Parte 29
IL MATTINO SEGUENTE.
Hinata's POV
Continuo a rigirarmi nel letto senza prendere pace.
Non riesco a trovare una posizione comoda, nonostante sono disteso tra le tue braccia.
Sono sveglio, senza la forza di riuscire ad alzarmi dal letto.
Mi sento sfinito eppure non riesco a conciliare il sonno.
I miei occhi sono arrossati e gonfi, la testa mi martella terribilmente sulle tempie.
Non sono riuscito a chiudere occhio questa notte.
Non dopo quello che hai detto.
Non saprei descrivere come mi sento dentro.
Un misto tra delusione e tristezza con profonda gioia e paura.
Mi sento impazzire.
Non riesco a levarmi questa sensazione di dosso che mi opprime sul petto.
Ieri sera mi hai mentito.
È stata la prima volta che, pur guardandomi negli occhi sei riuscito a non dirmi la verità.
Perché?
Non riesco a trovare una risposta.
Non ho idea di dove tu sia stato, non ho neanche intenzione di chiedertelo.
"Era così difficile essere sinceri?
Ti ho davvero messo nella condizione di non poterti fidare di me?"
Sei tornato ubriaco.
Devo trovare un modo per accertarmi che davvero ieri sera hai disobbedito a tua madre, e in quel caso, trovare una soluzione che non preveda la tua chiusura in un riformatorio.
Devo trovare una scusa buona abbastanza da non farti finire in guai troppo grossi.
Non ho davvero idea da dove iniziare e soprattutto non ho davvero idea di come farlo.
Sono certo che non fossi lucido... ma arrivare ad insultarla per telefono...
Questa faccenda non finirà per nulla bene.
Come se non bastasse, mentre cercavo con tutte le mie forze di restare calmo per tranquillizzarti... tu hai detto di amarmi.
Vorrei poter dimenticare quelle parole.
Vorrei poter dire che erano solo frutto dell'eccesso alcolico.
Mi rigiro nuovamente nel letto.
Le tue braccia inermi sono ancora su di me, mi tengono stretto vicino al tuo corpo.
Ti osservo.
Dormi beatamente, non sembri preoccuparti di quello che è successo ieri.
Ignaro di tutto, stai riposando per riprendere le forze.
Il tuo petto si alza e abbassa ritmicamente, piano.
Questa mattina ha ripreso a piovere.
"Almeno la mia vicina di casa non troverà il tuo vomito nel suo vialetto d'ingresso."
Lentamente scosto il tuo braccio per alzarmi.
Non ha senso restare a letto in questo modo.
Per non farti mugugnare troppo, ti infilo un cuscino tra le braccia, così che possa sostituirmi.
Nel tuo mondo onirico, non ti accorgi di questo scambio.
Mi sento un relitto.
Sento la chiave scattare nella toppa della serratura.
Mi avvio all'ingresso, la mamma sta rientrando, questo implica che sono già le 8:30 del mattino.
-Tesoro buongiorno, ti ho svegliato?- dice a bassa voce mentre si toglie le scarpe.
-No mamma, tranquilla. Ero già sveglio.-
Prendo le sue borse e l'accompagno in camera sua, dove Natsu dorme tranquilla nel letto.
-Hai fatto già colazione?- mi chiede, mentre inizia a togliersi la divisa da lavoro, restando in abiti informali.
-No... sto andando adesso. Kageyama sta ancora dormendo.-
Seguo la mamma andare a lavarsi mani e viso in bagno, aspettando fuori dalla porta che si metta comoda per andare a dormire.
-Tutto bene, Shoyo?- chiede piano.
"No, per nulla tutto bene. Mi sento malissimo perché ieri Kageyama ha mentito su dove è stato. È tornato ubriaco, ha fatto un casino con i suoi genitori e forse per questo oggi è l'ultimo giorno in cui potrò vederlo. Ed in più ha detto di amarmi cosa che, appena aprirà gli occhi, avrà dimenticato di aver detto."
-Si mamma, sono solo stanco.- sorrido, voltandomi per non farle vedere che sono sul punto di piangere.
- Saluta Tobio da parte mia, digli che ci vediamo per pranzo. Non farlo andare via prima, ok?- dice, infilandosi nel letto insieme a Natsu.
-Certo, buon riposo.-
Mi chiudo la porta della sua camera alle spalle, sospirando.
"Sei un'idiota Kageyama.
Sei un tremendo idiota."
Vado in cucina per preparare qualcosa da mangiare.
Consumo una rapida colazione a base di riso, verdure e uova sode.
Riscaldo anche la zuppa di miso di ieri sera e ne prendo una sola tazza.
Da quando Kageyama ogni tanto passa a salutarmi a casa, di nascosto dalla sua famiglia, mia madre non fa mai mancare in frigo yogurt e bevande al latte.
Per farlo riprendere dopo la sbornia di ieri, gli preparo una colazione ben assortita: a base di yogurt, frutta di ogni tipo ed un cappuccino più zuccherato del normale, che preparerò una volta che sarai in piedi.
Guardo l'orologio in cucina: sono le 9:15
Resto fermo, seduto al tavolo della cucina a guardarmi le mani.
"Pensa Shoyo... pensa."
Lentamente prendo il tuo cellulare dall'ingresso, mettendolo sotto carica.
Non voglio spiare il tuo telefono, non voglio infrangere la tua privacy, ma devo sapere se davvero hai combinato un casino con tua madre.
Devo sapere fin dove stavi dicendo la verità ieri sera.
Il telefono si accende dopo qualche secondo, segnalando di trovarsi in carica.
Faccio per aprirlo ma è protetto da un codice.
"Merda Kageyama."
Provo con la tua data di nascita, ma il telefono non si sblocca.
2 tentativi rimasti.
Il panico più totale inizia ad impossessarsi di me.
Non ho la più pallida idea di che codice tu possa utilizzare per il tuo telefono ed il tempo stringe.
Una volta che ai tuoi genitori arriverà l'avviso che il tuo telefono adesso è raggiungibile non ci metteranno molto a rintracciarti.
Posso anche vedere il simbolo del GPS attivo sul tuo telefono.
Mi sento il cuore in gola, spingere per uscirmi dalla bocca da un momento all'altro.
Con mani tremanti lo spengo nuovamente.
Spero davvero con tutto me stesso che non siano già sulla strada di casa mia.
Mi alzo dal tavolo ancora una volta per andare a recuperare il mio telefono in camera da letto.
Tu sei ancora beato e sereno nel mondo dei sogni.
Ti invidio un po', io sono qui ad arrovellarmi il cervello e tu dormi i tuoi sonni più tranquilli.
È domenica mattina, non posso disturbare Suga-San con una chiamata.
Provo però a mandargli un messaggio per farmi dare una mano, del resto lui è l'unico che sa di noi due.
Gli chiesi esplicitamente di non dire nulla a Daichi, nonostante mi avesse mostrato comprensione la prima volta.
Per quanto io stimi e rispetti il nostro capitano, sono certo che il suo senso del dovere per la squadra prevarrebbe, qualcosa gli confessassimo di avere una relazione.
"Perché noi ne abbiamo una, non è vero?"
Shoyo Hinata
" Hey Suga, è presto ed è domenica lo so, ma mi serve una mano."
Ripongo il telefono in tasca, in attesa che Suga risponda.
Kōshi Sugawara
" Hinata, che succede?"
Shoyo Hinata
" È difficile spiegarlo. Posso farti una chiamata?"
Neanche il tempo di attendere risposta che il mio telefono squilla.
"Suga... perdonami se ... se faccio questa cosa all'improvviso."
S:" Hinata, tranquillo, che succede?"
La sua voce risulta robotica, un rumore di sottofondo abbastanza insistente non mi permette di sentirlo chiaramente.
"Suga sei... in treno?"
S:" Si, stiamo andando dai nonni di Kumiko, approfittando della giornata libera. Ma puoi parlare, dimmi pure."
Mi porto istintivamente una mano alla bocca.
Che invidia Suga-San, che tremenda invidia ho dentro di me.
"No tranquillo... mi chiedevo solo se... Tanaka avesse le chiavi della palestra. Ma credo di sì ahahah mi sono appena ricordato. Scusa per il disturbo, volevo solo andare ad allenarmi."
S:" Hinata non se.... sto.... entr... gall..."
La telefonata si chiude.
Vorrei piangere ma non ne ho la forza.
Sono felicissimo per te, Suga-San e per Kumiko, dico davvero.
Sono felice di come l'amore vi abbia travolto e di come le vostre anime ora siano intrecciate così saldamente.
Sono contento che, in una uggiosa giornata qualunque, voi andiate a trovare i suoi nonni.
Come se fosse una cosa normale, come se fosse una cosa semplice.
Prendete un treno, perché vi amate e le vostre famiglie vi accettano, vi sostengono.
Prendere un treno senza preoccuparvi di mentire, senza farlo di nascosto, perché non dovete avere paura dei vostri sentimenti e senza avere il peso dei pregiudizi su di voi.
Voi prendete un treno e semplicemente partite.
Lo fate perché potete farlo, senza una ragione in più.
Una morsa riprende a gravarmi sul cuore.
Ho una paura tremenda di doverti dire addio Kageyama.
Ho paura che i nostri momenti, seppur rubati siano giunti al capolinea; ma più di tutto ho paura che tu possa cedere, alle loro pressioni.
Sono angosciato dal pensiero che tu possa svegliarti e renderti conto di essere stato ubriaco per tutto questo tempo e quindi, di non ricordare quel che siamo stati, anche se per poco.
Lo spavento di vederti, nuovamente con occhi distanti.
Il timore di sentirti distante anni luce da me.
Toccarti ma dovermi vergognare e scusare per averlo fatto.
Parlarti, sapendo che il tuo cuore si è nuovamente chiuso nella sua corazza di ferro.
Non posso reggere, non di nuovo.
Non ho idea di come aiutati, non posso presentarmi a casa tua e trovare una scusa valida.
Io non sono una ragazza, quella che i tuoi genitori vorrebbero disperatamente di fianco a te.
Io, per la tua famiglia, non sono nessuno.
"Perché lo hai fatto? Perchè questa serie di eventi ti hanno portato a fare una cosa del genere?"
Sono le 10:04.
La casa è immersa ancora nel silenzio, l'unico rumore è quello della pioggia che batte leggera sui vetri.
-Ehi...-
La tua voce assonnata sulla soglia della porta della cucina.
Ti stai stropicciando gli occhi e sbadigli cauto.
Il mio cuore, non appena ti vede, perde un battito.
Sono esageratamente preoccupato quanto innamorato di te, in questo istante.
" Ti prego dimmi che ti ricordi quel che è successo ieri.
Dimmi che non hai davvero insultato tua madre.
Dimmi che eri serio, quando hai detto che mi amavi."
-Ehi, vieni... ti ho preparato la colazione.-
Con mani tremanti metto a farti il cappuccino.
Tu ti accomodi, riprendendo a sbadigliare.
-Come ti senti?- chiedo, continuando a darti le spalle.
-Mh, meglio. Ho un mal di testa lancinante.-
-Quindi... te lo ricordi... che cosa è successo ieri?-
Non riesco a trattenermi dal domandartelo.
Tu fai spallucce.
-Si e no.-
-Bene... che cosa ricordi ?-
Sento il cuore in gola ed il respiro diventarmi affannoso.
-Bhe ricordo di... essere andato a cena. Ricordo di aver bevuto più di quel che potessi.-
Annuisco invitandoti a continuare.
-Ricordo di aver... di essere arrivato fin qua.-
-Ieri... hai detto alcune cose Kageyama.-
Mi accomodo vicino a te, mentre tu inizi a mangiare.
-Bhe, non ho assolutamente idea di che cosa. Spero non siano state cose brutte. In quel caso, mi dispiace, non le pensavo sul serio.-
Ecco il mio cuore che smette di battere.
L'esatto momento in cui poco prima pompava sangue furiosamente e l'attimo dopo in cui è irrimediabilmente fermo.
Spero tu non te la prenda se decido di chiamare quest'attimo, tra la vita e la morte, con il tuo nome: Kageyama.
-Tutto bene?- mi chiedi, vedendo il mio viso incupirsi.
Sospiro, scegliendo accuratamente le parole con cui iniziare.
-Dove sei stato ieri?-
Alla fine scelgo di partire proprio dal principio.
Vedo il tuo volto contrarsi un momento.
Posso riconoscere che stai per mentirmi ancora una volta.
-Te l'ho detto... a cena con...-
Alzo una mano per interromperti.
Estraggo dalla tasca lo scontrino che ieri sera era nella tasca dei tuoi pantaloni.
Lo dispiego e te lo metto sotto gli occhi.
- Tavolo 24, per due.- leggo, piantandoti i miei occhi, carichi di lacrime, dritti nei tuoi.
Tu abbassi lo sguardo.
Stai pensando davvero di mentirmi ancora o finalmente stai per dirmi la verità?
-Sono andato a cena con Oikawa, ieri sera.- dici alla fine.
"Oikawa- Senpai? Perché mai non hai potuto dirmi una cosa del genere ?!"
- Avevi davvero bisogno di mentire su questa cosa?-
Alzi le spalle, senza rispondere.
-Credevo ti avrebbe... non lo so neanche io. Essendo che anche lui è gay... non volevo che pensassi... -
-Che pensassi cosa, esattamente? Che tu avessi un appuntamento? Ma sei serio quando dici queste cose?- il mio tono si alza leggermente.
Sono così incazzato con te, Kageyama.
Mi impongo di darmi un contegno per non svegliare mia madre.
Resti in silenzio, portandoti le mani alla testa.
-Sei arrabbiato per questo allora...?-
-No, Kageyama, no! Sono arrabbiato perché mi hai mentito. Perché credevo ti fidassi di me, ma a quanto pare mi sbagliavo. Non hai neanche potuto dirmi che andavi a cena con un'altra persona.- ti rispondo.
-Non volevo che... rimanessi deluso perché con lui sono andato mentre con te no.-
Posso leggere un profondo rammarico nei tuoi occhi.
"Perché sono così maledettamente vulnerabile davanti ai tuoi dannati occhi?"
Prendo qualche secondo di pausa.
-Kageyama ... ieri hai detto di aver insultato tua madre per telefono.- ti dico alla fine, sospirando.
Il tuo viso cambia espressione: sgrani gli occhi e ti vedo impallidire.
-No io... ne sei sicuro??- sento l'agitazione nella tua voce.
-Non lo so, il tuo telefono era spento. L'ho messo da poco sotto carica.....Perché lo hai fatto?-
Chiedo rassegnato.
È la fine.
Questa è davvero la fine.
Non ti permetteranno più neanche di venire in palestra, ti trasferiranno di istituto ed io, non potrò mai più vederti.
Non potrò neanche più avvicinarmi a te.
Dovrò dimenticare il profumo del tuo corpo ed il sapore dei tuoi baci, per non impazzire del tutto.
- Io non lo so, forse l'ho chiamata per dirle... che non tornavo a casa... non riesco a ricordare che cosa io abbia detto poi.-
Se questa deve essere l'ultima volta che stiamo assieme, non voglio che sia così triste.
Non voglio ricordarla come la nostra prima ed ultima lite.
Ti prendi la testa tra le mani, scuotendola cercando di ricordare.
Mi alzo e ti vengo vicino.
- Tranquillo, qualsiasi cosa... qualsiasi reazione, io non ti lascerò da solo.-
-Non puoi farci nulla Hinata.- mi dici, alzandoti in piedi.
Hai perfettamente ragione.
Ma almeno consentimi di provarci.
Ti trattengo per la maglietta e ti costringo a voltarti verso di me.
-Almeno... se questa è l'ultima volta che possiamo stare insieme... possiamo fingere che non ci sia altro, a parte noi adesso?- la mia voce è rotta dalle lacrime, che finalmente prendono a scorrere.
Mi prendi in braccio, facendomi soffocare il pianto nel tuo collo.
Stringo le gambe attorno al tuo bacino.
Mi inebrio del tuo afrodisiaco profumo.
-Per me... ci sei sempre stato solo tu, ancor prima che ci fosse un noi. Solo che... non lo capivo.- mi sussurri dolcemente all'orecchio.
Nella posizione in cui siamo, mi dai un bacio sulle labbra, lento e molto dolce.
Mentre mi sorreggi, torni nella mia stanza da letto, chiudendoti la porta alle spalle con un piede.
Mi guardi negli occhi, mi stai nuovamente chiedendo un permesso ed un consenso.
Non hai bisogno di parlare per farmi capire che cosa mi stai dicendo.
I tuoi occhi, scintillanti, mi stanno rivolgendo una timida domanda che dalla tua bocca non riesce ad uscire.
Conosco i desideri più profondi del tuo cuore, li riesco a vedere vividi tra le mie mani.
Vedo la tua fiamma ardere più forte che mai.
Le tue iridi chiare non fanno che infiammarsi quando mi guardano in questo modo ed io, non riesco a resistere.
Mi abbandono completamente a ciò che il tuo sguardo rappresenta.
Non hai davvero capito?
Devo davvero dirtelo?
La risposta con te, è sempre stata si.
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