CAPITOLO 32
MATT
Non sento Alissa da ieri sera, quando se ne è andata con Liam dal matrimonio di Brianna. Le ho mandato ben sedici messaggi – sì, li ho contati – e ho provato a chiamarla sette volte, ma nessuna maledetta risposta. Inutile specificare il mio terrore nel piombare a casa sua, nella sua camera, e beccarla ancora nel letto insieme a Dottor Biondo. E, Dio, la voglia di andare a casa sua per verificare subito e togliermi ogni dubbio mi sta letteralmente uccidendo, ma non posso. Ho una fottuta riunione al lavoro alla quale non posso assolutamente mancare, a meno di non voler essere licenziato. E me ne fregherei anche di quello, se solo non sapessi che Alissa non mi perdonerebbe mai se perdessi il lavoro solo per la mia "gelosia ossessiva". Così la chiamano tutti, inclusa lei. Ma la mia non è una gelosia ossessiva, cazzo, è... che cazzo ne so io di che cos'è? Sta di fatto che mi sembra assolutamente normale che un uomo sia preoccupato per la propria donna, quando se ne va in giro di notte con il suo ex. Soprattutto se questo è un tipo a cui tutte sbavano dietro, fa il medico e ha due fottuti occhi azzurri abbinati perfettamente a dei capelli biondi. Bleah. Un cazzo di cliché vivente, ecco come lo chiamo io, invece.
Stringo il nodo della cravatta nera attorno al colletto della camicia bianca, perché sì, non solo la riunione è obbligatoria per me, ma sono anche costretto a vestirmi elegante, a causa di tutti i pezzi grossi dell'azienda che parteciperanno. La giornata sarebbe potuta iniziare in maniera peggiore? Direi di no. Fanculo.
«Siri, chiama "La stronza".» Ordino al mio Iphone, che subito esegue facendo partire la chiamata al telefono di Alissa. Avrei voluto cambiare il nome con cui l'ho memorizzata sulla rubrica dal momento in cui ci siamo riavvicinati, ma dopo ieri sera ho deciso che la lascerò così a vita.
Gli squilli della chiamata si susseguono uno dietro l'altro, ma la sua voce che risponde con un delicato "Pronto" non arriva nemmeno questa volta. Al suo posto, parte la segreteria e io vorrei uccidere quella cazzo di voce metallica che mi chiede di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico. Chiudo la chiamata e vado in bagno per sistemare i capelli, poi torno in camera, mi infilo la giacca nera ed esco dalla stanza per dirigermi in cucina. Come tutte le mattine, Alex è seduta a far colazione sullo sgabello di fronte la penisola centrale.
«Buongiorno.» Borbotto, versandomi il caffè nella tazza. Lei, ovviamente, non mi risponde, essendo ancora arrabbiata con me per quello che è successo al matrimonio. Non la biasimo, certo, ma io lei non stiamo insieme e non lo siamo mai stati. Cioè, non come coppia, almeno. In tutti i casi, non ha nessun diritto di farmi queste sceneggiate, perché non le ho mai promesso nulla di diverso da quello che le ho sempre dato. Il mio supporto. E basta.
Infatti, dovrei essere io quello arrabbiato tra i due, dopo tutti gli insulti che mi ha sputato contro quando sono andato a parlarle. Non me ne ha risparmiato nemmeno uno. Stronzo, bastardo, maledetto bastardo, egoista di merda, morto di figa e molti altri che nemmeno ricordo. Ma no, non sono incazzato, non per questo e non con lei, per lo meno. E questo perché, al contrario di quanto possano dire di me, sono una persona benevola e poco rancorosa, quando voglio.
«Io ce la sto mettendo tutta, Matt.» Alex interrompe i miei pensieri e mi stupisce rivolgendomi la parola. Ma avrei tanto voluto che continuasse con il suo voto del silenzio, perché questo sembra essere proprio l'inizio di una discussione che non ho assolutamente voglia di affrontare.
«Anch'io, Alex.» Mi volto ad affrontarla, appoggiandomi con il fondoschiena al bancone della cucina. Stringo tra le dita la mia tazza di caffè e socchiudo gli occhi cercando di capire dove voglia andare a parare dicendomi questo. Mi sto impegnando, cazzo, sto facendo tutto quello che un padre avrebbe fatto per la sua famiglia. Cosa vuole di più da me?
«Davvero?» Si alza e si pianta di fronte a me con i pugni chiusi al livello dei fianchi.
«Vorresti insinuare il contrario?» Alzo un sopracciglio, incredulo.
«Una scappatella nel bel mezzo di un matrimonio a cui sei venuto con me, è impegnarsi, secondo te?» Una scappatella? Non ne ha nemmeno idea. «Se tu hai veramente intenzione di impegnarti a fondo in questa storia, non c'è spazio per lei.» I miei muscoli si irrigidiscono, in allerta.
«Non sei tu a stabilirlo.» Ribatto, duro. Chi cazzo è lei per dirmi per chi c'è spazio o meno nella mia vita? Posso essere un buon padre e anche un buon fidanzato per Alissa. Dopotutto, entrambe le cose sono legate da un unico sentimento. L'amore. Quello irrazionale e prepotente. Quello che ti consuma e ti rende felice.
«Mi fa male, Matt! Mi fa male vedere come la guardi, come le parli, come la difendi, come la desideri. Cazzo, io merito tutto questo, non lei. Lei non ha fatto niente per meritarselo. Ti ha lasciato e tu le corri ancora dietro. Io sono rimasta qui, con te, ti ho aiutato, ti ho sostenuto, ti ho amato. E senza ricevere mai nulla in cambio. Come dovrei sentirmi secondo te?» Urla e poi scoppia a piangere.
«Mi ha lasciato perché tu le hai imposto di scegliere!» Sbatto la tazza sul bancone della cucina, senza lasciarmi intenerire dalle sue lacrime.
«E lei non ha scelto te! Ha scelto me, la nostra amicizia.» Ribatte, continuando ad alzare la voce.
«Certo, perché lei ti vuole bene, cazzo! Perché lei, al contrario di te, vuole il meglio per la sua migliore amica. Mentre tu non hai fatto altro che allontanarci, hai calpestato i nostri sentimenti solo per raggiungere i tuoi scopi. Te ne sei fregata di tutti, pensando solo alla tua felicità. Dimmi, Alex, hai mai chiesto ad Alissa come stesse, eh? Come ha passato gli ultimi tre mesi grazie a te? Scommetto di no. Anzi, piuttosto hai preferito raccontargli di noi, portandola a credere qualcosa che non è mai esistito tra me e te. E tutto questo per assicurarti che lei rimanesse lontana da me. Beh, ti do una spiacevole notizia, il tuo subdolo piano non ha funzionato. Non è una fottuta scappatella, come la chiami tu. Io sono innamorato di lei. Così tanto da esserne ossessionato, non lo capisci? Posso prendermi le mie responsabilità come padre, ma non posso smettere di amarla e, soprattutto, non posso più lasciarla andare via da me.» Continua a piangere, mentre scuote la testa come se le mie parole fossero troppo difficili da digerire e non volesse crederci. Ma è l'unica verità e ho cercato in tutti i modi di fargliela capire, ma non ha voluto.
«Vaffanculo!» Mi grida in faccia, prima di andare a rinchiudersi nella sua stanza. Controllo l'orologio al polso, rendendomi conto di essere già parecchio in ritardo sulla tabella di marcia. Non vorrei lasciare Alex da sola in queste condizioni, ma, non avendo altra scelta, mi infilo il cappotto e mi chiudo la porta di casa alle spalle. Le parlerò dopo il lavoro. Forse sono stato un po' troppo duro, ma qualcuno doveva pur aprirle gli occhi su quello che stava facendo e che ha fatto a me e alla sua migliore amica.
Durante tutta la mattinata, non ho fatto altro che controllare l'orologio e contare i secondi rimanenti alla fine della mia fottutissima e inutile riunione e, non appena ci hanno lasciati liberi, ho abbandonato il posto di lavoro e mi sono diretto in ospedale da Alissa.
«Dov'è?» Entro in sala infermieri, dove trovo Ben, colui che mi ha informato su dove trovarla, indaffarato con il computer. Distoglie lo sguardo dallo schermo e alza gli occhi al cielo, appena si rende conto che sono io.
«Ciao anche a te, ragazzo arrogante e prepotente.» Si lascia andare contro lo schienale della sedia girevole e si dondola a destra e a sinistra mentre continua a guardarmi compiaciuto.
«Ciao.» Rispondo sbrigativo. «Dov'è?»
«Come sei riuscito a entrare qui?» Mi scruta attentamente con gli occhi socchiusi, improvvisamente confuso.
«Non ha importanza. Allora, dov'è?»
«Sai, forse dovresti cominciare a essere un po' più gentile con me, dati tutti i favori che mi chiedi.» Sbuffo spazientito e faccio un passo avanti, verso la scrivania. Sfoggio la mia migliore espressione minacciosa, mentre continuo ad andargli incontro. Ben si irrigidisce e si raddrizza sulla sedia.
«Ma questo che vedi è il Matt gentile. Al massimo, posso farti conoscere quello che non lo è.» Mi fermo e mi infilo le mani nelle tasche, in attesa.
«E va bene, te lo dico solo perché in quello smoking e con quell'espressione sei talmente sexy che i miei ormoni stanno scoppiando.» Si lascia sfuggire un sospiro sognante. «Stanza sette. Ma non puoi andare, devi...» Non lo lascio nemmeno finire la frase, mi volto e torno in corridoio diretto alla stanza sette. Me ne frego dei divieti di questo cazzo di ospedale. Devo vederla e lei deve avere le palle di dirmi che sta per sparire di nuovo, perché tra noi è tutto troppo sbagliato e complicato.
Mi precipito alla stanza sette, ignorando Ben che continua a seguirmi urlandomi alle spalle di non poter entrare e di aspettare che finisca.
«Allora, qual è la scusa, stavolta?» Sbraito, entrando nella camera. Alissa sobbalza e si volta a guardarmi, con gli occhi spalancati e un ago in mano.
«Matt!» Si porta una mano al cuore e le sue guance si colorano intensamente di rosso. «Che ci fai qui?» Che ci faccio qui? Dice sul serio?
«Mi prendi in giro?» Sbotto, e si volta a guardare le sue pazienti, imbarazzata. C'è una ragazza sul letto proprio accanto a lei, con le coperte che la coprono fino alla vita e al braccio legato il laccio emostatico. Nel letto di fronte, c'è una signora più anziana, di mezza che mi guarda con un sopracciglio alzato e anche piuttosto divertita. Beh, non c'è proprio un cazzo da ridere. Ignoro entrambe, soprattutto lo sguardo allibito della più giovane, e ritorno a guardare Alissa. «Non mi rispondi da ieri sera, cazzo. Quindi, mi stai mollando di nuovo?»
«Santo cielo, no!» Si affretta a rispondere Alissa, ma non mi dà ulteriori spiegazioni. «Possiamo parlarne più tardi? Sto lavorando, Matt.»
«Chi è questo bellissimo giovanotto, tesoro?» Domanda la signora dall'altro lato della stanza.
«Lui... lui è Matt. Matt, lei è Janette.»
«Tanto piacere Janette.» Sorrido alla signora, poi torno a fulminare Alissa, che si è voltata verso la ragazza più giovane per slacciare il laccio emostatico, probabilmente per evitare che la mia intrusione le provochi una gangrena. Poi butta la farfallina per il prelievo in una specie di ciotola a forma di fagiolo e posa di nuovo gli occhi su di me.
«Matt, puoi aspettarmi di fuori? Sto lavorando.» Alissa mi viene incontro, indispettita, e mi mette una mano sul petto per spingermi fuori.
«Non mi muovo fino a quando non mi dici che cazzo sta succedendo.» Pianto i piedi sul pavimento e la prego con gli occhi di dirmi qualcosa.
«Avanti, tesoro, non tenerlo sulle spine.» Si intromette Janette. «Fate come se io e Raven non ci fossimo.» L'altra ragazza, Raven suppongo, annuisce. L'espressione stupita che aveva prima ha lasciato il posto a una di pura curiosità. Deduco che entrambe, essendo rinchiuse qui dentro, siano a corto di pettegolezzi e credo proprio di aver dato loro un bel passatempo.
«Ascolta, devo fare un prelievo urgente per Raven, perché deve operarsi. Perché, sai, siamo in un ospedale – in caso non te ne fossi accorto. Puoi aspettare cinque minuti, senza fare il bambino?» Sto per sospirare e andarmene, quando Raven, la ragazza più giovane, prende parola.
«Non è un problema se lui rimane. Puoi farmi il prelievo e, nel frattempo, parlare con lui. Sembra che anche lui abbia una certa urgenza di sapere qualcosa.» Gli sorrido, perché è appena diventata la mia alleata sconosciuta preferita, insieme a Janette. Sono consapevole che vogliano solo qualcosa su cui spettegolare, ma io ho bisogno di risposte e, se posso fare anche un'opera di bene con il mio teatrino, ben venga.
«Avanti, tesoro, questo bel ragazzo è innamorato di te.» Insiste Janette, che ha appena perso dieci punti.
«Oh mio Dio.» Borbotta a bassa voce Alissa, coprendosi il viso completamente rosso con le mani. «Va bene, resta, ma mettiti in angolo e fai silenzio.»
«Abbiamo appena stabilito che avremmo parlato, in realtà.» Ribatto e lei mi fulmina con lo sguardo. «Okay, okay!» Mi arrendo e mi sistemo in un angolino.
«Mi farai licenziare.» Sbuffa, esasperata, tornando verso Raven, la sua paziente.
«Allora, giovanotto, perché sei così arrabbiato?» Mi domanda Janette. Alissa alza gli occhi al cielo, mentre apre una nuova farfallina per il prelievo.
«Volete la versione breve o quella lunga, decisamente lunga?» Alterno gli occhi tra Janette e Raven, in attesa del verdetto.
«Quella breve.» Risponde Alissa, furiosa.
«Vada per quella lunga allora. Quella breve mi farebbe passare per un pazzo maniaco.» Stabilisco, e le altre due approvano accennando un "sì" con la testa. Sorridono e sembrano impazienti di conoscere tutta la storia. Alissa, d'altra parte, sembra che abbia proprio voglia di infilzarmi l'ago che tiene in mano in un occhio. Ma si limita ad allacciare di nuovo il laccio emostatico alla ragazza e a disinfettare la zona interessata. «Alissa mi ha lasciato, due volte. E circa una settimana fa è tornata da me, dopo tre mesi di totale silenzio. Ha detto che mi ama, che non può vivere senza di me, che sono la sua vita...»
«Non... ho detto esattamente queste parole.» Si lamenta, inserendo l'ago nel braccio di Raven che, talmente concentrata sulla nostra discussione, nemmeno se ne accorge. La mia fantasia sta già volando, nel vedere Alissa al lavoro, con la sua divisa e il solito stetoscopio nero che le spunta dalla tasca. Non immagina nemmeno quello che le farei, se fossimo soli in questo momento.
«Il senso era quello. Ma comunque, signore, io l'ho quasi perdonata. Quasi. Non ancora del tutto.»
«Oh, ma grazie. Ti faranno Santo per questo. Dopotutto, ti ho solo lasciato perché hai messo incinta la mia migliore amica!» Sbotta Alissa, sostituendo la provetta piena con una vuota.
«Oh, non si fa.» Mi rimprovera Janette.
«Allora, sei il solito stronzo! L'avevo capito subito, appena sei entrato.» Mi insulta Raven, con aria di sufficienza.
«È successo prima che io e lei ci mettessimo insieme, quindi no, non sono uno stronzo, per tua informazione.» Le punto l'indice contro. «Ed è successo perché Alissa sbavava dietro al suo dottorino biondo e perfetto.»
«Il dottor Wyatt?» Mi domanda la più giovane.
«Proprio lui.»
«Ah, avevo notato che ti guardava in un certo modo, infatti.» Raven conferma i miei dubbi. Quello stronzo è ancora innamorato della mia ragazza e io non avrò pace fino a che non l'avrò sotterrato. Sì, è un provvedimento un po' drastico, ma comunque necessario.
«Non mi guarda in nessun modo.» Ribatte Alissa con tranquillità, sfilando l'ago dal braccio della sua paziente e sostituendolo con una garza che fissa con un cerotto.
«Oh, sì, invece. E qui, arriviamo al fulcro della situazione. La mia ragazza...» Alissa sussulta a quelle parole e io insieme a lei. Cazzo, Matt, le parole. «si è presentata con lui a un matrimonio, poi se ne è andata, sempre insieme a lui ovviamente, e non mi risponde al telefono da quel momento.» Punto gli occhi in quelli di Alissa, che ora è immobile, con un'espressione triste sul bellissimo viso. «È sparita, di nuovo. Mi sta facendo impazzire, di nuovo. Mi sta facendo del male, di nuovo. Non mi parla, di nuovo. Mi sta allontanando da lei, di nuovo. Ha paura, di nuovo. E anche io, cazzo, di nuovo.» Faccio una pausa, sentendo addosso gli sguardi di Janette e Reven. «Quindi, sono qui, di nuovo, a chiederti che sta succedendo? Ti eri convinta che fosse giusto, stavolta. Tu... eri convinta.» Abbasso gli occhi, perché non voglio che percepisca che il peso sul petto che sento ormai da mesi mi sta uccidendo.
«Mio Dio, Matt.» Sussurra Alissa, attirando ancora una volta i miei occhi su di lei. Butta tutto l'occorrente usato all'interno del contenitore a forma di fagiolo, poi si toglie i guanti bianchi in lattice, se li infila in tasca e viene verso di me. «Sono convinta, Matt. Non è successo niente di quello che pensi tu. È una stupidaggine, in realtà. Io ti amo e non voglio più allontanarmi da te. Te lo giuro.» Butto fuori un bel po' d'aria, rilassando le spalle. Alissa mi prende il viso tra le mani e mi bacia dolcemente le labbra, poi si allontana subito, ricordandosi dove si trova e che abbiamo un cazzo di pubblico.
«Ma siete così carini!» Commenta Janette.
«Sì, forse non sei proprio così stronzo.» Mi grazia anche Raven, ma ora vorrei solo rimanere da solo con Alissa.
«Okay, beh, direi che lo spettacolo può finire.» Alissa torna al letto di Raven e raccoglie tutto quanto.
«Il mio turno è quasi finito, ci vediamo domani, ragazze.» Saluta entrambe le sue pazienti, che le rivolgono un sorriso a trentadue denti.
«È stato un piacere conoscervi, signore.»
«Comportati bene, giovanotto, o ti vengo a cercare!» Mi minaccia Janette in risposta. Seguo Alissa fuori dalla stanza, mentre raggiungiamo la saletta degli infermieri.
«Sono simpatiche.»
«Sì, ma tu hai rischiato di mettermi nei guai.» Mi rimprovera, camminando di fronte a me.
«Non volevo, ma tu non rispondevi.» Mi giustifico, godendomi la vista del suo sedere.
«Questo non ti dà il diritto di piombare qui all'improvviso e farmi una sceneggiata del genere al lavoro.» Entriamo in saletta e, per mia grande fortuna, Ben non è presente. Alissa butta gli aghi in un secchio piccolino giallo con il coperchio rosso e tutto il resto in uno più grande di cartone. Posa le provette del prelievo appena fatto su un sostegno apposito e poi si volta finalmente a guardarmi. I suoi occhi si illuminano, scorrendo tutto il mio corpo, come se si rendessero conto solo ora dello smoking che indosso.
«Perché sei così elegante?» Mi avvicino e le circondo la vita con le braccia. Alissa alza il viso per guardarmi e incrocia le dita dietro il mio collo.
«Sai qual è la mia più grande fantasia?»
«No, ma scommetto che non vedi l'ora di raccontarmela.» Sorrido e la faccio indietreggiare fino a farle appoggiare il sedere sulla scrivania.
«Scoparti mentre sei al lavoro, con la divisa e lo stetoscopio al collo. Dio, sei così sexy.» Le sfugge una risatina come se pensasse che stia scherzando. «Non mi credi?» Alza le spalle e non risponde. «Posso dimostrartelo, se vuoi.» La provoco scivolando con le mani sul suo culo e stringendolo tra le dita.
«Credi di meritartelo?» Si alza in punta di piedi e mi stuzzica strusciando le labbra sulle mie.
«Sei tu a non meritarlo, dopo aver ignorato tutte le mie chiamate e i miei messaggi.» Si morde il labbro, colpevole.
«Mi dispiace. Ieri sono andata a dormire presto e questa mattina sono passata a casa di Harper per riportarle Sophie e ho dimenticato il telefono lì. Me lo riporta nel pomeriggio e contavo di scriverti appena l'avessi ripreso.» Si giustifica, accarezzandomi la nuca con una mano.
«Okay, e a me dispiace di essere venuto qui come una furia e di aver dubitato di te. È solo che credevo che sarei impazzito. La mia mente ha iniziato a vagare di brutto e non sono riuscito più a controllarmi.»
«Non fa niente. Tra mezz'ora finisco il mio turno, vuoi fare qualcosa?» Mi domanda, speranzosa.
«Ti riaccompagno a casa e possiamo passare un po' di tempo insieme, se vuoi.» Annuisce e sulle labbra le spunta un sorriso.
«Ehi, voi! Niente smancerie nella mia saletta!» La voce irritante di Ben mi raggiunge alle spalle, costringendomi ad allontanarmi da Alissa. Dubito che riuscirò a trattenermi non appena saremo a casa sua.
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