ℙ𝕣𝕠𝕝𝕠𝕘𝕠
Neverland Rach, California
- 13 Giugno 1999.
Era un uomo, un semplice e delicato uomo.
E mentre con le grandi mani tastava sul morbido materasso bianco, le sue iridi castane, lucenti e perscrutabili vagavano per la grande stanza alla ricerca di un qualcosa o meglio, di un qualcuno.
Era solo un uomo, ma quando si udiva il suo nome, ciò destava le persone dalla loro quotidianità - rendendo così quest'ultime, euforiche alla sua vista.
Michael Jackson, un semplice uomo di quarant'anni all'apice del successo e - reduce dal suo ennesimo tour mondiale.
Schiavo di quel mondo e di quella misera essenza che da sempre lo circondava.
Fin dalla tenera età aveva toccato con mano solamente 'il nulla', o così lui stesso lo definiva. 'Chissà cosa si prova ad essere una persona normale, sconosciuta da tutto e tutti.' si chiedeva spesso - una volta destato dal sonno, nel grande terrazzo del suo Ranch, ammirando il cielo stellato di una notte estiva di quel medesimo anno.
Ma nonostante ciò - nonostante la sua esistenza caotica ed eccentrica - ricevette il dono di diventare padre, di un meraviglioso bambino che lui stesso - con il petto gonfio di orgoglio, chiamò Prince ed a distanza di pochi mesi dalla sua nascita - era già in attesa della futura nascitura - la bellissima Paris - che nacque perfettamente un anno dopo.
I suoi bambini erano il suo mondo, il suo successo più grande, intensamente voluto e ad oggi, era dedito completamente a rendere la loro vita, la più normale possibile.
Quei bambini però, erano frutto di un 'dono' da parte della sua seconda moglie, che fu anche per parecchio tempo la sua infermiera.
Si conoscevano da parecchi anni, ma solo nel novantasei decisero di legare le loro vite, in un matrimonio - dopo appunto, il suo divorzio dalla sua precedente donna, Lisa.
Quest'ultima fu il suo grande amore. E le loro erano solamente banali vicissitudini fra due coniugi giovani e diversi. Si amarono tanto e per questo, tentarono di mantenere i rapporti anche dopo, nonostante le continue difficoltà.
Oramai però, dopo la nascita di entrambi i suoi figli, precisamente due anni dal maggiore e uno dalla minore, decise che fosse arrivato il momento di mettere fine anche al suo matrimonio con l'attuale moglie.
Tuttavia entrambi erano consapevoli che il loro - non fosse un amore passionale, vero, duraturo e che ella - nutrisse per l'altro un sentimento somigliante a quello fraterno e che si fosse affiancata a lui, per allegerirlo dal peso di essere una celebrità e di donare a quest'ultimo il prezioso carico di essere padre.
Meritava di più di un amore fondato sull'essere genitori, sulla convenienza - meritava di più di una donna che volesse solo il bene per lui, laddove però i sentimenti e la passione fossero deserti completamente aridi.
Giunto ormai ai quaranta auspicava ancora in qualcosa capace di stravolgerlo completamente e riempirgli il cuore di passione e ardore; cosa che però vedeva solo come un sogno lontano, a causa del suo nome, della sua fama, della sua persona.
Ricorreva l'anno millenovecentonovantasette - e Jackson era intento nelle riprese del suo prossimo videoclip - brano fondamentale della sua raccolta di remix: Blood in the Dance Floor.
Questo cortometraggio fu registrato nei Paesi Bassi durante l'History World Tour - e l'uomo dalla mente acuta, un gusto eccezionale, leggermente effimero, scaltro, eccentrico ed artista estremamente perfezionista, fu entusiasta del suo lavoro.
Appariva ben vestito, dopotutto come sempre: con indosso un blazer ed una meravigliosa camicia attillata, mentre i pantaloni erano in pelle e bordeaux, talmente stretti da mettere in risalto le sue perfette gambe muscolose e toniche da ottimo ballerino, il quale egli era.
Tuttavia, nonostante la meravigliosa dama che lo affiancava nel ballo e nell'intero videoclip - la sua attenzione era virata altrove, in un'altra ragazza, sempre appartenente al gruppo di ballo - ma con un ruolo marginale.
Michael ricordava ancora quel giorno, mentre con cura cullava tra le braccia la piccola Paris dormiente, con il minuto pollice stretto tra le labbra.
Quel periodo fu per lui strano, intenso.
Per tutto il lasso di tempo delle riprese, la sua attenzione veniva destata da quella fanciulla che mai, mai aveva cercato in lui, attenzioni di alcun tipo.
Ricordava ancora il suo nome: Natalie - Natalie Miller.
Sorrise, spostando il peso da una gamba all'altra - mentre cercava con acuta attenzione, dei momenti impressi nella sua mente del suo provino, della sua agitazione, ma sopratutto della sua bravura.
Lei non voleva essere la controprotagonista dell'artista, non voleva essere lei, il centro di quei riflettori, bensí, cosa che più colpí l'uomo - era che lei voleva solamente ballare.
Era nata per ballare e lo faceva perfettamente.
Completamente agitato, tamponava le goccioline del suo sudore con un asciugamano. Inspirò, decidendo di fare una pausa dalle prove. Era visibilmente esausto in volto; accettò un sorso di succo da parte della sua truccatrice per tirarsi su con gli zuccheri.
Michael virò lo sguardo altrove, osservando poi quella ragazza e si perse per un millesimo di secondo, nella sua essenza. Ne studiò l'aspetto con attenzione: occhi vitrei, intensi, azzurri e le labbra piene e rosee, mentre la chioma era color biondo cenere, con delle leggere sfumature chiare sulle punte.
La vide provare i passi, mentre con indosso le cuffie alle orecchie - era completamente estranea al mondo esterno.
Era di una bellezza disarmante ed agli occhi dell'artista, era strano notare una ragazza nel bel mezzo di un lavoro, ma non poteva davvero farne a meno.
Ci aveva provato con tutte le sue forze e con tutto se stesso ma fu tutto inutile.
Si sentiva come stregato nonostante ancora non aveva avuto modo di proferire parola con lei.
Ma dopotutto pensava anche che fosse fuori luogo - con una donna incinta del suo primo figlio che lo aspettava a casa- nonostante entrambi, non provassero un sentimento carnale e passionale come quello dell'amore.
La piccola si mosse di poco tra le sue braccia e con sguardo torvo, il moro sospirò, ricordando a se stesso quanto fu stupido reprimere la sua voglia di parlare a quella ragazza, due anni fa.
Non lo fece - non lo fece mai, bensí si accontentava di qualche battuta scambiata ogni tanto per correggerla o magari, darle consigli ed ella, estremamente grata che quell'uomo di fama mondiale perdesse tempo con una come lei, rimaneva nel suo, ringraziandolo con l'espressione degli occhi o con un sorriso sincero.
«Ehy, perdonami.» la richiamò la celebrità - in un momento di pausa. «Quando mi giri intorno - mantieni lo sguardo fisso su di me, per favore.» le aveva riferito poi, alzando di poco i lati delle labbra a mo' di sorriso.
«Oh, d'accordo.» gli aveva risposto lei, fugace, mantenendo però un contatto visivo. «Lo farò, Mr. Jackson.»
«Oh, dammi del tu per favore.» la canzonò il cantante. «Chiamami Michael - e tu sei?» le domandò, nonostante già sapesse la natura del suo nome in quando egli, si informava sempre dei suoi ballerini, sopratutto se ne era interessato.
«Natalie.» rispose, leggermente rossa in volto - percependo così le sue gote andare in fiamme e ciò - la fece imbarazzare ancora di più. «Natalie Miller.» concluse.
«Perfetto Natalie, hai un bellissimo nome.» mormorò poi. «Torniamo a lavoro.» concluse - sentendosi fiero di averle parlato dopo giorni che desiderasse farlo ma pentendosi nell'istante dopo - in quanto aveva solo scoperto il suo nome, che per giunta già conosceva e che ella molto probabilmente, mai lo avrebbe degnato di una possibilità, di una conoscenza più approfondita.
Mise la sua bambina nella culla, controllando anche il maggiore e baciando le fronti di ognuno, chiuse la porta, iniziando poi ad avventurarsi nei lunghi corridoi della maestosa Neverland.
Nonostante fossero passati due anni, quella fanciulla - dal nome soave e dolce, le era rimasta impressa dentro, sopratutto dopo mesi di intenso lavoro passato insieme.
Lei però, dal canto suo era già fidanzata e quindi non aveva mostrato interesse nel conoscere il cantante o meglio, non aveva minimamente compreso la natura dell'interesse dell'uomo, nei suoi confronti.
Lui reduce già da un divorzio con Lisa, l'unica donna che veramente lo aveva amato e per giunta era l'unica davvero capace di affiancarlo, con tutti i suoi difetti e le sue eccentricità ma che per troppe differenze caratteriali e desideri diversi - il loro mondo magico, era destinato a finire.
Decise poi di sposare Debbie, perchè appunto era la madre dei suoi bambini, ma nonostante ciò, una volta che aveva notato quella ragazza, ella gli era rimasta dentro.
Alcuni giorni ci pensava un po' di più, altri un po' di meno ma dopotutto si sentiva ridicolo perché i due, non si conoscevano nemmeno, non sapeva niente di lei e nonostante ciò, moriva dal desiderio di approfondire quel rapporto, di darsi l'ennesima possibilità.
Ma lui era maledetto - maledetto dalla sua stessa fama che lo rendeva vulnerabile ogni giorno, che ogni notte non lo lasciava riposare e fu anche per questo che non volle essere salvato da quella fanciulla, non volle approfondire quella conoscenza nonostante bramasse di farlo, ma sopratutto - non volle darsi la possibilità di respirare ancora.
Ma dopotutto lui era solo un uomo, un uomo desideroso di amare, un uomo in cerca ancora di essere salvato, un uomo col sogno di respirare ancora.
Quella sera promise a se stesso, che avrebbe fatto di tutto pur di ritrovare quella fanciulla, pur di conoscere così, quella donna impressa nella sua mente, da oramai due anni.
Ehy bamboline, vi sgancio questa bomba - ebbene si, oramai Go Away to Neverland sta giungendo al termine - così la mia testa malata vi regala questo prologo, del mio nuovo racconto - THE BREATH.
Ad oggi vi metterò solo questo pezzo mentre mi dedicherò alla fine dell'altro racconto - a settembre, se questo inizio vi intriga - continueremo questa nuova avventura insieme.
Cambia la trama ma non l'autrice (lol) come sempre, ditemi qua sotto - nei commenti - cosa ne pensate! A presto bimbe!
I love u all girls.
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