Cαριƚσʅσ 15

«A lei», esclamò Jisoo, sorridendo all'ultimo cliente della serata, dopo aver poggiato lo scontrino del conto sul tavolo.

L'uomo la guardò con aria gentile, accennando un breve gesto del capo.

"Ah se tutti i clienti fossero così educati!", pensó, tornando lentamente verso il bancone dell'ON.

"Mi potrei abituare, potrebbe piacermi dopotutto.
Stare a contatto con le persone, fare conversazione, imparare a cucinare, magari...", rifletteva tra sé, tentando di auto convincersi che quello da cameriera potesse essere il suo futuro.

Continuava a procrastinare una decisione, vaneggiando su quello che era in grado di riservarle la sua vita così come era, lì a Daegu...con Taehyung.
Dopotutto lei era Kim Jisoo, una miscela di sfaccettature e interessi, una persona che non poteva relegare sé stessa solo alla figura di dottoressa o donna in carriera.
Il lavoro non poteva e non doveva  completarla. 
Lei era altro, molto altro e sarebbe continuata a esserlo senza la necessità di rincorrere un lavoro strapagato a chilometri di distanza.
Poteva sentirsi felice e appagata in qualsiasi altro contesto, non necessariamente quello che aveva sempre conosciuto.
Poteva essere serena anche con un altro lavoro, o perché no, anche senza lavoro.
Avrebbe avuto più tempo libero per coltivare i suoi hobby e il suo regno interiore. Si sarebbe guardata nel profondo, scoprendo una versione di sé inedita.
Oppure avrebbe solo visto l'abisso, il vuoto cosmico, un buco nero.

"Lo sai che ti stai raccontando delle balle, vero?
Questa è sempre stato un piacevole passatempo per te, ma nulla di più. Ancora non sei riuscita nemmeno a memorizzare a dovere i numeri dei tavoli, barcolli portando quattro piatti, non sai la differenza tra un Bokbunjaju e un Maesilju *.
Non è mai stato il tuo mondo", le ripetè la voce delle disillusioni, quella più spietata e cruda, ma anche la più vera.

Se ne stava poggiata al bancone, con le gambe dolenti e il corpo fiaccato da tante ore passate a muoversi da una parte all'altra del locale e, nonostante questo, la stanchezza fisica non riusciva a distrarla dai suoi pensieri. Era assorta nei dilemmi interiori che ormai l'attanagliavano da giorni e che le rimanevano aggrappati allo stomaco come cibo indigesto.

Guardava l'ON, illuminato con le lucine intermittenti di Natale, il vischio e le ghirlande ricche di bacche rosse.
L'atmosfera natalizia era calda, avvolgente e ricca di promesse per la festa più attesa dell'anno.
Irene aveva fatto un ottimo lavoro nell'arredare a festa tutto il locale.
Perché non riusciva ad essere come lei?
Sua cognata era l'emblema della compagna e madre devota, della donna che ogni uomo avrebbe voluto avere al suo fianco, sempre pronta ad aiutarlo e a sostenerlo.
Lavorava saltuariamente all'ON proprio come faceva Jisoo, ma si dedicava a quel posto anima e corpo.
Era propositiva, piena di iniziative e sempre entusiasta nel dare il suo contributo, nel mettere qualcosa di lei in quello che era il mondo del suo compagno e di tutta la sua famiglia acquisita.
Jisoo l'ammirava, senza però riuscire mai a imitarla, come un mimo  incapace di ripetere i medesimi gesti.
L'ON e il K, erano per Jisoo luoghi familiari, a cui era legata da molteplici ricordi, ma che comunque non le appartenevano.
Per quanto si sforzasse non riusciva ad amalgamarsi al contesto, a sentirlo in parte anche suo, cosa che invece Taehyung aveva in qualche modo sempre auspicato.

"Questo sei tu! Questa è la tua vita! Non è la mia! Non sono io, Taehyung!", quella frase, schizzatagli dai denti la sera dell'inaugurazione del K, continuava a passarle nella mente, sempre più ricca di particolari: ricordava il suo tono, l'astio che le ribolliva nelle vene, gli occhi smarriti di Taehyung, la speranza che finalmente potesse comprendere il suo stato d'animo.
Ma di questo, purtroppo, non ne era certa: Taehyung aveva continuato imperterrito a proporle turni, cambi di orario, serate particolarmente affollate, come se il messaggio non fosse stato recepito.
E proprio per questo motivo, anche quella sera si ritrovava lì, dietro il bancone di quel locale dove giocava a lavorare.

Afferrò il telefono nella tasca posteriore dei pantaloni e inevitabilmente si ritrovò ad aprire la casella di posta.
L'email della PharmaJ era ancora lì, in attesa di una sua risposta, nonostante ormai fossero passati tre giorni dal suo arrivo.
Non aveva avuto il coraggio di rispondere, dato che non sapeva cosa rispondere e preferiva il limbo, la stasi, l'inerzia, piuttosto che qualsiasi scelta.
Vagliava le due opzioni e, invece che opportunità, riusciva a vedere solo       rinunce.
Dire di no alla più grande svolta della sua vita o prendere le distanze da Taehyung?
Un fallimento personale in entrambi i casi.
La vita la stava mettendo di fronte a un bivio che Jisoo continuava a guardare da lontano, senza la capacità di fare un passo in più verso una delle due direzioni.
Il suo animo era in subbuglio, la sua testa in fermento, tutto sembrava vorticare attorno, mentre lei continuava a restare ferma, immobile.

Alcuni giorni, tentava di rimanere attiva, solo per non pensare ed essere costretta a riflettere sul da farsi.
Altri, invece, la sua immaginazione la portava lontano, facendole immaginare una nuova vita a Seoul, in quel palazzo imponente, dietro ad una scrivania con vista sulla città.
Le era capitato di fare un sogno una notte: aveva accettato il lavoro, lavorava alla PharmaJ, era felice, appagata, e all'uscita dal lavoro trovava lui, Taehyung, ad attenderla per portarla a casa...la loro casa di Daegu.
Quel sogno le aveva mostrato in maniera crudele come le due opzioni non fossero conciliabili: non esisteva un Taehyung a Seoul, né la possibilità di una nuova vita insieme nella capitale.
Si era svegliata nel cuore della notte con il fiatone e il battito cardiaco accelerato.
Taehyung, sentendola, aveva grugnito un:

«Che è successo?»

«Niente, solo un brutto sogno», aveva ammesso Jisoo.

A quel punto lui aveva semplicemente allungato un braccio nella sua direzione, cingendole la pancia, per poi riaddormentarsi.
Jisoo era rimasta immobile, osservando quella mano sopra il suo corpo.

"Chi mi abbraccerà quando mi sveglierò all'improvviso se tu non sarai con me?" , pensò mentre dagli occhi sbarrati, che fissavano il vuoto, cadeva lentamente una lacrima silenziosa.

«Jisoo, abbiamo finito, puoi sparecchiare l'ultimo tavolo?», le chiese uno degli altri camerieri dello staff, riportandola alla realtà.

«Sì certo, vado subito», disse prima di raggiungere la parte opposta della sala.

Mentre era intenta ad afferrare due piatti e due calici oramai vuoti, dal vetro della veranda scorse una figura in avvicinamento verso l'entrata.
Mise meglio a fuoco e riconobbe il giubbino nero e la sciarpa grigia di Taehyung.
Dopo qualche istante il tintinnio della porta annunciò il suo ingresso nel locale.

«Tae!», sentì la voce in lontananza di un collega.

«Ciao ragazzi!
Chiudo io stasera. Potete andare, tranquilli!», rispose Taehyung.

Jisoo si avvicinò al bancone per raggiungerlo, con ancora piatti e bicchieri in mano.
Lui si voltò verso di lei con il suo solito sorriso sghembo.

«Buonasera signorina, posso darle una mano?», le fece, andandole incontro per aiutarla.

«Grazie», rispose lei cedendogli i calici.
«Che ci fai qui?», chiese, sorridendogli.

«Ho lasciato Hyunjin a fare chiusura al K. Spero che non combini danni con i conteggi della cassa... e ho pensato di raggiungerti», rispose lui, affondando le mani nelle tasche della giacca.

«È stata un'idea carina», ammise Jisoo, quasi in imbarazzo.

«Saremmo tornati a casa stanchi morti entrambi. Almeno così passiamo un po' più di tempo insieme... », fece Taehyung, allungandole un braccio verso il viso per sistemarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Si guardarono negli occhi in silenzio, come se in quella frazione di secondi volessero dirsi tutto ciò che avevano serbato entrambi per troppo tempo.

«Tae, allora noi andiamo!», esclamò uno dei ragazzi dello staff, seguito dagli altri tre.

«Buona serata!», li salutò lui, sciogliendosi il nodo della sciarpa e sfilandosi la giacca.

«A domani», aggiunse Jisoo.

Rimasero soli, nel locale deserto e addobbato a festa.

«Porto questi in cucina», disse lei, rompendo il silenzio che non si addiceva alla solita frenesia dell' ON.

«Lasciali sul lavabo. Li sistemeranno domani. Io inizio a mettere in ordine il bancone», rispose Taehyung, raggiungendo quella che era sempre stata la sua postazione da bartender.

Jisoo arrivò in cucina e in un attimo si sentì invasa da una forte percezione di disagio.
Era forse la prima volta che rimaneva sola con lui. Tutti quei giorni erano trascorsi nel solito via vai, in cui entrambi finivano per incrociarsi, ma mai per ritrovarsi veramente.

"Jisoo è arrivato il momento. Glie lo devi dire", scandì la sua voce interiore.

"Ma con quali parole? E cosa dovrei dirgli soprattutto, visto che non ho ancora preso una decisione?"

Si portò una mano alla fronte: era provata, il battito cardiaco accelerato, le mani tremanti.
Sembrava un criminale pronto a confessare le sue colpe.

«Tutto bene di là?», fece all'improvviso la voce di Taehyung.

«Sì, sì, arrivo subito!», rispose frettolosamente, per poi spegnere la luce della grande cucina e raggiungerlo.

Lo trovò di spalle, affaccendato a posizionare ordinatamente una serie di bicchieri.

"Ora o mai più", si disse, prima di cominciare a schiarirsi la voce nervosamente.

Taehyung si girò di scatto verso di lei, con il volto preoccupato.

«Hai mal di gola?», le chiese.

«No. No.... Horicevutounapropostadilavoro»,
disse tutto d'un fiato, per la paura di pentirsene.

«Cosa??? E me lo dici così?», le chiese lui, raggiante, con gli occhi buoni che non riuscivano a mascherarne l'entusiasmo.

«È a Seoul», sputò fuori lei, come un rospo trattenuto in gola per troppo tempo.

«Così lontano? Di cosa si tratta?», fece Taehyung e, in un attimo, gli occhi guizzanti si fecero più seri.

«Un posto come ricercatrice per la PharmaJ, l'azienda farmaceutica più importante del paese», rispose Jisoo, sentendosi in colpa.

«Wow. Che si dice in queste circostanze? Congratulazioni?», chiese Taehyung, poggiando entrambe le braccia al bancone come per sorreggersi dopo lo shock.

«Non so che fare... », disse lei, abbassando lo sguardo.

«Beh dovresti trasferirti, immagino.
È impensabile fare da pendolare tutti i giorni», commentò lui con estrema razionalità.

«Penso di sì»

Seguì un attimo di silenzio, in cui entrambi sembravano immersi nei loro pensieri, senza il coraggio di guardarsi in faccia l'un l'altro.

«E tu? Tu... », provò a chiedere Jisoo.

«Io cosa?», domandò Taehyung di rimando.

«... mi seguiresti nel caso accettassi?», gli chiese, ripetendo la frase che le era passata per la testa come un mantra da giorni.

Taehyung fece un sorriso beffardo e abbassò il capo. I capelli scuri celavano il suo volto agli occhi di Jisoo, che aspettava impaziente una risposta.

«Sai bene che non posso», commentò lui con voce piatta, per poi rialzare la testa con una smorfia e lo sguardo serio.

Jisoo incassò la risposta che già immaginava, ma che temeva più di tutte. Deglutì, per poi aggiungere con voce tremante:

«Potremmo fare un fine settimana da me e uno da te... potrei tornare io, e poi raggiungermi tu a Seoul», propose, cercando in lui un appiglio, che però si rivelò inesistente.

«Una relazione a distanza?», le chiese con aria di scherno.
Per poi aggiungere: «Mai»

«Non mi sei d'aiuto Taehyung!», gli fece lei, guardandolo fisso negli occhi per spazzare via quella sua sfrontatezza che le dava sui nervi.

«Lo sai anche tu che non è possibile. Non siamo fatti per stare lontani.
Io e te funzioniamo se stiamo insieme, se ci tocchiamo, se riusciamo a viverci.
Non ho alcuna intenzione di vivere qualcosa che sia diverso da quello che siamo stati fin ora.
Meglio troncare che assistere pian piano a una lenta agonia», fece lui, impassibile.

«Cosa dovrei fare allora? Rinunciare!», ribatté Jisoo, fissandolo con gli occhi lucidi.

«Non sarò io a dirti di rimanere Jisoo, perché te lo leggo in faccia che non è quello che vuoi. Ed è la cosa che mi fa più male in assoluto: essere consapevole che la tua felicità non è più accanto a me»

«Che stai dicendo?»

«Ho provato a fare finta di niente, ad andare avanti senza guardare in faccia la realtà.
Da quando hai perso il lavoro non sei più stata la stessa.
Ho pensato che sarebbe stato un periodo passeggero, che sarebbe passato tutto, che la mia presenza sarebbe bastata.
Ma sii onesta per favore: sei felice in questo momento?», le chiese, fissandola così intensamente da trapassarla da parte a parte.

Jisoo si sentì spogliata, nuda, alla mercé di quegli occhi che la studiavano e la sfidavano.
Abbassò lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello di Taehyung e cominciò a piangere in silenzio, senza aggiungere una parola.
Sentiva il peso di ogni lacrima che le scendeva dagli occhi e le rigava il viso, percepiva ogni singola goccia come una confessione, come se rappresentasse tutto ciò che non riusciva a esprimere a parole.

«Forse è meglio che stasera vada a dormire da Seojoon. Devo schiarirmi le idee anche io», aggiunse lui, oltre il bancone, come un soldato che fissa il suo nemico dall'altra parte della trincea.

«Vado. È tardi... e non penso ci sia altro da dire, vero?», fece Jisoo, asciugandosi le lacrime con il palmo della mano e guardando ovunque tranne che nella direzione di Taehyung.

«Buonanotte», disse lui in tutta risposta.

Jisoo gli lanciò un'occhiata piena di risentimento: in quel momento sentiva di odiarlo per essere stato così egoista, per non esserle venuto minimamente incontro e costringerla ad una decisione definitiva, senza possibilità di appello.

"Perché non riesci a essere felice per me? Perché mi metti davanti ad un bivio, anzi che aiutarmi a prendere serenamente una decisione?
Perché mi fai questo?"

Si sciolse con un gesto di stizza il grembiule che aveva in vita e lo gettò a terra, come se fossero le catene che la tenevano aggrappata a quel posto e, in qualche modo, a lui.
Si voltò senza aggiungere una parola, afferrò la giacca dall'appendiabiti e se la infilò malamente, per poi
allontanarsi a grandi falcate, mentre gli occhi di Taehyung seguivano ogni suo passo in silenzio.

[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per scoprirlo.]


È stato un capitolo faticoso, difficile da scrivere e da raccontare, per questo ho impiegato più tempo per pubblicarlo.
Spero che via siano arrivate tutte le sensazioni che speravo di esprimere.
Ps: ascoltate la canzone in copertina😉

*Bokbunjaju: vino coreano a base di more
*Maesilju: vino coreano a base di prugne.

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