𝚇𝚅
Mentire a noi stessi è ben più radicato nella nostra anima del mentire agli altri.
Fedor Dostoevskij
𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝚇𝚅
Agente speciale Jung.
Taehyung elabora le informazioni mentre l'uomo entra, impeccabile nel suo abito perfetto. Quasi eclissa Seokjin, che gli attribuisce una scrivania, o almeno uno spazio per lavorare con loro. Non è Quantico*, ma sembra andare bene.
«Hai fatto buon viaggio?» chiede Leroy all'improvviso, mentre l'agente estrae il portatile dalla valigetta e lo appoggia sul tavolo.
«Sì, grazie», risponde Hoseok con un leggero sorriso.
Ha una voce calma e ferma, quasi rassicurante. Il tipo di voce di cui ci si fida senza nemmeno sapere chi sta parlando.
Una volta sistematosi, l'agente scruta l'intera stanza e alla fine guarda anche chi c'è dentro. «Siete ben organizzati. Mi piace.»
Seokjin lo ringrazia – ma perché cazzo lo ringrazia? – e gli dice di presentarsi nei dettagli, cosa che fa.
«Come ho detto, mi chiamo Hoseok.» Si prende del tempo per osservare tutti. «Sono un membro dell'Unità di Analisi Comportamentale, nota anche come BAU**, e sono qui per aiutarvi.»
«Sei tipo... un profiler?» chiede Georgie.
Hoseok ridacchia dolcemente. «Se vogliamo, sì.»
«Ma dove cazzo siamo, in Criminal Minds?» interviene sarcasticamente Taehyung, cosa che non impressiona affatto Hoseok, a giudicare dai suoi occhi impavidi.
«Non faccia caso a lui, agente», dice Jeongguk, con quella sua fastidiosa risata finta che riecheggia nel seminterrato. «Il mio collega è un coglione maleducato.»
«Un coglione che ti ha salvato il culo poche ore fa, testa di cazzo.»
Lo sguardo di Seokjin grida vi ammazzo, maledetti mocciosi.
Per quanto riguarda Hoseok, sta ancora sorridendo, ma non sembra essere un buon segno. «Jeongguk e Taehyung, giusto?» Entrambi annuiscono. Naturalmente Seokjin lo ha informato dei loro nomi e tutto il resto. «Non pensi di aver bisogno del mio aiuto, detective Kim?»
Va bene, forse hanno bisogno di aiuto, ma è difficile ammetterlo. Taehyung che ha bisogno di Jeongguk è già un'umiliazione di per sé. «Non sai rispondere a una semplice domanda?» Hoseok sogghigna brevemente. «Non mi sorprende che non abbiate ancora preso l'assassino.»
Taehyung si tende sulla sedia, sul punto di alzarsi, ma Jeongguk gli dà un calcio sullo stinco prima che succeda, lanciandogli uno sguardo di disapprovazione. Sembra un cerbiatto, a dire il vero, con gli occhi più grandi del suo ego— e non sta esagerando.
Taehyung stringe la mascella, ma resta immobile.
«Potremmo aver bisogno d'aiuto», gracchia con riluttanza il detective dopo un po', prolungando il sorriso sulle labbra di Hoseok.
«Fantastico.» L'agente speciale si aggiusta il colletto, proprio come Seokjin si aggiusta la cravatta. Per qualche motivo si assomigliano terribilmente. «Raccontatemi tutto.»
Circa un'ora dopo, Hoseok è al corrente di tutto. La prima firma, con il sangue di Janice; la seconda, fatta con la carne ustionata di Francis; la terza, letteralmente nella coscia mutilata di Kelsey. Sa di quel fottuto gioco di parole indirizzato a Taehyung. Sa del comportamento violento di Janice e Francis— ma non sa niente di quello che ha fatto Kelsey, perché, cazzo, quello non lo sa nessuno. Sa anche del minivan nero che, a quanto pare, ha abbandonato il corpo di Kelsey davanti alla cattedrale. Sa di Josh, Ollie, Jaime, Rita e tutti gli altri, sa dei luoghi degli omicidi, della differenza tra la o le scene del crimine primarie sconosciute e quelle secondarie, dove i corpi sono stati lasciati. Sa del "legame" tra Taehyung e Namjoon e di come quest'ultimo abbia ottenuto alcune preziose informazioni. Sa degli ultimi eventi, dei versi biblici inviati dall'assassino a due testate giornalistiche, ma anche del ridicolo soprannome che gli hanno dato. Il Predicatore, sul serio? Da dove esce fuori? Taehyung non sarebbe sorpreso di sapere che è stato un lampo di spirito di Namjoon.
L'agente speciale non dice nulla per un po', probabilmente riflettendo su quanto ha appreso.
«Allora», dice guardando ancora una volta tutti. «Abbiamo un killer organizzato, questo è certo.» Le sue sopracciglia si corrugano leggermente. «Un killer che probabilmente si alterna tra donne e uomini, ma anche tra i casi precedenti di Taehyung e Jeongguk. Ho ragione?»
Tutti annuiscono, e Jeongguk dà fiato alla sua boccaccia: «Hai ragione.» Si gira un po' per guardare Taehyung negli occhi. «Ma Taehyung non ha parlato del caso relativo all'omicidio di Kelsey.»
«Ci sto arrivando», brontola lui, non proprio desideroso di parlare.
«Ti stiamo ascoltando», dice Seokjin, anche se conosce già la storia come metà della sala.
Taehyung tira un sospiro e sprofonda nella sedia. Sente un nodo alla gola e si schiarisce la voce per iniziare: «Mi ricorda l'ultimo caso di omicidio con il mio partner.» Una pausa, lo sguardo di Taehyung si ferma per un attimo sul pavimento. «Beh, la mia precedente partner, Amber.» È difficile pronunciare quelle parole. Taehyung sa, nel profondo, che non avrà un altro partner, anche se adesso c'è Jeongguk. La sua partner era Amber, nessun altro. «Era il settembre 2018.» Ha davvero intenzione di parlarne? «Abbiamo trovato il corpo di una donna di colore nella sua casa, perché un vicino ci aveva chiamato. Viveva vicino alla chiesa per cui lavorava, il Greater Holy Temple, a East Garfield.» Taehyung storce il naso quando ricorda la scena. «Quella povera donna era stata accoltellata, più e più volte, e il suo corpo era stato mutilato proprio come quello di Kelsey. Un vero e proprio massacro.»
Taehyung prende la bottiglia d'acqua sulla scrivania di Jeongguk, che è molto vicina alla sua, e beve, senza nemmeno rendersi conto che non è la sua bottiglia. «La gente del posto era inorridita, perché lei era una donna così gentile, sapete. Predicava solo il Signore in cui credeva, era amata da tutta la parrocchia. E questo non piaceva a un fottuto razzista.» Tutti lo ascoltano con attenzione, soprattutto Hoseok, Jeongguk e Georgie, in un certo senso neofiti di questa storia. «Abbiamo ricevuto i risultati del laboratorio due mesi dopo il crimine, ma prima...» La voce di Taehyung si incrina, così si costringe a bere ancora una volta.
«Non devi raccontare questa parte, Taehyung», dice Seokjin in tono gentile, ma anche un po' rauco.
«Fa parte della storia», si rammarica il detective interrompendo il contatto visivo con il sergente. Il modo in cui Amber è morta fa parte della storia, cazzo. «Era il ventidue ottobre, in un giorno di pioggia.» Non vuole che questa storia duri più del dovuto – o meglio, più di quanto possa sopportare –, quindi sarà veloce. «Stavamo indagando su quel caso, vagando per le strade, quando abbiamo sentito un urlo.» Sembra un cazzo di cliché, o un racconto fin troppo superficiale, ma Taehyung non ha la forza di spiegare più nel dettaglio. È già tutto troppo chiaro nella sua mente, i ricordi crudi ne disturbano il flusso. «Uno stronzo ha aggredito una donna in un vicolo. Mi sono avvicinato, ho urlato, con il dito premuto sul grilletto, e lui...»
Non può farlo, non è vero? Non può lasciare che quei ricordi si disperdano nell'aria, in attesa che tutti li sentano.
Seokjin sa cosa è successo, proprio come Zak, Kristin e Leroy. Non erano presenti, ma lo sanno. Anche gli altri devono averlo saputo, ma non dalla bocca di Taehyung, e questo cambia tutto. Alcuni giornali ne hanno parlato, come hanno parlato di molte altre morti sul lavoro, ma non è la stessa cosa. Taehyung era l'unico lì dentro, l'unico che non era riuscito a rimanere per tutto il tributo perché era troppo difficile, l'unico che ha avuto incubi per mesi.
L'unico che ha sentito la vita abbandonare il suo corpo.
Sa di non essere stato – e di non essere tuttora – l'unico in lutto, ma porca puttana! Lo colpisce ancora troppo duramente, sente il cuore frantumarsi non appena sente o pronuncia il suo nome. È troppo difficile, ma lei lo avrebbe preso a calci nel sedere per non essere in grado di parlare di fronte a un agente dell'FBI, quindi obbedisce alla vocina nella sua testa. La voce di Amber.
«Si è girato e ha sparato in testa ad Amber. Gli ho sparato anch'io subito dopo, due proiettili nella sua cazzo di testa.» La gola gli fa male, è troppo secca per parlare, mentre gli occhi diventano lucidi. Ma non vuole piangere. Ne ha abbastanza di quella merda. «Non è morta sul colpo.» Riesce a vedere il suo viso, il sangue sulle sue mani quando ha toccato la ferita. «Ma è morta tra le mie braccia quando è arrivata l'ambulanza.»
Riesce ancora a sentire il polso di lei che si ferma, a vedere gli occhi vuoti e spenti.
Amber era unica nel suo genere, ma per un attimo era sembrata come tutti gli altri su quella maledetta Terra. Un corpo, fatto di carne e ossa, tenuto in vita da funzioni complesse, come il cervello e il cuore. E quelle funzioni non funzionavano più, e il suo cadavere era lì, intrappolato tra le braccia di Taehyung, affogato nelle sue lacrime.
Nessuno osa parlare per un lungo momento, un momento terribilmente lungo che, proprio come la morte di Amber, in realtà non è poi così lungo. Solo una distorsione del tempo.
Gli occhi di Jeongguk sono su di lui, ma Taehyung non riesce a distogliere lo sguardo da terra.
«Mi dispiace molto per la tua perdita», è la risposta di Hoseok, e sembra sincera. «Prenditi il tempo che ti serve per parlare, o diccelo più tardi. Va bene così.»
Non va bene, e non andrà mai bene, quindi Taehyung non può permettersi di perdere tempo. C'è un assassino là fuori, un fottuto assassino che scherza sulla morte di Amber, e Taehyung non lascerà che accada di nuovo. Ucciderà quello psicopatico a mani nude, se necessario.
Necessario o meno, a dire il vero.
«Non abbiamo molto tempo», dice ad alta voce. «Starò bene.»
Bugie amare, una dopo l'altra. Come può stare bene dopo quello che è successo? Certo, sa come fingere, ma stare bene per davvero? È una fottuta utopia. Beh, ha ancora delle persone intorno a sé, a cui tiene molto, ma se...
Già, se.
Le eventualità sono più spaventose di quanto dovrebbero essere.
«Allora», riprende Taehyung, «abbiamo catturato quell'assassino razzista circa un mese dopo la morte di Amber.»
Dirlo ad alta voce ancora una volta, cazzo, fa male. Ricorda la settimana di ferie che ha avuto dopo, il modo in cui ha avuto paura di se stesso in quel periodo. Non era affatto quello di prima, era persino tentato di comprare alcol o droghe, per provare qualcun cosa che non fosse il dolore. Per dimenticare, solo per un attimo, il momento in cui lei è morta. Smettere di piangere, solo per un secondo. Mentire a se stesso, finché poteva.
Per fortuna c'era Jimin a impedirgli di realizzare queste idee di merda. E anche Seokjin. Diavolo, la sua morte li ha persino avvicinati, come di solito accade quando si condivide lo stesso dolore.
«Ma si è ucciso in prigione poco dopo.»
Che liberazione.
Questo è ciò che Taehyung pensava allora, e ciò che pensa tuttora ogni volta che becca un figlio di puttana come questo. Che liberazione, cazzo.
La stanza rimane silenziosa per un paio di minuti, dopodiché Hoseok aggiunge: «Quindi il nostro killer è un emulatore che copia solo la maniera di uccidere. Mani tagliate e ioide rotto per Janice, diverse ustioni per Francis, e numerose ferite per Kelsey.»
«Ha replicato il luogo del primo omicidio», chiarisce Jeongguk. «Beh, era lo stesso quartiere.»
«E sembrava tutto molto simile», aggiunge Taehyung, anche se i suoi pensieri sono ancora lontani. «Lo ioide rotto, la biancheria intima, le mani... Sì, quella è stata la copia più accurata.»
«Avete ragione entrambi», dice Hoseok, con un braccio incrociato sullo stomaco e una mano a sostenere il mento. «Lei o lui sta diventando più abile.»
«Lei?» chiede subito Leroy.
«Beh, chi lo sa se è un lui?» Hoseok scrolla leggermente le spalle. «Di certo non io.»
«Ma è il tuo lavoro, no?» Seokjin guarda con rimprovero Taehyung, come se il detective stesse per dire un'assurdità. «Stabilire un profilo e cose del genere?» Ha detto 'cose' e non 'cagate', è un progresso.
«A dire il vero, non sono in grado di dirvi il sesso del nostro killer.» Hoseok si avvicina alla grande bacheca di sughero, vicino alla lavagna. Ci sono diverse foto, alcune delle quali collegate da fili rossi. Un'atmosfera da vecchia scuola.
«Tre persone bianche, tra cui un uomo.» Batte le dita sulla lavagna tre volte. «L'assassino non copia il tipo di vittima, sceglie chi vuole, ma perché?»
«Il loro background?» propone Zak, sostenuto da Kristin.
«Sì», aggiunge Leroy, «Janice picchiava suo figlio, proprio come Francis.»
«Concesso», risponde Hoseok. «Ma che dire di Kelsey? Finora non sappiamo molto di lei, ma siamo abbastanza sicuri che non abbia avuto figli, giusto?»
«Giusto», conferma Seokjin.
«Le prime due vittime sembrano essere collegate da ciò che hanno fatto, dalle loro cattive azioni.» L'agente speciale prende il giornale accanto a sé e mostra il titolo alla squadra. «E adesso, un versetto biblico? Quel soprannome, Il Predicatore, credo che si addica al nostro killer.»
Taehyung fa un verso di scherno. «È ridicolo. Sembra un fottuto remake di Seven.»
Hoseok lo indica, con gli occhi attenti. «E forse lo è.»
«Rabbia», si limita a dire Jeongguk a bassa voce.
«Rabbia?» Taehyung si acciglia mentre ripete la parola.
«Sì, rabbia», risponde a voce più alta. «Potrebbe caratterizzare i primi due omicidi.»
Le labbra di Hoseok si tendono in un sorriso. «Sapevo che questo ragazzo mi sarebbe piaciuto.»
Taehyung alza gli occhi al cielo quando incontra lo sguardo di Leroy, che ridacchia sommessamente. Un altro fan di Jeongguk, che piacere.
«E Kelsey...» La lingua di Jeongguk preme contro l'interno della guancia sinistra. Dio, quella sua abitudine del cazzo. «Ha lavorato in un cabaret, quindi forse lussuria?»
«È sicuramente lussuria, se parliamo di peccati.»
«Peccati, sul serio?» Taehyung fa un'altra risata di scherno, ma questa volta è amara. «Tutto questo casino per mandare un messaggio così banale? Non me la bevo.»
«Sarebbe strano ma... ha senso», dice Kristin, che non parla molto, proprio come Zak.
«Strano e déjà vu», continua Taehyung, offrendo al mondo il suo accento francese.
«Teniamolo a mente», risolve Seokjin. «E consideriamola una possibilità, non una verità.»
«Ben detto», conferma Hoseok. «Nulla è una verità assoluta qui, tranne i tre corpi che hanno lasciato.»
«Penso che possiamo supporre che lui— beh, lui o lei ha qualcosa contro me e Jeongguk.»
«Qualcosa contro alcuni dei nostri casi precedenti», dice Jeongguk.
«Ma la cosa adesso è diventata più personale, no? Dopo quel gioco di parole», contesta Taehyung.
«Forse è così», dice Hoseok. «O forse stanno solo giocando con te, con noi.»
«Che gioco di merda, allora», grugnisce Taehyung.
«Non ci sono segni di violenza sessuale, giusto?»
Hoseok è ancora in piedi, con la mano sotto il mento, e sembra il Pensatore. «Il nostro killer non lo trova eccitante.»
«Sentirsi superiore è ciò che gli piace.»
Naturalmente, Hoseok sorride al giovane detective.
Jeongguk, il preferito da tutti, Jeon-Kearney.
«Penso di sì», conferma l'agente speciale, lusingando l'ego smisurato di Jeongguk. «Da quello che sappiamo finora, direi che il soggetto è ovviamente un killer organizzato, a cui piace avere il controllo totale delle cose. È un'ossessione, un bisogno.»
«E si evolve rapidamente», osserva Jeongguk. «Gettare un corpo nel Near North Side è molto più difficile che a West Garfield o a Humboldt Park.»
Taehyung sente di non essere desiderato lì dentro.
«Esattamente. E quei messaggi? Vuole che Chicago sappia della sua esistenza, che lo veda come un'entità.»
«Quell'assassino è solo un coglione che gioca a fare Dio», si lamenta il maggiore dei detective, esasperato da quei due che monopolizzano la conversazione.
«Doveva essere una lamentela, ma in realtà hai ragione!» esclama quando il suo sguardo incontra quello di Taehyung. «Non so se i peccati capitali siano una buona pista, ma di sicuro l'assassino gioca a fare Dio. Punisce chi merita di essere trattato in quel modo, secondo il suo parere. Colossesi 3:5, Nuova Riveduta.»
Tutti lo guardano con incomprensione, tranne Taehyung e Jeongguk, che prendono parola contemporaneamente: «Il versetto della Bibbia.»
«Sì, l'avevo capito», risponde Leroy guardando loro e poi Hoseok, «ma come fai a sapere il verso esatto?» Una piccola risatina. «Leggere la Bibbia può aiutare quando il tuo lavoro è avere a che fare con degli assassini.»
«Mi sembra giusto.»
«Quindi il versetto.» La faccia di Hoseok diventa di nuovo seria, i lineamenti non troppo severi, ma nemmeno troppo morbidi. «"A morte i peccatori", è quello che hanno fatto con Kelsey, ma anche con Janice e Francis. Il resto del versetto condanna soprattutto l'avidità e la lussuria, quindi penso che sia rivolto a Kelsey.»
Taehyung odia ammetterlo ma, cazzo, ha senso.
«Perché mandarlo ora?» chiede Georgie, la cui voce femminile riecheggia nella stanza. A Taehyung manca quella di Amber. «Voglio dire, molti versetti parlano di rabbia.»
«Bella domanda, e la mia risposta sarà semplice», risponde Hoseok. «Evoluzione.»
Georgie annuisce, soddisfatto, e Taehyung non ha nulla da ridire perché, ancora una volta, ha senso. Chi è lui per contraddire un agente dell'FBI— e del BAU? Beh, essere uno dei migliori detective di Chicago non gli dà il diritto di farlo, non quando non ha una teoria migliore.
«Lui o lei si è evoluto», ripete Hoseok, «ed è per questo che non copia più i crimini alla perfezione. Riprende lo stesso modo di uccidere, ma non è nemmeno lo stesso modus operandi. A proposito di modus operandi.... Sapete qual è la differenza tra il modus operandi e la firma?»
Indovinate chi è il primo a rispondere?
Bingo.
«La firma alimenta i bisogni dell'assassino, l'omicidio non sarebbe completo senza di essa, anche se non è necessaria. D'altra parte, il modus operandi è l'intera procedura, il modo in cui uccide.»
«Precisamente. Il modus operandi può cambiare con l'evoluzione dell'assassino, è dinamico. La firma, invece, è statica. È ciò di cui l'assassino ha bisogno per soddisfarsi. Esprime la personalità dell'assassino. Come avete detto, non è necessaria per l'omicidio, ma lo è per l'assassino. Una firma può avere molte forme: il bisogno di torturare, di umiliare, di fotografare... qualsiasi cosa. Si può torturare in molti modi, con metodi diversi, ma alla fine la firma è sempre il piacere che si prova nel torturare. Qui l'assassino firma letteralmente i suoi crimini, non lo lascia nemmeno al caso. Il nostro killer non può fare a meno di farlo, eppure sa che lo sta facendo. Un maledetto maniaco del controllo. Alla fine, è il desiderio di sentirsi potente, e intelligente, la sua vera firma.»
Hoseok li guarda per verificare se hanno capito quello che sta dicendo, prima di camminare avanti e indietro, lentamente.
«Diciamo che io sono l'assassino, va bene? Scelgo una vittima, diciamo una donna. Ho bisogno di un motivo per uccidere, quindi la scelgo in base a ciò che so che ha fatto. Poi la pedino. Sono organizzato, quindi devo conoscere le sue abitudini prima di colpire. Il buio mi offre una copertura, quindi la rapisco di notte, in tempi molto brevi, facendola salire sul mio minivan nero. Magari la stordisco per sicurezza, poi mi dirigo verso il mio posto sicuro, dove posso torturarla e ucciderla a mio piacimento, senza preoccuparmi di niente e di nessuno.»
Hoseok sarebbe davvero inquietante, in questo momento, se non avesse quella sua aura rassicurante.
«La mia preda è morta, ma non è abbastanza. Ho bisogno di mostrare al mondo che l'ho uccisa, ho bisogno che la polizia scopra quello che ho fatto. Devo lasciare un segno, ma i miei metodi non sono sufficienti. Ho bisogno di un messaggio avvincente e voglio stabilire un legame tra me e i poliziotti. Meglio, voglio prendere di mira due brillanti detective, sui quali ho fatto ricerche molto prima di iniziare a uccidere. Sono loro le mie prede preferite, ma non voglio ucciderli. Voglio giocare.»
Va bene, ora è spaventoso da morire, cazzo.
«Voglio sentirmi superiore, perché so di esserlo. So anche chi sono, cosa temono, quindi uso questo aspetto per colpire un punto debole. Li conosco ma non hanno idea di chi io sia, questo dimostra quanto io sia migliore di loro. Ma voglio di più, voglio che lo sentano anche loro, che si sentano inferiori e inutili.»
«Sei tu il fottuto assassino?» chiede Taehyung senza mezzi termini, un po' turbato. «Come fai a saperlo?»
Hoseok espira l'aria dal naso, con un sorriso divertito sulla bocca. «Questo è il mio lavoro, Taehyung. Non credo che l'assassino sia così propenso al rischio. A proposito di rischio, all'inizio ho cercato di limitarlo, ma sono troppo potente per nascondermi, quindi sto iniziando a rischiare, abbandonando le mie vittime in luoghi più affollati. Anche la gente dovrebbe ammirare la mia arte.»
«Arte?», ripete confuso Zak.
«La mia arte, sì. Non credi che io sia un artista?»
«Per capire l'artista, devi studiare la sua arte», pronuncia Jeongguk, strappando un sorriso orgoglioso a Hoseok.
«John Douglas. Qualcuno ha fatto i compiti a casa.» L'agente guarda gli altri, compreso Taehyung. «È uno dei pionieri dell'FBI per quanto riguarda i profili investigativi.»
«L'uomo che ha ispirato Mindhunter?»
«Esatto, Leroy», conferma Hoseok. «Douglas e Olshaker hanno pubblicato un libro intitolato Mindhunter, da cui è stato tratto lo sceneggiato.»
A dirla tutta, Taehyung ha guardato la serie con Jimin e gli è piaciuta, ma che cazzo? «Siamo poliziotti o fanatici di Netflix?»
«Va bene, andiamo avanti.» Hoseok ha di nuovo il volto serio. «Voglio colpire ancora di più uno dei detective, quindi preparo un gioco di parole, perché sono un sadico. Mi piace vedere le mie vittime soffrire, ma mi interessa anche la sofferenza psicologica, quindi la riverso sul detective che ho scelto per il terzo omicidio. Taehyung. La prossima volta attaccherò Jeongguk, ma un passo alla volta. Mi alterno tra l'uno e l'altro perché sono io che ho il controllo, e faccio quello che voglio. Ho ucciso Kelsey, ho lasciato il suo corpo in una strada trafficata, davanti a una cattedrale, e ho mandato un messaggio a Taehyung e alla sua squadra, ma non basta. I media devono sapere che esisto, quindi mando un messaggio anche a loro. Un messaggio in cui riecheggia il mio ultimo omicidio, con la sua ubicazione. Mi sento maledettamente intelligente per questo, e lo sono, perché non lascio tracce alle mie spalle. Sono un fantasma, ma tutti devono sentire la mia presenza. Tutti devono temermi perché, ancora una volta, io sono superiore. Sono arrabbiato, ma so come organizzare la mia rabbia per far sì che il mondo mi tema senza sapere chi sono. Non mi possono fermare, e non mi fermerò.»
«È... davvero inquietante», dice Leroy, esprimendo ad alta voce ciò che probabilmente pensano tutti.
«Il profiling consiste nel mettersi nei panni dell'assassino», chiarisce Hoseok. «Nessuno si abitua veramente a questo.»
Taehyung è più impressionato che spaventato, in questo momento. È impressionato dal modo in cui Hoseok impersona l'assassino, in modo così rapido e preciso. Però è un po' scettico. Certo, è un agente speciale del BAU, ma è difficile credere che uno possa essere così... talentuoso? La mente umana può essere prevedibile, in un certo senso, perché può contare su una prospettiva a posteriori, ma la mente di quell'assassino è tutto fuorché umana.
«Come possiamo fermare un assassino del genere?» si chiede Kristin.
«Restringeremo il profilo, e il soggetto in questione commetterà degli errori.»
«Errori?»
«Sì, Georgie, errori. Ho ragione di credere che il nostro killer sarà la causa della sua stessa rovina.»
«Ma ucciderà ancora prima che accada», ribatte Taehyung, il cui tono di voce è aspro e seccato proprio da questo fatto.
«Non è impossibile, sì. Il lasso di tempo che intercorre tra due vittime è piuttosto breve, quindi non mi aspetto che riusciamo a catturare l'assassino prima di almeno un quarto omicidio. O meglio, che lo prendiate voi, perché io sono qui solo per assistervi.»
Tutta la pressione e la gloria per loro, che gioia.
«Ma perché tre settimane?»
Leroy ha ragione, perché?
«È una preferenza personale, principalmente, ma credo che dimostri che il nostro killer ha pianificato i suoi omicidi. Forse sa già chi saranno le prossime vittime, o forse le sceglie in coppia, o durante quelle tre settimane. Non posso dirlo con certezza, ma il suo modo di agire non è casuale. Ancora una volta, ha il controllo di tutto.»
«Ma questo rende il nostro lavoro più facile, no? Il fatto di sapere quando colpirà?»
«Lo pensi davvero, Leroy?» Hoseok ha una buona memoria, per quanto riguarda i nomi. «Secondo me la situazione peggiorerà ancora. I media adesso sono informati, quindi vi metteranno sotto pressione. Anche la gente lo sa, quindi avrà paura. Non sarà per niente facile.»
Non sarà facile, Taehyung lo aveva già capito.
Aveva già affrontato casi difficili, ma questo- porca puttana. Far parte di una task force è già di per sé indicativo di ciò che li aspetta. Non è un caso qualunque.
È guerra, ma come si fa a combattere un nemico che non conosci? Un nemico che neanche vedi?
Probabilmente serviranno anche altri uomini, ma è difficile radunare un'unità numerosa. Gli altri criminali di Chicago non si fermeranno solo perché c'è un mostro più grande in città, anzi, il contrario.
«Non sono un sensitivo», aggiunge Hoseok, smettendo di camminare avanti e indietro. «Non ho una risposta definitiva, ma posso dirvi che farò tutto il possibile. Finora non ho mai lasciato scappare un assassino e non comincerò a farlo adesso.»
Questo è piuttosto rassicurante, a dire il vero. Sì, è vero, Taehyung non ama l'idea di essere aiutato da un agente dell'FBI ma, alla fine, perché no? È difficile ammetterlo – molte cose lo sono – ma Hoseok ha delle capacità che Taehyung non possiede. Ed è giusto, persino normale. Taehyung non è un prodotto di Quantico, ma è abile a modo suo. Sa di esserlo, lo è sempre stato. Accettare Hoseok sarà sicuramente più facile che accettare Jeongguk, che non ha ancora ucciso, il che è un buon segno.
Seokjin ringrazia Hoseok per le sue parole, e poi Leroy chiede: «Cosa dobbiamo fare adesso?»
«Dobbiamo verificare perché le telecamere non funzionavano e saperne di più su Kelsey, anche perlustrando il luogo in cui viveva», dichiara Seokjin dopo averci pensato su. «Dobbiamo anche procurarci i messaggi originali inviati al Tribune e al Sun-Times. Se possibile, inviateli al laboratorio.»
Non dovrebbero nemmeno aver bisogno di un mandato, visto che Kelsey probabilmente viveva da sola e, beh, a chi importa se la polizia perquisisce casa tua quando sei morto, no?
«Sarebbe un buon inizio», conferma Hoseok, voltandosi leggermente per lanciare un'occhiata a Seokjin. «So che sei un buon sergente, saremo una grande squadra.»
Zak e Kristin si occupano delle telecamere di sicurezza, Leroy e Georgie dei messaggi, Taehyung e Jeongguk di trovare tutto il possibile su Kelsey. Questo è il piano.
«Tocca a me guidare», cinguetta Jeongguk, rubando le chiavi dalle mani di Taehyung.
Il maggiore alza gli occhi al cielo mentre Jeongguk lo supera, camminando veloce come una sfera energetica. «Sei troppo allegro, oggi.»
«È il mio metodo per rimanere sveglio nonostante la mancanza di sonno. E siccome non conto sul fatto che tu sia gioioso, lo sono per tutti e due.»
«Perché dovrei essere gioioso, Jeongguk?»
«Per evitare di finire in depressione, credo.»
Quello stronzo ha ragione, ma essere visibilmente gioioso non è un'abitudine di Taehyung, tutto qui. È qualcosa che riserva alle persone speciali e – sorpresa – Jeongguk non è una di queste.
«Sì, come vuoi. Se vuoi, mettiti a scondinzolare come un cagnolino del cazzo.»
«Non sono un cagnolino.»
«Apri questa maledetta macchina e basta», risponde Taehyung una volta che sono vicini al SUV della polizia, che sosta in compagnia di numerosi veicoli del tutto identici.
Entrano in macchina, allacciano le cinture di sicurezza e Jeongguk avvia il motore.
«Dove ci incontriamo con Rita?» chiede Taehyung una volta che sono in viaggio.
«Te l'ho già detto.»
«Mi hai detto nel Near North Side, il che è fottutamente vago.»
«Diamine, smettila di essere così aggressivo.»
«La mia aggressività ieri non ti ha dato fastidio, o sbaglio?»
Jeongguk era un po' strano ieri, ma non così tanto, considerando che si tratta di Jeongguk. Ha senso?
Beh, più che altro è strano che si sia comportato così con Taehyung.
«Non so di cosa tu stia parlando.» Non guarda Taehyung, ma un leggero sorriso si intravede all'angolo della bocca, le labbra si piegano un po' come se cercasse di trattenere un sorriso più ampio. Idiota.
«Bugiardo.» Taehyung sospira, rinunciando a quella conversazione che comunque non avrebbe portato a nulla. «Allora?»
«Un caffè a Streeterville.»
Un quartiere del Near North Side, non lontano dalla cattedrale del Santo Nome.
«Un caffè?» ripete Taehyung lanciando un'occhiata a Jeongguk, che però continua a non guardarlo.
«Non ti preoccupare, fanno anche il tè.»
«Io...» Taehyung distoglie lo sguardo da lui e fissa la città, attraverso la finestra, «non mi stavo preoccupando di questo.»
«E di cosa, allora?»
«Del posto. Voglio dire, un caffè, perché no, ma così vicino alla cattedrale? Non è strano?»
«Ha scelto lei il posto», chiarisce Jeongguk scrollando leggermente le spalle. «Rita vive in quella zona, deve essere abituata ad andare in quel caffè. È rassicurante trovarsi in un posto che si conosce, credo.»
«Sì, probabilmente.»
Passano il resto del viaggio in silenzio, Jeongguk si concentra sulla strada, Taehyung osserva i grattacieli lussuosi. Conosce Chicago come le sue tasche, ma si reca raramente in quella zona, e le cose evolvono in fretta. Un nuovo negozio qui, un nuovo edificio là... È così che funziona. Ciò che non è cambiato, però, è la scarsa simpatia di Taehyung per quel particolare quartiere. È troppo affollato, troppo trafficato, troppo superficiale, troppo tutto. È troppo... Jeongguk.
«Capolinea», dichiara Jeongguk, parcheggiando l'auto in un piccolo parcheggio.
Quando escono, il minore si stiracchia un po', mentre Taehyung tira un sospiro alla vista dell'edificio più alto. È una costruzione recente, un gigantesco affare di vetro, color rosso e acquamarina, che grida: vieni a vivere da me se sei un ricco bastardo. Probabilmente Jeongguk vive in uno di quei cosi, o addirittura in una versione aggiornata, caratteristica del Loop.
«Sono sicuro che ami la zona», dice Jeongguk dandogli una leggera spallata.
«Quanto amo te, testa di cazzo», ribatte Taehyung mentre lo supera. «E non buttarti addosso.»
«O mi minaccerai di nuovo con la tua dannata Smith & Wesson?»
«No. Ti è piaciuto troppo.» Si gira per guardare Jeongguk in faccia. «E quella stessa 'dannata' pistola ti ha salvato il culo, moccioso ingrato.»
«Per quanto tempo hai intenzione di ricordarmelo?»
«Per sempre.»
«Allora immagino che prima o poi dovrò salvarti il culo.»
«Non riesci a salvare nemmeno te stesso, Jeongguk.»
«Stronzo.»
«Coglione.»
Jeongguk alza gli occhi al cielo e a sua volta anche Taehyung alza gli occhi al cielo, ma sussultano entrambi quando una voce femminile giunge alle loro spalle. «I detective del CPD sono molto uniti, vedo.»
«Signorina Cedillo», Jeongguk fa un leggero inchino non appena si voltano verso di lei. «Siamo... partner speciali.»
«Piuttosto cause perse», spiega Taehyung, per poi scusarsi con Rita.
Lei ridacchia lievemente. «Tranquilli, non lo dirò al vostro sergente.»
Seokjin lo sa già, ma questo non gli ha impedito di volere che loro due lavorassero insieme. A dire il vero, Taehyung non ha ancora capito perché ci tenesse tanto.
Non importa. Sono davanti al caffè, un ampio locale con pareti di vetro, con l'insegna Egg Harbor Cafe sulla facciata. È persino più moderno del grattacielo residenziale.
Jeongguk apre la porta e lascia entrare Rita per prima, da finto gentiluomo qual è. Poi guarda Taehyung, aspettando che entri anche lui.
«È molto gentile da parte tua, partner», dice Taehyung con un po' di ironia mentre entra, conquistando un altro stronzo da parte di Jeongguk, che lo segue all'interno.
«Sono stata qui un paio di volte dall'apertura e sono davvero fantastici», dice Rita mentre si siede al tavolo che ha scelto, lontano da quelli occupati. Il bar è abbastanza tranquillo per il momento, se non fosse per alcuni clienti che parlano a bassa voce e per il rumore delle posate. Taehyung e Jeongguk si siedono dall'altra parte del tavolo, sulla seconda panchina bianca. Il design è elegante e l'ambiente luminoso, in netto contrasto con l'argomento di cui stanno per discutere.
Ognuno di loro lancia un'occhiata al menu e, in breve tempo, arriva un giovane cameriere, tutto educato, che chiede loro cosa desiderano. Naturalmente Jeongguk ordina un caffè— Taehyung non ricorda quale e, per quanto ne sa, un caffè è sempre un caffè, qualunque sia il suo nome. Rita prende un latte al cioccolato e per finire lui sceglie un tè, cosa che fa sghignazzare discretamente Jeongguk.
L'impiegato gli sorride e se ne va.
Rita appoggia la schiena alla sedia.
«Allora, ci sono novità?»
«Stiamo indagando su diverse piste», risponde Jeongguk.
«E io sono una di queste?»
«Non direttamente», dice. «Abbiamo bisogno che ci racconti qualcosa di più su Kelsey, se per te va bene.»
«Va bene.»
Sembra che stia meglio rispetto a qualche ora prima – almeno a detta di Taehyung –, ma i suoi lineamenti sono stravolti e ha delle ombre sotto gli occhi. Taehyung non può biasimarla, dopo Amber aveva un aspetto decisamente più orribile.
«Avete cercato quel tipo strano?»
«L'abbiamo fatto», risponde Taehyung, lanciando un'occhiata a Jeongguk. «L'abbiamo trovato, ma non è stato determinante per il caso.»
«Capisco.» Il cameriere torna con le loro ordinazioni. Lo ringraziano e lei continua: «Cosa volete sapere?»
Taehyung mette il suo taccuino sul tavolo e lo apre, con la penna nell'altra mano.
«Tutto quello che ti viene in mente. Cose basilari, per cominciare, come il suo indirizzo, le sue relazioni...»
Rita annuisce e sorseggia dalla cannuccia, con gli occhi che vagano un po'. «Viveva da sola a Bridgeport, in un piccolo appartamento in affitto.»
«Bridgeport?» ripetono all'unisono i detective.
«Sì, perché la cosa vi sorprende?»
«Anche il tipo strano vive lì.»
«Davvero?» Lei aggrotta le sopracciglia, con le mani ben salde intorno alla tazza. «Non me l'ha mai detto.»
«Forse non lo sapeva», ipotizza Taehyung. «Comunque, non pensiamo che sia coinvolto, ma lo terremo d'occhio.» Volta pagina e spinge il taccuino verso di lei. «Potrebbe scriverci l'indirizzo?»
Lei annuisce lentamente e lo fa, dopodiché restituisce il taccuino a Taehyung. «Per quanto riguarda le relazioni, beh, non ne ha avute molte. Sua madre è morta poco dopo la nascita di Kelsey e suo padre è morto quando lei aveva vent'anni, così ha lasciato casa per venire qui.»
«Dove viveva prima?» chiede Jeongguk.
«Non ne ha mai parlato, ma chiaramente non a Chicago. Non aveva molti soldi, ma era bella e aveva una... un'aura speciale.» Un sorriso triste le attraversa le labbra contratte. «Comunque. Ha fatto domanda per lavorare in alcuni cabaret e l'abbiamo presa al Rick's.»
«Quindi lei lavorava già lì?»
«Sì, lavoravo lì da qualche mese. Mi è sempre piaciuto lo spettacolo.» Tutti e tre bevono qualche sorso. «Ma lei non lavorava per lo spettacolo, all'inizio lavorava per mangiare. Ci siamo avvicinate subito e ho cominciato a vederla come una sorella minore, immagino.» I detective la lasciano procedere secondo i suoi ritmi, senza metterle pressione. «Aveva un sogno. Anzi, un progetto, perché ci ha lavorato tanto.» Gioca con la sua cannuccia, cercando di distrarsi un po'. «Voleva riprendere gli studi per diventare una giornalista.»
Una giornalista? Decisamente.
E una sorella minore? Beh, Rita deve essere più grande di quanto sembri.
«Aveva iniziato qualche mese fa, con dei corsi online. Era davvero appassionata quando ne parlava.»
Kelsey voleva diventare giornalista e, improvvisamente, l'assassino sceglie di inviare un messaggio a due giornali dopo il suo omicidio? Non può essere una coincidenza, vero?
«Conosceva qualche giornalista?»
«Alcuni, ma non mi ha mai detto i loro nomi. Credo che ne abbia incontrati alcuni da Rick.»
A proposito di Rick's, forse l'assassino è andato anche lì. Dovrebbero controllare.
«Scusa se te lo chiedo», dice Jeongguk dopo un po', «ma lavorava anche altrove? Voglio dire...»
«Come prostituta?»
Jeongguk si passa una mano sulla nuca. «Avrei detto escort.»
«No», afferma Rita. «O, se l'ha fatto, non sapevo nulla di tutto ciò.»
«Va bene, grazie.»
Taehyung finisce il suo tè e poi gioca un po' con la penna. «Sai cosa ha fatto Kelsey ieri sera?»
«Non era al lavoro, ma non so cosa abbia fatto di preciso.» Gli occhi di lei si chiudono per un attimo. «Forse una passeggiata notturna, le piaceva molto farlo. Continuavo a dirle che doveva stare più attenta, ma...» Una pausa. «Avrei voluto non avere ragione su questo.»
Taehyung può comprenderla, eccome. Anche Jeongguk sembra piuttosto comprensivo.
«Le ho parlato ieri, è stata solo una telefonata veloce e banale, ma mi sembra che siano passate settimane. Mi sembra così irreale, detective.»
«So come ti senti», si immedesima Taehyung, anche se non è molto. «Possiamo fermarci se diventa troppo opprimente.»
«No, va bene, ma non posso dirvi di più.» Finisce di bere lentamente. «Kelsey era una donna brillante, che lavorava sodo per se stessa, sempre presente per le ragazze, ma qualcuno ha deciso di portarla via da noi, da me. Voglio solo che prendiate quello psicopatico.»
Nei suoi occhi c'è una determinazione feroce, quel tipo di sentimento fatto solo di rabbia e dolore. Taehyung lo conosce bene.
«Ti prometto che lo faremo, Rita.»
«Sì», risponde anche Taehyung. «Lo faremo.»
Rita annuisce e li ringrazia. «Vi chiamo se scopro qualcosa e...» Fruga nella sua borsetta, da cui estrae una chiave. «Avrete bisogno della chiave di riserva di Kelsey. Ero l'unica ad averla.»
«Grazie mille», dice Jeongguk mentre prende la chiave. «E non si preoccupi del conto, offro io.»
Lo ringrazia di nuovo, prima di alzarsi e andarsene. Così, semplicemente.
Taehyung rimette il taccuino al suo posto e si alza anche lui per andare a sedersi di fronte a Jeongguk.
«Paghiamo e andiamo da Kelsey», dice Taehyung una volta che Rita è sparita dalla loro vista.
«Ho fame», ribatte Jeongguk, sporgendosi un po' in avanti e appoggiando i gomiti sul tavolo. «Tu no?»
Cazzo se ha fame.
«Non esiste che io mangi con te, idiota.»
«Dai, partner.» Jeongguk appoggia il mento sulle dita intrecciate. «Anche la tarda colazione la offro io.»
«Non ho bisogno della tua cazzo di carità".
«Va bene, paga la tua parte se vuoi.» Poi, come se nulla fosse, Jeongguk chiama gentilmente un cameriere – lo stesso di prima – e guarda di nuovo velocemente il menu, prima di ordinare una colazione tradizionale.
«Panino alla cannella e french toast per me, grazie», dice Taehyung, che aveva già notato prima quella delizia.
Ancora una volta, il cameriere annuisce e si allontana, lasciandoli soli.
«Hai una fissa per il dolce», dice Jeongguk, appoggiando la schiena al sedile.
«E tu hai una fottuta fissa per salato», è la risposta di Taehyung— che, sì, è piuttosto banale.
«È sempre un piacere trascorrere del tempo con te.»
«Mi stai praticamente costringendo a mangiare davanti alla tua stupida faccia, idiota. Dovrei essere io a lamentarmi.»
«Ti lamenti già tutto il tempo, genio.»
«Perché rompi il cazzo di continuo.»
«Anche tu.»
Taehyung tira un sospiro e incrocia le braccia al petto. «Se lo dici tu, amico.»
«Non—oh, vaffanculo.»
Il maggiore fa una risata di scherno, pensando a quello che è successo poche ore prima, da Rick's.
«Cosa ti fa ridere?»
«Quella cosa della pistola di cui mi hai parlato al cabaret, è vera?»
Jeongguk sgrana gli occhi per qualche secondo, chiaramente sorpreso da quella domanda, ma si ricompone in fretta, incrociando le gambe sotto il tavolo di legno, le braccia incrociate anch'esse al petto e il mento sollevato. «Credevo che non ti interessasse, no?»
'Interessare' non è la parola giusta. Beh, forse è un po' curioso, sì, ma soprattutto voleva infastidire Jeongguk, che sembra sempre così sicuro di sé.
«Allora, è vero?»
«Chi lo sa?»
Sicuramente la cosa stuzzica la curiosità di Taehyung, ma a lui questo non piace, non vuole che sia così. Non gli importa nulla di Jeongguk, tanto meno delle sue fantasie sessuali. Cazzo, perché la sua mente ha appena messo 'Jeongguk' e 'sessuale' nella stessa frase?
«Sicuramente non io.»
«Oh, potresti scoprirlo.»
«Senti», Taehyung si china un po' in avanti e lo fissa. «Non so cosa tu stia cercando di fare, ma piantala. Non lo sopporto.»
«Bugiardo.»
Forse lo è.
«Jeongguk.» Ha la piena attenzione dell'altro, lo sguardo fisso su di lui. «Non tutti sono attratti da te.»
«Ho detto tutti?», dice con voce provocatoria, sollevando un sopracciglio.
«Non sono attratto da te, partner.»
Bugiardo.
Lo stomaco di Taehyung può confermare che è una maledetta bugia.
«È un vero peccato.»
Basta un piccolo sorriso provocatorio di Jeongguk e Taehyung capisce di essere fregato.
Preferirei morire piuttosto che chiamarti partner. È quello che ha detto Taehyung quando è stata annunciata la task force. E cazzo, adesso che chiama Jeongguk partner deve ridimensionare il suo intento.
Preferirebbe morire piuttosto che ammettere che Jeongguk a volte lo fa eccitare.
«È un gioco pericoloso quello che vuoi fare.» Una pausa. «Ti consiglio di fermarti subito.»
Taehyung non sa nemmeno perché cazzo se ne sia uscito con questa frase.
«Dire una cosa come questa non è mai una buona idea quando vuoi davvero che qualcuno la smetta.»
Lo vuole davvero?
Cazzo, certo che lo vuole, giusto?
Non ha più frequentato nessuno dopo Seokjin, e la situazione è perfetta così com'è. Beh, per lo meno non è male.
Taehyung non deve rispondere subito, salvato dal ritorno del cameriere con i loro piatti, e poi:
«Bon appétit, testa di cazzo.»
«Prima gli stronzi», dice Jeongguk facendosi da parte per far entrare Taehyung, con la mano guantata appoggiata sulla maniglia della porta.
«Dopo di te, allora», risponde Taehyung, facendo alzare gli occhi al cielo a Jeongguk, il quale entra nell'appartamento, comprendendo che il maggiore non ha intenzione di entrare per primo.
Come previsto, non c'è nessuno all'interno: il contrario sarebbe stato spaventoso.
È semplice, come lo sarebbe un appartamento modesto, e pulito. L'odore è gradevole, a differenza della topaia di Andrew, anche se Taehyung riesce a malapena a sentirlo, data la presenza del fottuto profumo di menta di Jeongguk.
«Va bene», dice Taehyung aggiustandosi i guanti. «Viveva davvero da sola, quindi possiamo perquisire senza mandato.»
«Io mi occupo di questa stanza, tu della camera da letto e del bagno?»
'Questa stanza' è praticamente un soggiorno, con una scrivania e una cucina, tutto in un unico spazio.
«Se c'è un vero bagno, sì.»
Detto ciò, Taehyung si mette alla ricerca della camera da letto, che trova con una certa facilità, viste le dimensioni dell'appartamento. Ancora una volta è semplice e pulita, con un letto matrimoniale che occupa quasi tutto lo spazio. Sopra di esso ci sono alcune foto, così Taehyung si avvicina per vederle. C'è una vecchia foto di quelli che devono essere i suoi genitori, una foto con Rita, un'altra con un gruppo di ragazze, scattata da Rick, e, infine, una foto della giovane Kelsey con un cane. Fin qui nulla di sorprendente.
Taehyung si volta e apre quello che deve essere l'armadio ma, ancora una volta, non trova nulla di strano— a meno che...
Si accovaccia e strizza gli occhi per osservare meglio cosa c'è in fondo al mobile. Con cautela, toglie alcuni vestiti e si imbatte in un paio di manette. Si acciglia e le afferra con due dita. Rimette i vestiti al loro posto con la mano sinistra, si alza e torna da Jeongguk, mostrandogli ciò che ha trovato.
«Anche questa è una tua perversione?»
Jeongguk alza le sopracciglia mentre si volta e alza gli occhi al cielo quando vede le manette. «Molto divertente.»
Taehyung fa una smorfia e torna al punto in cui si trovava, appoggiando le manette sul letto. Scruta la stanza e si sposta in un angolino, dove c'è una pila di fogli di carta. Li sfoglia tutti, la maggior parte sono documenti relativi alle lezioni, ma si sofferma sugli ultimi due. Il primo è un disegno della Tribune Tower, ex sede del Chicago Tribune, il secondo è uno schizzo della sede attuale, ma anche di quella del Sun-Times. Secondo Rita, Kelsey amava le passeggiate notturne, quindi è logico pensare che amasse disegnare ciò che vedeva durante quelle passeggiate. O meglio, che andasse a fare delle passeggiate proprio per trovarsi di fronte a quegli edifici e disegnarli. Non può essere una coincidenza, visto che l'assassino ha inviato un messaggio a quegli stessi giornali.
Taehyung si alza e appoggia anche quelli sul letto, accanto alle manette.
«Il computer ha una password!» dice Jeongguk a voce piuttosto alta, ma nemmeno troppo. «Cerca di trovare qualche indizio al riguardo, forse l'ha annotata da qualche parte.»
«Ci sto lavorando.»
Forse sì, l'avrà annotata.
Taehyung compie quattro passi per raggiungere il comodino, un minuscolo cubetto di colore chiaro. Non c'è niente sopra, a parte una lampada bianca, così Taehyung apre il primo cassetto. Ci sono dei preservativi, il che gli fa chiedere se ne ha ancora qualcuno nel suo comodino: la risposta è probabilmente no. Dovrebbe comprarne qualcuno, per sicurezza. Comunque.
Ignora i preservativi – e il lubrificante – per concentrarsi sui biglietti da visita. Sono otto, e ogni biglietto appartiene a un uomo che lavora per un giornale, per lo più il Tribune o il Sun-Times. Ci sono anche alcuni giornalisti freelance.
«Volevi davvero quella vita, non è vero?» Taehyung lo chiede a bassa voce a se stesso, mentre estrae i biglietti da visita e appoggia anch'essi sul letto. Poi apre il secondo cassetto, dove si trovano le fotografie che, evidentemente, la ragazza non ha affisso alle pareti. Sembrano foto di famiglia, alcune più vecchie delle altre, come quella in cui c'è una coppia, tutta sorridente, in abiti nuziali. Taehyung la gira e vede una grafia delicata, ma poco visibile, che tuttavia riesce a decifrare: Mr. e Mrs. Green, 1988. Quindi si sono sposati nel 1988 e hanno avuto Kelsey probabilmente nel 1993. Una famiglia come tante, se si dimentica che tutti i suoi membri sono morti. Taehyung sospira e posa la foto sul letto, alle sue spalle, prima di tirarne fuori un'altra. C'è la neonata Kelsey, in braccio alla madre, ma c'è anche suo padre, in piedi accanto al letto. Ancora una volta, Taehyung la gira per scoprire la data: 7 marzo 1993. Benvenuta Kelsey! Taehyung sorride tristemente, pensando alla fotografia simile che sua madre conserva tuttora. La foto subisce la stessa sorte della prima e finisce sul letto. L'ultima fotografia mostra il diploma di Kelsey, ma dietro non c'è nulla. Sembra felice e orgogliosa, circondata dagli amici, eppure è morta da sola, nell'inquieta Chicago. La vita sa essere fottutamente strana a volte, è un dato di fatto.
Taehyung poggia anche l'ultima foto sul letto e dice: «È nata il 7 marzo 1993. Prova!»
C'è una breve pausa, dopo la quale Jeongguk risponde: «Sbagliata!»
Taehyung brontola e ricomincia a cercare indizi. Dà un'occhiata alla pila di libri accanto al letto, ma non c'è nulla di veramente interessante in quella robaccia da giornalisti. Poi inizia a girare le fotografie appese alla parete sopra il letto, ma neanche lì c'è nulla, a parte l'ultima, quella con il cane.
«Prova con Chicago!»
«Va bene...» mugugna dubbioso Jeongguk da lontano, ma subito dopo quasi grida: «Bingo! Come facevi a saperlo?»
Taehyung torna nel salotto, con la fotografia nella mano destra, facendo sospirare divertito Jeongguk: «Chi diavolo chiama il proprio cane 'Chicago'?»
«I Green, a quanto pare.»
«Che Dio salvi i cani.»
Taehyung non può contraddirlo.
«Pensi che sia venuta qui perché il suo cane si chiama Chicago, o che abbia chiamato il suo cane Chicago perché voleva venire qui?»
Taehyung socchiude gli occhi e, di riflesso, dà un buffetto sulla nuca a Jeongguk, cosa che diverte molto il minore.
«Chi è che tocca, adesso?»
«Non ti ho toccato», nega Taehyung. «Ti ho colpito, idiota.»
«Colpire è toccare.»
«Vai a cagare», conclude Taehyung tornando in camera da letto. Non c'è più molto da cercare, tranne che in un posto. Taehyung si stende a pancia in giù e guarda sotto il letto, ma alla fine non c'è nulla, così si alza velocemente, spolverandosi un po' sebbene il pavimento sia abbastanza pulito. Scruta la stanza un'ultima volta e passa al bagno. È pulito, proprio come la camera da letto, ma ancora più piccolo, con lo stretto necessario. C'è un gabinetto accanto al lavandino e una piccola doccia in un angolo. Lo specchio sopra il lavabo è pulito e funge anche da mensola. Taehyung lo apre e si trova di fronte a una fila di prodotti per la pelle e cosmetici di ogni tipo. Non c'è nessuna pillola o farmaco, niente del genere, quindi lo chiude.
Sembra tutto così fottutamente pulito, è pazzesco. Non c'è nemmeno un singolo capello nella doccia o nel lavandino, e lo spazzolino da denti viene evidentemente cambiato spesso.
Dopo un rapido giro per la stanza, Taehyung torna al lavabo e si accovaccia per aprire l'altro mobile. Sgombera i ripiani dagli asciugamani nella speranza di trovare qualcosa e, con sua grande sorpresa, trova una piccola scatola di legno. La prende con cautela e la apre in maniera ancora più cauta.
«Ma che cazzo?»
Si alza, torna in camera da letto per recuperare i biglietti da visita e torna in fretta da Jeongguk – di nuovo –, appoggiando la scatola sulla scrivania.
«Questi sono...» La mano guantata di Jeongguk affonda nella scatola per tirarne fuori un pugno di banconote. «Un sacco di soldi.»
«Già.» Taehyung mette anche i biglietti da visita sul tavolo. «E scommetto che vengono da questi signori.»
Jeongguk prende un biglietto alla volta, leggendo al volo quello che c'è scritto. «Tutti giornalisti? Sicuramente non è una coincidenza.»
«Sicuramente no», ripete Taehyung. «Tu che mi dici?»
Jeongguk si gira sulla sedia per mettersi di nuovo di fronte al computer. «Beh, nessun account sui social media, ma email interessanti.» Clicca un paio di volte. «Ecco, guarda questa, di due settimane fa.»
Taehyung si china in avanti, con una mano sullo schienale, vicino alla spalla di Jeongguk, e legge ad alta voce: «Ciao, sono Kelsey, del cabaret. Mi hai dato il tuo biglietto da visita, dicendomi che avrei dovuto mandarti un'e-mail, perciò è quello che sto facendo in questo momento.»
Jeongguk prende un biglietto da visita e lo solleva un po' per mostrarlo a Taehyung. «Dan Coster. Nessun numero di telefono, solo un'email "professionale".»
«Scommetto che è il tipo che nasconde queste cose alla moglie.»
«Ci avrei scommesso anch'io. Leggi la sua risposta.»
Taehyung lo fa, leggendo solo l'ultima riga ad alta voce. «Incontriamoci domani al Langham. Se vuoi, posso raccontarti qualcosa in più sulla mia carriera. Con affetto, Dan.» Fa una breve risata amara. «La sua carriera un corno.»
«È ricco sfondato, comunque.»
«Proprio come te.»
Jeongguk ridacchia leggermente, lanciando un'occhiata a Taehyung. «Sono più ricco di un impiegato del Tribune, non preoccuparti.»
«Però sei fastidioso come uno di loro.»
«Va bene, ci sta.» I suoi occhi tornano al computer. «Non è molto, ma è qualcosa.»
«Nient'altro?» Taehyung è alquanto sorpreso e, allo stesso tempo, non lo è più di tanto.
«Il suo computer sembra pulito come il suo appartamento.»
Proprio come pensava.
«Andiamo, allora.» Si raddrizza. «Seokjin ci procurerà un mandato per sequestrare almeno il computer.»
Jeongguk annuisce e spegne il portatile, alzandosi in piedi e rimettendo la sedia al suo posto. «Cosa hai trovato, a parte il nome del suo cane?»
Nella sua voce c'è un pizzico di scherno. «Ho trovato i biglietti da visita, stronzo, e senza di me non avresti potuto sbloccare il computer.»
«Oggi sei molto perspicace.»
«Lo sono sempre, idiota.» Tira fuori il telefono, togliendosi per un attimo un guanto, e fotografa i biglietti da visita, così come tutta la stanza. Poi torna in camera da letto e fa la stessa cosa con quello che ha trovato lì, e infine adotta lo stesso criterio per il bagno.
Poi, mettono tutto in ordine e lasciano l'appartamento.
«Bene, ascoltatemi tutti.» Tutti si zittiscono dopo che Seokjin ha pronunciato queste parole. «È piuttosto tardi, quindi ricapitoliamo quello che abbiamo appreso oggi. Con calma.» Seokjin è in piedi davanti a loro, come sempre, con le ginocchia piegate per potersi sedere sulla scrivania. Anche Hoseok è seduto sulla propria scrivania— o meglio, nel piccolo spazio che gli è stato assegnato. «Prima i detective.»
Taehyung e Jeongguk si alzano per avvicinarsi a Seokjin, ma anche alla lavagna, dove sono riportate le informazioni dettagliate sulle vittime. Taehyung ha già stampato e affisso le fotografie della casa di Kelsey in modo che tutti possano vederle.
«Abbiamo incontrato Rita Cedillo, che lavorava con Kelsey Green e la vedeva come una sorella minore», esordisce Jeongguk. «Ci ha detto che i genitori di Kelsey sono morti e che lei ha lasciato la sua casa a vent'anni per trasferirsi a Chicago.»
«Pessima decisione», sussurra Leroy, guadagnandosi uno sguardo truce da parte di Seokjin.
«Ci ha dato l'indirizzo di Kelsey a Bridgeport, così siamo andati lì a indagare un po'.» Taehyung evita con accortezza di dire che ha fatto colazione con il suo partner. «Era un appartamento molto pulito, come si vede nelle foto.» Una pausa. »Rita ha detto che Kelsey voleva diventare una giornalista, che aveva persino seguito dei corsi online e che lavorava duramente da Rick's per poterseli permettere. Ci ha anche detto che Kelsey non faceva la escort, ma faceva qualcos'altro, qualcosa di piuttosto redditizio che nascondeva ai suoi amici.»
A questo proposito, Jeongguk indica le foto dei biglietti da visita. «Pensiamo che andasse a letto con dei giornalisti.»
«Solo con i giornalisti?» chiede Georgie.
«Beh, aveva solo biglietti da visita di giornalisti, quindi non posso dirvi altro.»
«Forse era solo per parlare di affari, appunto?» tenta Zak, ma Taehyung smentisce la sua ipotesi.
«Abbiamo trovato quella scatolina, nascosta nel suo bagno.» Mostra un'altra foto. «C'erano un sacco di soldi dentro. Inoltre, abbiamo trovato la password del suo portatile e un'email interessante, inviata da Dan Coster, che le aveva dato il suo biglietto da visita. Dovevano incontrarsi al Langham, un hotel nel Near North Side.»
«Abbiamo pensato che non fosse solo per parlare, e avevamo ragione», racconta Jeongguk. «Nel pomeriggio siamo andati alla sede del Chicago Tribune e abbiamo trovato l'uomo.»
Sì, ci sono andati e, fortunatamente, non hanno incontrato Namjoon, ma hanno visto il suo capo, Erin-di-cui-ha-dimenticato-il-cognome, che si è divertita a chiedere a Taehyung se era lì per molestare un altro dei suoi compagni di squadra. La risposta è: non era lì per quello perché, in realtà, Coster non è un suo dipendente, visto che ha una squadra tutta sua, o come diavolo si chiama.
«Non è stato difficile farlo confessare», continua Jeongguk. «Ogni uomo sposato vacilla quando lo minacci di avvertire sua moglie.»
Leroy ride di gusto, ma stavolta Seokjin lo lascia in pace.
«Quindi quell'idiota ha incontrato Kelsey due settimane fa e, come pensavamo, è andato a letto con lei. Hanno parlato dei suoi obiettivi e lui le ha promesso di aiutarla il più possibile. Fottutamente prevedibile», osserva Taehyung.
«Sì, ma non hanno avuto il tempo di rivedersi e lui ha saputo della sua morte dal giornale per cui lavora proprio stamattina.»
«Questo è molto utile», afferma Hoseok, rompendo il silenzio. Poi guarda Seokjin. «Non mentivi quando mi hai detto di aver affidato il caso ai migliori detective di Chicago.»
Il corpo di Seokjin assume lo stesso atteggiamento di un bambino timido per qualche secondo, dopodiché si riprende. «Infatti, non mentivo.»
Anche Jeongguk ringrazia Hoseok, inchinandosi leggermente, mentre Taehyung si limita ad annuire e a dire: «Allora noi abbiamo finito.»
«Zak e Kristin, è il vostro turno.»
I due si alzano e si dispongono davanti alla squadra, come se stessero per fare una presentazione davanti a una classe. È un po' buffo vederli in quella posizione, loro che di solito sono così silenziosi, concentrati sul loro lavoro. Senza di loro la squadra sarebbe davvero persa per quanto riguarda la tecnologia— il che è ironico, visto che sono i più vecchi del gruppo.
«Allora», esordisce Zak, cercando di mantenere la voce salda come la sua statura, «ieri sera abbiamo parlato con gli uomini che si occupano delle telecamere. Le telecamere della cattedrale e del parcheggio sono state interrotte cinque minuti prima dell'omicidio e il segnale è tornato cinque minuti dopo.»
«Quindi l'assassino l'aveva pianificato», dice Jeongguk.
«Oppure è la persona più fortunata del mondo», aggiunge Taehyung. «Ma io non credo nella fortuna.»
Nessuno crede nella fortuna, non quando si tratta di quell'assassino.
«E allora?», dice Leroy. «Stiamo cercando Aiden Pearce, adesso?»
Jeongguk fa una risatina, e Taehyung alza gli occhi al cielo. Leroy e i suoi riferimenti.
«Va bene», dice Seokjin pizzicandosi il ponte del naso. «Continuate, per favore.»
Kristin annuisce e prende la parola: «Ne abbiamo parlato a Tyler quando siamo tornati, e lui ha detto che il sospettato deve aver avuto un contatto diretto con il monitor.»
Tyler, uno degli esperti di sicurezza del Distretto. Un uomo buono e affidabile.
«Quindi potrebbe essere uno degli impiegati?», è la domanda di Georgie.
«Potrebbe», risponde Zak. «Ma chi lo sa, no?»
«Penso che il nostro assassino sia audace e che lo diventerà ancora di più, ma sono abbastanza sicuro che non svolga un lavoro del genere. Ve ne parlerò meglio quando il mio profilo sarà più completo.»
Seokjin annuisce e poi guarda gli ufficiali ancora in piedi. «Non avete altro da aggiungere?» Scuotono la testa. «Grazie.» A quel punto tornano ai loro posti.
Poi, Leroy e Georgie si alzano senza che Seokjin glielo chieda, cosa che fa sospirare divertito Jeongguk.
«Ci siamo occupati dei due messaggi», esordisce Leroy con orgoglio. «Le copie originali sono state portate in laboratorio, ma noi abbiamo scattato delle foto.» Indica le foto in questione, affisse sulla lavagna di sughero.
«Su ognuna di esse c'è lo stesso verso, e ogni lettera è stata ritagliata dai giornali. Ecco perché alcune lettere sono molto più piccole delle altre.»
Taehyung si blocca.
È una fottuta coincidenza, non può essere altrimenti. Nessuno poteva saperlo.
«Cosa c'è che non va?» sussurra allora Jeongguk, ma Taehyung aggrotta le sopracciglia e scuote la testa.
«Niente.»
Assolutamente niente.
È una coincidenza. L'unica, probabilmente, ma lo è.
«Sicuro?»
Taehyung gli rivolge uno sguardo tagliente, forse anche un po' troppo severo. «Sto bene, cazzo, piantala.»
Il minore alza gli occhi al cielo mentre torna ad appoggiarsi allo schienale della sedia.
«Stiamo interrompendo qualcosa?» La voce improvvisamente glaciale di Seokjin li raggiunge.
«No, scusa», risponde educatamente Jeongguk.
«Quindi sì, saranno esaminati dal laboratorio», riprende Leroy. «Per quanto riguarda chi li ha ricevuti, beh, Namjoon li ha trovati nella sua cassetta della posta, ma il secondo è stato inviato direttamente all'editore del Sun-Times.»
Questo è strano, ma cosa non lo è in questo maledetto caso?
«Alcuni giornalisti ci hanno fatto delle domande, ma ci siamo rifiutati di rispondere», conclude Georgie.
«Avete fatto bene», assicura Seokjin. «Per ora nessuna dichiarazione alla stampa.» Una breve pausa. «Per quanto mi riguarda, ho ottenuto il mandato per l'appartamento di Kelsey e, tra le altre cose, è stato sequestrato anche il suo computer portatile, quindi domani potremo fare una ricerca più approfondita.» Poi batte le mani. «È ora di andare a casa, gente.»
Taehyung è tutto solo nel seminterrato. Tutti gli altri se ne sono andati, anche Seokjin.
Seokjin, che ha dimenticato il suo orologio d'argento sulla scrivania. Seokjin non è il tipo che dimentica le cose— ad eccezione del suo orologio. Molte volte Taehyung aveva dovuto avvertirlo. A volte, quando non c'era nessuno, la cosa finiva con un rapido bacio di Seokjin, solo per ringraziarlo.
Questa volta non lo ha avvertito, lasciandolo uscire dal seminterrato senza il suo orologio.
Così eccolo lì, seduto a giocare con quell'oggetto di altri tempi. Taehyung sa perché non lo ha avvertito. Vuole una scusa per andare a trovare Seokjin, se ne ha voglia, questa sera. Vuole solo parlare al di fuori di quell'ambiente che, in un certo senso, ha impedito loro di restare insieme.
A volte Taehyung non può fare a meno di pensare che gli manca Seokjin, anche se lo vede tutti i giorni.
Poi ricorda la sottile differenza: non gli manca Seokjin, gli manca che Seokjin sia suo.
Taehyung non ha avuto la forza di guidare fino all'appartamento di Seokjin.
Ha invece guidato fino a casa e ha chiamato Jimin. Per questo motivo il suo migliore amico è sdraiato sul letto con lui, digerendo la pizza che hanno mangiato pochi minuti prima.
«Abbiamo mangiato, perciò ora parla.»
Il sopracciglio di Taehyung si solleva, mentre rivolge uno sguardo divertito a Jimin. «Adesso mi dai ordini?»
«Lo faccio da anni. La tua presa di coscienza arriva un po' in ritardo, Koda.»
Il detective ride un po' e alla fine si arrende. «Va bene. Oggi ho fatto colazione con Jeongguk.»
«Tu cosa?» La voce stupita di Jimin riecheggia nella stanza, mentre si raddrizza un po' sul letto, appoggiandosi su un gomito per guardare Taehyung.
«Qualche ora prima è stato quasi sparato da un uomo che stava fuggendo, così ho sparato tra le gambe di quel tizio per salvargli il culo.»
«Hai fatto cosa?»
Taehyung continua a ignorarlo e aggiunge: «Poco prima invece ho guidato la sua Range Rover, ma gli ho anche puntato la pistola contro il basso ventre...»
Jimin è veloce ad afferrare le spalle di Taehyung. «Hai fatto COSA?»
«... Perché ha detto che gli piace il gunplay.»
«Ma che cazzo, Taehyung?» Jimin adesso lo sta scuotendo, con gli occhi spalancati che fissano Taehyung, facendolo ridacchiare. «Non sto scherzando, Kim! Raccontami tutto.»
Per una volta, Taehyung obbedisce.
«Wow», è la risposta diretta di Jimin al lungo discorso di Taehyung. «Cazzo, mi sono perso un anno?»
«No, solo un giorno.»
«Taehyung», Jimin lo guarda molto seriamente, il che significa che non gli piacerà quello che sta per dire. «Voi due sarete sposati entro domani sera.»
Aveva ragione.
«Idiota.»
«Io, un idiota?» Jimin ora è seduto a gambe incrociate. «Quello ti ha provocato per tutta la notte e tu hai il coraggio di dirmi che stava solo facendo il coglione.»
«Lo conosco meglio di te, Chim.»
«Evidentemente no!» Jimin sembra davvero indignato dalla risposta di Taehyung. «Quel Jeongguk ti vuole nel suo dannato letto, porca miseria!»
«Sei geloso?» chiede Taehyung sorridendo, ma questo non sembra far ridere Jimin. Al contrario.
«Geloso? Perché fai così?»
«Così come?»
«Stai cambiando argomento!»
«Non sto...»
«Lo fai perché non vuoi ammettere di essere attratto da lui.»
«Attratto?» Taehyung quasi scoppia a ridere, e Jimin gli dà un colpo sul petto. «Che c'è?»
«Sei un bugiardo, Taehyung.»
«No.»
«So quando stai mentendo, cazzo.»
«Perché dovrei essere attratto da uno stronzo del genere? E non dirmi "perché ti piacciono gli stronzi", perché sai che Seokjin non lo era.»
«Non avevo intenzione di dirlo.» Jimin inclina la testa da un lato. «Ma stai comunque mentendo.»
Taehyung fa un sospiro e si raddrizza per mettersi seduto anche lui. «Non sono attratto da lui.» Una bugia. «Il suo atteggiamento mi ha fatto schifo.» Un'altra bugia. Fanculo.
«Smettila di essere così cieco.»
«Va bene, allora cosa ti fa pensare che io sia attratto da lui?»
«Avresti potuto parlarmi di qualsiasi cosa, Taehyung, qualsiasi cosa, eppure hai parlato solo di Jeongguk.»
«Perché volevi saperlo. Ed è il mio partner, praticamente passo le mie giornate con quel coglione.»
«Hai parlato solo di lui», continua Jimin, «e di quell'abitudine che ha di premere la lingua contro la guancia e...»
«Va bene!» Taehyung si arrende alzando le mani. «Forse ero un po' turbato.»
«Eccitato.»
Taehyung si acciglia. No, non lo era— terza bugia.
«Turbato.»
«Eccitato.»
«Turbato.»
Lo sguardo di Jimin lo sta stressando a morte, ma Taehyung non lo lascerà vincere così facilmente.
«Eccitato.»
«Va bene, ero eccitato, cazzo!» Taehyung ha ceduto più facilmente di quanto pensasse.
«Non è stato così difficile, vero?»
«Ti disprezzo.»
«Mi ami alla follia, stupido idiota.»
Jimin ha ragione. Taehyung fa un profondo sospiro.
«Com'è possibile?» Taehyung si lamenta dopo qualche secondo di silenzio.
«Sei attratto da uno dei poliziotti più sexy di Chicago? Oh, wow, che sorpresa!»
Taehyung gli dà le spalle. «Non sei di grande aiuto.»
«Seokjin ti attraeva, e ora ti chiedi perché Jeongguk faccia lo stesso? Dai.»
Seokjin lo attrae. E questo è uno dei suoi fottuti problemi.
«Non ho neanche dimenticato Seokjin.»
«Però stai migliorando.»
Taehyung fa una smorfia amareggiata e allunga il braccio per aprire il comodino, da cui tira fuori l'orologio.
«Ha dimenticato l'orologio, così l'ho preso per andare a casa sua.»
«Ma ce l'hai ancora, quindi non ci sei andato», lo rassicura Jimin. «Vedi?»
Tanto voleva solo parlare, no?
«Lo so, ma...»
Ma cosa, mh? Ma cosa, cazzo? Non lo sa nemmeno lui.
«So che è difficile.» Jimin inizia a strofinare delicatamente la mano sulla schiena di Taehyung. «Vi siete messi insieme in un momento difficile, e tu avevi bisogno di lui come lui aveva bisogno di te. Lo so, ma guarda... alla fine litigavate sempre. Non funzionava più.»
«Abbiamo litigato soprattutto per il lavoro.»
«Due poliziotti che stanno insieme, è già difficile per gli eterosessuali», afferma Jimin. «Ma per noi gay? Sai che la situazione sarebbe solo peggiorata, soprattutto perché lui è il tuo sergente.»
«Lo so, sì.» Taehyung chiude gli occhi per un paio di secondi. «Ecco perché odiare il mio partner è la cosa migliore da fare.»
Jimin ridacchia leggermente. «Lo odiavi, ma quel periodo è finito.»
Ha ragione Jimin?
Cazzo, non lo sa. Davvero, non riesce a capirlo.
«Sta solo facendo il cretino, Jimin, te lo giuro.»
«Non ci scommetterei.»
«È solo un maledetto dongiovanni e, proprio perché sono bello, sono un cazzo di bersaglio gigantesco sulla sua lista. Niente di più.»
«Forse.» Jimin sfodera quel suo sorriso, dolce ma ammaliante, quasi provocatorio. «Ma siete intelligenti e siete entrambi uomini adulti, giusto?» E a quel punto, Jimin dice una cosa che spiazza un po' Taehyung. «E onestamente, scopare non ti farebbe male.»
Va bene.
Forse.
Ma prima deve parlare con Seokjin.
Dovrebbe farlo? Probabilmente no.
Non sa nemmeno da dove cominciare.
Oh, hey, Jin, so che ci siamo lasciati a metà luglio, ma stavo pensando... forse potremmo parlare? So perché ci siamo lasciati, che tu mi amavi ancora e io ti amavo ancora, bla bla bla, ma vorrei solo sapere come stai adesso?
No, non funzionerebbe.
Cazzo, dirà solo che è venuto a portargli il suo orologio e ciao, ci vediamo domani, sergente.
Fanculo, fanculo e ancora fanculo.
Però deve scendere dalla macchina. È lì che aspetta da almeno venti minuti.
Jeongguk scoppierebbe a ridere se lo vedesse, il famoso "Lupo Solitario" che aspetta nella sua vecchia auto perché ha una paura fottuta di parlare con il suo ex, che vede tutti i giorni.
È ridicolo.
Uno, due, tre, e Taehyung è fuori, inspirando profondamente l'aria gelida di Wicker Park. Si aggiusta il colletto e si dirige verso l'edificio di mattoni, conoscendo il percorso a memoria. Dio, è passato un po' di tempo dall'ultima volta che è venuto qui.
Lentamente, Taehyung apre la porta e sale le scale ancora più lentamente. Una volta arrivato al terzo piano, da solo nel lungo corridoio, fa un altro respiro profondo.
Infila la mano sinistra nella tasca solo per sentire l'orologio di Seokjin contro il suo palmo per qualche secondo.
È stupido, vero? Un uomo di ventisei anni come Taehyung, per di più un detective, stressato per una cosa così stupida.
Ancora una volta: uno, due, tre e Taehyung si dirige verso l'appartamento. Aspetta un attimo davanti alla porta, per trovare il coraggio di bussare, ma finisce per accigliarsi quando sente dei rumori ovattati provenire dall'interno, e quasi si preoccupa.
Taehyung sta per bussare tre volte alla porta – in realtà lo sta facendo – ma quando sente il rumore di quello che deve essere un vaso o un bicchiere che va in frantumi, non può fare a meno di aprire bruscamente la porta.
Una volta dentro, si ferma subito, congelato sul posto e con gli occhi spalancati, lo stomaco in subbuglio come se stesse per vomitare.
È un uomo adulto, come ha detto Jimin.
Ma in questo momento vuole solo spaccare la faccia agli stronzi che ha di fronte, pur impietrito com'è. Stringe la mascella così forte che potrebbe davvero rompersi i denti.
«Seokjin», sibila Taehyung con voce roca e glaciale e il collo improvvisamente rigido. «Perché cazzo Jeongguk è in piedi mezzo nudo nel tuo appartamento?»
NdT: (*) Quantico è una città dello Stato della Virginia, negli Stati Uniti d'America, dove è situata l'Accademia dell'FBI.
(**) BAU sta per Behavioral Analysis Unit ed è un'unità speciale dell'FBI, che in italiano è chiamata Unità di Analisi Comportamentale.
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