Parte 43 - Fine.


4 ANNI DOPO - 21 Giugno

Hinata's POV

Il primo giorno d'estate mi accoglie con una calda aura di serenità.
Gli alberi sono verdi e scintillanti, sotto raggi solari miti, e hanno riacquistato forza e vigore dopo la fredda primavera di quest'anno. Le loro chiome lasciano filtrare flebili fasci luminosi, che permettono la danza, sul terreno, di ombre e luci del mondo sopra la nostra testa.

Gli animali godono la calda giornata, ringraziando con cinguettii e fruscii vari, mentre saltano da un ramo all'altro o semplicemente si nascondono nella rigogliosa flora del posto.

Posso sentire il rumore del ruscello, scorrere inarrestabile, sotto i miei piedi, mentre attraverso il traballante ponticello di legno.

L'aria è carica del classico odore pungente dell'incenso acceso.

Non venivo in questo luogo da un po'.
Non ero ancora pronto per venire a parlarti.

Spero tu possa perdonarmi, per essermi fatto attendere così a lungo.

Sono successe un tantissime cose e stavo cercando di mettere in ordine i miei pensieri e le mie emozioni, prima di farti visita.

Ricordo bene quando mi dicevi di "mettere un punto".

Forse ho atteso tutto questo tempo proprio perché era necessario che io, dentro di me, mettessi un punto a diverse cose.

È stato un'anno incredibile, difficile e molto intenso.
Non vedo l'ora di parlartene, di raccontarti tutti i dettagli, come ero solito fare.

Non ricordavo ci fosse così tanta gente, qui, per un giorno qualsiasi, di un anno qualsiasi.

Oggi è il mio compleanno.
Ma sono certo che non debba ricordartelo, sono sicuro che tu lo sappia.

-Da quanto tempo...-  sussurro.

Dovrei essere io quello che riceve dei fiori oggi, ed invece eccomi qua a sistemarli, accuratamente, per te.

Una leggera brezza tiepida mi scompiglia i capelli.
Sono cambiato molto dall'ultima volta che ci siamo visti.

Il tempo è passato, inesorabile.
Nonostante mi sembrasse scorrere eternamente lento, è stato più veloce del previsto.

Ha cambiato molte cose di me.
Cose che neanche io credevo potessero mutare, nel corso di questi anni.

Sono cresciuto, ho tagliato i capelli ed ho anche iniziato a radermi.

Ci crederesti?

All'inizio non ci credevo neanche io.

Sono più alto, seppur di poco.
C'è una cosa di me che, però, non è cambiata: i miei occhi.
Sono sempre tondi, sono sempre enormi e sono sempre inondati da una luce speciale; proprio come mi dicevi sempre tu.

-Stenti a credere che sia io, eh? Lo so, a malapena mi riconosco da solo allo specchio.- dico a bassa voce.

Mi inginocchio sul cemento freddo.

- Mi sono diplomato, alla fine.
E ho continuato a rimanere in campo, proprio come sognavo.
Adesso abito in Brasile, sto giocando con una squadra straniera ad alti livelli. Riesci a crederci?
Ho realizzato il mio sogno: giocare a pallavolo con i grandi.
Non ho bisogno di chiederti se mi stai guardando, perché so che lo stai facendo.-

Prendo una breve pausa, in cui mi schiarisco la voce.

-Sono tornato in Giappone solo 2 settimane fa, mi aspetta una grande sfida adesso... avevo bisogno di vederti, prima di intraprendere questo nuovo cammino.-

Sento le lacrime arrivarmi agli occhi, ma cerco con tutto me stesso di trattenermi.
Mi mordo il labbro inferiore.

-Non sono qui per piangere.
Non me lo perdoneresti.
Sono qui per farti vedere quanto sono cresciuto e... quanto sono cambiato.-

Mi soffermo a guardare i fiori che ti ho appena portato.
Sono delle Stelle Egiziane, con colori più accesi che mai; mentre ti parlo, sembrano vibrare della stessa frequenza delle corde del mio cuore.

Sento una presenza arrivarmi da dietro, mettermi una mano sulla spalla.

-Sono qui per... presentarti una persona... io... sto per sposarmi...-

Arrossisco, intrecciando le mie dita nelle mani della persona che ho di fianco.

-Finalmente puoi incontralo.- dico sorridendo, osservando le iridi chiare e luminose di quello che sarà, mio marito.

-È un piacere fare la sua conoscenza, Shinji Hinata.
Vorrei chiedere la sua benedizione per la mano di suo figlio.-

La voce di Kageyama è più roca di quella di un tempo, molto più virile e seria.

Arrossisco ancora, stropicciandomi gli occhi per scacciare anche le ultime lacrime.

-Non c'era bisogno che lo facessi..- gli dico, guardandolo negli occhi.

-Ma io volevo farlo. Avrà detto di sì?- mi chiede, alzandosi.

Lascio un'ultimo sguardo alla foto sbiadita di mio padre, piena di crepe per il tempo che è passato.
Mi sembra di vederlo, come se fosse ieri, con i suoi capelli arancioni e dritti, esattamente come i miei, ridere dietro al mio ennesimo capitombolo.
Posso ancora ricordare il suono della sua voce, quando mi prendeva in braccio e mi diceva:

"Tu sei un bambino felice Shoyo, tu sei luminoso come il Sole."

Sembra ieri che gli dicevo addio, eppure sono passanti così tanti anni che credo di averne perso il conto.
Non sono più riuscito a tornare a parlagli di persona, non sono più riuscito quando ero solo un bambino, a guardare la sua foto su questa lapide fredda.

Cercavo di essere forte anche se dentro di me, la debolezza più grande, è stata quella di non essere mai venuto a parlare con te.

"Mi dispiace papà."

Eccomi qui oggi.
Il giorno del mio 20 esimo compleanno, a parlarti di me e a mostrarti come sono diventato adulto.
So che per tutto questo tempo hai vegliato su di me, hai riscaldato il mio cuore quando sentivo freddo ed hai rilassato il mio animo quando mi sentivo inquieto.
Ho vissuto parecchio, in questi anni, esperienze che mi hanno profondamente cambiato.

Sono qui per raccontartele ed in particolar modo sono qui per farti conoscere l'unica persona che io abbia mai amato.

Il mio compagno, il mio alzarore, il mio futuro marito.

Tra 2 anni, quando torneremo in Brasile, ci sposeremo, poiché è impossibile, per quanto mi piacerebbe, poterlo sposare in Giappone.

Quando l'ho detto alla mamma ha pianto per 40 minuti al telefono.
Puoi immaginarla?

Natsu invece, stava già prenotando i biglietti per raggiungerci dall'altro capo del mondo, dicendo che meritava un posto in prima fila.

La solita Natsu.

Me lo ha chiesto da poco, relativamente.
Me lo ha chiesto dopo una partita, nella quale eravamo rivali e che ha avuto esito positivo solo per la mia squadra.

Ma adesso andrò con ordine:

Dopo il diploma sono stato selezionato per il Brasile, assieme ad alcuni dei miei compagni storici.
Kageyama, il quale con molta difficoltà si è ripreso dal suo incidente, aveva ripreso a giocare e inutile dirlo, era comunque maledettamente bravo.
Non aveva perso il suo tocco.
Non aveva perso la sua eleganza ed il suo genio.

Non fu facile per lui, recuperare la forma di un tempo.
Lui era morto.
Era morto sul serio, per circa 48 secondi, prima che i medici riuscissero a rianimarlo e stabilizzarlo. 

Io lo aspettai, ogni giorno, con il cuore in gola.
Sapevo che era troppo testardo per morire.
Avrà avuto sicuramente qualcosa da ridire, che tempo 48 secondi e lo hanno rimandato indietro.

Sapevo che avrebbe tenuto fede alla nostra promessa e che sarebbe ritornato.

Fui sollevato ovviamente, il giorno in cui lo vidi varcare la soglia della palestra.
Fui enormemente sollevato quando lo vidi tornare a giocare al mio fianco.
E fui grato, alla vita e alla morte, per avermelo restituito.

Per lui arrivò una proposta dalla Germania, che io gli imposi di accettare, con la promessa che un giorno ci saremmo incontrati dall'altra parte della rete.
Lui mi disse:

" Spero che sarai pronto quel giorno, perché poi non ti lascerò più andare via."

Ci tenevamo in contatto per telefono, nonostante la differenza di fuso orario.
Per quel poco che era possibile.
Ogni volta che sentivo la sua voce, mi sembrava di averlo vicino a me, di poterlo stringere se solo mi allungassi un po'.

Anche se, quella distanza, pesava sul mio cuore.

Ci separammo per più di un anno intero.
Un anno in cui io non smisi un secondo di amarlo con tutto me stesso.
Molto spesso mi fermavo a pensare, chissà se nel suo cuore c'è ancora posto per me.
Mi soffermavo a chiedermi, chissà se si è dimenticato di me o se ancora, prova quello che provo io.

È rimasto nella mia testa e nel mio cuore per tutto quel tempo.

È stato il primo uomo che io abbia mai amato, nonché l'unico.
Il primo che mi abbia fatto capire chi fossi davvero, il primo che riuscì a tirare fuori da me il meglio, come anche il peggio.
Con lui ho imparato ad odiare.
Con lui ho imparato ad amare.

Nelle mie nottate insonni non facevo altro che rivivere, ad occhi aperti, gli anni del liceo.
Ripensando a come furono travolgenti e meschini, ma anche bellissimi ed indelebili.
Pensavo alla sua figura, ancora da ragazzino, che entrava ed usciva dalla palestra, che con sguardo severo mi rimproverava o che, con mano gentili mi abbracciava a se.

Ripensavo a quando eravamo giovani e non sapevamo nulla dell'amore.
Ripensavo a quando restò lontano da me, per guarire, per un periodo di tempo così lungo da avermi prosciugato di ogni forza vitale.

Ripensavo a quei momenti, con una nostalgia opprimente sul cuore.

Quel ragazzino non c'era più.
Non era più al mio fianco e mi mancava ogni giorno, sempre con più ostinazione.
Cercavo il suo viso in quello di ogni alzatore, cercavo il suono della sua voce, nelle corde vocali di chiunque.
Ma nessuno era lui.

I miei compagni mi dicevano di dimenticare e di andare avanti; ma io non avrei mai potuto voltare le spalle a colui che deteneva il mio cuore.
Io sapevo che sarebbe tornato.

Ed eccoci poi, finalmente in campo, l'uno contro l'altro.
Questa volta era lui e nessun altro.

Era volato fino al Brasile, nella sua divisa bianca, stava dall'altro lato della rete e sorrideva.
Sorrideva come non aveva mai fatto.
Sorrideva con tutto il suo corpo e mi abbagliava, della luce che era in grado di sprigionare.

La mia squadra vinse quella partita al terzo set, con un punteggio di 36-38.
Non persi tempo nei festeggiamenti a cui eravamo consueti abbandonarci, io corsi, fuori dallo stabilimento che ci aveva ospitati.

E lui era lì, in mia attesa.

Era diventato un uomo, non era più il bambino di un tempo.
Era cresciuto: era diventato ancora più alto, aveva le spalle larghe, un corpo statuario e virile. Portava i capelli leggermente più lunghi di quelli che io ricordassi.
Il suo viso non aveva più la sua solita espressione corrucciata, era maturo e consapevole.
Un accenno di barba compariva anche sul suo viso.

I suoi occhi chiari non erano più spenti e persi in se stessi.
Erano vivi e brillavano.
Sembravano la Luna.

Il ragazzino che mi aveva fatto conoscere l'amore era divenuto un uomo, che vedendomi arrivare iniziò a sogghignare.

"Hai perso, stasera."

Gli dissi, assaporando ogni dettaglio di lui con gli occhi.
Mi era mancato così tanto che credevo che sarebbe svanito da un momento all'altro.

"Ma io ho vinto, Shoyo."

Mi disse, mentre estraeva dalla tasca della sua tuta, una piccola scatoletta scura.
Si avvicinò a me e mi lasciò un tiepido bacio sulla fronte.
Il suo profumo era esattamente come lo ricordavo.
Una ventata di quell'odore che ti riporta indietro nel tempo.

Ed io lo vidi, come se fosse ancora il ragazzino del liceo, mentre si inginocchiava davanti a me.
Lo vidi, come faticava a sostenere il mio sguardo, impacciato come un tempo.

Il suo corpo poteva essere cambiato sotto il passare del tempo, ma il suo cuore era rimasto esattamente lo stesso.

Ed io non realizzai subito quello che stava cercando di dirmi poiché credevo semplicemente che fosse un sogno.
Tremante dissi di sì.
Dissi che per lui, nonostante tutto quel tempo, la risposta era sempre stata sì.

L'abbraccio che ci ricongiunse, dopo un anno di separazione fu come se fosse il primo.
Indissolubile mi legò ancora di più a lui.

Non era più un bambino e neanche io lo ero più.
Sapevo che cosa significasse quel gesto, sapevo che cosa significasse lui per me.

Restò con me in Brasile, in attesa di ottenere il visto per poter rientrare in Giappone, dove assieme, siamo stati selezionati per rappresentare la nazione alle Olimpiadi.

Ci puoi credere papà?

A breve mi sposo, con l'uomo che ho sempre amato e tra poco sarò in campo con lui, sul palcoscenico più grande di tutti: uno a livello mondiale.

Non sono più un bambino, papà, ma nonostante tutto sono qui a chiederti di vegliare su di me, ancora una volta.
Perché per quanto possa essere temprato il mio spirito e possa essere cambiato il mio aspetto, continuo ad avere paura dell'ignoto.
Anche se, adesso so, che a guardare all'orizzonte non sono solo i miei occhi.

Mi alzo e afferro la mano di Kageyama.

-Credo che abbia detto di sì, Tobio.-
Lentamente, percorriamo la strada per tornare indietro.

Andiamo verso casa, dove ci sono la mamma e Natsu impazienti di passare del tempo con noi, prima però abbiamo un altro posto in cui fermarci.

Sono certo che troverò anche una torta da soffiare, ma ormai lo scorrere del tempo non mi spaventa più.

Camminiamo, mano nella mano, ridendo come se fossimo ancora quei due ragazzi; che all'uscita da scuola rubavano di nascosto, preziosi momenti per continuare a intrecciare le loro vite, già unite dal filo rosso del destino.

Spensierati, è come se fossimo tornati indietro nel tempo, ai nostri anni più felici e dolorosi, dove tutto sembrava essere un tremolante miraggio all'orizzonte.

Ripercorriamo le strade della nostra adolescenza, assieme, ridendo e perdendoci nell'immaginare come reagiranno i nostri vecchi compagni di squadra, alla notizia del nostro matrimonio.

Rivederli tutti, a distanza di anni, mi mette un insolito buonumore, assieme ad un pizzico di ansia:
Non posso fare a meno di chiedermi come siano cambiati, loro, in tutto questo tempo.

Credevo che i due ragazzi, che si sono innamorati percorrendo queste strade, non ci fossero più.
Credevo che quegli anni ormai fossero lontani alle nostre spalle.

Ed invece mi sorprendo a rivederli, correre all'ultimo fiato l'uno contro l'altro.
Posso risentire le loro voci infastidite mentre si danno contro per il più futile dei motivi.

Li vedo svoltare l'angolo con circospezione e poi scambiarsi un timido bacio sulle labbra.
Li vedo andare in bici, li vedo nel solito parchetto a palleggiare.
Li vedo rivivere una vita che mi sembrava dimenticata.

Mi sento tornare bambino, come quando non riuscivo a contenere le emozioni dentro il mio cuore; come quando non facevo altro che smaltire la mia agitazione con dei tremendi mal di pancia.

Ricordo ancora il saggio che scrivemmo al primo anno.
Quella domanda che diede origine a tutti i miei dubbi e tormenti:

"Che cos'è l'amore?"

Una domanda come un'altra, che richiedeva una risposta più o meno personale.
Quel giorno posai i miei occhi su di te in modo differente.
Indugiai con il cuore sulla tua figura, facendo smuovere qualcosa che alla fine sarebbe esploso, come un vulcano, distruggendo tutto quello che avrebbe incontrato sul suo cammino.

Ho ancora impresso nella memoria, il tuo capo chino sul banco mentre scrivevi un qualcosa.

Ci misi un bel po' a trovare la risposta.

Adesso ti guardo e penso:

" È questo, dunque, l'amore?"

Ancora una volta, con te, la risposta non può che essere si.

Ne abbiamo fatta di strada, assieme, per arrivare fino ad oggi.
A volte sembrava una discesa rapida e divertente altre volte, sembrava una salita ripida e tortuosa.

Non riesco a trattenere un bagliore di commozione nei miei occhi.
Kageyama se ne accorge e, sereno, solleva le nostre mani, ancora intrecciate ponendo anche la sua sinistra sopra; lascia un piccolo bacio sul dorso della mia mano.

Le nostre fedi risplendono, illuminate da una goccia di sole, che nel suo viaggio attraverso l'universo, si posa leggiadra sulle nostre mani unite, da oggi e per sempre.







—SPAZIO AUTORE—


Eccomi qua, nel mio secondo ed ultimo spazio dell'autore.

La storia si conclude così nella mia disperazione più totale: che cosa farò adesso?
Ci ho messo davvero tutta me stessa nel scriverla, nonostante sia la mia prima FF e sia senza dubbio piena di errori.
Sicuramente ci sono tante cose che avrei potuto sviluppare meglio.

Ci tenevo a sottolineare alcuni temi, nonostante sia una storia di mia invenzione, quali:
L'importanza dei sentimenti, il rispetto di questi e l'incertezza nel riscoprire una sessualità differente.
La dura realtà dei nostri giorni, ovvero l'omofobia.
L'importanza di avere una spalla amica su cui contare e piangere.
Sentimenti come ansia, depressione ed angoscia, ma anche amore, spensieratezza e coraggio, da trovare sempre prima dentro noi stessi e poi dentro gli altri.

E ancora di quanto sia dolorosa una separazione e di quando sia dolce, il ricongiungersi.
Il concetto del tempo: questa corrente in cui siamo immersi che ci scorre attorno, ma che non ci permette di prevederne il flusso.
A volte è tanto e magnanimo, a volte è estremamente poco e tiranno.

Non so se sono riuscita nel mio intendo ma eccoci qua, alla fine di questo viaggio in cui tantissimi di voi mi hanno  accompagnato e sostenuto.

Ci tengo tantissimo a ringraziarvi per ogni singolo commento, ogni singola stellina e ogni singola lettura.
Grazie per avermi trasmesso i vostri pensieri mano mano che la storia si sviluppava e grazie, per averla letta ugualmente in silenzio.

Vi confesso che la scelta del finale non è stata per nulla semplice poiché ne avevo scritti due molto differenti tra loro.
Non so se questa sia la scelta giusta per i molti, ma questa era la storia come l'avevo immaginata all'inizio e ci tenevo a portarvela così com'era in principio.

Spero vi abbia emozionato/ divertito o qualsiasi altro sentimento abbiate provato!
Spero sia stata piacevole da leggere come lo è stato per me scriverla.

Grazie davvero a tutti 💙💙💙💙💙

Vorrei lasciare questo spazio ai commenti, qualora qualcuno di voi voglia farlo, in generale sulla storia.
Finalmente possiamo avere uno scambio di opinioni senza incorrere in spoiler.
Finalmente posso rispondere con la mia sincera opinione senza dover rimandare al capitolo successivo!

Vi ringrazio ancora e spero di ritrovarci, nelle vostre o nelle mie future storie.

Lavienne 💙

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