Full Distance
Il comandante Muller alzò un soppracciglio, turbato dalle parole del Re inglese.
"Mi dia un secondo ok? Lo raggiungerò fra poco, ho delle cose da sistemare prima di lasciare il paese."
Sascha si girò con stupevole velocità verso il castano, rivolgendogli uno sguardo terrorizzato. Si gli avvicinò con estrema cautela. "Non puoi farlo." Gli sussurrò all'orecchio.
"Ci sarei andato comunque domani... Non cambia nulla." Disse infine il castano, con un tono che non ammetteva repliche.
"Permettete?" Disse poi rivolgendosi ai militari, che erano esattamente all'entrata.
"Trattate al meglio i nostri ospiti finché non arrivo." Ordinò il castano alle cameriere.
"Stefano, non puoi lasciargli credere che possano venire qui a portarti via così."
"Non lo sto facendo."
"Ah no? Perché a me e all'intero castello sembra che tu ti sia consegnato!"
Stefano sospirò ed entrò nel salone, cercando la sorella nello sguardo.
"Stefano... Ste!" Urlava Sascha cercando di guadagnarsi la sua attenzione mentre il castano si avvicinava alla sorella.
Improvvisamente, prima di rivolgere qualsiasi parola ad Alessia, Stefano si fermò.
"Sascha sono Re ora. Decido io cosa fare, quindi ti prego di non interferire nelle mie decisioni. Se vuoi aiutarmi, rimani qui. Aiuta lei a prendersi cura di questo paese finché non torno." Disse facendo cenno alla sorella.
Sascha scosse la testa sconvolto. "Non esiste che tu te ne vada senza di me."
Questa volta voleva essere lui a trasmettere l'impossibilità di controbattere nel suo tono di voce. Ma lo vedeva negli occhi del castano, non si sarebbe fermato e avrebbe fatto di testa sua, e questa consapevolezza, aveva fatto sì che il tono di voce di Sascha tremasse.
Era a conoscenza del fatto che il castano stesse ancora processa do la morte del padre nella sua testa, quello che non sapeva era come aiutarlo. Lui c'era già passato, eppure non riusciva a pensare ad un unica soluzione. Persone differenti hanno reazioni differenti. La sua era stata la solitudine, ma ciò non vuol dire che sarebbe stata la stessa per Stefano.
Stefano rimase fermo per qualche secondo a guardarlo. Non trasmetteva più quella sicurezza che sfiorava dolcemente la pelle di Sascha. Il suo sguardo si era pietrificato su gli occhi del corvino, era rude e privo di qualsiasi sentimento. Ma se si guardava più in fondo, si riusciva a scorgere una parte di lui che voleva solo essere lasciata a sé stessa, finché non avrebbe trovato una cura per guarirsi.
"Rimani qui, aiutala." Disse. Questa volta il suo tono era più dolce, simile a quello di una supplica.
Se non fossero stati in piedi in quel salone ora, ma da soli, nascosti, Stefano lo avrebbe accarezzato e poi gli avrebbe sorriso. Forse in quel ipotetico caso sarebbe riuscito a sentirsi meglio anche solo per pochi istanti.
Era quello che rendeva Sascha diverso da gli altri. Quello che provava per lui era in grado di trasportarlo in un altro mondo per qualche momento, ma nessun altro a parte Sascha custodiva la chiave per il suo cuore, di conseguenza nessun altro sarebbe mai riuscito a vederlo così vulnerabile.
Sascha annuì, e senza dire più nulla lasciò il salone.
Sentendo la sua assenza, Stefano riusciva a percepire ogni singolo oggetto in quella stanza, ogni singolo discorso si ogni persona. Come se la sua capacità di concentrarsi su una singola cosa fosse svanita. Poi sembrò riprendersi, e si avvicinò nuovamente a sua sorella.
La prese per le spalle e l'accarezzò dolcemente. "Non procedere con il matrimonio finché non torno. Capito?" Chiese, in tono autoritario.
Lei annuì, spaventata dall'atteggiamento del fratello, che era sempre stato l'unico della famiglia a non avergli mai parlato in tono tanto severo.
Per un momento un pensiero gli attraversò la mente, facendogli pensare che avrebbe potuto comportarsi così per sempre d'ora in poi, essendo Re.
"Ti affido la reggenza del paese per casi urgenti, altrimenti qualsiasi altra cosa può aspettare il mio ritorno. Qualsiasi, intesi?"
"Qualsiasi." Confermò Alessia.
"Posso procedere con i preparativi per il matrimonio?" Chiese a bassa voce.
"Preparativi?" Improvvisamente Stefano ricordò ancora il mancato matrimonio tra lei e Sascha.
Quel ricordo sembrò renderlo ancora più triste. Un cambiamento avvenne nel suo stato d'animo, proprio come da il meteo quando le nuvole si impongono sul sole.
Sascha avrebbe dovuto sposarsi. Doveva sposarsi, e ancora nkn avevano trovato una soluzione a quello che era in realtà il problema più grande. Una soluzione semplice c'era: lasciarsi e non cercarsi mai più. Ma nessuno dei due era intenzionato a prendere quella strada. Anche perché era un vicolo cieco, sarebbero stati costretti a tornare indietro ancora l'uno dall'altro.
"Sascha sarà qui." Disse deciso il castano. "Fatti aiutare da lui." Disse infine, sorridendogli leggermente prima di allontanarsi.
"Ah!" Disse come se avesse avuto un'illuminazione. "Se vedi Riccardo, digli che se torno ed è ancora qua dubito che sarà in grado di rivedere la luce del sole." Il sorriso sul suo volto si trasformò, diventando più sinistro.
"Anzi... Il primo compito della tua reggenza sarà quello di spogliarello del suo titolo." Le ordinò, in quello che era finalmente un tono riconoscibile per la sorella.
"Farò tutto quello che vuoi." Disse Alessia convinta.
Non odiava né uno né l'altro. Li amava entrambi come si potevano amare i fratelli. Ma Stefano era il Re, e lei doveva eseguire i suoi ordini.
"Non farlo scappare." Lo sguardo che rivolse alla sorella, le fece capire che quest'ultimo punto era di fondamentale importanza.
Poi il castano lasciò la stanza per raggiungere i militari.
"Sono qui!" Disse ironico, quando uscì dal palazzo.
Muller gli fece cenno di entrare nell'auto mentre gli dava le prime avvertenze. "Sarà trattato in modo diverso da qualsiasi altro detenuto, per ovvi motivi. La Germania non vuole arrivare ad alcun processo, soppratutto considerato il fatto che lei è una persona di un certo rango. Vogliamo solo fare chiarezza, altrimenti i rapporti tra l'Inghilterra e la Germania non saranno più gli stessi." Per tutto il discorso il comandante aveva mantenuto un tono rassicurante e rispettoso, per poi terminare con quello che sembrava un tono minaccioso.
"Tutto chiaro." Rispose il castano, che prendeva il tutto alla leggera.
"Andrà tutto bene." Disse a sé stesso ad alta voce, prima che la macchina partisse.
Sascha, che rimase al castello così come Stefano gli aveva chiesto, iniziò a cercare il cognato come un animale che era appena stato liberato da anni di carcerazione.
Corse ovunque, finché non lo trovò in biblioteca, con un libro fra le mani che guardava fuori dalla finestra.
Quando lo sentì entrare, Riccardo si voltò verso il corvino, con un sorriso divertito a decorargli il volto.
"C'è molto da ridere eh?!"
Il corvino gli ribaltò il libro dalle mani e lo prese per il colletto attaccandolo al muro.
"Se succede qualcosa a Stefano, ricorda che io sono ancora qua. Sono ancora un sovrano, e troverò qualsiasi motivo per rovinarti la vita. È sai qual è la cosa più divertente? Non ci sarà nessuno a fermarmi."
Da quel punto di vista Stefano e Sascha erano la stessa persona: quando la rabbia si faceva strada nel loro corpo, ne prendeva il possesso.
"Io non ho fatto nulla.." Disse Riccardo, mentre cercava di respirare.
"Non è a me che lo devi dimostrare. Se quando mando i documenti a Stefano in Germania non ti sei ancora consegnato, farò in modo che la tua esperienza in prigione sia persino peggiore." Gli sussurrò, prima di lasciarlo cadere a terra.
Ora era lui a mantenere saldo sul viso un sorriso divertito.
Sascha si girò ed uscì dalla biblioteca mentre digita a un numero sul telefono per poi portarlo all'orecchio:
"Giuseppe? Si sono io. Avrei bisogno di te."
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