32. Noi siamo cenere
Sunshine approfittò del momento in cui le guardie avevano circondato Damien per sgattaiolare nella direzione in cui era andato Dominous. Fu più facile del previsto e nessuno si accorse di lei, visto che gli ospiti erano troppo impegnati nella "cerimonia di premiazione" di Damien. Gli avrebbe chiesto dopo di cosa si trattasse, ora la priorità era salvare le fate. Girò a destra nel corridoio in cui pensava di aver visto andare Dominous ma lui era come scomparso. Il lungo corridoio non era sorvegliato ed era completamente spoglio, ad eccezione per due enormi vasi di porcellana neri disposti uno di fronte all'altro. Sembravano essere molto antichi ma, a parte questo, non sembrava esserci niente di particolare valore. "Se non c'è sorveglianza, credo non ci sia niente a proteggere..."riflettè la fata, che cambiò strada. Ripassò mentalmente i luoghi che Damien aveva disegnato sul foglio stropicciato che le aveva mostrato e con cautela si diresse nell'ala sinistra del corridoio.
"Ecco, direi che ragioniamo."
Due diversi ingressi: uno sorvegliato da due guardie alla sua sinistra e l'altro al centro, con delle scale che portavano verso il basso, forse ai sotterranei, senza nessuno. Sentì diverse voci arrivare dalla parte opposta del corridoio e sollevò l'abito blu per estrarre il piccolo pugnale che aveva nascosto nella giarrettiera in pizzo. Si infilò all'interno di uno dei grossi vasi e attese che i passi pesanti delle guardie andarono oltre di lei. Contò più passi del previsto e tese l'orecchio per capire quanti fossero. "O si tratta di un esercito o stanno riportando le fate alle loro prigioni."
Ne ebbe conferma quando sentì una voce maschile: «Ho riportato la merce. Una volta legate, rimanete di sorveglianza.»
Alzò la testa dal vaso e notò che le guardie che sorvegliavano le scale non c'erano più. In compenso, una polvere verdastra riempiva il pavimento di marmo bianco del corridoio. Passò qualche minuto e sentì di nuovo le voci dei due soldati.
«Certo che sono proprio belle, spero che Brux ci permetta ancora di giocare con loro.»
Una risata si levò dal fondo delle scale e Sunshine vide emergere gli uomini dall'oscurità.
«Tua moglie che ne pensa di questo?»
«Ma cosa vuoi che ne pensi, quella non si fa scopare neanche più!-si lamentò l'uomo. Entrambi si misero in postazione davanti alle scale e si appoggiarono al muro per sorvegliare l'ingresso.
"Dai, andatevene!" pregò Sunshine impaziente. Ninfea e le altre fate si trovavano a soli pochi passi da lei e non riusciva più ad aspettare. Doveva trovare un piano, quegli esseri viscidi non si sarebbero allontanati da lì tanto facilmente. Tornò indietro nel corridoio e cercò qualsiasi cosa che potesse tornarle utile. Certo, avrebbe potuto fare un incantesimo per addormentare i due uomini, ma se ci fosse stata un emergenza sarebbe dovuta essere al meglio della sua capacità fisica. "Per ora, gli incantesimi sono esclusi." Osservò di nuovo i grossi vasi neri e un'idea balenò nella sua mente.
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Ninfea rimase in silenzio per tutto il percorso che la riconduceva alle prigioni in cui lei e le altre fate erano ormai prigioniere da mesi. Questa volta, dopo lo spettacolo, non erano state legate e solo una guardia le stava riaccompagnando nel lungo corridoio che portava ai sotterranei. La guardia era armata ma, forse, se tutte le fate l'avessero colta all'improvviso avrebbero potuto liberarsi e scappare.
Magari qualcuna di loro sarebbe sopravvissuta.
Scacciò dalla testa quel pensiero e con le mani libere accarezzò i capelli rosa della piccola Roxy. Lei si girò a guardarla stranita e in silenzio strusciò la faccia contro la mano della fata. Non parlava da quel giorno, da quando aveva assistito alla morte della madre e quel mostro del Primo Generale le aveva dato la colpa. Ninfea guardò ancora una volta la guarda di fronte a sé ed ebbe l'impulso di sfilargli la spada. E poi? Cos'avrebbe fatto? Aveva a malapena le forze di camminare, sarebbe riuscita a portare via anche le altre fate?
Il suo conflitto interiore le riportò alla mente che doveva solo aspettare: Sunshine l'aveva trovata. Non riusciva a capire perché si trovasse proprio lì al castello di Dominous, vestita in abiti eleganti e a ballare la danza delle fate con un nemico, ma sicuramente c'era una ragione. Sunshine era sempre stata una bella ragazza, poteva aver ingannato un membro della stirpe demoniaca per infiltrarsi al castello.
Ripensò allo sguardo che la sua migliore amica si era scambiata con quel demone e rabbrividì, Sunshine doveva davvero essere una brava attrice per fingere un'espressione così piena di amore.
La guardia le lasciò con altri due uomini e il respiro di Ninfea si bloccò quando ridendo le condussero alle scale buie che portavano alla prigione. Il sotterraneo era umido come al solito e l'aria era stantia e puzzava di escrementi. Osservò le fredde catene di metallo che da molti mesi era costretta ad indossare sui suoi polsi scorticati e le venne da vomitare al pensiero di cosa ebbe dovuto affrontare attaccata alla parete della stanza. Strinse con forza le ferite sulle sue cosce che ancora non si erano del tutto riemarginate e si sedetta in silenzio a terra, in attesa di essere di nuovo legata. Il suo corpo tremò quando il soldato le sfiorò la pelle con le dita, mentre con gli occhi indugiava un po' troppo alle sue gambe.
Sospirò di sollievo quando si allontanò con l'altra guardia e li vide risalire per le scale, ascoltando i loro commenti sgradevoli su quello che avrebbero voluto farle.
«E adesso?» le sussurrò una sua compagna fata, con le ali tremanti. "Non lo so." voleva rispondere Ninfea. Non aveva idea di quanto ci potesse mettere Sunshine, e se fosse stata catturata anche lei?
Il flusso dei suoi pensieri si interruppe quando un sentì un rumore secco rimbombare nel corridoio. Rimase in silenzio, cercando di captare altri movimenti. Per i minuti successivi, non ci fu più alcun rumore. Poi il suono di chiavi che sbattevano sulle grate metalliche si espanse per l'intero sotterraneo e un corpo scivolò pesante lungo le scale. Una scia di sangue scura si espandeva sotto di lui.
«Sunshine!» urlò Ninfea quando si accorse che la fata era in piedi, accanto al soldato riverso a terra.
«Shh!» avvisò le altre fate. Fece cenno loro di alzarsi e liberò una ad una con le chiavi che aveva preso al soldato.
«Stai bene?» le domandò Ninfea, osservando le mani e il viso insanguinato della sua migliore amica.
«Sì, non è mio.»
Sunshine si mosse veloce verso le scale e invitò le altre fate a seguirla. Salì le scale e scrutò con attenzione il corridoio, per assicurarsi che non ci fosse nessuno. «Venite!» bisbigliò la fata, poi indicò dei cocci insanguinati a terra e un altro soldato riverso lì affianco. «Fate attenzione a non calpestarli.»
«Come hai fatto?» domandò Ninfea. Non uno ma ben due uomini giacevano ora sul pavimento a causa di Sunshine. «Ne ho attirato uno rompendo un vaso e nascondendomi nell'altro...» sorrise la fata. «Quello rimasto è stato facile da eliminare.» aggiunse, sollevando il pugnale sporco di sangue. Ninfea squadrò con timore i suoi occhi ametista e si accorse di non riconoscere più lo sguardo dolce che era sempre appartenuto alla sua migliore amica. Ormai, l'ombra consumava la sua anima.
«Seguitemi.» disse Sunshine, avviandosi con fare sicuro lungo il corridoio. Da quel che ricordava del piano, a destra dei sotterranei si trovava il passaggio della servitù e da lì Castiel avrebbe aspettato lei e Damien per portare via le fate. Spiegò a Ninfea il piano e controllò per l'ultima volta che non ci fosse nessuno a seguirle. Come previsto, arrivarono alle cucine del castello in breve tempo. Dovevano essere tutti indaffarati con la cerimonia nel salone, perché erano completamente deserte. Sunshine sospirò di sollievo quando senza problemi raggiunsero il giardino botanico dietro le cucine, da cui i cuochi del palazzo si rifornivano di verdure e spezie grazie all'enorme orto.
«Sunshine, chi sono quelli?» le indicò Ninfea, indicando alcune figure nell'ombra.
La fata non rispose e si avvicinò con cautela alla zona e riconobbe Castiel in lontananza, che sembrava intento a discutere animatamente con l'uomo incappucciato di fronte a lui. Sunshine notò un paio di carrozze dietro di loro e riconobbe nell'aria un profumo di fiori familiare.
«Sunshine, eccoti finalmente!» la richiamò Castiel quando si accorse di lei. «Vedo che la missione è riuscita.»
«Non c'erano dubbi che tu potessi farcela.» aggiunse una voce familiare e il misterioso uomo sì girò verso la fata. I suoi capelli biondi erano coperti dal cappuccio grigio che indossava ma si intravedevano da sotto il tessuto scuro e gli occhi verde smeraldo brillavano nell'oscurità della notte.
«Lumio!» Ninfea gli corse incontro. «Siete venuti a salvarci?» domandò piena di gratitudine. In quel momento Sunshine si rese conto che le altre figure incappucciate alla guida delle carrozze erano tutte fate.
Sunshine era esterrefatta, non riusciva a capire in che modo un gruppo consistente di fate fosse riuscito ad infiltrarsi nel Regno dei demoni, con anche delle carrozze al seguito.
Lumio indicò Castiel, che era appoggiato alle mura del castello in silenzio. «Questo licantropo...» nel suo tono di voce si intravedeva una punta di disgusto, «... è arrivato due giorni fa e ci ha parlato del piano. Non potevo non intervenire, anche se mio padre era contrario.» concluse la spiegazione fissando Sunshine, che distolse lo sguardo. Non poteva certo far capire a Castiel che si conoscessero.
«Non riesco a capire...» mormorò la fata confusa. «Come hai fatto a trovare il villaggio?»
«Qualche giorno fa Damien mi ha mostrato una mappa con una X rossa e mi ha detto che in quel luogo avrei trovato un villaggio di fate...» rispose, passandosi una mano fra i capelli, « a dir la verità, non avevo intenzione di collaborare con delle fate ma Silton credeva che fosse la cosa più giusta da fare, quindi ho trovato il modo di farli arrivare fin qui...»
Ancora una volta, era stato l'amore a permettere il miracolo. Se non fosse stato per il forte sentimento che legava l'elfo e il Gran Cavaliere, forse salvare le fate non sarebbe stato possibile.
«Grazie... ad entrambi.» sorrise Sunshine e strinse con gioia la mano di entrambi i due uomini, che borbottarono imbarazzati. «Fatele tornare a casa sane e salve, le affido a voi.»
«Tu dove vai?» domandò Ninfea afferrando il polso di Sunshine. Si erano appena ritrovate e non aveva intenzione di lasciarla andare.
«Il diario della Creatrice potrebbe trovarsi qui nel castello e devo avvisare Damien che la missione è riuscita.»
«Damien? Il demone?!» chiese infuriata. «Te l'ha detto lui del diario? Come fai a sapere che non sta mentendo?!» strinse la presa più salda sul braccio dell'amica. Non riusciva a credere come Sunshine fosse disposta a rischiare la vita per le supposizioni di un demone.
«Mi fido di lui.» la fata allentò la presa di Ninfea sul suo braccio. «Non mi ha mentito, ma ora non c'è tempo per parlarne. Andate!» intimò Sunshine. Si separò dalle altre fate mentre Ninfea stringeva i pugni.
"Si fida di lui." Di un nemico, un sanguinario demone. A causa loro, aveva dovuto passare indicibili sofferenze, eppure la sua migliore amica semplicemente si fidava. Un improvviso brivido le attraversò il corpo mentre si rendeva conto di provare una punta di disprezzo per lei. Era felice che Sunshine stesse bene, ma non riusciva a credere a come si fosse integrata in modo così naturale alla vita nel Regno dei demoni. Non sembrava portare gli strascichi di cicatrici fisiche e mentali che invece in lei non si erano rimarginate e che non sarebbero guarite mai. Quello che aveva passato, tutto ciò che aveva vissuto in quella maledetta prigione, non l'avrebbe mai dimenticato. E invece Sunshine sembrava addirittura soddisfatta della vita che stava facendo. Non riusciva a togliersi dalla mente l'espressione che aveva fatto mentre ballava con quel demone.
"Lei è colei che ha salvato tutte noi." pensò, senza rendersi conto che stava andando in iperventilazione. Sunshine, la fata senza ali, che sembrava essere così felice della sua nuova vita. E che adesso stava correndo fra le braccia del nemico.
Quel giorno, l'aveva invece abbandonata al suo destino.
Il legame che credeva
indissolubile fra loro, era diventato il fuoco di una fiamma che invece di riscaldarla nei momenti di sconforto, l'aveva bruciata. Di quel filo insivibile che le univa, non era rimasta che cenere.
Ninfea si fece una promessa: non avrebbe mai smesso di odiarla.
SPAZIO AUTRICE
:(
commento questo capitolo solo con l'emoticon triste.
Comunque, come pensavo, la RIVELAZIONE SHOCK dovrò metterla nel prossimo capitolo. Scusate ma mi sembrava opportuno approfondire un po' i sentimenti di Ninfea...
Ma ora sono triste :(((
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