𝙲𝚊𝚖𝚎𝚕𝚒𝚊 {𝟝/𝟝}
Finalmente era sereno, felice ed appagato. Ancora stentava dal credere, che quella fanciulla, fosse realmente divenuta sua: mentalmente e fisicamente. Era bella, a tratti bellissima mentre la osservava riposare, con il volto chino e la guancia, schiacciata contro la sua spalla.
Le labbra erano schiuse, le palpebre rilassate e la chioma bionda, leggermente arruffata. L'uomo aveva virato lo sguardo altrove, mentre teneva saldo tra la dentatura, il suo labbro inferiore.
Inspirava ed il petto, si muoveva ad un ritmo cadenzato. Le teneva stretta la mano, sotto l 'occhio attento delle sue guardie: Bill gli sorrise comprensivo, nonostante il moro si vergognasse ancora per via dello scambio bizzarro di battute, di poche ore prima.
«Bill, riguardo questa notte...» le gote erano rosse, il naso arricciato. «Non ero in me, pe-perdonami per aver detto..» e si sfiorava il capo, con la mano destra.
«Non si preoccupi signore, è tutto apposto-» schioccò la lingua al palato, inclinando il capo di lato, osservando la fanciulla che ancora riposava. «Sono felice che abbiate risolto e vederti così alticcio, bizzarro - felice..» gli aveva dato del tu, con fare amichevole. «Beh - è stato buffo, bello..»
Il moro ridacchiava con tono sommesso, mentre con l'indice si sfiorava il labbro inferiore con delicati tocchi. Inspirava, mentre con il palmo della mano destra, si massaggiava l'addome. Natalie venne destata dal suo riposo e sollevando il capo dalla spalla del cantante, si stropicciò i grandi occhi chiari. «Umh..quanto ho dormito?» domandò, osservando l'altro e i suoi lineamenti delicati.
«Qualche ora piccola, ma..» con il dorso, le sfiorò una guancia. «Manca ancora un po' per arrivare!» le prese il viso tra i palmi, schioccando un bacio sonoro, sulla sua fronte. Era dolce, romantico e molto tenero.
La vide avvampare sulle gote, visibilmente. Tuttavia egli però, intraprese a gesticolare con le mani, mentre narrava di sé stesso, della sua vita caotica, infernale. Era così complicato vestire i suoi panni che temeva che la sua figura, fosse decisamente soffocante per la sua ragazza. Era scaltro, stanco e sfinito al solo pensiero che ella potesse un giorno odiare il fardello che comportasse il suo nome. Michael era un personaggio appariscente ed eccentrico, ma nonostante questo: la amava a tal punto da metterla al primo posto, per difenderla dalla cosa che più lo spaventava: la sua fama.
«Sono da per tutto, i paparazzi! Non mi lasciano tregua e riescono ad insinuarsi in ogni dove-» le loro mani erano intrecciate ed ella, teneva il capo posato sul suo addome. Erano anni che non vedeva l'entrata principale di un hotel, la sua hall- che passeggiava alla luce del sole, in un giardino. «Riescono ad essere da per tutto- lasciano scorrere le macchine fotografiche al di sotto della toilette e- tch...tch,tch»
❀ ❀
La donna era incuriosita dalla vita del cantante, dalle sue conoscenze, dai suoi trascorsi.
«Quindi hai rifiutato le avance della fantastica Madonna, ballato in un videoclip erotico con Naomi e-» rideva di gusto, data la circostanza che si era venuta a creare. L'uomo dilettato e scosso, che raccontava delle sue donne precedenti mentre veniva deriso con fare affettuoso dalla giovane che aveva al suo fianco. «Mah bambina, non era un videoclip erotico, ma devo ammettere che..» la voce era bassa, roca. Il viso scavato e rigido, vicino al suo. «Ma devo ammettere che farei volentieri con te, quelle cose...»
La sua grande mano, ferma sulla sua coscia, mentre accarezzava avidamente il tessuto ruvido del suo jeans. Era scosso: lei cosi imbarazzata ed indifesa, era una delizia per i suoi occhi. La mascella era rigida al pensiero di quel corpo, il suo: nudo, scoperto sotto il suo sguardo attento ed indagatore.
La giovane distolse le sue iridi chiare, celesti da quelle scure e lucide del cantante, percependo la bile salirle in gola e riempirle la bocca. Era agitata, felice ed eccitata. Quell'uomo: dalla vita stretta e le spalle larghe, riusciva ad essere così tanto virile tramite solo un semplice tocco di mano, che ebbe un capogiro. Era in difficoltà, visibilmente; lo desiderava troppo per contemplare la natura di quel bisogno così carnale, tenebroso e sentito.
Lo vide agitarsi sul posto mentre ancora la studiava attentamente, incurante degli altri presenti. Michael dilettato, si mordeva il labbro, intrappolando quei pochi centimetri di pelle tra la sua dentatura. «Ma ogni cosa a suo tempo, piccoletta mia-»
Natalie rise, inspirando. Tuttavia ci rimase leggermente interdetta al riguardo: anch'ella bramava un qualsiasi tipo di contatto con quell'uomo, che considerava oramai, il suo uomo.
Il moro batteva il piede al suolo, mentre raccontava della sua vita, delle sue cotte durature o meno - delle sue amicizie, dei suoi dolori. Ricordava la principessa Diana: così dolce, affascinante e presente. Aveva sempre una buona parola per lui ed entrambi, provavano per l'altro, un'intensa e meravigliosa stima.
«Come vi siete conosciuti, Mike?»
Si grattava il mento, con l'indice. «Io ho scritto una canzone chiamata Dirty Diana, che non è su Lady Diana; bensì su un'altra tipologia di donne, che girano per i concerti o locali notturni: noi le chiamavamo groupies [*1]» agitava le mani, arrossendo. «Quindi, quella sera a Londra, durante il Bad World Tour - la tolsi dal concerto, in suo onore e rispetto. Lei mi prese in disparte, chiedendomi se avessi cantato quella canzone..» rise, prendendo il mento della giovane, nella sua mano. «Io ero rimasto fermo, come un fesso mentre lei insisteva dicendo che amava quella canzone e che mi ammirava. Era-era meravigliosa, leale..» strinse la minuta mano della bionda, rimembrando con fervido dolore, il giorno della sua prematura scomparsa. Pianse, pianse tanto quasi a sentirsi male, temendo il peggio. Ella lo vide ridere e subito dopo incupirsi e capendo la motivazione, gli accarezzò la guancia dolcemente.
Sentiva che quella terribile sorte, un giorno, sarebbe successa a lui medesimo. Dopotutto, ogni grande celebrità, non vantava di una vita felice e duratura, bensì le loro scomparse erano quasi sempre, premature ed inaspettate. Lui aveva paura, una paura esagerata.
Natalie gli prese il viso tra i palmi, facendo una leggera pressione lungo le guance. Si guardarono negli occhi in modo laconico. Lo amava, lo amava con fare dolce, passionale. Era suo, nonostante il suo nome, fosse sulla bocca di tutti.
Con entrambi i pollici, scacciò via le piccole e salate lacrime che impavide, tentavano di sgorgare dai meandri della sua delicata anima. Voleva promettergli il mondo, la felicità eterna, ma potè concedersi solamente di naufragare nel buio delle sue pupille dolenti e promettere in silenzio, che sarebbe rimasta al suo fianco.
❀ ❀
Erano quasi arrivati nel maestoso ranch del cantante che nel frattempo, riposava, con il corpo abbandonato sul morbido sedile in pelle. Era quasi impossibile che egli si concedesse qualche ora di sonno, mentre era in volo ma quella notte aveva riposato davvero poco ed era stremato. La giovane nel frattempo, scambiava qualche parola con entrambe le guardie, ridendo di gusto con Bill. Quest'ultimo era diventato rosso, per colpa delle troppe risa.
«Natalie, mi devi ancora una rivincita per ieri sera!» aveva esordito, sbuffando.
Michael si mosse, scuotendo le spalle. Aprì prima un occhio, poi l'altro. Osservò l'uomo dinnanzi a lui, sorridente ed estremamente amichevole nei confronti della sua dama e dilettato, si passò la lingua sul labbro inferiore. L'altro abbassò lo sguardo, chiudendosi nelle spalle. Era consapevole che ella fosse una bellissima ragazza e come tale: non era attraente, sinuosa solo ai suoi occhi ma poteva destare l'interesse anche di altri uomini.
«Oh- ti sei svegliato Jackson..» mormorò la fanciulla, sorridendo. Il cantante mugolò, avvicinando il volto al suo. Voleva baciarla, ma percepiva la cupidigia, impadronirsi dei suoi arti, se avesse lasciato congiungere le labbra a quelle sue burrose, morbide e carnose; inspirò perché la voleva sentire sua, ancora. «Mentre dormivi, stavano parlando io, Bill e Javon..e ci chiedevamo-» lo vide sospirare ed inarcare un sopracciglio bruno.
«Oh, well - cosa?»
«Ad esempio: se un giorno Prince o la piccola Paris, volessero intraprendere la tua carriera?» ella si grattava la nuca, pensando. «Se venissero da te, dicendoti: papà io voglio essere come te..»
Lo vide sospirare, sorridendo. «Gli direi di aspettare, non adesso - non capirebbero cosa esso comporterebbe. Che devono essere pronti a questo, quest'altro, quell'altro ancora..» gesticolava con le dita, ridendo.
«Anche dopo tutto quello che hai passato tu?»
«Beh Nat, gli farei presente tutto quanto! Gli domanderei se davvero fossero pronti a questo mondo effimero e beffardo; ma che se entusiasti lo fossero-» sorrise, prendendole una mano, nelle sue. «Direi loro, di andare e provarci, augurando di fare meglio di me! Sapendo ovviamente a cosa andranno incontro..»
Era così un bravo padre, gentile e premuroso. Ma dopotutto aveva ragione: perché impedire ai propri figli di realizzare un loro sogno? Per la propria esistenza e per le proprie paure? Non era da lui, della sua persona; voleva solo il meglio per loro.
[...]
Si lavava il viso con cura, mentre cercava di tenere in mente che ella, dovesse prendere la pillola. Sbuffava, ma dopotutto era la cosa giusta: la sua ginecologa, dopo una serie di controlli specifici, le aveva prescritto l'uso del contraccettivo, a fine di regolare il suo ciclo mestruale, che fin da ragazzina: ella ne soffriva.
Si grattava il capo, mentre mise la piccola compressa tra le labbra. Inspirò, sorseggiando dell'acqua, sotto l'occhio attento del cantante; interdetto aveva varcato la soglia del bagno, in cerca del fondotinta. La vide leggermente confusa ed abbozzando un sorriso, prese parola. «Piccola, a me dispiace che tu debba prendere..»
Ella virò le iridi, in quelle scure dell'altro. Agitò il palmo della mano destra, sfiorandogli il petto. «Non preoccuparti, dopotutto sono obbligata. Sono anni che oramai ci convivo, è utile e mi fa stare sicura!» lo vide ridere, leggermente malizioso. Le cinse la vita, scostandole una ciocca di capelli dal viso, infilandola dietro al suo lobo. «Umh- certo, siamo più sicuri!» e le baciò la pelle calda, scoperta dalla canotta. «Ma amo i bambini, soprattutto amo essere padre e l'idea che tu un gi-giorno..»
Era uscito di senno, ufficialmente. La amava e desiderava immaginare una vita al suo fianco ma; Natalie madre di un suo bambino? Forse stava correndo troppo, con la mente. Sbuffò, accorgendosi del fatto che aveva destato l'umore della ragazza, con quella piccola rivelazione.
La giovane difatti, si era allontanata dalla sua presa salda - scostandosi le ciocche bionde e ribelli, dal viso. Dopotutto non era passato molto da quando entrambi, avevano scelto di ufficializzare il pomello nascente, del loro amore e lui - lui già pensava ad una famiglia?
"No, okay - è matto, ufficialmente" - pensava nel frattempo, studiando il suo viso. Lui rise, sfiorandole una guancia, con le dita. «Nat, non sto alludendo a niente, tranquilla bambina..» e si sedette sul bordo in ceramica, della vasca. «Ho solo detto che amo essere padre, che ti amo e che magari un giorno..mi piacerebbe..»
«Un giorno, ecco..» lo aveva interrotto, con fare canzonatorio. «Mike, non correre, sai- sai che..»
Era rossa paonazza in viso e non si aspettava che potessero mai, sfociare in un discorso simile. Insomma, era passato così poco tempo e quell'uomo, era in grado di farla sognare e sopraffarla, nel medesimo stesso. Egli sbuffò, roteando lo sguardo al cielo. Le cinse ancora la vita, con le mani; le baciava la fronte avidamente e inspirò la dolce fragranza, emanata dai suoi capelli biondi: il pungente odore di cocco, fu tale, da farlo infervorare maggiormente.
«Non pensiamoci, bambina. Sono consapevole che ora sia affrettato, non sono stupido!» e le prese la mano destra, per condurla in camera. Sopra il materasso, vi era un grosso vassoio colmo di leccornie da consumare. Il moro, aveva fatto preparare il sushi [*2] dal suo chef personale in quanto la dolce dama, discutendo sul più e del meno un giorno, gli avesse confidato quanto andasse matta per la cucina giapponese.
Era proprio così: Natalie entusiasta, gattonò sul letto, superando la figura possente della celebrità. Lo guardò con fare laconico, dimenticando immediatamente quel discorso da poco toccato e prendendo le bacchette; portò alla bocca un nigiri [*3]. «Mmmh- buonissimo! Sei l'uomo migliore del mondo, popstar! Te l'hanno mai detto?»
Egli rise; era così buffa quella fanciulla quanto lunatica e caparbia. Occhi negli occhi, mangiavano con gusto mentre si prendevano in giro, di tanto in tanto. Lui, imboccava lei, che maliziosa lo osservava da sotto le unghie ciglia. Le gambe erano nude, accavallate e lasciavano libero arbitrio alla fantasia della celebrità.
Percepiva l'aria divenire stretta, lentamente. Lui vide un pezzo di salmone cadere su una coscia della fanciulla, che fece un balzo all'indietro. Sbuffò, dopotutto si era sporcata.
«Diamine, la salsa di soia..»
Mise il broncio, virando la sua attenzione nei confronti dell'uomo che aveva di fronte; vedendo un lampo di lussuria, pervadergli le iridi scure e leggermente lucide. Con la mano libera, fece pressione nel suo interno coscia: voleva obbligarla a divaricare un poco le gambe. Con le labbra le baciò il polpaccio, il ginocchio; la pelle era calda ed egli, aveva leccato avidamente tutta quella sostanza cosparsa su di essa. Natalie sussultò ed il bacino venne pervaso da alcune scosse insistenti.
Le dita, strinsero il tessuto intorno ai fianchi, mentre il capo era rimasto lì: insinuato tra le sue gambe, vicino il suo punto delicato. Erano nella maestosa e lussuosa camera da letto dell'uomo, incuranti del contorno, degli altri. Lui schioccava baci sonori con avidità, scostando il pizzo delle sue mutandine; le strappò. Ella abbandonò la testa sul cuscino, sorridendo: era assuefatta dalla sua virilità ed amava ogni gesto spavaldo della star. Gli parlava di lui, con voce bassa e roca, lasciando che la sua lingua invitante, sfiorasse con colpetti pressati, la sua intimità.
Michael era eccitato, entusiasta. Alzò lo sguardo per guardarla negli occhi, da sotto le lunghe ciglia scure. Era bellissima: abbandonata, felice e con le guance rosse. Le mani erano intrecciate tra i suoi capelli corvini, impegnate a reggersi da quel fuoco, che mano a mano, irradiava il suo basso ventre.
Lei lo intimava di continuare con quella dolce danza sensuale, ma lui, inspirò. Si mise a cavalcioni sul suo bacino; voleva guardarla, gustarsi ogni suo dettaglio prezioso. Voleva fissare la bellezza di quella ragazza, nelle sue iridi scure. Le tolse la sottoveste, con delicatezza ed ebbe un capogiro quando quel corpo nudo, era ancora sotto il suo.
«Non hai idea di quanto io ti ami, ragazzina insolente-»
La guardava nei suoi pozzi chiari, mentre reggeva il suo peso, dagli avambracci.
«Sono degna di questo am-amore, mio re?» e strinse la mascella, quando la bocca dell'altro si era posata, lungo l'incavo dei suoi seni. Giocava con essi, succhiando con voracità prima uno, poi l'altro capezzolo. «Parlami, bimba-!» e le cinse la vita con un braccio, attirandola a sé.
Ella rise, sfilando la maglietta dal suo corpo. Voleva sentirlo, ancora una volta; le loro carni scottavano, le gambe cedevano ed i loro sorrisi, erano beati. Egli indossava solo un pantalone pigiama, morbido lungo le cosce. Strinse la mascella quando le mani della sua bambina, si insinuarono sotto di esso, per sfiorare la sua eccitazione da sopra i boxer.
«Voglio sentirti popstar, ancora e ancora- fammi tua, ora e per sempre»
Lui beffardo, congiunse la bocca alla sua. Si beava di quelle labbra con malizia e spavalderia, mentre le pizzicava il fianco, di tanto in tanto. I loro petti pressati l'uno contro l'altro, le mani di lei dietro il suo collo, le gambe intrecciate e le loro intimità, si sfioravano.
Michael stava per osare, per aumentare quel tocco ma venne destato da un rumore assordante; ebbe un sussultò e il capo scattò verso destra, osservando la porta. Ora ricordava che non era chiusa a chiave ma era troppo tardi: dall'altra parte vi era Debbie che bussava con fare insistente, chiamando il suo nome.
Il moro caricò la dama sulle sue spalle, raccogliendo i pochi vestiti sparsi. Il letto però era sfatto, i piatti sporchi, posati sulla sua scrivania. Sbuffò, dopotutto non era dovuto a dare spiegazioni alla sua oramai ex moglie, ma era stanco delle sue plausibile e esasperanti reazioni.
Natalie era scossa, nuda ed il petto si alzava velocemente. Era pressata contro la figura dell'uomo, che chiuse la porta della cabina, dietro di loro.
«Michael, ma-»
Egli le chiuse la bocca con la mano, portando l'indice sulle labbra, intimando di rimanere in silenzio. Gli dispiaceva comportarsi cosi, deluderla ancora una volta, ma voleva evitare problemi futili. Conosceva quella donna e temeva che fosse restia al fatto che lui, si fosse innamorato di un'altra giovane e bellissima fanciulla.
Debbie era entrata nella stanza nel frattempo, guardando con circospezione il contorno: il materasso, le lenzuola sparse in ogni dove, i piatti, il cibo da poco consumato. Era consapevole che il suo ex marito fosse il caos: perfezionista nel lavoro, ma disordinato nella sua realtà. Ella voleva solo raggiungere la camera dei bambini, comunicante con quella della celebrità e sbuffando, lo fece. Intravide la governante, spolverare e così, portò le braccia al petto. «Sei Emily, giusto?»
La donna annuì di risposta, quando l'altra le ordinò di pulire la camera del capo. «..è davvero un disastro, puoi dare una ripulita? E poi..l'hai visto?» e la fece entrare, con fare stizzito.
Emily non era stupida, era a conoscenza che egli stesse con la giovane. Difatti vide il volto del cantante, fare capolino da dietro la porta della sua cabina. Gli mimò qualcosa con le labbra, con fare esasperato: voleva che la sua ex donna, lasciasse la stanza. L'amica rise, portando una mano alle labbra e inspirando, osservò l'altra darle le spalle.
«Mi sono appena ricordata, che il signor.Jackson voleva che ripulissi il salone per questa sera!» gesticolava, trattenendo le risa. «Era impegnato con un fonico, per registrare alcuni suoni..» mentì, lasciando la stanza incurante dell'occhiata torva e infastidita della Rowe.
Natalie si abbandonò alla fredda parete della cabina, con fare dolente. L'idea che quella donna fosse in ogni dove, nonostante appartenesse al passato del cantante, era sfinente. Michael si accorse di questo e lentamente, le cinse la vita. I vestiti erano sparsi ai loro piedi, erano entrambi nudi ed eccitati. Si era privato dei boxer, quando la prese in braccio a fine che ella potesse legarsi a lui, con le gambe intorno al busto.
La scintilla era ancora presente, negli occhi di lui: farlo in quel momento, in quel luogo, con fare furtivo, era eccitante. «Non pensare a lei, io amo te-» e le baciava il collo, schioccando sulla sua pelle. Con il pollice, le accarezzava lentamente il clitoride: voleva vederla felice e rilassata come poco prima.
«Michael ma è nell'altra stanza? E..se sentisse?» era assuefatta, egli giocava con il suo corpo, riempiendolo di teneri e dolci baci.
«Affari suoi, questa è la mia st-stanza e tu se-sei la donna che amo..» le sorrise con fare di intesa, perché la voleva; in quel frangente ed in quella situazione bizzarra. Aveva lasciato da parte la ragione ed entrò in lei con prepotenza. Un sonoro gemito, uscì dalla gola della giovane. Michael gli aveva attappato la bocca con un bacio, mentre continuava a muoversi in lei, con lei, dentro di lei. Ella venne perversa da una serie di sensazioni positive, ma la sua mente era ancora offuscata da quella donna insistente; ma come poterla biasimarla? Amare il cantante, era un ruolo facile ed impossibile da superare.
Si spingeva contro di lui, intimandolo a non fermarsi e quando anche dalle sue labbra, sfuggì un rantolio roco; il bacino le andò in fiamme. Egli con il pollice la aiutava, esplorando per bene la sua zona erogena mentre con la mano libera si reggeva alla parete. Entrava ed usciva, entrava ed usciva: con prepotenza, esigenza e decisione. Voleva sentirla sua e nonostante fosse un uomo dolce, garbato e per bene - egli ebbe un sussulto e sentiva che era tanto forte la sua eccitazione, che era quasi arrivato.
Il gemito cresceva nella bocca della giovane che cercò le labbra dell'altro, che vibravano insieme. Si spinse avidamente contro di lui, sentendolo tremare. Era arrivato e respirava a fatica; la mente era vuota e le labbra schiuse. Era ancora fermo, dentro di lei e guardandola negli occhi si accorse del suo stato d'animo: eccitata, non soddisfatta e preoccupata.
«Bimba lasciati andare, avanti-» e si spinse ancora verso di lei, andando più in fondo. Le pizzicò i fianchi con le mani, entrando ed uscendo. Cercava le sue iride laconiche, mentre con il pollice le sfiorava le labbra; lasciando che ella lo accolse nella sua bocca per succhiarlo. Era pronto per continuare, per soddisfarla, per farla sentire sua.
Ella annaspò, trovandosi persa ancora ad assecondare la sua fame di bramosia, di amore, di carne. Le mani posate sulla sua schiena, gli accarezzava le scapole umide, i suoi occhi lucidi e la fronte brandita di sudore. «Nessuna è te Nat, nessuna lo sarà mai-»
«Ma io-io..» la mascella era contratta ed il bacino in fiamme. Lo sentiva entrare e uscire, vigorosamente e velocemente. Percepiva in lui, l'estremo bisogno di soddisfarla e vederla appagata. Si spinse contro di lui, abbandonando il capo all'indietro. «Non pensare a lei, abbandonati a me, sii mia - come questa notte in albergo..»
Il capo posato sulla sua spalla, lui che giocava con lei: mordendole il collo, baciandole il seno. Le guardava le gambe, il ventre, il volto paonazzo e la bocca schiusa. Si spinse contro di lei, con le mani legate alla sua stretta vita. Natalie percepì la mente vagare, l'inguine infuocato, il gemito crescerle in gola. Gridò, sentendosi arrivata con l'ennesima spinta da parte dell'altro, che caparbio gemette, sentendosi completo per la seconda volta.
Rise: era così bello ed appagante fare l'amore con quella dama, che non ne aveva mai abbastanza. Fosse stato per lui, per ore bramava di concedersi a lei e viceversa. La guardò negli occhi, lasciandola andare: era in piedi davanti alla sua possente figura e le pizzicò una guancia.
«Sei complicata, quando vuoi eh..» aveva ancora il fiato corto, la chioma spettinata e le gote rosse. «Sei insaziabile e ti adoro così come sei bimba. Fare l'amore con te è rigenerante-»
La vide imbarazzarsi ed irrigidirsi. Con i palmi, le prese il volto dolcemente. Voleva solo tranquillizzarla e farla sentire apposto, giusta ed unica ai suoi occhi; nessuna esisteva oltre lei e questo era bellissimo, lei lo era. Con Debbie non si era mai concesso in quel modo: passionale, carnale, mentale. Desiderava solo che lei lo capisse; che nessuna era alla sua altezza nonostante anch'egli avesse amato altre donne, prima del suo arrivo.
Ora esisteva solo lei, solo lei e nessun'altra.
Era ravveduto quel giorno, quando si videro per la prima volta. Gli era entrata in testa, per non uscirne mai più. Lei si mise la sottoveste, scostando le ciocche di capelli, dal volto. Era stanca e avrebbe desiderato passare la giornata con lui, stretta dalle sue braccia protettive.
«Vado a vedere perché mi voleva tanto parlare..» mormorò mentre cercava una camicia rossa, da poter indossare. Si morse il labbro, quando vide l'altra abbassare il capo e sospirare. Ridacchiava sommessamente, perché era buffa: nonostante fosse la sua cura, amava anche vederla fragile e leggermente gelosa. Le prese il mento, nella mano. «Ci vediamo dopo bimba, nella tua stanza, okay? Ma leva quel muso ragazzina, che io sono tuo - lo sai, vero?»
Ella annuì, con fare laconico. Il respiro era cadenzato e tornando in sé, gli accarezzò la guancia. «Ci vediamo dopo, popstar..» pronunciò con la medesima intensità dell'altro.
[...]
06:00am.
Michael raggiunse il salone, a passo svelto. Era rigido: la camicia fasciava perfettamente il suo petto ed il pantalone ricadeva perfettamente lungo le gambe. La chioma ancora spettinata a causa del rapporto passionale di pochi attimi prima. La mascella era rigida e lo sguardo, nascosto dalle scure lenti dei suoi occhiali da sole. «Deb- mi cercavi?» mormorò con voce ferma, osservando la donna dinnanzi a lui. Era stizzita, imbronciata e leggermente trascurata.
«Eccoti finalmente, Michael! Vedo che sei molto curato e pimpante..» lo guardava con circospezione, serrando il labbro inferiore tra i denti. Dopotutto era vero: era così bello, che sembrava rinato in quei mesi che ella fosse andata definitivamente lontana, dalla sua dimora e persona. «Ho detto alla tua governante di sistemare la tua stanza, insomma - era un delirio! Un vero disastro! Poi ho notato che hai ripreso a mangiare con vigore..»
Lui sbuffò, schioccando la lingua al palato. «Si, mi è tornato l'appetito, Deb. Ma era di questo, che volevi parlarmi?» Non tollerava quando quella donna, si comportava con insolenza nei suoi confronti. Era palese che stesse cercando risposte, motivazioni per cui egli fosse stato effettivamente lontano quel giorno, da Neverland. Voleva capire se lui avesse un'altra donna, se fosse felice e se con quella giovane ragazza, ci fosse davvero del tenero. «Poi non hai il potere di rivolgerti così ai miei dipendenti!» gesticolò un poco, digrignando i denti. «Emily aveva altro lavoro da sbrigare e poi si sarebbe occupata della mia stanza - quindi non vedo perché ti prema così tanto, il disordine presente in essa. Non siamo più sposati Debbie, abbiamo le nostre vite ormai. Voglio andare avanti, quindi per favore-» aveva addolcito il tono di voce, in quel momento. «Fallo anche tu!»
L'altra acconsentì, con un cenno di capo. Dopotutto era giusto così: egli andava avanti e lei doveva fare il medesimo. «Mi auguro che lei ti faccia felice e che non fugga via da te, come abbiamo fatto tutte noi» il tono era languido, a tratti sprezzante. Ella voleva bene a quell'uomo, dopotutto avevano condiviso due anni insieme e lo aveva reso padre, di due meravigliosi bambini. Ma non poteva controllare quella parte del suo corpo, che lo detestava: non si era mai sentita bella, amata, voluta ai suoi occhi.
Lui esasperato, fece dei passi in sua direzione. Serrò le palpebre a mo' di resa, increspando le labbra in un'espressione dolente. «Lei non è uguale a tutte-» il petto era gonfio, la voce tuonava. Era stanco che nessuno fosse in grado di capire, la natura del suo sentimento. Non voleva passare per pazzo o sognatore; quella donna era vera, lo amava ed era lì per lui, per salvarlo e non si sarebbe arresa.
«Lo dissi anche per Lisa, ma poi ti abbandonò. Lo dissi anche di me, anche se mai mi hai guardato con questi occhi-» si strinse nelle spalle, sospirando. «Questi occhi che appartengono a questa ragazza misteriosa, con cui la guardi» e fece un passo indietro, con fare di resa. Gli baciò una guancia e inspirando, si beò per l'ultima volta del volto di quell'uomo, del suo sorriso, della sua essenza.
Dopotutto era palese che i due mai si fossero veramente appartenuti, erano sempre stati più amici che amanti.
**
Nel frattempo Natalie, si impegnava di non pensare a quella donna: era pur sempre vero che non era gelosa delle sue passanti amanti, o mogli - ma era comunque una giovane ragazza; la gelosia era un'integrante naturale dell'essenza dell'uomo.
Sbuffò, cercando cosa indossare: un minuto abito nero, non molto attillato, che le cadeva morbido lungo i fianchi.
Con fare laconico, vagava per la sua stanza mentre osservava di tanto in tanto la valigia. Le mancava terribilmente suo padre e pregava ogni istante che egli si fosse destato dal suo sonno perpetuo; a distanza di poco più di un mese, ella era esasperata: vederlo giacere su quel minuto letto, tra quelle bianche mura, era straziante.
Tuttavia inspirò: "Papà si sveglierà, tornerà a stare bene" pensava, mentre si sedette sul bordo del letto, mordendosi il labbro inferiore.
Michael fece ingresso, con pura ed estrema nonchalance. Le sorrise, sfilandosi gli occhiali da sole. La vide turbata e arricciò il naso, schiudendo le labbra; voleva prendere parola, ma fu destato dal telefono della dama.
«Mamma, allora - ci sono novità?» pronunciò ella, con tono carezzevole. Le mani del cantante erano giunte al petto ed il cuore batteva, spavaldo.
Vide la sua donna, cadere a terra. Temeva il peggio e si accorse a prenderla per le spalle, accarezzandole la schiena con un palmo.
«Nat, amore-» la vide piangere, ma con un sorriso beato sulle labbra. Lo guardò negli occhi, tremando per quanto si sentiva scossa, ma fortunata.
«Si è svegliato, Mike-» sussurrò, con fare recondito. «Papà si è svegliato!» e buttò le braccia intorno al suo collo, grata - finalmente felice.
Continua-
[*1] Parole veramente dette dal nostro Michael, nel 1997 durante l'intervista con Barbara Walters.
[*2] Dalle fonti che ho letto e anche da alcune foto: Michael amava il sushi.
( Grazie FrancescaAssentato )
[*3] Nigiri: piatto tipico giapponese
Spazio Autrice:
Eccomi bellezze mie, con un nuovo capitolo.
Ci ho impiegato davvero quasi cinque giorni a buttarlo giù, ma che dire? Ci tenevo fosse originale, ecco.
Vi annuncio che farò una piccola pausa: siamo per entrare negli anni 2000, e ho bisogno di buttare giù una scaletta, organizzare e incastrare i vari eventi.
Poi un'altra cosa: non so se avete notato, ma ho suddiviso The Breath, in due parti/libri. Lo si può vedere dalla suddivisione dopo il Prologo con "Uno: amabile giovane, sii folle-"
Questo perché vi aiuterà a comprendere meglio il tutto, compresi i vari salti temporali.
Detto ciò: fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo, lasciando un commento qua sotto. Ci tengo davvero, davvero molto quindi vi aspetto eh!
I love u all girls, alla prossima!
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