Misere Colpe

Quella mattina il Re spagnolo si era alzato presto sotto indicazione del futuro suocero. Doveva cercare Stefano e disturbare il suo sonno al fine di trovare uno smoking per il matrimonio, quello stesso giorno, anche Alessia sarebbe stata devota alle compere per il suo matrimonio, in fondo aveva sempre immaginato come sarebbe stato, e non avrebbe lasciato che né Sascha né il padre cambiassero una virgola di ciò che aveva in mente, e a Sascha sinceramente non importava molto.

Il corvino camminava frettolosamente fra i corridoi, il giorno prima si era dimenticato (fra te tante birre) di introdurre a Stefano la loro giornata successiva.

Si fermò davanti alla porta, sistemando il suo abito prima di bussare insistentemente. Certe volte faceva quei gesti, come fermarsi allo specchio per sistemarsi i capelli e i vestiti, e recentemente era riuscito a capire che lo faceva soltanto quando sapeva di dover approcciare Stefano. E ogni volta che ripeteva a sé stesso che era sbagliato e avrebbe dovuto smettere, il suo cervello sembrava fregarsene alla grande.

Bussò ancora, ma nessuno rispose. Giulio glielo aveva detto che avrebbe dovuto procedere alle maniere forti.

Sospirò e aprì la porta per poi catapultarsi alle finestre e aprirle.

"BUONGIORNO BUONGIORNO!"

"mhhh"

Sascha rise ai suoi versi.

"Lasciami dormire!" Il castano si rigirò nel letto e poi gli tirò un cuscino.

Sascha fu colpito in pieno, ma poi lo riprese da terra e glielo ritirò.

Nel aprire le finestre si accorse della presenza della scrivania, la quale era molto disordinata. Il corvino sbuffò e diede un occhiata a Stefano, che era completamente avvolto dalle coperte.

"Stefano, alzati!" Gli urlò mentre cercava di porre rimedio al casino del castano.

"Dopooo" gli urlò di rimando il principe.

Sascha prese le penne, le matite e gomme e le rimise all'interno del porta penne, poi chiuse il portatile e iniziò a piegare tutti i fogli per metterli nei cassetti. Nel sistemare però trovò delle lettere chiuse in delle buste. Il corvino alzò lo sguardo nuovamente verso Stefano, e visto che quest'ultimo ancora non si era deciso ad alzarsi, permise a sé stesso di placare la curiosità e prese una delle lettere in mano.

Sascha Burci
Spagna, Madrid
12 gennaio 2015

Il destinatario della lettera era proprio lui. Sascha non capiva, era confuso, perciò prese un'altra lettera: stesso destinatario, stesso indirizzo, cambiava solo la data. Una per una Sascha controllo le mille lettere stese sulla scrivania. Erano tutte dirette a lui, ma non gli erano mai arrivate.

Le date partivano da gennaio del 2015 fino alla settimana prima. Riguardando meglio, tra tutti i fogli aperti sulla scrivania, sembrava che Stefano prendesse un foglio e scrivesse, poi si pentisse di quello che avesse scritto, e ricominciasse di nuovo.

Ce n'era solo uno che sembrava essere più scritto e completo degli altri.

Sascha controllò ancora una volta che Stefano non lo stesse guardando, nonostante la confusione e la curiosità lo stessero annientando, ci teneva a non essere scoperto. Prese quel foglio in mano ed iniziò a leggerlo.

Caro Sascha, immaginavo ancora fino a questo momento di averti ma proprio oggi sei definitivamente sparito dalle mie braccia così come l'acqua fa con le mani. Proprio oggi ogni opportunità di chiamarti mio viene rotta in mille pezzi. Non riesco a capire se questo renda me un uomo senza qualcuno per cui vivere (cioè essere in difetto) oppure un uomo finalmente libero. Siedo qua da qualche ora e ancora non riesco a capire se questa libertà mi fa bene, se questa libertà io la voglio. Sono talmente abituato al dolore che mi reca non amarti che ho paura che quel dolore inizi a mancarmi. Ho paura che la mia speranza sia davvero finalmente vana.

Caro Sascha,
Vedere che questa unione non rende felice neanche te, da una parte mi reca gioia. Sapere che anche te porti rancore a questa scelta mi fa pensare che forse questa mia insana immaginazione non è andata troppo lontana.

Sopra queste ultime parole c'era una riga, probabilmente si era pentito di ciò che aveva appena scritto, e la conferma era proprio la rabbia che traspariva dalle righe dopo:

E invece si, devo smettere di credere che ci sia una possibilità per il proibito. La lontananza dalla tua persona è l'unica cosa che mi ha permesso di tenerti fuori dai miei pensieri.

Non c'è giorno in cui non ti dedichi una canzone, non c'è giorno in cui io non ti pensi.
Invadi il mio spazio e anche i miei pensieri, e io non riesco a farti smettere. Lo fai senza preavviso, e io l'unica cosa che vorrei è proprio quello. Per sapere che stai arrivando, per sapere che posso frenarti. O per far finta di poterlo fare, perché per te, i freni non esistono.

E invece al giorno d'oggi, posso dirti che i freni forse tu non li hai trovati, e allora sarò io a bloccarti la strada perché tu non possa arrivare al mio cuore.

Stefano Lepri

Sascha deglutì. Non era un segreto che fra loro due ci fosse sempre stato qualcosa. Ma non si aspettava di trovare un sacco di lettere dedicate a lui. E il fatto che queste lettere non fossero mai arrivate a confortarlo nei momenti in vui aveva bisogno di sentirlo vicino, lo stavano facendo impazzire di rabbia.

"Ok! Mi sono alzato! Dove andiamo?" chiese Stefano appena alzatosi dal letto.

"Cosa stai facendo?" gli chiese con gli occhi spalancati quando lo vide con la lettera in mano.

Sascha non smettava di fissarla, poi alzò il capo e lo girò lentamente verso il castano. Annuiva e ridacchiava nervoso.

Stefano stava iniziando ad aspettarsi il rifiuto e l'umiliazione più orribile sulla faccia della terra.

Sascha sospirò, ma era ancora arrabbiato, aveva ancora in viso quel sorriso dettato dalla furia che sentiva in tutto il corpo. Eppure non aveva un reale motivo per essere tanto arrabbiato.

Il corvino guardò nuovamente la lettera e poi si rivolse al castano.

"Quando avevi intenzione di spedirle?"

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