐀: Il_codino_di_Mikey
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I singhiozzi di Byron erano l'unica melodia che rimbombava nel desolato parco in cui si trovava, e più tempo passava più essi diventavano maledettamente più frequenti.
Il capitano della Zeus era seduto su una delle varie panchine lungo la strada ed egli, con il giornale stretto tra le mani, fissava a malincuore il titolo della prima pagina che recitava: "La forza della Zeus è falsa! La cospirazione dietro la finale del Football Frontier". Quando la sua squadra aveva perso contro la Raimon Junior High il notiziario aveva diffuso la verità sulla forza della sua squadra in tutto il Giappone, ossia che avevano utilizzato il Nettare degli Dei per poter raggiungere l'ambita finale. Nonostante si fossero impegnati per davvero, indipendentemente dal doping ideato da Ray Dark, il biondo non riusciva a non provare vergogna al solo pensiero di aver barato per poter raggiungere i suoi obbiettivi e, inoltre, dato che era il capitano della sua squadra, si sentiva il vero responsabile di quella loro disfatta, come se quella sconfitta morale l'avesse provocata con le sue stesse mani.
Diverse lacrime avevano incominciato a rigare le candide guance del viso di Byron e tutte esse erano irrefrenabili. Ogni secondo che passava egli piangeva ancora una volta, completamente sprofondato nel baratro della dannata disperazione. Lui piangeva, piangeva e piangeva, trattenendo tutte le sue urla mordendosi fortemente il labbro inferiore. Ciò che provava il povero giovane in quell'istante non era nemmeno paragonabile alla tristezza, ma pareva fosse un'emozione ancora più devastante e potente. Mai aveva provato quell'angoscia che sentiva dentro di sei e mai, prima di allora, aveva pensato che una tale disgrazia potesse provocargli un dolore simile.
Nella sua testa, egli non riusciva a darsi pace e, più tempo passava, più pensava negativamente di se stesso e della sua intera vita. "Sono un idiota, altro che capitano della Zeus..." si tormentava nella sua testa "È tutta colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia. Io sapevo che quello sporco di Ray Dark voleva utilizzare il Nettare degli Dei ed io, in quanto capitano, era mio dovere impedire alla Zeus di seguire le sue orme. Sono stato uno stupido, e adesso la nostra squadra sta pagando le conseguenze! Vorrei non essere mai nato, vorrei sparire in questo momento dalla faccia della Terra..."
La sua mente continuava ad emanare pensieri sempre più contorti e distruttivi, e tutti avevano come protagonista lui, riconoscendosi ancora una volta come un fallimento. Perché Byron, dopo quella catastrofe, si sentiva un disastro non solo come capitano, ma anche come calciatore, persona e amico, soprattutto perché per colpa del suo egoismo tutti i suoi compagni e amici sono stati vittima del Nettare degli Dei e dello scandalo nato poco dopo. Se il biondo fosse stato lucido come era sempre stato di sicuro sarebbe andato direttamente da ognuno dei suoi compagni per scusarsi, ma oggi non riusciva neppure a trovare il coraggio e la forza interiore per potersi alzare da quella maledetta panchina. Voleva solo starsene lì da solo, a ricordarsi quanto fosse pessimo e quanto fosse grande la sua responsabilità.
«Byron! Ehi, che cos'hai? Perché stai piangendo? Rispondimi!» La voce imponente dell'amico Henry lo aveva fatto sobbalzare, voltandosi di scatto verso la provenienza delle sue parole. Il castano, tuttavia, si era già velocemente spostato affianco a lui non appena aveva notato il suo pianto, e subito aveva poggiato una mano dietro la schiena per rassicurarlo del ragazzo, mantenendo in volto un'aria allarmata.
«Henry...che ci fai tu qui?» aveva domandato con un filo di voce Byron, nel frattempo che si asciugava velocemente le lacrime. «Sai che vado sempre a correre di prima mattina, e dato che ti ho visto qui tutto solo nel parco mi ero avvicinato perché pensavo volessi compagnia, ma poi ti ho visto piangere. Byron, si può sapere che cos'hai? È successo qualcosa? Siamo amici da anni, puoi dirmi se qualcosa non va.»
Il capitano della Zeus non dubitava affatto di lui poiché era vero che lo conosceva abbastanza da potersi fidare, ma in ogni caso aveva scelto di non dire niente per non farlo preoccupare, nascondendo il giornale dietro la schiena e inventando la prima scusa che gli era venuta in mente pur di rassicurarlo. «Sto bene, non ti preoccupare. Ho solo preso un brutto voto a scuola, tutto qui. Nulla di grave, puoi stare tranquillo» gli aveva sussurrato sorridendo forzatamente, in modo così falso che l'attaccante aveva capito subito che fosse sua bugia. «Guarda, puoi anche piantarla di mentirmi per farmi stare sereno. Il grande Byron Love che piange per un semplice voto? Sei il ragazzo più orgoglioso che io abbia mai conosciuto e semmai dovessi piangere sicuramente non lo faresti per una cosa simile. Se avessi preso un brutto voto avresti iniziato ad urlare "quel professore con capisce nulla, è troppo stupido per comprendere la mia intelligenza", quindi smettila di dire cavolate e dimmi subito cosa succede.»
Il biondo aveva deglutito, esterefatto di come l'altro lo abbia sgamato subito. Sapeva perfettamente che non era il caso di mentirgli un'altra volta, perciò, armatosi di coraggio, gli aveva passato il giornale, indicandogli con l'indice il titolo della prima pagina.
Henry non aveva osato leggere le parole, poiché aveva già in mente di cosa si trattava, sfortunatamente. Infatti, si era limitato semplicemente a guardare il biondo sconfortato, che teneva gli occhi bassi e che tentava il più possibile di non mostrare lo sguardo affranto all'altro. Sembrava proprio sull'orlo di una crisi di pianto ma che, per svariati motivi, egli era come se non volesse lasciarsi andare alla tristezza, come se stesse dando il tutto e per tutto per mostrarsi forte davanti alla persona che teneva più di tutti, anche più di se stesso. Infatti doveva ammetterlo: egli era sempre stato innamorato di Henry da quando lo aveva avuto come compagno di squadra per la prima volta, ecco perché quando lui era al suo fianco voleva mostrarsi impeccabile come non mai. Dentro di sé voleva essere il ragazzo perfetto ai suoi occhi, ma in quel momento era difficilissimo per il centrocampista mantenere la calma ed ogni altra sua emozione.
Ma al castano non importava quanto potesse essere orgoglioso Byron, perché se lui voleva che stesse meglio lo avrebbe aiutato anche al costo della vita stessa. Senza pensarci due volte, l'attaccante aveva afferrato velocemente il giornale, lo aveva lanciato contro sulla panchina e aveva stretto il suo amico in un forte, forte abbraccio, così caloroso che era riuscito a rompere quella barriera del capitano della Zeus. Quando il biondo aveva sentito le braccia dell'altro toccare la sua pelle egli aveva sentito un senso di protezione che lo aveva catapultato nella realtà ancora una volta, come se inizialmente avesse la testa in un mondo parallelo. Lui piangeva a dirotto e strillava a pieni polmoni, completamente disperato e sentendo l'urgente bisogno di estirpare il magone che aveva in gola, che pareva non lo facesse neppure respirare.
Se fosse stato lucido, in una situazione del genere Byron non si sarebbe mai permesso di mostrarsi in quelle condizioni in un luogo pubblico, ma se c'era Henry con lui era in grado di dimenticarsi di tutto il mondo circostante in un battibaleno. Non importa quanto avrebbe pianto, urlato o ansimato, perché se avesse avuto il suo innamorato accanto a sé sarebbe stato felice, anche nel bel mezzo dell'apocalisse.
Diversi minuti erano passati e il biondo era riuscito a calmarsi almeno un po'. Teneva la testa poggiata contro la spalla del più grande e aveva ancora i suoi bellissimi occhi rossi colmi di lacrime. Il castano gli accarezzava dolcemente i capelli con il fine di rassicurarlo, e in qualche modo quei piccoli gesti riuscivano a placare il suo animo agitato.
Non osando staccare il capo dal ragazzo, Byron aveva ripreso la parola. «È tutta colpa mia...» aveva detto con un filo di voce tremante «Se è accaduta questa disgrazia alla Zeus, è solo per colpa mia...»
«Non dire cavolate. Non è colpa tua,» lo aveva rassicurato l'attaccante, continuando a giocare con i suoi capelli dorati «dopotutto, la responsabilità è solo di quel cretino di Ray Dark che ha pensato fosse stata una cosa intelligente dare delle droghe a dei ragazzi. O mi sbaglio?»
«So cosa intendi dire, Henry caro. Tuttavia, io sono il capitano, era comunque mia responsabilità badare alla squadra. Dark è un criminale, ma sono stato io ad accettare i suoi loschi piani pur di condurvi alla vittoria. Ho sbagliato, ho fatto un errore madornale. Sono veramente una causa persa...»
L'ultima frase aveva lasciato il più grande sbigottito e in un nanosecondo aveva staccato il corpo del centrocampista da lui per poi afferrarlo saldamente per le spalle, così da poter poterlo guardare il viso. Il castano riusciva ancora a intravedere nelle sue iridi i segni delle lacrime che stavano ancora una volta per uscire e Byron, pur di non mostrarsi debole, aveva spostato lo sguardo altrove.
«Byron, guardami» aveva sussurrato Henry, alzando delicatamente il mento del più piccolo così da poterlo guardare dritto negli occhi. «Non fa niente se hai sbagliato o meno, davvero. È vero, forse sei stato un po' troppo incosciente a lasciarti abbindolare da quel pazzo di Dark, ma d'altro canto tu sei umano ed è normale sbagliare. Tutti noi facciamo errori, ma io so che tu hai la forza per superare anche questa situazione e so che solamente grazie a te la nostra Zeus potrà ritornare forte e rigogliosa come un tempo. E ricordati sempre di un'altra cosa, forse ancora più importante: io sarò con te fino alla fine, anche in questo tuo brutto momento. Non dubitare mai che possa lasciarti solo, Byron. Ricordatelo sempre.»
Il biondo lo fissava e ascoltava ogni sua singola parola. Aveva ripreso a sorridere dopo l'ultima frase del suo amato perché sapeva che poteva sempre contare su di egli. Era consapevole che il suo Henry, proprio come aveva confessato, sarebbe rimasto con lui anche in quell'istante e di sicuro non si sarebbe allontanato da Byron neppure se fosse stato un serpente velenoso, con il veleno più letale del mondo in grado di uccidere chiunque lo inalava. Sapeva che il castano non lo avrebbe abbandonato mai, e ciò lo rendeva la persona più felice del mondo.
«Grazie per tutto quello che fai, Henry» aveva mormorato, accarezzando la guancia del più grande. «Non mi devi ringraziare, Byron,» aveva risposto l'altro, sorridendogli e spostandogli una ciocca di capelli dietro l'orecchio «questo e altro per te, lo sai bene.»
I loro occhi si erano incontrati ancora una volta, e in questo momento con neanche un velo di tristezza in essi. Parevano pieni di gioia, di serenità, di un sentimento così bello e puro in grado di curare ogni male, anche il peggiore. I due ragazzi non avevano più detto alcuna parola e avevano lasciato che semplicemente accadeva: Byron si era alzato in punta di piedi e Henry lo aveva preso per i fianchi in modo tale che si avvicinasse di più a lui. Il bacio che si erano scambiati aveva fatto sì che tutto il paesaggio intorno a loro scomparisse, come se loro, con quell'unico gesto, si fossero catapultati in una realtà che apparteneva soltanto a loro.
E nella mente del biondo non esisteva più niente di negativo, se non il pensiero di quanto fosse grato di avere al suo fianco l'amato giovane.
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ℚ𝕦𝕖𝕤𝕥𝕒 𝕆𝕟𝕖 𝕊𝕙𝕠𝕥 𝕖̀ 𝕘𝕚𝕦𝕟𝕥𝕒 𝕒𝕝𝕝𝕒 𝕤𝕦𝕒 𝕗𝕚𝕟𝕖! 𝕊𝕡𝕖𝕣𝕠 𝕥𝕚 𝕤𝕚𝕒 𝕡𝕚𝕒𝕔𝕚𝕦𝕥𝕒 Il_codino_di_Mikey! :𝔻
𝙿𝚎𝚛 𝚒𝚕 𝚖𝚘𝚖𝚎𝚗𝚝𝚘 𝚎̀ 𝚝𝚞𝚝𝚝𝚘, 𝚌𝚒𝚊𝚞! <3
★𝑺𝒆𝒓𝒚★
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