XXXVI. Ultima prova
Kronos
«Ormai, se anche vincessi questa prova, tu hai comunque vinto il torneo... giusto?» Adonis si sistema i capelli, osservandosi nello specchio d'acqua del Lago.
Immagino sia anche discalculico, oltre che dislessico. Ma non ho intenzione di fargli domande. In fondo, ha ragione. Ho già vinto.
Realizzarlo, però, è strano. La frenesia mi sta logorando, brucia e devasta quel che resta della mia anima. Manca solo una prova a separarmi dalla mia vendetta.
E delle informazioni.
«Ricordi cosa ti ho chiesto, tempo fa?»
Adonis si volta a guardarmi con un sorrisetto. Dà un'ultima occhiata al proprio riflesso e poi torna ad avvicinarsi a me. Si abbassa lentamente sulle ginocchia, per raggiungere la mia altezza, dato che me ne sto seduto all'ombra di un vecchio pino. «Certo, tesoro. Ti interessano i Walker, a quanto pare.»
Serro la mandibola.
Erik e Paul Walker.
Mi hanno strappato la pelle per un mese intero. Mi hanno segregato insieme a un loro conoscente. A turni si divertivano con me. Ero il loro giocattolo preferito, il loro piccolo gioiellino.
All'inizio credevo di essere uno stupido irriconoscente. Dovevo ringraziarli in qualche modo per avermi portato via dalle strade povere in cui vivevo. Volevano salvarmi, mi avevano offerto della cioccolata, alla fine perché non avrei dovuto accontentarli?
Ho realizzato di essere da sempre un sopravvissuto e che, per quelli come me, non ci sarebbe mai stato un attimo di tregua. La sofferenza è la mia seconda pelle, cucita col sangue addosso. E a quanto pare so portarne bene le cicatrici.
Ucciderli significherebbe provare a rinascere, liberandomi di quei vestiti troppo stretti che mi impediscono anche solo di respirare.
Uno di loro è caduto.
Il suo omicidio è il motivo per cui sono qui, nella città dei reietti.
Adesso tocca ad Erik e Paul Walker morire.
Non mi interessa del potere, non voglio comandare la Grande Città, dominio dell'incoerenza, sovrana di una finta e vacua perfezione. Avvocato di una giustizia inesistente.
"Dobbiamo ucciderli.
Ucciderli tutti.
Me lo hai promesso."
La voce di Javier urla contro le pareti della mia testa, facendomi risalire i conati su per la gola. La bile acida mi infiamma il petto.
Sbatto appena le palpebre, ritornando alla realtà, quando Adonis mi schiocca le dita davanti agli occhi. «Tutto bene?»
«Sì. Stavo pensando. Allora? Dove posso trovarli? Ti ho pagato bene, Adonis. Non hai usato i miei soldi solo al tavolo da gioco, no?» So che è un idiota con un serio problema di ludopatia. Ma ho disperatamente bisogno di informazioni. Devo sapere dove si nascondono, i luoghi che frequentano. Attaccarli nella loro Villa, sicuramente sorvegliata in ogni angolo, sarebbe davvero imprudente.
Adonis mi osserva con un cipiglio preoccupato. Ha uno strano sguardo, in verità, non saprei decifrarlo, ma i suoi occhi sembrano brillare frenetici. «Ogni giovedì mattina sono in una Biblioteca poco lontano dal loro Palazzo. Sono lì con alcuni consiglieri. L'accesso alla Biblioteca di solito è pubblico, ma il giovedì è quasi sempre chiusa. C'è un ingresso laterale, però. Li troverai sicuramente lì.»
Non riesco a trattenere un sorriso compiaciuto. Presto il loro sangue sarà sulle mie mani. Entrare significherebbe rischiare di farli scappare. Potrei nascondere una bomba all'interno il giorno prima e azionarla a distanza il giovedì.
Il cuore mi martella in petto dall'emozione.
Sfilo la fiaschetta e mando giù un sorso di whisky, prima di fiondarmi sulle sue labbra.
🫀🫀🫀
A notte inoltrata, Adonis mi dà uno strattone per risvegliarmi. Mi scappa un mugugno infastidito e gli lancio un'occhiata truce. Avevo creato un giaciglio meravigliosamente comodo con le foglie. Chissà come stavo riuscendo a riposare. «Dammi un solo motivo per non ucciderti.»
Adonis ridacchia e mi deposita un bacio sul collo. Trattengo appena il respiro. Sono le sue labbra. Non quelle di Erik. Mi allontano, all'improvviso, ignorando il suo cipiglio preoccupato.
Adonis non fa domande. E lo apprezzo, nonostante sappia che è un idiota impiccione. Ho notato quante serate ha trascorso a casa nostra, a chiacchierare di fatti e persone - che neanche pensavo esistessero- insieme a mio fratello Iapetus. Hyperion li definiva pettegole e non mi sento di dargli torto, in realtà. Il fatto che riesca a combattere il suo impulso da ficcanaso mi sorprende piacevolmente.
«È iniziata l'ultima prova, tesoro. Sarò io a illustrartela. Dobbiamo pur sempre farla, no? E sappi che questa volta non ti lascerò vincere. Mi impegnerò al massimo.»
Ridacchio e mi tiro a sedere, liberando i capelli dalle foglie secche. Spero che non si siano sporcati troppo o potrei seriamente lanciare un urlo impazzito. «Sono tutt'orecchi, allora.»
Adonis fa un mezzo sorriso e si alza in piedi. Si sistema la camicia, come al solito mezza sbottonata, e tossicchia per dar vigore alla voce. «Benvenuti campioni-» inizia con tono solenne.
«Che cazzo hai fatto alla voce?»
Lui aggrotta la fronte, in un'espressione immusonita. «Volevo sembrare imponente come tutti quelli che sono venuti a presentarci le prove. Perché, non ti piace?»
Mi scappa da ridere. «E Rhea era solenne?»
«Tua sorella mi mette i brividi. Sembra sempre che voglia ammazzarmi con lo sguardo, sinceramente.» Adonis scrolla le spalle. Poi gonfia di nuovo il petto. «Non interrompermi più, comunque.» Ricomincia con quella voce grave che lo fa sembrare più idiota di quanto già sia. «Stavo dicendo: la prova prevederà il dover recuperare dell'acqua dalla cima della cascata-» volgo lo sguardo verso il monte da cui sgorga la sorgente. È davvero alto. E a strapiombo. Artemis forse aveva intenzione di farci spiaccicare al suolo come moscerini. «-Senza far cadere neanche un goccio e senza rompere l'oggetto con cui recupererete l'acqua. Ma non è tutto.»
«Puoi smetterla di parlare così? Non riesco a prenderti sul serio.» Ridacchio, passandomi una mano tra i capelli.
Adonis mi scocca un'occhiataccia fulminante. «Tu-tu puoi farmi fare? Grazie.»
Alzo le mani in segno di resa, lasciando che continui a fare il deficiente. Immagino sia difficile smettere. Adonis sbuffa e riprende a parlare: «Basta. Mi hai scocciato. Dobbiamo recuperare l'acqua, non farla cadere e stare attenti agli animali che circolano di notte nei dintorni, potrebbero attaccare. Potrebbero essere stati sciolti da poco.»
Una serie di fremiti mi attraversa la spina dorsale. Come se fossi stato improvvisamente azionato da una molla, mi rizzo in piedi. «Che cosa?! Cazzo.»
Adonis ridacchia divertito. Il suo braccio mi cinge i fianchi. «Andiamo, tesoro. Sarà divertente. Non mi dire che un paio di animaletti ti possano spaventare.» Idiota. Lo spingo lontano, assestandogli una gomitata al fianco.
Ho affrontato bestie peggiori di animali affamati, certo. Ma l'uomo è una belva prevedibile, stupida. Conosco abbastanza bene il suo modo di fare e, nella città dei reietti, non esiste nessuno che non abbia il proprio animo votato al male. «Bene, adesso mi costruirò qualcosa con cui recuperare l'acqua-»
Adonis mi afferra per il mento. Fa pressione con pollice e indice sulle mie guance, facendomi ritrovare con le labbra arricciate in avanti. Del mio discorso ormai non resta che un mugugno indistinto. Gli spaccherei volentieri quel bel faccino che si ritrova. «Non preoccuparti, tesoro. Dobbiamo solo scalare la montagna da cui sgorga la cascata. Lì sopra troveremo già delle anfore da riempire. Le ha sistemate Hydra questa notte, mentre dormivi come un bellissimo angioletto-»
Gli assesto un pugno allo stomaco, non troppo forte. Si contorce su se stesso e gli scappa un piccolo rantolo. «Va bene, okay. Andiamo, allora?»
«Non ti lascerò vincere. Devo pur collezionare il punteggio più alto che si sia mai registrato nella storia del Torneo, no?» Gli ammicco e lo spingo a terra.
Mi avvio su per la salita, cercando di non scivolare tra le rocce e il fango. Sento Adonis lamentarsi alle mie spalle e ridacchio. Mi giro a guardarlo. «Com'è che si dice? Ah, già. In amore e in guerra non esistono regole.»
Adonis bofonchia qualcosa che mi arriva come un sussurro indistinto.
Mentre scalo la salita, con le gambe che iniziano a sentire il peso della fatica, percepisco alcuni rumori provenienti dalla sommità della montagna.
Qualcosa non va. Ammetto di essere da sempre molto paranoico, ma non sono uno stupido. Ormai ho imparato a fiutare il pericolo. I miei sensi scattano in allerta. Sfilo il pugnale e lo porto in avanti.
Ormai ho vinto questo torneo, non mi interessa di nient'altro, se non tenere in vita Adonis e me.
Arrivato in cima, aleggia uno strano silenzio. Mi guardo intorno, ignorando quella sensazione di essere così in alto da sentire quasi le nuvole gravare sulle mie spalle, come se stessi mantenendo da solo la volta celeste. Una sferzata di gelido vento mi congela sul posto. Mi guardo attorno. Sento solo il rumore del mio respiro pesante e il leggero fruscio delle foglie.
Nessuna voce.
Nessun passo.
Tutto troppo tranquillo.
Il silenzio viene lacerato dalla voce ansimante di Adonis. Mi si fa accanto, accasciandosi su se stesso e tenendosi con le mani sulle ginocchia. «Cacchio, sei veloce. Io sto morendo.» Prende un altro grosso respiro, rilasciando l'aria a fiotti. «Perché ti sei fermato? Vuoi farmi vincere, tes-» Gli porto una mano alla bocca.
Perché diavolo non sta mai zitto? Sento uno scricchiolio. Un ramo calpestato.
«Giù.» Urlo, senza neanche accorgermene. Mi abbasso a terra, tirando Adonis al mio fianco. Lo sento lamentarsi, ma pochi istanti dopo una freccia sibila alle nostre spalle e si conficca sul terreno, poco davanti a noi.
Un agguato.
«Ma che cazzo succede?» Adonis si tira in piedi, rischiando di scivolare nel terreno fangoso.
Lo afferro per le guance. Con la coda dell'occhio osservo cinque uomini avanzare nella nostra direzione. «Allora, ascoltami. Athena ci vuole morti, anzi vuole morto me. Io li ammazzo e tu concludi questa prova. Non ho bisogno del miglior punteggio»
Lui ha gli occhi sgranati. Sembra confuso, ma fa un cenno d'assenso. I suoi ricci biondi sembrano galleggiare in aria. «Ma che cazzo dici? Hai deciso di farti ammazzare?! Non se ne parla, ti do una mano.»
«Troppo presto per morire per me. Ho qualcuno che mi aspetta nella Grande Città per potermelo permettere.» Non gli do il tempo di ribattere, che inizio a correre nella direzione degli scagnozzi di Athena.
Uno di loro alza il braccio per scoccare una freccia. Mi abbasso giusto in tempo. Acciuffo una pietra da terra e gliela lancio contro, colpendolo alla fronte e stordendolo.
Almeno uno è quasi fuori gioco.
Il tempo di rialzarmi e vedo Adonis superarmi. Si lancia addosso a uno degli avversari, caricandolo come fosse un ariete. Lo spinge a terra. Si posiziona a cavalcioni su di lui, tempestandolo di pugni.
«Siamo noi quelli che vogliono.» Javier mi urla contro. «Devi ucciderli!»
Per quanto detesti ammetterlo, so bene che ha ragione. Me ne rendo conto nell'istante in cui gli altri tre uomini vengono nella mia direzione, anziché preoccuparsi di Adonis, che sta maciullando il volto della sua preda.
Sfilo dal mio zaino la mia fedele mazza chiodata. Ne osservo le lame appuntite, ancora incrostate dal sangue di Dedalus. «Credo che oggi per voi sarà una brutta giornata.»
Il primo mi attacca con una spada. Scivolo di lato, evitando l'affondo. E l'arma sferza l'aria a vuoto. Ne approfitto per colpire con la mazza il secondo -un tipo fin troppo grosso per i miei standard- al piede. Ulula dal dolore e trovo non esista melodia più piacevole. Dopodiché gli sfracello il cranio con un solo colpo, il sangue mi schizza in volto. Torno a prestare attenzione allo spadaccino scarso. Devio un'altra stoccata, bloccando la lama tra i denti acuminati della mia arma. Gli assesto un calcio al ginocchio e gli sfilo l'arma dalle mani, una volta che crolla sulle gambe.
Una fitta intensa mi fa perdere l'equilibrio. Avevo dimenticato fossero in tre. Mi accascio al suolo, sputando sangue. Mi accarezzo il fianco e le dita si sporcano di liquido cremisi. Un pugno mi colpisce in pieno volto. Brucia. Cazzo. Strizzo gli occhi, ingoiando il dolore. Mi sembra che i miei mal di testa stiano rimbombando ancora di più tra le pareti del cervello. Non sento più il naso. «Okay-» Sputo del sangue a terra, «adesso ti ammazzo.» Mi tiro in piedi. Con la coda dell'occhio mi rendo conto che il terzo omaccione è pronto a infilzarmi con la sua spada. Aspetto il momento giusto e poi vado giù. L'uomo infilza il suo compagno allo stomaco e l'urlo di dolore lacera l'aria.
Ne approfitto e recupero la mia mazza da terra. Dilanio di colpi la schiena dell'ultimo rimasto, troppo stordito per aver ucciso un suo amico e reagire. Soccombe sotto la mia furia.
Ridicoli. Resto lì a osservare i tre colpi senza vita. Athena credeva di potermi eliminare come se nulla fosse. Lascerò che creda di non volere vendetta. Sono troppo concentrato su Erik e Paul Walker. Presto, però, toccherà anche a lei.
«Ti sei divertito, tesoro?» Adonis mi riporta alla realtà, esibendo un sorrisetto sfrontato.
Do un ultimo calcetto a uno dei corpi, così tanto per accertarmi che siano morti bene. «Sei stato lì tutto il tempo a guardarmi?» Sbuffo scocciato.
Adonis si porta le mani in petto. «Io ho ucciso anche quell'idiota che avevi colpito con la pietra... e poi non volevo disturbarti. Mi sembravi abbastanza divertito.»
Mi pulisco il naso dal sangue rappreso. Mi scappa un rantolo di dolore, quando mi stiracchio, e il fianco riprende a bruciarmi.
Adonis si incupisce e mi affianca. «Stai bene?»
«Sì. Ho vissuto di peggio.»
«Non mi sembra.»
«Concludi questa prova del cazzo. Ce ne andiamo alla fonte e mi cucio la ferita. Ho il kit con me.» Sbuffo dolorante.
Adonis rotea gli occhi. «E il record di punti? Non vuoi più farlo?»
Non riesco a rispondergli. Alzo un dito e gli faccio cenno di stare in silenzio. Lui aggrotta la fronte. C'è un orso che si sta avvicinando nella nostra direzione. E non credo che voglia salutarci in maniera amichevole. «Vieni verso di me con calma. Non urlare.»
Adonis si volta a guardare indietro e ha un leggero sussulto. Inizia ad arretrare verso di me, senza dare le spalle all'animale. «Porca puttana, non me lo ricordavo così enorme.»
Deglutisco. «Hydra lo ha portato qui?!»
«Non proprio Hydra. Uno dei collaboratori di Artemis aveva un circo e lo ha liberato oggi... sembra simpatico.»
Come cazzo fa a essere simpatico un orso? Al massimo sta immaginando tutti i possibili modi in cui ammazzarci.
«Riempi l'anfora d'acqua. Io lo distraggo. Anzi gli mostro il suo pranzo, magari cinque uomini lo sfamano.»
Adonis mi lancia un'occhiata preoccupata, ma per una volta non protesta e ringrazio Dio di questo miracolo. Lo osservo mentre si allontana. Recupera da terra una delle anfore e si avvicina lentamente allo strapiombo per riempirla d'acqua.
Che prova del cazzo.
L'orso sbuffa nella mia direzione, ma ha gli occhi puntati su Adonis. Batto le mani, per attirare di nuovo la sua attenzione. «Ehi! Non ti va un bel banchetto?» Gli indico i tre corpi ai miei piedi.
Cammino lentamente all'indietro, dirigendomi verso il pendio. Adonis mi imita, dopo aver riempito la propria anfora. «Se corressimo via?»
Certo, non vedo l'ora di diventare spezzatino per orsi. Immagino di avere un buon sapore, chi cazzo lo sa.
«Vuoi diventare la sua cena?!» Gli lancio un'occhiata torva.
L'orso ci osserva, mentre ci allontaniamo. Inizia ad annusare i corpi a terra e, quando lo vedo finalmente distratto, inizio a correre via. Così veloce da non sentire le gambe, sfreccio giù per il pendio, scivolando appena e rischiando di spezzarmi qualche osso.
Ruzzolo a terra, arrivando a valle, con le foglie incastrate tra i capelli.
Non mi dà fastidio il fianco. Né l'attacco a sorpresa, né essere stato sul punto di diventare il dessert di un orso.
Ma le foglie tra i capelli rischiano di farmi impazzire.
Adonis mi raggiunge pochi istanti dopo, tenendo ancora ben protetta la propria anfora. Mi sorride sfrontato. «Ho vinto la prova ufficialmente, ma tu il torneo, tesoro.» Si allunga verso di me per schioccarmi un bacio. Mi accarezza la guancia e poi percorre il profilo della mascella.
Gli lascerei fare di me tutto quello che vuole. Per quanto mi sforzi di negarlo, resterò sempre in balia del suo umore, dipendente dal suo sorriso da idiota.
Gli prendo il polso e faccio per allontanarlo, ma si avvicina ancora di più a me. Osserva la macchia rossa della mia camicia e storce il naso. «Ci penso io a farti stare meglio. Dov'è il kit?»
🫀🫀🫀
Angolino
Come state? Io non so, è tutto nuovo per me, post laurea.
Mancano comunque tre capitoli + epilogo.
È strano.
Ho un'altra storia in cantiere, che sto scrivendo, ma la sto portando avanti letteralmente andando a caso, quindi non so se continuerò a pubblicare.
Anche perché non so se mi piacerà la storia a cazzo, che chiameremo SaC (chi sa, sa) al punto di volerla pubblicare. Però mi sta divertendo scriverla.
Mi sento vuota, comunque.
E soprattutto sola senza i miei bimbi di SoF e ToB. Spero di potervi ritrovare anche nei prossimi progetti (se mai ci saranno.)
Grazie ancora a tutti🩵🩵
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