𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝟸
❝𝐼𝑙 𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑚𝑎𝑟𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑠𝑖𝑎𝑠𝑖 𝑐𝑜𝑠𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑐𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜 𝑐𝘩𝑒 𝑙𝑎 𝑝𝑜𝑡𝑟𝑒𝑚𝑚𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑒𝑟𝑒.❞
||𝐺𝑖𝑙𝑏𝑒𝑟𝑡 𝐾𝑒𝑖𝑡𝘩 𝐶𝘩𝑒𝑠𝑡𝑒𝑟𝑡𝑜𝑛||
Anche quella mattina Todoroki si svegliò presto per potersi recare in ospedale, che fosse il fine settimana o meno al ragazzo non importava, sarebbe andato da lei ogni giorno, fino a che non avrebbe aperto gli occhi.
La sua mente ancora doveva metabolizzare il fatto che fino a poco tempo prima si trovavano entrambi sdraiati sotto un cielo pieno di stelle, sereni e senza alcuna preoccupazione, ignari di quello che stava per accadere.
Non avrebbero mai potuto pensare che il ritiro estivo si sarebbe trasformato in un inferno.
Quella loro sicurezza li aveva messi in pericolo, i villains li avevano attaccati proprio nel momento in cui tutti erano separati gli uni dagli altri, lontani dai professori.
Il bicolore strinse la presa sul lavandino del bagno, con una forza tale da far diventare le nocche delle dita bianche, non prestò nemmeno attenzione al dolore che iniziava a sentire sui palmi.
Non si dava pace per non essere arrivato in tempo dalla ragazza.
Se solo si fosse mosso prima, se solo fosse arrivato prima, forse avrebbe potuto evitare che finisse in quel modo.
Pensarci in continuazione era solo uno spreco di energie, non avrebbe cambiato quanto successo, lo sapeva benissimo, ma la sua mente lo riportava sempre lì, a delle ipotesi e a degli scenari che rimanevano tali.
Quando uscì di casa per andare da lei scoprì che il suo passo rifletteva alla perfezione il suo stato d'animo, lento e pesante, quasi trascinato.
Continuava a ripetersi che doveva vedere il lato positivo, perché Ryoko non presentava problemi fisici, il fatto che non si fosse risvegliata non derivava da una botta presa in testa o altro.
Ma da lì subito il ragazzo arrivò alla conclusione che probabilmente non c'era niente di positivo in tutta quella situazione.
Se non era fisico, era mentale. E su quest'ultimo punto c'era ben poco da fare, dipendeva interamente dalla corvina.
Lui non poteva fare altro che aspettare e starle vicino, cosa che però faticava a sopportare.
Attorno a Shouto era pieno di famiglie, gruppi di amici e coppie di fidanzati che giravano per il parco dove il giovane stava passando, il che lo portò a pensare che avrebbe dovuto prendere un'altra strada. Proprio non aveva voglia di ritrovarsi in mezzo alla gente.
Si era chiuso nella sua mente così tanto da non accorgersi di essersi addentrato al suo interno.
Fece caso in un momento successivo che quello era il parco che frequentava spesso quando voleva stare da solo, tutte quelle persone gli ricordarono il motivo per cui non ci andava mai durante il fine settimana. Era sempre pieno.
Interruppe il passo, fermandosi in mezzo alla strada in mattoni, con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo perso tra il verde che lo circondava.
Quello era anche il posto dove lui e Ryoko si erano baciati per la prima volta. Ricorda alla perfezione ciò che aveva provato quella sera.
Qualcosa che non sentiva da tempo e che cercava disperatamente e silenziosamente: leggerezza.
Leggerezza che si faceva sempre più fievole ogni giorno che passava, ogni volta che vedeva la sua ragazza inerme sul quel letto d'ospedale.
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Quando arrivò non si aspettò qualche cambiamento, e infatti non ce ne furono.
Incontrò Takeshi, che sembrava non aver dormito per niente quella notte, e lo intimò ad andarsi a riposare. Si vedeva che ne aveva bisogno.
Dopo quanto era successo aveva parlato con il corvino, quella era stata una situazione improvvisa per tutti e ognuno di loro aveva fatto del suo meglio per uscirne incolume.
I due gemelli si erano ritrovati in una circostanza più complicata delle altre, non poteva scaricare la sua rabbia e la sua frustrazione sul fratello di Ryoko, ciò che avevano fatto era quello che credevano fosse giusto fare.
«Si, credo proprio di dovermi appisolare un po', altrimenti non arrivo a fine giornata.» Gli aveva detto Takeshi mentre si stropicciava un occhio.
«Il professore è uscito da poco.» Lo informò prima di lasciarlo andare nella stanza della ragazza.
Una volta al suo interno il silenzio colpì Todoroki come una gelida bufera.
Sospirò.
Ogni giorno era così, non credeva si sarebbe mai abituato a quell'atmosfera.
«Sai, dicono che in momenti come questi si riesca a sentire la voce di chi ti sta parlando da fuori» cominciò a dire sedendosi sulla sedia affianco al letto.
«Non so se crederci, ma sono così disperato che testerò questa teoria.» Il suo tono in quell'ultima frase si fece rammaricato.
«Ho bisogno che tu mi senta. È la mia ultima ancora, non so a che altro aggrapparmi.» Le afferrò la mano, accarezzandole delicatamente il dorso con il pollice.
Osservò il suo viso, appariva così rilassato che stentava a credere che le fosse successo qualcosa.
«Il non sapere come aiutarti mi sta tormentando, mi sento impotente» scosse appena la testa, abbassando poi lo sguardo.
«Tutti ci sentiamo così. Tuo fratello cerca di nasconderlo, ma non sta facendo molti progressi, credo si senta in colpa per essersi allontanato.» Parlarle in quel modo era strano, infatti la voce del bicolore era bassa e pacata.
«Inizialmente mi sono arrabbiato con lui, ma... Sono stato impulsivo, alla fine cercava solo un modo efficace per poter uscire da quella situazione» fece una pausa, rimanendo chiuso nei suoi pensieri.
Quando si apprestò a parlare nuovamente, dovette bloccarsi. Aveva percepito una lieve stretta.
Alzò di scatto il viso, vedendo la mano di Ryoko stringere leggermente la sua.
Il cuore iniziò a battere più velocemente, tante erano le cose che avrebbe voluto dire, ma quando posò gli occhi sul suo viso le parole gli morirono in gola.
L'unica cosa che fece fu sorridere nel vederla sveglia.
«Shouto...» Lo chiamò lei in un sussurro, quegli occhi color smerando finalmente lo stavano guardando di nuovo.
Il diretto interessato si alzò e si sedette sul bordo del letto, più vicino alla giovane.
Ryoko si tirò su quanto bastava per mettersi seduta, dopodiché allungò la mano verso la sua guancia.
«Sei tu... Sei veramente tu?» Chiese, temendo di ritrovarsi nell'ennesimo incubo.
Todoroki chiuse appena gli occhi quando sentì il tocco della ragazza, concentrandosi su ogni sfumatura della sua voce.
«Si, si, sono io.» Nel momento stesso in cui la vide accennare ad un sorriso, la tirò verso di se, cingendola in un abbraccio.
Il bicolore passò un braccio attorno alle sue spalle e poggiò il viso sulla spalla di lei. Serrò gli occhi nel vano tentativo di non far uscire delle lacrime silenziose. Lacrime di sollievo.
«Finalmente ti sei svegliata...» Sussurrò non riuscendo a mascherare il tono spezzato dal pianto.
Tutta la preoccupazione, tutta la sofferenza che si era tenuto dentro in quei giorni stava uscendo fuori, sembrava non avere fine.
Ryoko alzò una mano sul suo braccio e si strinse contro di lui, lasciandosi andare alle lacrime nello stesso modo del giovane.
Aveva provato tante volte ad uscire da quel loop di incubi che pensava che quello fosse solo uno dei tanti della lista, non ce la faceva più a vedere il suo ragazzo ucciso dalle sue stesse mani.
Si sentì sollevata quando scoprì di essersi svegliata.
Avvertire le braccia dell'eterocromatico attorno a lei e sapendo che non sarebbe successo niente di spiacevole la faceva stare meglio. Allontanò, anche se di poco, la paura provata nei suoi sogni.
Nell'istante in cui ci ripensò un brivido le percorse l'intero corpo.
«Hai freddo?» Le domandò Todoroki, rimanendo contro la spalla di Ryoko, da poco era riuscito a fermare lo scorrere delle lacrime sul suo viso.
Lei scosse lentamente la testa.
«No» chiuse gli occhi, godendosi quel momento di pace tra le braccia del ragazzo che amava.
Poco dopo si scostò appena, non voleva interrompere l'abbraccio, ma doveva dirgli una cosa e desiderava poterlo guardare in faccia.
Gli sorrise nuovamente non appena i loro occhi si scontrarono.
«Tu mi riporti sempre indietro.» Iniziò a dire la corvina, afferrandogli la mano.
«Che si tratti di perdere il controllo con la magia nera o di questo momento, ogni volta che mi riprendo tu ci sei sempre.»
«Questa volta però non ho potuto fare altro che aspettare» disse Todoroki non riuscendo a staccare lo sguardo da lei.
«Non sottovalutarti troppo, non credere che la tua presenza non sia abbastanza.»
A quel punto gli afferrò il viso e fece scontrare le loro labbra, sembrava passato così tanto tempo dall'ultima volta che si erano baciati.
Durò più di tutti quelli che avevano avuto, come se avessero passato lontani l'uno dall'altra un tempo impossibile da calcolare.
Per come erano trascorsi quei giorni era del tutto naturale sentirsi in quella maniera.
Improvvisamente il peso di quella faccenda svanì. Gli incubi che aveva avuto Ryoko, come fosse finita in quel modo, al momento non importavano, per quel breve lasso di tempo diventarono invisibili.
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I due giovani non avrebbero mai voluto uscire dalla loro bolla di serenità, ma dovettero avvertire Aizawa e Takeshi che la ragazza si era svegliata.
Il professore fu il primo ad arrivare ed esattamente come aveva fatto Todoroki, abbracciò la corvina.
Un gesto che non compiva mai, ma che in quell'istante gli venne spontaneo fare.
Durante il percorso per diventare eroi insegnano ad affrontare i pericoli di quella professione, ma come affrontare le conseguenze dipende tutto dall'individuo. Molto probabilmente perché non è possibile preparare gli studenti sull'apprensione e il terrore di poter perdere qualcuno, o come reagire se non si riesce a salvare tutti.
Sono sentimenti che si capiscono appieno solo quando ti ci scontri, e la reazione è sconosciuta a tutti, non si può prevedere.
Aizawa non faceva eccezione, aveva chiaramente avvertito la preoccupazione e la paura per un possibile peggioramento delle condizioni di Ryoko.
Anche se non biologicamente, lei era sua figlia a tutti gli effetti. L'aveva presa sotto la sua ala e l'aveva cresciuta proprio come avrebbe fatto un genitore.
«Ti va di raccontarmi cosa è successo?» Chiese dopo un po' il professore, cercando di capire come fosse finita all'ospedale, senza nessuna ferita grave e in uno stato di coma.
La corvina si sistemò sul letto e sospirò prima di rispondere, solo loro due si trovavano nella stanza, Todoroki era uscito per andare ad avvertire il fratello di lei.
«Ti ricordi di Yusuke?» Dopo aver visto Aizawa annuire andò avanti.
«È tornato, non so precisamente cosa mi abbia fatto, ma ha trovato un nuovo modo di utilizzare il suo potere, sono finita così a causa di quello.»
«Il suo Quirk è pericoloso per te, dobbiamo scoprire in che modo lo ha potenziato.» Le mise una mano sulla spalla, la ragazza sapeva quanto fosse rischioso per lei averci a che fare con il potere di Yusuke.
«Mentre ero priva di sensi ho vissuto una serie di incubi, che riguardavano la magia nera. Credo sia stata una conseguenza di ciò che mi ha fatto» spiegò poi, evitando però di raccontargli cosa aveva vissuto all'interno di essi. Non aveva voglia di parlarne.
Non ebbero modo di proseguire con la conversazione perché sentirono un'infermiera intimare qualcuno di non correre per il corridoio.
La porta era socchiusa, ma dopo pochi secondi questa si spalancò, rivelando Takeshi che, senza prestare la minima attenzione al fiatone e al bisogno di riprendere aria, si precipitò verso la sorella.
Si fermò soltanto nell'istante in cui avvolse le braccia attorno alla corvina. Era piombato lì con così tanta energia che quando abbracciò Ryoko per poco non caddero entrambi sul letto.
«Scusami, scusami, scusami! Non avrei dovuto lasciarti da sola!» Cominciò a farfugliare a corto di fiato.
Quando il bicolore era andato a chiamarlo il giovane era letteralmente saltato dalla sedia, per poi cominciare a correre a tutta velocità verso la camera di Ryoko.
Il sonno e la stanchezza di quei giorni erano scomparsi in un istante. Ora ad occupare il loro posto c'era la voglia di scusarsi fino a non avere più voce.
«Ei...» Disse dolcemente la ragazza, ricambiando l'abbraccio.
«Non è colpa tua, te l'ho detto io di andare a chiamare aiuto, o sbaglio?»
«Lo so, ma sarei dovuto rimanere con te» replicò lui con voce tremolante.
«No, hai fatto bene invece, dovevamo provarci.»
Liberarlo dal senso di colpa per aver seguito il suo consiglio ed essere andato a cercare aiuto non fu semplice, non credeva nemmeno di esserci riuscita del tutto, ma almeno il ragazzo aveva sentito direttamente da lei che non lo riteneva responsabile. Sarebbe successa la stessa identica cosa anche se fossero rimasti insieme, dopotutto Yusuke stava andando in quella direzione.
La paura di ciò che aveva visto e sentito negli incubi, indotti da quello che il nuovo arrivato le aveva fatto, albergava ancora in Ryoko, però erano attenuati dalla presenza di tre delle persone più importanti per lei.
Era consapevole del fatto che quelle preoccupazioni sarebbero tornate una volta rimasta sola, ma decise di godersi il momento di sollievo che stava provando nel rivedere i suoi cari fuori da quei sogni.
Avrebbe fatto i conti con il resto più tardi.
~~༄~~༄~~༄~~༄~~
Angolo autrice:
Ci ho messo un po' ad aggiornare, scusatemi, lo studio mi porta via molto tempo e scrivo quando posso :')
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ho cercato di sondare le emozioni dei personaggi come meglio potevo💕
Ilas✨
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