Cαριƚσʅσ 2
Fissava lo schermo del pc, con sguardo contrito, sforzandosi di decifrare i dati che stava osservando.
Non avevano senso, o per lo meno, non erano ciò che si aspettava di ottenere.
Aveva ripetuto la stessa analisi più e più volte, arrivando sempre allo stesso risultato, che sicuramente non sarebbe piaciuto al capo.
Secondo quei dati, uno dei prodotti di punta della nuova linea cosmetica, doveva essere completamente riformulato, con una perdita economica che Jisoo non voleva neppure immaginare.
«Se continui così, verrai risucchiata dal monitor», la destò la voce di Deiji.
Jisoo alzò gli occhi dal pc e la guardò con aria perplessa: la sua collega le stava di fronte, sorridendole dietro gli spessi occhiali da vista. Era piccola e rotonda e sembrava dimostrare meno della sua età, sebbene fosse anche più grande di Jisoo.
Per lei Deiji non era stata mai solo una semplice collega, ma soprattutto un'amica fidata, una delle poche persone di cui si potesse veramente fidare nell'ambito lavorativo.
Jisoo sbuffò, passandosi una mano sugli occhi oramai arrossati da ore e ore passate davanti al pc e disse:
«Hai ragione, è che quest'analisi mi sta facendo impazzire»
«Devi staccare un po', altrimenti finirai per capirci ancora meno», le consigliò Deiji.
Jisoo diede un'occhiata alla finestra: era tardo pomeriggio, il sole di settembre stava lentamente calando dietro la collina di fronte al loro ufficio. Aveva perso totalmente la cognizione del tempo. Diede una rapida occhiata all'orologio sul suo polso sinistro e si accorse che la lavanderia e la visita a sua madre avrebbero dovuto aspettare.
Come sempre i suoi programmi venivano annullati dai suoi doveri.
Continuava a procrastinare impegni, incontri, visite, eventi, dicendo che prima o poi sarebbe stata abbastanza libera dal lavoro per concedersi del tempo, ma quel tempo sembrava non arrivare mai.
Il lavoro aveva la precedenza su tutto, quell'inguaribile senso di responsabilità era sempre vivo in lei, come un qualcosa che non riusciva a scrollarsi di dosso.
Era sempre stata così, prima nello studio e poi nel lavoro, si buttava a capofitto in tutto, cercando di dare il meglio di sé stessa e di non deludere mai le aspettative altrui.
Era appesantita da consegne, date da rispettare, tabelle di marcia, risultati da presentare, in un tran tran quotidiano che spesso l'opprimeva.
L'unica fonte di leggerezza nella sua vita era lui.
Erano i suoi occhi sorridenti che l'aspettavano a casa la sera, il suo abbraccio che sapeva di casa dopo una giornata passata fuori, le risate che riusciva a farle fare, parlando del più e del meno.
Taehyung era la sua pillola di genuinità e di verità.
Lui era reale, l'amore che provava per lui era reale, tutto il resto era solo un vortice di ansie e paure che cercavano di inghiottirla ma che, a conti fatti, non erano nulla di veramente importante.
«Caffè?», le propose Daeji, strizzandole un occhio.
«Sarà il quinto da stamattina, ma sì, ne ho proprio bisogno!», fece Jisoo, allontanando la sedia dalla scrivania per alzarsi.
«E se c'è lo prendessimo al bar qui di fronte? Così usciamo finalmente e poi ce ne torniamo a casa!», propose Daeji.
«Ottima idea!», rispose Jisoo.
Mentre era intenta a preparare la borsa, una figura si palesò di fronte ai loro occhi: completo blu elegante, camicia celeste sbottonata, mano destra tenuta dentro la tasca, una scia di acqua di colonia invadente e permeante, sorrisetto beffardo stampato in faccia, in poche parole: Gong Yoo, il suo insopportabile collega, nonché superiore.
Jisoo lo guardò impassibile, non sforzandosi nemmeno di essere cordiale.
Nel tempo, infatti, aveva imparato a ignorarlo, a non cedere alle sue continue provocazioni, costantemente volte a minare l'autostima di tutti i colleghi, o per lo meno di quelli per cui non nutriva particolare simpatia.
Jisoo era una di quelli, semplicemente perché non si era mai "piegata" a venerarlo, a incensarlo di ammirazione e complimenti.
Conoscendolo, era riuscita a vederlo per ciò che era, nient'altro che uno sbruffone con manie di protagonismo.
«Si lavora o si batte la fiacca qui?», chiese loro, con aria canzonatoria.
Jisoo non aveva la minima voglia di avere a che fare anche con lui quel giorno, così si limitò a mettere a posto le varie scartoffie che aveva sparse sulla scrivania, sperando che fosse Daeji a rispondere al suo posto.
«Possiamo prendere un caffè o nel contratto di schiavismo non ci è concesso neppure questo?», esclamò pungente la collega e Jisoo non riuscì a trattenere un sorriso.
Yoo fece finta di incassare il colpo o semplicemente non ebbe la capacità di ribattere prontamente e, con noncuranza, si sporse verso lo schermo del pc di Jisoo.
«Oh! I dati di stamattina...Posso dare un'occhiata?», le chiese e, senza attendere alcuna risposta, si avvicinò al monitor.
Jisoo alzò gli occhi al cielo e si maledisse per non aver spento il computer. Non aveva voglia di discutere con lui di quei risultati, si sentiva stanca, spossata, poco lucida per iniziare una conversazione proficua.
Voleva solo tornare a casa e rimandare le preoccupazioni al giorno successivo.
Lanciò un'occhiata disperata a Daeji, che, dal canto suo, si strinse nelle spalle rassegnata.
«Mmm... », bofonchiò Yoo, concentrato a osservare numeri e grafici.
Jisoo guardò l'orologio appeso alla parete della stanza: segnava oramai le 19.
"Sbrigati coglione! Devo andare, sono già in ritardo! Ho detto a Tae che lo avrei raggiunto per le 19 e mezza!"
«Lo so, i dati vanno esattamente all'opposto di ciò che volevamo. C'ho ragionato per tutto il giorno e ne avrei voluto comunque discutere con te...», cercò di discolparsi Jisoo, anche per rompere il silenzio opprimente che si era creato in quella stanza.
«Sì, sono d'accordo. Credo che ne dobbiamo parlare per analizzarli al meglio», fece lui, allontanandosi dallo schermo.
"Non adesso, ti prego, ti prego, ti prego".
«Jisoo, non avevi un appuntamento?», le domandò Daeji, nel tentativo di salvarla in corner.
«Già! Stavo quasi per dimenticarmene! Scusa Yoo, ma devo proprio scappare!», esclamò Jisoo.
«Posso prenderli? Così me li studio un po' stasera... », le chiese Yoo, tirando fuori dalla tasca una chiavetta usb.
«Sì, prendili pure. A domani ragazzi!», esclamò Jisoo, afferrando la borsa e mimando con il labiale un "grazie" all'amica.
Uscì di corsa dall'ufficio e percorse di volata l'intero corridoio.
Arrivò all'ascensore e si mise ad attenderlo, controllando nel frattempo l'orario segnato dalle lancette dell'orologio: le 19 e un quarto.
"Merda", fu tutto quello che riuscì a pensare, mentre la vibrazione del cellulare cominciò a gracchiarle nella borsa.
Frugò dentro, spostando chiavi, portafoglio, occhiali da sole, trucchi sparsi, fazzoletti, fino ad afferrare il telefono e rispondere:
«Pronto?»
«Hai il fiatone?», chiese Taehyung con tono divertito.
«No, cioè sì, ma solo perché ho corso per arrivare all'ascensore. Sono in ritardo, lo so!», disse Jisoo, fissando il monitor con il numero dei piani che scorreva ancora troppo lentamente.
«Sei tanto stanca?», fece lui con la sua voce di velluto, comprensivo.
«Un po' », ammise Jisoo. «Tra cinque minuti parto e ti raggiungo»
«Brava Kim! Ho proprio bisogno di te qui»
Jisoo fece una smorfia, sperando in cuor suo che Taehyung non avesse poi così necessità di una mano.
Con il tempo si era fatta sempre più partecipe nell'attività del suo ragazzo, aiutandolo come poteva e quando il lavoro glielo permetteva.
Taehyung, Jin e Hyunjin erano diventati una squadra indistruttibile, trasformando l'ON da lounge bar ad un vero e proprio ristorante, in cui Jin poteva dare il meglio di sé stesso, sperimentando le sue innate doti da chef.
Hyunjin aveva sostituito Taehyung nella preparazione dei cocktail, dal momento che lui si occupava della gestione di tutta la sala e del personale stesso.
Jisoo lo ammirava per il salto professionale che era riuscito a compiere in così poco tempo: era diventato una sorta di manager, si occupava del marketing del locale, sponsorizzandolo in tutti i social, gestiva i clienti con la sua naturale capacità di relazionarsi con tutti e stilava, assieme a Jin, le proposte del menù.
Era propositivo, creativo, aveva sempre idee innovative per portare l'ON ad un gradino superiore.
Quel posto non era più un bar accogliente nascosto tra gli alberi di un parco cittadino, ma uno dei luoghi più rinomati della movida di Daegu, una garanzia per chiunque volesse mangiare bene e passare delle belle serate in compagnia.
La capacità imprenditoriale di Taehyung e dei suoi fratelli li aveva spinti a non fermarsi lì, ma a voler andare oltre: infatti, oramai da mesi, erano in corso i lavori per l'apertura di un nuovo locale al centro della città: il "K".
Jisoo ancora ricordava l'esatto momento in cui era nato quel nome.
Era una sera come tante e, per una volta, avevano deciso di scambiarsi i compiti: lei era impegnata ai fornelli e Taehyung nel caricare la lavatrice.
Mentre Jisoo era intenta a tagliare a rondelle le verdure per cercare di preparare un Japchae commestibile, Taehyung si aggirava alle sue spalle, riflettendo ad alta voce:
«Deve essere un nome che ci rappresenti, un qualcosa che parli di noi ma senza essere troppo evocativo... Tu che ne pensi?», le domandò, grattandosi la
testa.
«Sì, credo che hai ragione», gli rispose senza alzare lo sguardo, concentrata come era a non tagliarsi.
Lui scomparve in bagno per afferrare gli abiti sporchi da mettere in lavatrice.
Dopo un attimo, lo sentì tornare in cucina.
«Un nome non troppo lungo. I nomi lunghi stancano e sono difficili da memorizzare, non credi?», le chiese, cercando approvazione.
«Già...Hai aggiunto l'ammorbidente?»
Taehyung venne colto di sorpresa e ammise:
«No, l'ho dimenticato!»
Per poi correre di nuovo nella stanza accanto.
Jisoo alzò gli occhi al cielo, consapevole che l'equazione Taehyung= bucato fosse fallimentare quanto la sua con la cucina.
Bastò un attimo di distrazione che il coltello le scivolò dall'impugnatura, andandole a ferire l'indice della mano sinistra.
«Ahia!», urlò, portandosi il dito sanguinante alla bocca.
«Kim!», gridò Taehyung allarmato, fiondandosi in cucina.
«Mi sono tagliata»
«Fai vedere», disse lui, prendendole la mano e controllando la ferita.
«Non è niente, ma vieni che ti metto un cerotto»
Lo seguì in bagno, godendosi in silenzio le sue cure amorevoli.
Le sue dita affusolate le toccavano la pelle con delicatezza e attenzione.
Amava il modo in cui si prendeva cura di lei, a volte quasi come fosse una bambina da proteggere.
«Kim, Kim...sei un disastro», le sussurrò, sorridendole dolcemente dopo averle applicato il cerotto.
Lei lo guardò colpevole, per poi notare un cambiamento repentino della sua espressione.
Gli occhi diventarono ancora più grandi, la bocca gli si aprì in un sorriso smagliante:
«...ma sei anche un genio!», le disse, scoccandole un bacio sulle labbra.
Jisoo rimase interdetta, non riuscendo a dare un senso a quella reazione. Continuava a guardarlo con gli occhi sbarrati e le sopracciglia alzate.
«Ma certo! È perfetto!», esclamò lui, cominciando a girare per il bagno, come posseduto.
«Non ti seguo... », fece Jisoo, sempre più confusa.
«Kim! Sono io, sei tu, sono i miei fratelli...siamo noi!», disse Taehyung, fermandosi di botto.
«Come forse l'ottanta percento della popolazione coreana... », ribatté Jisoo.
«Già immagino l'insegna: "Kim". Breve e significativo!», esclamò lui, immerso nelle sue idee visionarie.
«Ci sono molte attività che si chiamano Kim, in realtà... », fece Jisoo, spezzando in un attimo i sogni a occhi aperti del fidanzato.
La guardò deluso e lei cercò subito di recuperare, dicendo:
«E se anzi che Kim abbreviassi con "K" ?», propose timidamente.
Gli occhi di Taehyung si illuminarono nuovamente.
«L'ho già detto che sei un genio?», le disse, guardandola fisso negli occhi.
«Non c'è bisogno che mi ringrazi! Voglio una percentuale sugli incassi del nuovo locale», esclamò lei ridendo, prima che lui si fiondasse sulle sue labbra, pieno di gioia ed entusiasmo.
Il nuovo progetto lo aveva riempito di un'energia diversa: per lui non esistevano più ostacoli, ma solo opportunità, tutto ciò che sognava poteva essere concretizzato, non gli importava come o quando, ma lui lo avrebbe reso reale.
Taehyung stava vivendo "the time of his life", come si suol dire, quel raro periodo d'oro in cui ci si sente capaci di essere padroni e fautori del proprio destino.
Jisoo non desiderava altro che vederlo felice e, apparentemente, lo appoggiava e lo sosteneva, standogli costantemente accanto.
Eppure, doveva ammettere che nutriva una sorta di gelosia per quel nuovo progetto: il "K" era diventato un argomento costante, il "K" era il pensiero fisso di Taehyung, il "K" lo aveva un po' portato via da lei.
Il tempo da dedicarle si era fatto sempre più ristretto, sormontato da impegni e incombenze varie.
Si ripeteva che quello era solo un periodo, che avrebbe dovuto tenere duro per quei pochi mesi rimasti prima dell'apertura del locale e Taehyung sarebbe stato finalmente meno impegnato.
Lo sperava per lo meno.
«Kim ci sei?», le chiese la sua voce profonda, ancora alla cornetta del cellulare.
«Sì, sì certo. Arrivo!»
«Sbrigati. Ti aspetto...»
Le bastò quella semplice frase, carica di attesa e necessità di vederla, per sorridere dolcemente tra sé, per poi riattaccare la chiamata.
Nuovo capitolo per voi❤️
Vi ricordo che le stelline sono importanti e i vostri commenti sono super graditi.
Fatemi sapere se questo nuovo inizio vi piace e come è stato rincontrarli dopo due anni!
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