°•Capitolo 3•°
La presenza del giovane uomo non la percepisco più. È molto meglio così, non voglio contatti con nessuno, specialmente con un altro essere umano.
Il respiro forzato del lupo inizia a preoccuparmi e non poco.
"Resisti. Siamo quasi arrivati al villaggio" affondo le mani nel suo pelo morbido per spingerlo a camminare.
Affaticata accompagno la creatura al villaggio; ho ancora il sapore metallico del suo sangue sulla lingua.
"Trovata!" Appeso ad un ramo, a testa in giù ricompare il ragazzo del fiume.
Per difesa gli do un pugno sul naso. All'inizio non l'avevo riconosciuto. Ma non c'è mai da fidarsi da questi tipi così insistenti.
Il ragazzo lascia la presa delle sue gambe al ramo e cade a terra.
Lo osservo dalla testa i piedi, studio tutti i suoi movimenti. Se l'è cercata!
"Merda" si copre il naso con un palmo, ma sul suo polso riesco ad intravedere piccole gocce scarlatte scivolare via.
"Perché mi hai seguita?" Accompagno il lupo fino al centro del villaggio.
"Ho pensato che avessi bisogno di aiuto e-" ci segue a ruota.
Gli punto il mio pugnale al collo. "E?"
Questo giovane uomo inizia a darmi fastidio, non voglio intrusi nel mio villaggio.
"E volevo capire da dove venivi" si guarda attorno. Fa un passo in avanti, ma io lo fermo subito.
"Wow! Ma è abbandonato!" Dice stupito, il mio braccio lo separa dal villaggio. Non voglio nessuno gironzolare in giro per un luogo a me caro.
"Non sei il benvenuto qui!" Gli ringhio contro per autodifesa.
Il lupo si accascia a terra ed io vado in suo soccorso. Mi siedo sulle gambe davanti alla sua ferita.
Sfilo una bacchetta per capelli dalla testa, con il pugnale faccio un buco alla sua estremità più grossa e affilo quella più sottile.
Slaccio un filo di cuoio dai miei pantaloncini di pelle. Guardo il lupo, non muove nemmeno un muscolo.
"Farà male solo un po'" mi riferisco alla creatura. Faccio passare il filo di cuoio nel foro e ci faccio un nodo all'estremità.
Infilzo con forza l'ipotetico ago nelle sue carni, il lupo inizia a dimenarsi e a ringhiare contro.
"Sta fermo!" Faccio passare velocemente l'ago tra le due carni aperte per chiuderle.
Si dimena per il dolore, ma per sua fortuna sono abbastanza concentrata su ciò che faccio.
"Tra qualche giorno ti sentirai meglio" dico e gli accarezzo il pelo per rassicurarlo.
Butto uno sguardo sull'uomo dalla capigliatura folta; ha in mano un blade molto affilato per le mani.
"Non ti farà nulla" dico mentre stringo i fili di cuoio per chiudere la ferita.
"A meno che non sia tu quello che l'ha colpito" mi alzo in piedi.
Si guarda attorno con espressione attonita.
Non ha mai visto un villaggio abbandonato?
"Ma ora devi andare via!" Dico con sguardo furioso.
"Mi hai rotto il naso" dice mentre si massaggia il ponte del naso.
"È solo una frattura, quelli del tuo villaggio possono curarti" sistemo il mio mantello di pelliccia bianca sulla ferita del lupo addormentato.
Cammino verso la vecchia Gilda, con il tempo è diventata la mia casa; piena di ricordi belli, brutti, ma ricordi che porto sempre nel cuore.
Metto il set dei pugnali sul banco. È il momento di affilarli.
"Non ho fatto a meno di notare che cammini a piedi nudi" entra all'interno della Gilda.
"Non un altro passo!" Gli sbraito contro.
Sbigottito, si ferma all'uscio; alza le mani ai lati del viso in segno di resa. Ma i suoi occhi penetranti sembrano vedere oltre la penombra.
"Non devi mai entrare qui dentro" mi avvicino pericolosamente a lui e gli metto un pugnale a lama circolare alla giugulare.
"Ho visto che dietro ogni tuo passo lasci delle erba rigogliosa che cresce in pochi istanti" mi guarda con un ghigno; si avvicina di più a me con provocazione.
"Non sfidarmi!" Dico ad un palmo dalle sue labbra con sguardo serio e freddo.
Fa un passo all'interno della Gilda. Gli do una gomitata sul mento.
"ALLORA NON MI ASCOLTI? DEVI SPARIRE!" Urlo con rabbia. Odio gli uomini che non sanno ascoltare, si pavoneggiano e non ascoltano mai come se fossero gente di alto borgo.
"Questo non è il tuo posto!" Non lo guardo più nemmeno negli occhi.
"Il villaggio del vento" dice serio.
"L'hanno chiamato così per i suoi abitanti caduti" aggiunge guardando il vecchio stemma del villaggio.
"Dopo la battaglia i loro corpi, quel giorno erano sparsi per il villaggio, ma un paio di giorni dopo non c'era già più traccia di nessuno, nemmeno di una pozza di sangue" racconta e si guarda attorno; passo dopo passo si allontana dal vecchio ritrovo dei maghi. Cammina senza alcuna direzione distinta per lo spiazzale.
"Ecco perché l'hanno chiamato "il villaggio del vento" sono spariti come un soffio d'aria porta via le foglie" sfila la sua katana dal fodero e la infilza tra le rocce.
Mette le labbra in una piccola 'O' e inizia a fischiare.
"Che stai facendo?" Mi guardo attorno; sento dei rumori tra i cespugli.
Tra gli alberi viene fuori il gatto nero dai connotati non simili a quelli di un comune felino: è molto più grande come dimensioni, artigli affilati che graffiano la terra formando dei solchi, il corpo non è ricoperto solo da pelo nero, ma anche da roccia e carboni.
"Rimani nei paraggi, Cheka!" Dice serio il padrone.
"Non ho mai visto una creatura così particolare" mi piego sulle ginocchia per guardarla.
"È un felino delle terre vulcaniche" spiega fiero.
"Ed è molto abile a cavare gli occhi dei demoni" aggiunge; afferra la sua katana e la rimette apposto.
"Sublime" mi alzo in piedi.
"Ma ora devi andare via" gli do le spalle e cammino verso la mia casa.
"Solo se tu vieni con me"
Mi fermo di scatto. "Quale demone ti ha posseduto? Io non mi muovo da qui!" Lo guardo in modo freddo.
"Voglio portarti in una Gilda esistente! In una Gilda dove puoi trovare altre persone come me o...come te"
"Se ci sono davvero persone come te preferisco essere scaraventata in una fossa comune" faccio un sorriso amaro.
"A mio malgrado non ti ho accettato" sento la voce del Master Crown al mio fianco.
"Che sta dicendo?" Lo guardo confusa.
"Non ho detto nulla" dice il giovane uomo.
"All'inizio volevo abbandonarti, non c'era nessuno con te, eri sola in mezzo al nulla" spiega pentito.
"Bugie! I miei genitori vi avevano affidato la mia custodia!" Ringhio contro la figura fatta di fumo.
"Io non conosco i tuoi genitori! Non so nemmeno il tuo nome" dice spaesato l'uomo dalla capigliatura color arancio.
"Ma quali genitori, Lacrima! Ti ho trovata mentre girovagavi nei boschi. Piangevi ed urlavi nel buio" sbotta con ira.
"È ancora più strano che tu non ricordi nulla. Avevi sei anni quando ti ho trovata nella foresta" sospira e si siede sul bordo del pozzo.
"Allora perché mentirmi? Perché tenermi tutto nascosto?" Sbraito contro quell'ombra, che, dopo aver cercato di dargli un pugno sullo zigomo è sparita.
La mia forza mi spinge in avanti e vedo già il lungo corridoio del pozzo inghiottirmi.
Il giovane mi afferra per un polso prima che i miei piedi si sollevino dal suolo.
"Se vuoi davvero creare illusioni falle lontano da posti altamente pericolosi" mi spinge lontano dal pozzo.
"Non sono illusioni" gli do una spallata per entrare dentro la vecchia Gilda.
Se questa è davvero la verità, allora io sto proteggendo un villaggio che non mi appartiene nemmeno.
Guardo dalla finestra il monte Fuji.
Non posso abbandonare tutto con una semplice parola, insomma questa è la mia casa!
Ho vissuto momenti davvero crudeli, ma ho sempre considerato tutti in modo buono.
Ero bambina, una bambina che si era fidata molto delle persone e ci teneva.
Era da molto tempo che non sentivo l'acqua sulle guance.
Sto piangendo dopo tanti anni.
Gli occhi bruciano per l'acqua salata che gli sta affogando la vista.
Asciugo subito le lacrime quando gli occhi cadono su tutte le commissioni svolte e gli articoli di pergamena di ringraziamento per l'aiuto prezioso che ha dato la Gilda.
"Questo villaggio non morirà mai. Questa Gilda non morirà mai" tiro via tutte le pergamene dalla bacheca e le avvolgo in piccoli rotoli.
Prendo un vecchio sacco e le infilo con cura.
Dal muro dei trofei prendo la lanzichenetta è la infilo nel fodero sulle mie spalle.
Dalla teca dei pugnali-coltello prendo il Khanjiar, un arma molto antica dell'India. Lo metto nel fodero sulla mia coscia.
Metto il coltello Bowie nella fodera della coscia destra.
E per ultimi due brandistocchi dietro la schiena.
Metto il sacco sulle spalle e con un sospiro malinconico esco dalla Gilda.
Il giovane uomo mi stava aspettando con le spalle al muro.
Alzo gli occhi per guardare un ultima volta il monte Fuji.
Sospiro. "Vengo con te".
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