I. Legendragon.

«Lunga vita al re!
Lunga vita a re Alexander Victum Legendragon! Duecentesimo della dinastia Legendragon e vincitore della Battaglia delle Serpi Oscure! Che possa regnare nei secoli, in un mondo prosperoso, di pace e amore. Lunga vita al re!»

La voce di sir Lidian echeggiò tra le pareti della fortezza dorata, nella sala dell'incoronazione. Gli abitanti avevano atteso quel giorno delle Nove Lune per dieci anni or Sole. Era passato un secolo dai Giochi del Regno, una lunga ed estenuante battaglia in cui i migliori cavalieri degli otto Regni, in groppa a un drago, si contendevano il Trono dei Troni, la carica per prendere decisioni su tutti i Regni della Terra.

Xander Il Grande, il Re del popolo, fu il primo a salire sul Trono dei Troni dopo anni di dominio Wingdragon e Wealthagon. Ma grazie al fervore del popolo, reclamò anche quello di Legendragon.

Una ricompensa modesta per chi dall'impugnatura della spada aveva ottenuto onore e dominio sul mondo, ma necessaria per veicolare al nemico il messaggio principale:

I Legendragon erano tornati.

Erano tornati a rivendicare un posto che gli spettava da secoli: fu Henry Legendragon, il fondatore divino della dinastia, a far forgiare le lame dorate e il ferro del Trono dei Troni per ergerlo sulla montagna più alta.

Alexander non fu uno dei tanti: oltre all'illustre carica di Cavaliere più fidato di Re Glorium, aiutò a migliorare il tenore di vita degli abitanti del Regno, e attirò anche le invidie e le ostilità del popolo dei Wealthagon, - che sfruttavano le ricchezze per ingraziarsi il loro popolo. Xander l'uomo delle folle, colui che con l'armatura visitava le famiglie più a Sud del castello per accertarsi che avessero il necessario per vivere. Al minimo problema era pronto ad attraversare i cancelli per riferire al re un consiglio su come venirne a capo.

Re Glorium non brillava per l'ingegno: le sue abilità si limitavano al campo di battaglia. Perse il Trono dei Troni a causa della scarsa lungimiranza e la presunzione gli costò cara: fu un Wingdragon a vincere i Giochi del Regno e a spodestarlo. Nelle battaglie, il re trascurava sia i consigli dei cavalieri che della moglie Lady Ana. Ella era della dinastia Firengon, un Regno che raramente riusciva a combinare matrimoni con i Legedragon: agli occhi dei Figli del Drago, i Firengon erano il popolo della dannata bellezza, fallivano sul campo e corrompevano nelle camere da letto, usurpatori devoti al fascino delle loro regine e principesse in grado di ammaliare anche i sovrani più onorevoli.

Re Glorium si rifiutava di ascoltare le opinioni di una donna conquistata tra le lenzuola del castello in onore del Ballo del Sole, e sottratta all'amico d'infanzia Re Maida Firengon. Ma tra i pochi atti geniali che riuscì a compiere per il reame, ci fu quello di instaurare un consiglio di Cavalieri pronti a morire e governare per lui, anche a sostituirlo; per quest'ultimo caso, era necessario guadagnarsi la fiducia con prove mortali. Xander Il Grande ci era riuscito. Il Legendragon era sì lodato da ogni angolo del reame, ma non meno da sua figlia Victoria, prima della famiglia che, con gli occhi colmi di orgoglio, lo aveva esaminato nell'afferrare lo scettro e accettare la corona di diamanti bianchi e foglie d'alloro. Con la nuova carica del padre, le responsabilità si erano moltiplicate. Donna, prima della famiglia e cresciuta a spada e ferro tra le fortezze del castello.

Per i Legendragon la legittimità maschile era l'attenuante con cui un Regno firmava a morte la sua condanna: scegliere di posizionare sul trono il primo erede maschio della famiglia era simbolo di codardia. Tipico delle famiglie Saildragon, invece, era implorare anche il quinto discendente, a patto che fosse uomo. Non contava che il trono spettasse di diritto alle quattro donne precedenti per data di nascita, poiché per loro gli uomini erano gli unici in grado di governare; e la mentalità secolare impartita alle regine era talmente efficace da farle sentire oggetti da collezione del re, accessori con cui riempire la corona, umili spose da mostrare alle cerimonie, limitandole nel resto del tempo a soddisfare i marinai del reame.

Una visione molto lontana da quella dei Firengon e dei Legendragon, con questi ultimi follemente innamorati della principessa.

I Legendragon però erano gli unici che, per la successione, dovevano farsi notare per il loro coraggio e valore, soprattutto nel Torneo Annuale dei Cavalieri.

Un percorso ponderoso che li aveva resi la casata più longeva, con più re in carica nella storia. Anche in anni di fallimento, erano rispettati e alleati con tutti.

Tutto questo e ancor di più pesava sulle spalle di una donna dai capelli corvini e gli occhi scuri come le tenebre, che alla soglia dei vent'anni dovette provare di esser degna figlia di Xander Il Grande. Il popolo, per la bontà sfoggiata nei loro riguardi, l'aveva già resa immortale. Ma agli occhi dei reali, era ancora l'ingenua figlia di un re che aveva dimostrato tutto ciò che c'era da dimostrare. Victoria era tanto audace da aver chiesto a suo padre di scegliere da sola il re con cui un probabile domani avrebbe governato. Nessun matrimonio combinato, né qualcuno che non avrebbe mai amato. Era cresciuta con le storie narrate dalla serva Rose durante i suoi servigi e custodite nella libreria di palazzo: regine e principesse che avevano vissuto il loro amore e avevano servito il Regno soddisfatte, felici e spensierate. Victoria non aveva pregiudizi sui Firengon, confidava alla sua Rose di rispettare qualsiasi scelta femminile, poiché frutto di troppe ingiustizie. Per Victoria, molte delle nobili Firengon erano infelici dei loro matrimoni combinati e avevano il diritto di sognare un amore che potesse colmare anni di dominio maschile. Ma in quel frangente così importante, Victoria accantonò quei pensieri: suo padre era salito al Trono, lei era una probabile candidata a quello di Legendragon e la sorella Arya e il fratello Riccardo non sarebbero più vissuti nell'ombra. Per amore di Xander Il Grande, il Re del popolo, che aveva portato alto l'onore della famiglia.

Tutto il castello era in festa e pieno di doni. Le pareti della sala dell'incoronazione furono adornate con lunghe tende verdi-dorate - i colori della casata di Legendragon - e i musicisti di Wingdragon furono inviati da re Castrus per consolidare ancor più la già robusta alleanza. Dopo il discorso di re Glorium, strombazzarono le trombe reali, i tamburi e gli applausi dei popolani. Cascate di coriandoli riempirono i pavimenti rossastri; le altre sale del piano terra, compresa quella che era pronta a ospitare il Grande Ballo con tutto il reame, erano traboccanti di tavoli con cibo, vino e bevande donate dagli altri Regni.

Alla fine della cerimonia, Victoria si ritirò nelle stanze e ordinò la presenza della serva Rose. Nel vederla, si rincuorò.

«Principessa, vostro padre sa dell'assenza ai festeggiamenti di corte?» chiese umilmente l'anziana, con un tono d'apprensione.

«Non ancora. Lo scoprirà presto. E se ne farà una ragione.»

«E il brindisi di fine serata in onore del popolo?»

«Esattamente questo.» Aggiunse con un ghigno.

Sapeva che il padre, alla vista del posto vuoto, avrebbe scosso la testa. Victoria approvava le cerimonie d'incoronazione e i balli, ma non digeriva le aggiunte, quelle per promuovere una politica malata di consensi e ammirazioni; il brindisi tra i re degli altri Regni era sulla cima della lista. Con un amorevole cenno, la principessa chiese alla serva di spazzolarle i capelli: «Come può un re, che maneggia una spada nelle viscere di un guerriero, brindare con il sovrano dell'uomo defunto?»

«Mia signora, è tradizione che un monarca brindi con un altro per dimostrare la solidità del Trono dei Troni.»

«Già. Le tradizioni.» sospirò la nobile, poi le regalò un'occhiata angosciata dallo specchio.

Rose portava con orgoglio le rughe di una donna che aveva servito il suo popolo e quello dei Legendragon per anni or Sole: proveniva da un'umile famiglia di contadini nel Sud di Firengon, e all'età di quindici anni era stata portata a Legendragon per servire il re che l'aveva salvata dalla guerra. Gli doveva tutto, pur non voltando le spalle alla terra natia.

La principessa le donava ogni giorno lo stesso amore che una figlia avrebbe avuto per una madre, in grado di radiare gli orrori della sua famiglia decapitata dai Saildragon, e la serva fu la prova vivente per scagionare i Firengon agli occhi di Victoria.

«Voi, un giorno, diventerete una grande regina, altezza. E spero di vivere abbastanza da narrarlo.»

Era di poche parole la dolce serva Rose, una soffice melodia per le orecchie. Elogiava la sua padrona in continuazione, nonostante lei le chiedesse di non farlo.

Victoria si fidava di lei come una madre, la madre che non aveva mai avuto.

«Gradirei una lettura. Argomento futuro, non oggi.» Indicò alla serva il libro impolverato sulle lenzuola del suo letto, l'ennesimo preso in prestito dalla biblioteca proibita.

La stanza della nobile variava dal resto del castello: era l'unica ad avere pareti rosse con angolazioni dorate e un soffitto con affreschi e filamenti porpora; la scrivania con un imponente specchio era avorio e due armadi della stessa tonalità erano disposti parallelamente; a terra sfoggiava un tappeto dai toni purpurei e le finestre erano cosparse di una vernice argentata che risaltava le luci dell'alba e i riflessi della luna. Ai lati del letto, protetto da tende dorate, delle poltrone rosso fiamma fungevano da appoggio per i libri e le pergamene.

Quando Rose ormai aveva effettuato tutte le richieste, un cavaliere sbucò affannato sul ciglio della porta.

Prese fiato e pronunciò: «Altezza, il re vuole vedervi! Mi ha chiesto urgentemente di avvisarvi!»

La serva ammirò l'apparente calma esteriore della sua signora, il sovrano l'avrebbe sicuramente rimproverata per essere scomparsa nel momento di quel maledetto brindisi. Victoria chiese al cavaliere di riferire al padre che l'avrebbe raggiunto. Quando quest'ultimo se ne andò chiudendo la porta, lei nascose i libri sotto il letto, tolse l'abito da cerimonia e poi, con una camicia da notte, coperta da un mantello verde, corse per le scale che collegavano al piano terra, diretta verso la sala reale.

Socchiuse la porta alle sue spalle e adocchiò la figura del sovrano seduto sul trono: con lo sguardo fisso nel vuoto, stringeva a sé la coppa dorata del brindisi. Notando la figlia, le mostrò un sorriso d'apprensione.

«Padre, volevate parlarmi? Se è per la questione del brindisi nella Sala del Ballo, sappiate che...»

Lui la interruppe con un cenno di mano, scese gli scalini e la raggiunse:

«Non parliamone. Vi conosco abbastanza da prevedere i vostri comportamenti. Non sono qui per questo.»

Lo sguardo di Victoria mutò. Dopo pochi secondi, il Re sospirò e continuò.

«Sapete cosa ci sarà tra pochi giorni nel Regno di Wingdragon, giusto?»

«Sì, padre, ne abbiamo già parlato.

La mia partecipazione è confermata.»

«No, non dubitavo di questo. C'è un'altra cosa.»

Ella deglutì. «Quale altra cosa

Il re sospirò di nuovo, poi prese coraggio.

«Partirai all'alba per raggiungere il reame. Re Castrus deve ricevere i nostri omaggi prima di quelli di chiunque altro. Voi siete la chiave di tutto. Dovrete sfilare sul tappeto reale e porgere i ringraziamenti per il Torneo Annuale dei Cavalieri. E ricordatevi di declamare il nome della nostra casata.»

«Mi state supplicando di vendermi come merce. Ho recepito il messaggio.»

«Tutto questo non sarebbe successo se vi foste presentata al banchetto! Il re vi avrebbe riconosciuta alle presentazioni collettive del Torneo!» ringhiò.

Questa volta fu lei a sospirare, poi chiuse gli occhi e scacciò le brutte sensazioni.

«Penso semplicemente che voi siate un uomo d'onore, ed eravamo d'accordo sul fatto che avreste mantenuto la parola.»

«Sono un uomo di corte, adesso. Anzi, sono proprio l'uomo di corte per eccellenza e, come se non bastasse, l'uomo dei Regni. Questa famiglia ora ha un certo peso. Non posso permettermi privilegi contro la legge.»

«E quindi andate contro la felicità di vostra figlia.»

«Vado contro ciò che non è giusto, a favore di ciò che lo è.»

La principessa si voltò, incrociò le braccia al petto, alzò lo sguardo verso il soffitto e trattenne un accenno di lacrime. Attese un'altra congiura verbale dal padre, ma non accadde.

«Vi supplico. Siete una principessa. Riflettete. Sono tempi bui, un Trono era tutto ciò che serviva a questa casata per sopprimere gli errori di re Glorium. Se teneste a cuore l'onore della vostra famiglia, capireste le mie scelte.»

«Siete una principessa.» ripeté il re, poi raggiunse la figlia e le accarezzò le spalle «Ma dovete ragionare da regina.»

«Una regina senza scelte.» controbatté lei con un filo di voce, e quella volta le lacrime le rigarono il volto con la stessa velocità di una lama che fende il cuore pulsante di un guerriero.

«Nessuno di noi ha scelto questo destino, Victoria. È scritto nei secoli. E non potrete mai far nulla per cambiarlo. Nel momento in cui accetto questa corona, accetto onori e disonori. Guardo la morte in volto. Approvo un destino che hanno scritto i nostri antenati. Noi non siamo altro che una pagina consumata all'interno di un libro di storia, che conclude un racconto e ne inizia un altro.»

Il lungo sospiro della donna fu l'ultimo di quella gelida serata. Sapeva che molte cose sarebbero cambiate. Sapeva delle sue responsabilità, ma per un giorno avrebbe preferito oscurarle. La paura era lì a bussare, ogni volta.

Scansò le grandi mani calde del padre sulle spalle e lo guardò dritto negli occhi. Le lacrime avevano inumidito il suo volto candido, occhi colmi di rabbia mista a orgoglio. Ma aveva riflettuto a lungo prima di fornirgli quella risposta. Giorni. Stagioni. Anni. Aveva aspettato solo il momento giusto.

«Un domani sarò la regina Victoria Legendragon. Prima della mia famiglia e duecentunesima della mia dinastia. Il volto di questo Regno cambierà. E voi, padre, non potrete far nulla per cambiarlo.»

Gli voltò le spalle e raggiunse l'uscita incollerita. Il re si consolò: ai suoi occhi, quella era la parte autoritaria e determinata della defunta moglie, e ciò l'aveva sempre inorgoglito.

Sapeva che all'indomani della nuova era, la figlia avrebbe prenotato una carrozza per raggiungere il Regno alleato.

Xander Il Grande, però, all'epoca ignorò totalmente chi aveva davanti: Victoria Adelaide Legendragon.

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