CAPITOLO 1

ALISSA

Sospiro per alleggerire la tensione, ed entro nell'ospedale, mentre mi asciugo le mani sudate sui jeans e vado verso la reception, all'ingresso.

«Buongiorno, sono Alissa Williams, è il mio primo giorno come infermiera nel reparto di chirurgia.» Mi presento, anche con un insolito entusiasmo.

Dopo qualche secondo di silenzio, la receptionist, una signora di mezza età molto elegante, finalmente, mi degna della sua attenzione con un atteggiamento piuttosto annoiato.

«Sì, io sono Charity. Si accomodi, tra cinque minuti sarò da lei per accompagnarla dal suo responsabile.»

Oh, grazie! Ma non disturbarti troppo...

Le faccio un mezzo sorriso e mi accomodo su una poltrona vicino la reception, mentre attendo miss simpatia. Quel nome di certo non le si addice più di tanto.

Comincio a guardarmi intorno: gli infermieri con la divisa bianca e il cardigan blu corrono da una parte all'altra dell'ospedale, un medico con il suo splendente camice bianco controlla il tablet e scorre sullo schermo con un dito. Respiro il tipico odore dell'ospedale, che molti trovano disgustoso, ma che io amo da morire. Quell'odore così familiare da farmi sentire come a casa, quello che ti rimane addosso anche dopo la doccia. Quello strano mix tra cloro, disinfettante e non saprei nemmeno definire chissà cos'altro.

«Prego, da questa parte.» Persa nei miei pensieri, non mi accorgo che Charity mi ha raggiunta. Mi fa segno di seguirla e arriviamo agli ascensori. La simpatica receptionist non si impegna nemmeno un po' per farmi sentire a mio agio in questa enorme struttura, di cui conosco solo una piccolissima parte. Il percorso che facevo per andare al mio volontariato era sempre lo stesso e non mi sono mai premurata di fare un giro qui e lì per l'ospedale. Anche perché, non credo che mi sarebbe stato concesso. «Il suo reparto, come lo spogliatoio si trovano al terzo piano.» Charity ricomincia a parlare, appena le porte dell'enorme ascensore si chiudono. «Al piano terra potrà trovare il pronto soccorso, la mensa e la sala ristoro. Al quinto piano ci sono le sale operatorie e al nono è presente l'eliporto per l'atterraggio degli elicotteri. Al seminterrato abbiamo al piano meno uno il reparto di radiologia, al meno due la farmacia e al meno tre l'obitorio.>>

Beh, sicuramente sono un bel po' di informazioni da immagazzinare, ma posso farcela.

«Ora la accompagno agli spogliatoi, così potrà indossare la sua divisa, poi la porterò dal suo responsabile che le spiegherà nel dettaglio come funzionerà il suo lavoro.» Continua, con un ritmo monotono e completamente annoiato, come se per lei starmi dietro fosse una delle torture del Purgatorio.

«Bene, grazie.» Cerco comunque di mantenere una certa gentilezza nella mia voce, perché, beh, una delle due deve pur farlo. E, a quanto pare, Charity non ne ha la ben che minima intenzione.

Quando arriviamo negli spogliatoi del mio piano, Charity mi mostra la il mio armadietto e la mia divisa e poi mi lascia per farmi cambiare.

Dopo averla indossata, seguo la receptionist per un lungo corridoio alla fine del quale Charity bussa alla porta di un ufficio, con le pareti completamente in vetro opaco. Una voce maschile ci invita ad entrare con un "Avanti!" e ci ritroviamo di fronte ad un piccolo uomo con un paio di occhiali rotondi e i capelli, quei pochi che gli sono rimasti, quasi del tutto bianchi. «Buongiorno, Jakson.» L'entusiasmo e l'educazione con cui adesso parla Charity, mi fanno aggrottare le sopracciglia e guardarla di traverso. Okay, sono l'ultima arrivata, ma questo divario lo trovo leggermente esagerato. «Lei è Alissa Williams, la tua nuova infermiera.» Mi presenta e io mi avvicino e gli porgo la mano, che lui prontamente mi stringe.

«Oh, buongiorno Alissa, è un vero piacere. Sono Jakson, il capo degli infermieri del reparto di chirurgia. Per qualsiasi cosa, turni, ferie, permessi o qualsiasi problema del genere, puoi rivolgerti tranquillamente a me. Solitamente in reparto ci sono tre infermieri per turno, eccetto oggi, dato che è il tuo primo giorno.» Ascolto attentamente, cercando di mascherare la mia agitazione. Ho già lavorato qualche mese, dopo la laurea, ma mai in un ospedale e in un reparto così grande. «Ora, la nostra adorabile Charity ti accompagnerà direttamente al reparto, dove puoi conoscere i tuoi primi colleghi e cominciare a prendere confidenza con l'ospedale. Ti accompagnerei io stesso, ma oggi sono pieno di lavoro.» Oh, lo credo bene. I coordinatori infermieristici possono sembrare dei veri nullafacenti, figure inutili, ma in realtà portano sulle spalle tante di quelle responsabilità che noi comuni mortali possiamo solo provare a immaginare. Per cui, mi limito ad annuire e a sorridere in segno della mia solidarietà.

«Oh, non c'è problema, posso immaginare.» Lui mi sorride di rimando. Sembra davvero una persona gentile e disponibile, al contrario della signorinella vicino a me.

«Bene, ti lascio andare al tuo lavoro. In bocca al lupo, Alissa. E ben venuta a bordo.» Si alza e ci accompagna alla porta. È alto pochi centimetri più di me ed è un po' gobbo, forse il risultato di tanti anni di lavoro.

«Grazie, signore.»

«Oh, no ti prego. Sono un po' vecchio, ma chiamami Jakson e dammi del tu. Siamo una grande e strana famiglia, qui al St. Andrews, dopotutto.» Abbasso lo sguardo, imbarazzata, mentre una sensazione di calore e appartenenza mi riempie.

«Oh, ok. Allora, grazie... Jakson.»

Seguo Charity fino ad una grande porta blu, con una grande scritta rossa: "SURGERY". Per un momento, rimango completamente imbambolata, ritrovandomi di fronte a una realtà che durante il mio tirocinio ho potuto solo sognare. Questo reparto è enorme, moderno e possiede tutte le ultime tecnologie. Charity mi fa entrare in sala infermieri dove sono presenti già i miei due colleghi. Un ragazzo seduto ad una scrivania, mentre guarda lo schermo di un PC e muove il mouse con la mano destra. Ha i capelli castano chiaro, corti, e un tatuaggio molto vistoso sull'avambraccio, ma non riesco a capire cosa sia esattamente, dato che ne vedo solo una parte. Una ragazza seduta sulla scrivania, vicino a lui, ci dà le spalle e osserva lo schermo del computer. Appena sentono i tacchi di Charity, si voltano entrambi nella nostra direzione e mi osservano, ignorando la receptionist. Ed eccoci arrivati al momento più imbarazzante, quello in cui sei la nuova arrivata e tutti gli occhi sono puntati su di te. Comincio ad avere leggermente caldo, ma i miei nuovi colleghi, come a capire il mio imbarazzo, mi rivolgono un grande sorriso. La ragazza salta giù dalla scrivania e mi si avvicina entusiasta. Sembra molto giovane, probabilmente ha più o meno la mia età. Ha i capelli biondo cenere e due occhi azzurri bellissimi, messi in risalto da un leggero strato di mascara nero.

«Ciao! Tu devi essere Alissa. è un piacere conoscerti. Io sono Martha e lui è Dave.» Indica il suo collega che, con un sorriso, mi fa un cenno con la mano per salutarmi.

«Ciao! Il piacere è mio.» Con la coda dell'occhio vedo Charity guardare l'orologio al suo polso con aria annoiata.

«Bene, ora che vi siete tutti presentati, la affido a voi... ho molto lavoro da fare, io.» I due salutano Charity con gesto della mano, ignorando la sua provocazione. Lei si volta e se ne va, sfilando per il lungo corridoio come se fosse Gigi Hadid ad una sfilata di Armani.

Dio, un po' di contegno...

«Si lo so, sono in ritardo.» Un ragazzo con dei folti capelli ricci e neri entra in sala infermieri correndo. Non indossa abiti da lavoro, ha un paio di jeans e un maglione marrone. Tiene la sua giacca tra le braccia e in testa ha un berretto nero che gli schiaccia i riccioli sulla fronte e quasi glieli fa andare di fronte agli occhi. Porta un paio di occhiali da vista rotondi, con la montatura argentata molto alla moda. Mi piace il suo stile fresco e giovanile. Non appena mi vede si blocca di fronte a me e mi fissa.

«E tu chi sei?» Mi scruta da sotto le lenti degli occhiali, con i suoi occhi verdi.

«Ehm... Io sono Alissa.» Dico, ponendogli la mano.

«Ah, la nuova! Ciao, io sono Benjamin, ma chiamami Ben.» Ha un grande entusiasmo già alle otto di mattina, e sono un po' invidiosa della sua vitalità, devo ammetterlo. «Sono in ritardo, vado a cambiarmi.» Mi rivolge un occhiolino. Si volta verso gli altri due colleghi gesticolando e accampando scuse sul motivo del ritardo, mentre si allontana in fretta. Mi viene da sorridere, ma cerco di trattenermi perché gli altri due sembrano infastiditi. Alla fine, però, anche loro cominciano a ridere e io mi lascio sfuggire una risata.

«Non fare caso a Ben, non vive su questo pianeta.» Dave scuote la testa e riporta la sua attenzione al computer.

«Sembra simpatico.» Rispondo.

«Si lo è, molto.» Martha mi prende per il braccio. «Vieni, ti mostro un po' il reparto e ti faccio conoscere i pazienti più carini.» Dice con un grande sorriso e un entusiasmo contagioso.

«Non vedo l'ora!» Le rispondo, sorridendole a mia volta.

Le ore passano in fretta, Dave mi spiega il funzionamento del computer, dove ci sono tutte le cartelle cliniche e infermieristiche dei pazienti. Dove sono scritte anche le terapie dei pazienti e gli orari in cui vanno somministrati i farmaci, che tipo di intervento hanno subito e perché. Sul computer sono riportati anche tutti gli interventi in programma nei vari giorni e i medici che li effettueranno.

Sono passate due ore dall'inizio del turno e sono con Martha in sala ristoro per una piccola pausa. Al contrario di Charity, i miei colleghi sembrano essere davvero molto simpatici e gentili. Dopo aver preso un caffè, torniamo in reparto e ci prepariamo per il giro visite. All'improvviso, in sala infermieri, entrano due giovani ragazzi, avranno massimo una trentina d'anni.

«Oh, buongiorno dottori! Alissa, loro sono il dottor Jace McCarthy...» Mi indica il primo dei due, che risponde con un freddo cenno del capo e riporta subito l'attenzione al tablet che tiene stretto tra le mani. «E lui e il dottor Liam Wyatt... sono i nostri specializzandi di Chirurgia.» Sposto gli occhi sul secondo ragazzo e vado incontro a un paio di occhi azzurri, talmente belli che per un momento mi lasciano imbambolata a osservarli. Sono così limpidi, che non farei alcuna fatica a ritrovarci il mio riflesso dentro.

«Ciao, chiamami pure Liam.» La sua voce mi riscuote e il sorriso che mi rivolge mi fa quasi tremare le gambe. È genuino e gli illumina completamente il volto.

«Piacere, Alissa. E' il mio primo giorno come infermiera.» Cerco di mantenere un tono di voce fermo, ma la mia sicurezza vacilla sempre quando mi trovo di fronte a un bel ragazzo. E Liam lo è, segna ogni ombra di dubbio. È il tipico ragazzo bello, quello che non mi guarderebbe nemmeno da lontano, con i suoi occhi chiari e i capelli biondo scuro perfettamente pettinati. Così diverso da colui che da un anno a questa parte è riuscito a monopolizzare tutti i miei pensieri e a farmi perdere completamente la testa solo con qualche battuta idiota e la sua allegria.

Smettila di pensarlo, Alissa, è off limits e guarda tutte tranne che te.

«Lo so, ti stavamo aspettando.» Risponde Liam, lasciandomi un po' sorpresa. Non sono affatto abituata a stare al centro dell'attenzione e, a dire la verità, nemmeno mi piace. Per cui, il pensiero che sia stata in qualche modo oggetto delle conversazioni dei dipendenti del reparto mi mette un po' a disagio. Chissà se ho deluso le loro aspettative o se si aspettavano qualcuno di diverso.

Osservo Liam durante le visite, ha il tocco delicato e gentile e spiega sempre al suo paziente cosa sta per fare e perché, prima di procedere. Ha un tono piuttosto gentile, al contrario di Jace che sembra che da un momento all'altro potrebbe finire su un patibolo. Faccio un po' fatica a seguire la visita, sia perché non conosco ancora bene la storia clinica dei pazienti, ma soprattutto perché tendo a perdermi nel bellissimo sorriso che Liam mi rivolge ogni volta che i nostri sguardi si incrociano. Il che avviene con una certa frequenza, dato che non riesco a smettere di guardarlo mentre lavora. Ha quel certo fascino che solo i medici sanno sfoggiare, abbinato al fatto che lui in particolare è bello da mettere k.o. E quegli occhi azzurri, poi, rischiano di farti affogare nel loro oceano personale. Lo so, lo so. L'infermiera che si prende una cotta per il chirurgo è un vero cliché. Ma Liam non sembra il solito medico arrogante e pieno di sé, sembra gentile, premuroso e alla mano.

All'ora di pranzo, ho appuntamento con la mia migliore amica, Alex. E' una tatuatrice e possiede un suo studio a pochi chilometri dall'ospedale. Abitiamo a un solo chilometro di distanza e abbiamo frequentato il liceo insieme. Era una specie di star ai tempi, piena di amici e ragazzi che le sbavano dietro, perché ovviamente è anche bellissima. Cambia colore di capelli almeno una volta al mese, delle volte sono rossi, altre mezzi rosa e una volta se li è tinti di verde. Al momento sono neri, lunghi fino alle spalle, con la frangetta. Ha due grandi occhi scuri che mette in risalto in maniera impeccabile con eyeliner e mascara. Ha un septum al naso, solitamente non mi piace ma addosso a lei sta bene. Ha diversi piercing, uno all'ombelico e un brillantino sul petto, proprio in mezzo al seno. Mi ha detto come si chiama esattamente, ma non lo ricordo. I tatuaggi che ha su quasi tutto il corpo potrebbero risultare volgari, se non fosse che su di lei sono estremamente belli. Si intonano perfettamente sulla sua carnagione sempre abbronzata. Il mio preferito è la tomba di Tom Riddle avvolta da un serpente, che ha sul braccio. Non me lo farei mai, però è bellissimo. È completamente il mio opposto, sia caratterialmente che fisicamente, ma forse è per questo che andiamo tanto d'accordo. Lei è l'artefice del mio unico tatuaggio, che ho fatto al centro della schiena, appena sotto il collo. Sono le iniziali di mie sorelle. È piccolo, delicato e poco visibile, perché è quasi sempre coperto dai vestiti o dai miei lunghi capelli castano scuro. Ci siamo date appuntamento a Central Park e Ben è voluto venire con me. Non mi è dispiaciuto affatto, perché è veramente un chiacchierone e mi fa ridere tanto.

Raggiungiamo Alex che è seduta su una panchina, mentre fuma una sigaretta. Non appena mi vede, mi abbraccia come se non ci vedessimo da anni, quando ci siamo viste solo ieri pomeriggio. Si presenta subito a Ben, che comincia a fare il cascamorto, come prevedibile.

«Hai fatto la tinta?» Le domando.

«Sì, ieri sera, ho ripassato il nero.» Sorrido e mi avvicino ai suoi capelli. Adoro quando si tinge perché se li tinge, perché assumono il profumo tipico della tinta, che amo. Potrei stare ore con il naso perso nei suoi capelli multicolore.

«No, ti prego. Non ricominciare.» Mi spinge via, ridendo. «Stanotte sono rimasta fino alle quattro con Logan a parlare sotto casa. Gli ho detto che non può continuare a trattarmi così, ma era fatto, non so quanto mi abbia ascoltato.» Logan, uno stronzo – e perennemente strafatto – che la usa solo per portarsela a letto e che lei non riesce a lasciar perdere. Il solo fatto che abbia il pessimo vizio di chiamarmi "ragazzina" mi fa rizzare tutti i peli del corpo per la rabbia. Ma quello che non sopporto più di tutto, è il modo in cui la tratta. Quando è fatto di cocaina, fa quasi paura e ho il terrore che un giorno o l'altro possa farle del male in qualche modo. Per ora, non è mai successo, o almeno non che io sappia. Alex non me lo avrebbe mai detto, perché sa che probabilmente lo avrei denunciato al suo posto. Posso essere timida e molto spesso impacciata, ma non accetto la violenza, in nessuna delle sue forme.

«Alex, devi smetterla di vederlo. È solo uno stronzo.» Ma lei non mi ascolta nemmeno. Non che la cosa mi sorprenda. Conosco la mia Alex, e purtroppo ha il brutto vizio di sbatterci completamente la testa, prima di mollare.

Mi racconta nel dettaglio tutta la discussione e che alla fine hanno fatto pace in macchina. Ben sembra appassionato dalla storia, sicuramente più di me. Non ne posso più di sentir parlare di questo imbecille.

Alla fine della mia pausa torno in reparto e il resto della giornata passa in fretta. Ho conosciuto altri due colleghi che ci hanno dato il cambio per il turno pomeridiano, Tareef e Aria, che già solo per il nome mi sta simpatica perché mi fa pensare a Aria Stark. Mi dirigo verso gli spogliatoi e trovo Liam che si sta infilando la maglietta, in procinto di andarsene. Riesco ad intravedere i suoi addominali, e mio Dio, è messo davvero bene.

Ok, praticamente è perfetto.

Lui si accorge di me e si volta a guardarmi. Ovviamente è inutile negare, ha capito benissimo che lo stavo praticamente fissando.

«Alissa... Ciao.»

Imbarazzata distolgo lo sguardo e mi tocco i lati delle labbra per paura che ci sia qualche residuo di bava.

«Ehm... scusami, pensavo non ci fosse nessuno.» Balbetto, praticamente correndo verso il mio armadietto a testa bassa.

«Oh no, tranquilla. Presto ci farai l'abitudine, lo spogliatoio non è quasi mai vuoto. Inizialmente può essere imbarazzante, ma con il nostro lavoro, per noi il corpo umano non è di certo un mistero.» Mi strizza l'occhio, sfoggiando ancora una volta quel suo sorriso mozzafiato. Non lo conosco per niente, ma non farei fatica a indovinare il numero di volte in cui l'ha usato come arma per conquistare una ragazza. Mi immagino solamente la mole di donne che gli correranno dietro all'interno dell'ospedale. E no, io di certo non voglio essere una di queste. E, purtroppo, non credo nemmeno che ci riuscirei, perché io corro già dietro a un altro. E uno mi basta e mi avanza. È stancante rimanere completamente stoica e fingere che di non rimanerci male ogni qual volta non si viene degnate di nessuna attenzione da parte della persona che vorresti accanto a te. E, anche se con Liam sarebbe molto più semplice fare finta, non voglio in alcun modo che la mia pessima e inesistente vita amorosa si scontri con quella professionale. Amo il mio lavoro e non voglio associare questo ospedale all'ennesima delusione amorosa.

«No, no certo che no, infatti non è assolutamente un problema per me.» Mento, cercando di riprendermi e assumendo un tono più naturale possibile, con scarsi risultati. A dire il vero, il mio tono risulta molto più stridulo di quello che avrebbe dovuto. Liam capisce subito la situazione di totale imbarazzo e mi saluta.

«Bene, ti lascio. Ci vediamo domani, Alissa.» Si mette la borsa sulle spalle.

«Si, a domani Dr. Wyatt.» Chiude il suo armadietto, si dirige verso la porta poi si ferma prima di uscire.

«Sul serio, chiamami Liam.»

Gli faccio un leggero sorriso. «Si, certo. Scusami, Liam.» Dopodiché, annuisce, apre la porta e lascia lo spogliatoio.

Bene, ottimo lavoro Alissa. Se volevi passare per un idiota, direi che ci sei riuscita benissimo.

Sospirando, frustrata, apro il mio armadietto, mi cambio e mi appresto a lasciare l'ospedale.

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Liam Wyatt 

Alex Lancaster 

Ben Ross 

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