𝚇𝚅𝙸.𝙸𝙸


















Mentire a noi stessi è ben più radicato nella nostra anima del mentire agli altri.
Fedor Dostoevskij








𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝚇𝚅𝙸
Parte II








«Non preoccuparti», dice Jeongguk mentre si avvicinano al portone dorato. «Oggi nessuno ti avvicinerà.»

«La cosa peggiore non è stata che io sia stato avvicinato da una donna, ma che tu ti sia comportato come un coglione.» Taehyung guarda l'orologio. «Dovrebbe arrivare presto.»

Per una volta ha ragione, perché la porta si apre di scatto pochi secondi dopo, rivelando la sagoma esile di Larry.

«Entrate, detective.»

Fanno come gli è stato detto ed entrano nel cabaret. L'atmosfera non ha nulla a che vedere con quella che si respira quando è aperto. Tutto è silenzioso, quasi algido, ma non proprio tranquillo. È un po' buio, ma non ci sono luci colorate a valorizzare il locale.

«Seguitemi, per favore.»

I detective si lanciano un'occhiata e poi seguono Larry, attraversando l'area principale per andare dove lo hanno incontrato la prima volta. Lì, Larry oltrepassa il suo ufficio, si addentra nel corridoio e apre la porta in fondo. È una piccola stanza, illuminata da una lampadina sul soffitto, ma anche dal grande monitor di fronte a loro, che mostra tutte le telecamere del cabaret.

«Ho guardato le videocassette più recenti ma non ho trovato nulla. Confido nei vostri occhi esperti.»

Non dovrebbe, vista l'astuzia dell'assassino finora. Sperare di trovare un vero indizio nei filmati sarebbe da ingenui.

«Kelsey lavorava la sera prima dell'omicidio?» chiede Jeongguk, ottenendo un cenno di assenso da parte di Larry, che adesso si è seduto. «Cominciamo con questo, allora.»

Sarà lunga.














Sono passate due ore e non hanno trovato nulla. I nastri sembrano tutti uguali: clienti e dipendenti dappertutto, che interagiscono di tanto in tanto. La cosa più eccitante che hanno visto finora è un uomo ubriaco che viene cacciato, e Jeongguk può dire che Taehyung, da stronzo impaziente qual è, sta per far esplodere la testa di Larry contro il tavolo. Rivedere tre settimane di filmati non è certo una cosa adatta a Taehyung, evidentemente.

«Ultimo filmato», annuncia Larry, e Taehyung sospira profondamente.

L'ultimo, cioè la notte successiva al secondo omicidio. Secondo le loro informazioni – per lo più supposizioni –, l'assassino deve cercare un'altra vittima dopo averne uccisa una, quindi, a rigor di logica, deve aver cercato Kelsey dal giorno successivo alla morte di Francis, non prima. Questa videocassetta è praticamente l'ultima possibilità per questa pista.

Larry inizia a riprodurla in rapida successione, ma non troppo velocemente. È la solita maledetta routine: ci sono spettacoli, gente intorno alla sala principale, gente al bar degli alcolici, gente che discute intorno a piccoli tavoli, gente che va al piano di sopra per avere più privacy, ma non troppa perché anche lì ci sono le telecamere. La serata è quasi identica a quella che hanno trascorso la prima volta che sono stati lì.

Dunque, Kelsey stava lavorando quella sera e, a dirla tutta, Jeongguk non può fare a meno di mordicchiarsi il labbro inferiore mentre la guarda esibirsi, sapendo perfettamente che sarebbe morta tre settimane dopo. Svanita per sempre in un batter d'occhio. Lei sorride nel video, innanzitutto perché è il suo lavoro, ma nel profondo Jeongguk sente che, in un certo senso, sta sorridendo all'idea di una nuova vita, grazie ai soldi che sta guadagnando lì. Ma questa vita è stata interrotta da qualcuno che non aveva il diritto di fare ciò che ha fatto. Qualcuno che Jeongguk arresterà, a qualunque costo. Innanzitutto perché è il suo lavoro, ma al contrario di Kelsey, lui non vuole un'altra vita. Ha scelto questa strada per un motivo, e gli piace anche credere che questa strada abbia scelto lui.

«Ecco, rallenta», ordina Taehyung accigliandosi.

Jeongguk guarda meglio il grande schermo e osserva la parte che Taehyung gli sta mostrando. Evidentemente sta indicando un uomo, piuttosto alto e, per qualche motivo, la sua sagoma sembra familiare.

«C'è solo uno stronzo con i capelli rosa», proferisce Taehyung, concentrato sulla schiena dell'uomo, che poi si volta. «Metti pausa.»

Larry lo fa, non osando far caso alla mancanza di tatto di Taehyung. Ora Jeongguk capisce perché l'uomo gli sembrava familiare: perché lo è.

«Fottuto Namjoon.»

«Lo conosci?», chiede il manager, voltando un po' la testa per vedere Taehyung, che grugnisce.

«Purtroppo sì.»

Poi, Taehyung gli dice di riprendere il video. Attraverso diversi punti di vista, si può seguire il percorso di Namjoon nel cabaret. Non sembra molto interessato allo spettacolo e a un certo punto si siede su una grande poltrona, lontano dalla sala principale. Rimane lì a sorseggiare il suo cocktail per un po', ma poi arriva un uomo che lo saluta sedendosi di fronte a lui. Evidentemente i due si conoscono, ma non sembrano essere amici intimi. Anzi, pare che stiano parlando di lavoro.

«Potrebbe essere un altro giornalista?» dice Jeongguk a Taehyung, che scrolla leggermente le spalle.

«Forse.» Mister scorbutico si china in avanti. «Avremo bisogno di una copia di ogni filmato in cui compare quell'uomo.»

«Quello con i capelli rosa, quindi?»

«Con i fottuti capelli rosa, sì.»










«Jeongguk.»

Quest'ultimo annuisce guardando Taehyung, che sta guidando il SUV.

«Vedi quel furgone nero dietro di noi?» Jeongguk lancia un'occhiata allo specchietto retrovisore e annuisce. «Ci segue da quando abbiamo lasciato Rick's.»

Jeongguk si drizza sul sedile. «Pensi che possa essere—»

«Non lo so», lo interrompe Taehyung. «Forse.»

«Non mi hai nemmeno lasciato finire.»

«So cosa volevi dire.»

Avrebbe potuto dire qualsiasi altra cosa che non fosse l'assassino, ma non importa. Jeongguk non può davvero biasimare Taehyung per essere stato così scontroso oggi, anche se è frustrante. Gli manca stuzzicare Taehyung, a dire il vero, e questo non è per niente positivo.

«Vediamo, allora.»

Taehyung annuisce e svolta improvvisamente a sinistra non appena può, mentre Jeongguk scuote la testa dopo qualche secondo e lancia un'altra occhiata allo specchio.

«Ancora lì.»

Taehyung continua a guidare dritto per un po', ma si ferma a un semaforo rosso poco dopo, il che permette a Jeongguk di digitare la targa del furgone sul suo telefono. Quando Taehyung riparte e svolta a destra, il furgone fa lo stesso.

«Non sono nemmeno discreti.»

Jeongguk è d'accordo con questa affermazione, ma non può dire molto su chiunque li stia seguendo, poiché il parabrezza è oscurato— non del tutto, aggiungerebbe Jeongguk, ma abbastanza da impedirgli di vedere chiaramente chi diavolo sta guidando.

«Gira di nuovo.»

Taehyung fa come gli è stato detto, per una volta, ma il risultato è lo stesso e il cuore di Jeongguk inizia a battere forte. Vive per il brivido e questo sembra l'inizio di un momento memorabile.

«Fai inversione appena puoi.»

Taehyung annuisce, stringendo le mani sul volante, e pochi minuti dopo sta guidando in senso contrario.

«Quello stronzo ci sta ancora addosso», brontola Taehyung guardando anche lui nello specchietto.

Va bene, non funziona. È ora di passare al livello successivo.

«Vedi quel vicolo laggiù?»

Gli occhi di Taehyung seguono il dito di Jeongguk. «Sì, e?»

«È abbastanza largo per la macchina, quindi vai lì. Non è un vicolo cieco.»

Jeongguk si slaccia la cintura di sicurezza e Taehyung lo guarda dubbioso, ma alla fine acconsente, dirigendosi verso la strada che porta al vicolo.

«Sarebbe stupido seguirci lì», osserva il maggiore prima di svoltare a destra, entrando nel lungo vicolo circondato da due muri di mattoni. Taehyung guida lentamente mentre Jeongguk aspetta un segnale, con gli occhi sullo specchietto.

Quando appare il maledetto muso nero del furgoncino, Jeongguk estrae rapidamente la sua Beretta e scende dall'auto, i piedi che incontrano l'asfalto irregolare.

«Polizia, scendi dall'auto!»

Jeongguk non è sorpreso quando il furgone tenta di ritirarsi— ma ciò che lo fa trasalire sono i due colpi di pistola che sente arrivare da dietro e che fanno schiacciare le ruote anteriori. Non perde tempo a guardare Taehyung e va dritto verso l'auto, con due mani sulla pistola e il dito sul grilletto.

«Ho detto di scendere!»

Il motore si spegne, ma nessuno scende. Si sente un po' di rumore in strada, dietro il furgone, ma non importa. Gli spari non sono così rari a Chicago. Jeongguk si muove in diagonale per raggiungere la porta del conducente, mentre Taehyung si dirige verso quella del passeggero. Da dove si trova, Jeongguk riesce a capire che nell'auto ci sono almeno due persone, ma i loro lineamenti sono troppo sfocati perché possa riconoscerli. È vicino al furgone quando la portiera si apre, rivelando un berretto e il bastoncino di un dannato lecca-lecca. La sua fronte si corruga quando l'uomo gli si para davanti, ma l'adrenalina non tarda a prendere il sopravvento sulla sorpresa, e Jeongguk rinfodera la pistola per immobilizzare l'uomo, spingendo il suo petto contro il muro più vicino.

«Namjoon, giusto?»

Quest'ultimo fa una risata arrogante, con una guancia premuta contro i mattoni.

«Piacere di conoscerti, detective Jeon-Kearney.»

Jeongguk non ha il tempo di rispondere, tirato indietro da Taehyung. «Lui è mio.»

Jeongguk aggrotta le sopracciglia, ma lo lascia fare per qualche secondo, guardando la donna alle sue spalle.

«E tu sei?», le chiede mentre la fa passare davanti a sé.

«Stacy Grant.»

Non ha un lecca-lecca, ma ha lo stesso sguardo presuntuoso di Namjoon. Il duo perfetto. È divertente notarlo, visto che Taehyung e Jeongguk sono così diversi l'uno dall'altro.
Jeongguk sta per aggiungere qualcosa quando sente quella che deve essere la schiena di Namjoon che si scontra con il muro. Quando si gira per guardare, la sua supposizione diventa realtà e fa un passo avanti per calmare Taehyung— invano.

«Perché cazzo ci stavi seguendo?», ringhia il detective mentre spinge ancora una volta il giornalista contro il muro.

Namjoon sghignazza e, in quel momento, Jeongguk è sicuro che Taehyung stia per farlo a pezzi.

Con sua grande sorpresa, il maggiore non lo fa, limitandosi a spingerlo verso il loro SUV.

«Fai pure lo spaccone, ma tu vieni con noi.»

«Con piacere, detective.»

Jeongguk in un certo senso capisce perché Taehyung lo disprezzi così tanto. Quel Namjoon sembra un fastidioso sapientone— e a dire il vero, Jeongguk ne sa qualcosa di sapientoni fastidiosi.

«Chiama un carro attrezzi», sono le ultime parole di Namjoon al suo collega, prima che Taehyung apra la portiera posteriore e lo scaraventi dentro.

Un silenzio avvolge l'auto quando i detective sbattono le portiere. Non è un momento piacevole, anzi, ma sembra divertire Namjoon, e a questo punto Jeongguk si chiede se ci sia qualcosa che non lo faccia.

«Cosa c'è di così divertente, stronzo?» chiede Taehyung guardando nello specchietto retrovisore. «E dammi quel cazzo di telefono.»

Namjoon, con un sorrisetto sulle labbra, dà il telefono a Taehyung senza protestare, ma quel suo sguardo arrogante è peggio di cento proteste.

«E se avessi un altro telefono, mh?»

«Non ce l'hai, ti ho perquisito.»

Il motore si accende, coprendo in parte lo sbuffo di Namjoon. Lasciano il vicolo, finendo su un'altra strada, e Taehyung si dirige silenziosamente verso la stazione. Dopo un po', gli edifici fuori cominciano a diventare più alti e più imponenti, prediligendo il vetro ai mattoni.

«Se fosse stato l'assassino, voi due sareste morti in questo momento», sentenzia Namjoon a un certo punto, con le gambe divaricate e un braccio sul petto, mentre la mano libera gioca con il bastoncino del lecca-lecca.

«Di che cazzo stai parlando?»

«Sei stato così imprudente! Grazie a Dio non volevo farti del male.»

«Grazie a Dio non ti ho ancora sparato.»

«Sparato?» Namjoon inarca un sopracciglio, il suo berretto si alza un po'. «Jimin non sarebbe felice di sentirlo.»

«Jimin non ha niente a che fare con il tuo atteggiamento di merda.»

«Da che pulpito viene la predica.»

Jeongguk non ce la fa più, non riesce a tenere a freno la lingua. «Chiudi quella cazzo di bocca, ok?»

«Interessante.» Namjoon sorride, i suoi occhi scintillanti si intravedono nello specchietto. «Pensavo che vi odiaste a vicenda, ma eccoti qui a difendere il tuo partner! Meraviglioso.»

«Non lo sto difendendo, ti sto dicendo di stare zitto.»

«I giornalisti raramente stanno zitti, ecco perché Taehyung non ci sopporta.» Namjoon inclina la testa di lato. «Probabilmente è per questo che non sopporta nemmeno te.»

«Io sopporto Jeongguk», risponde Taehyung senza guardarlo, concentrato sulla strada. «Il che significa che tu sei ancora peggio di lui, complimenti.»

«Mi arriva dritto al cuore, grazie.»

Taehyung inspira profondamente mentre stringe il volante, facendosi sbiancare le falangi. Jeongguk è a tanto così dal mettere una mano sulla coscia di Taehyung, ma la ragione vince all'ultimo momento e la sua mano rimane dov'è, battendo sulla propria coscia per non fare qualcosa di stupido— perché sarebbe stato dannatamente stupido, ne è consapevole.

«Sto per incontrare l'intera task force?» chiede Namjoon, con quella voce quasi molesta che riecheggia nel veicolo.

«Era il tuo piano fin dall'inizio?» risponde Jeongguk, prima che Taehyung esploda.

«Non lo definirei un piano, ma sì, forse.»

«Mi dispiace deluderti allora, ma sei bloccato con noi e soltanto con noi.»

«Non lo sono, e lo sai. Dovete portarmi alla stazione, il che significa—»

«Non dobbiamo farlo, no.» Le mani di Taehyung stringono ancora il volante, rendendo più difficile per Jeongguk ignorare il proprio impulso. «Sei qui di tua spontanea volontà e non sei in arresto, quindi potrei fermare l'auto proprio lì e riempirti di botte.»

«Ah, suvvia Taehyung, sai che non puoi. Non vuoi causare uno scandalo, giusto? E te lo ripeto, Jimin—»

Le gomme stridono quando Taehyung frena bruscamente al semaforo rosso. «Di' il suo nome un'altra volta e ti uccido, cazzo!»

«Calmati», dice Jeongguk, con le mani appoggiate al cruscotto a causa di Taehyung. Gli occhi del maggiore sono invasi da quella scintilla che hanno sempre quando sta per comportarsi da idiota sconsiderato. «Taehyung, guida e basta.»

Si fissano per un attimo, gli occhi scuri incontrano quelli di Jeongguk in una vivida danza, e Taehyung finisce per annuire mentre riparte, sollecitato da un colpo di clacson.

Si dirigono ancora verso la stazione, Jeongguk riconosce la strada, ma a un certo punto Taehyung ferma l'auto nel bel mezzo del nulla, o quasi. Ancora cinque minuti e arriveranno alla stazione, lo sa, ma comunque ora sono lì, lontani da occhi indiscreti-- se così si può dire, dal momento che Chicago è pur sempre Chicago. La città è chiacchierona, ma non potrebbe esserlo se non avesse occhi per vedere cosa succede.

«Sai perché sei qui, vero?» chiede Taehyung girandosi sul sedile per fissare Namjoon, che scrolla le spalle.

«Perché ti ho seguito?»

«Non fare così, Kim.»

«Non so di cosa stai parlando, Kim.»

«È ora di smetterla, Kim. Tutti e due», sospira Jeongguk, guardandoli entrambi. «Perché eri da Rick tre settimane fa?»

Namjoon sorride— e quando mai non lo fa? «Anche i giornalisti sanno come divertirsi.»

«Per te 'stare seduto a parlare con un uomo' significa divertirsi?»

«È audace da parte tua giudicarmi per questo.» Jeongguk aggrotta le sopracciglia, Namjoon sorride. «Comunque, non parlerò, a meno che non sia alla vostra stazione.»

«Dovrai sederti su una sedia parecchio scomoda», sibila Taehyung. «Il tuo culo sta meglio qui, credimi.»

«Non mi dispiacciono gli ambienti grezzi.»

«Che ne dici di un bel cazzotto in faccia, eh? È abbastanza grezzo?»

Namjoon fa una smorfia di scherno. «Sembri un disco rotto.»

Jeongguk reprime una risata e abbassa lo sguardo per un istante. Taehyung sembra davvero un disco rotto quando fa così, quando la violenza irrora la sua mente. Non risolveranno la questione con la forza, e Taehyung lo sa, esattamente come lo sa Jeongguk – forse anche di più – ma, beh, essendo Taehyung, non può fare a meno di reagire in questo modo.

«Non c'è niente da vedere là fuori, nessuno scoop o cazzate varie.»

«Sono solo curioso, sai.»

Jeongguk lo sa, ma questo non basta a farsi andare a genio Namjoon per tutto questo.

«Allora?» aggiunge Namjoon. «Cosa stiamo aspettando?»

I tre si guardano per qualche secondo, ma poi Taehyung grugnisce e si volta, rimettendo in moto il SUV. Jeongguk continua a guardare Namjoon per un attimo, abbastanza da scorgere un sorriso soddisfatto sulle sue labbra.

Non ci mettono molto ad arrivare alla stazione, Taehyung parcheggia il SUV nel vicolo accanto all'edificio, dove alloggiano altre auto. Si slacciano le cinture di sicurezza, i detective scendono contemporaneamente e Taehyung apre la portiera di Namjoon.

«Per te niente ingresso principale.»

«Sono abituato alle porte sul retro.»

Taehyung gli afferra la spalla per farlo uscire dall'auto e Jeongguk sgrana gli occhi. Quell'uomo non imparerà mai a comportarsi bene. Fingere qualcosa non è chiaramente nel suo DNA, il che può essere positivo, a volte, ma non quando sei un detective che lavora su un caso delicato.

«Quel Seokjin che ho visto in TV stamattina?» dice Namjoon una volta fuori. «Bello da morire. Capisco perché—»

Taehyung afferra il colletto di Namjoon con una mossa brusca. «Di' un'altra parola e non entrerai in quella stazione con entrambe le gambe.»

Namjoon fa una risata di scherno e si spolvera il bomber quando Taehyung lo lascia andare. Il detective si fa strada, seguito da Namjoon, a sua volta seguito da Jeongguk, in coda. Gli occhi di Namjoon si muovono ovunque, la testa si gira a sinistra, poi a destra, poi a sinistra e così via. Non c'è molto da vedere, ma i giornalisti trovano sempre qualcosa da guardare e Namjoon non fa eccezione. Taehyung si dirige velocemente verso la stanza che hanno scelto per parlare con Rita, dal momento che Namjoon non è in arresto, e soprattutto, dal momento che stressarlo sarebbe un compito impossibile per ora.

«Avvisa Seokjin», dice Taehyung quando anche Jeongguk sta per entrare nella stanza.

«Sarò veloce, perciò non ucciderlo.»

Taehyung alza gli occhi al cielo e chiude la porta. Ottime maniere, come al solito.
Jeongguk fa quello che gli è stato detto e attraversa l'area principale, salutando Tyler, Harvey e altri colleghi mentre si dirige verso il seminterrato, aprendo la porta e scendendo le scale. Non appena il suo piede sinistro tocca il pavimento, molti occhi lo scrutano, curiosi ma anche preoccupati, come si accorge quando fissa Seokjin, interrompendo la sua conversazione con Hoseok.

«Dov'è Taehyung?»

Jeongguk soffia l'aria dal naso. Il sergente probabilmente sta pensando al peggio— tipo Taehyung che picchia un gruppo di giornalisti e finisce in prigione. Ma no, non ancora.

«Abbiamo trovato qualcosa nei filmati di sicurezza.» Jeongguk si aggiusta la cravatta nera, più per abitudine che per necessità. «Namjoon, l'impiegato del Tribune, è stato da Rick tre settimane fa. Riceveremo presto delle copie.»

Seokjin annuisce umettandosi le labbra e Jeongguk fatica a staccare gli occhi da esse. «Ottimo, ma questo non risponde alla mia domanda.»

«È di sopra con Namjoon.»

«Che cosa avete fatto voi due, di nuovo?»

Jeongguk schiocca la lingua. «Forse lo sapresti se mi lasciassi parlare.» Seokjin si passa una mano sulla mascella e fa un piccolo gesto a Jeongguk, dicendogli di continuare. «Finalmente. Allora, un furgone nero ha iniziato a seguirci quando siamo usciti dal cabaret. A un certo punto, siamo entrati in un vicolo e ci ha seguiti anche lì, così Taehyung ha arrestato l'auto ed eccoli lì, Namjoon e la sua collega, Stacy Grant. Hanno scritto il primo articolo.»

«Arrestato come?»

«È l'unica cosa che hai sentito?»

«Voglio sapere se devo preoccuparmi delle possibili conseguenze.»

Jeongguk ridacchia lievemente. «È una task force, le conseguenze fanno parte di un'operazione del genere.» Sembra Taehyung in questo momento, non è vero? Ah, non importa.

«Sono d'accordo», interviene Hoseok.

Seokjin gli lancia uno sguardo dubbioso, al quale Hoseok risponde con un cenno del capo.

«Va bene», dice il sergente. «Allora, cosa hai visto in quel filmato?»

«Non molto, ma non sembrava essere lì per divertimento, piuttosto per affari o qualcosa del genere. Stava parlando con un altro uomo.»

«Riguardo cosa?»

«Questo non lo so.» Jeongguk sospira, ma allo stesso tempo ride. «È per questo che è qui. Era la sua condizione per parlare con noi.»

«Bene, bene. Allora andiamo, prima che Taehyung uccida quell'uomo.»

Jeongguk non avrebbe potuto dire di meglio.
Raggiungono in fretta la stanza, dove Taehyung è appoggiato al muro, con il petto coperto dalle braccia incrociate e lo sguardo fisso su Namjoon, seduto dietro al tavolo.

«Finalmente riesco a incontrarla, sergente Kim.»

«Devo essere onorato o preoccupato?» chiede Seokjin con voce ferma mentre si addentra nella stanza disadorna.

«Direi entrambe le cose.»

Seokjin prende una sedia e si siede di fronte al giornalista, mentre Jeongguk raggiunge un Taehyung parecchio accigliato.

«Ti avevo detto di avvisare Seokjin, non di portarlo qui», sibila Taehyung a voce bassissima.

Jeongguk fa spallucce e non dice nulla, perché in realtà non ha nulla da dire. Seokjin rimane il sergente della task force, lasciarlo parlare con un tipo come Namjoon non può danneggiarli, i detective sono sempre all'erta. Potrebbero vederlo come un brevissimo attimo riposo— riposo che, in realtà, non è altro che un'illusione, vista la loro missione. Come potrebbero riposare sul serio quando una persona deve morire ogni tre settimane?

«Perché sei voluto venire qui?» esordisce Seokjin, con voce amichevole e tutto ciò che ne consegue. Fare il bravo ragazzo gli si addice, Jeongguk può garantirlo.

«I giornalisti sono curiosi, dovrebbe saperlo.» Namjoon sembra sinceramente soddisfatto di essere lì, tutto sorridente.

«Non ho chiesto dei giornalisti, ma di te.»

«E io sono un giornalista, sergente.»

Seokjin intreccia le dita sul tavolo con disinvoltura. «Quindi è solo curiosità?»

«Sto semplicemente lavorando.»

«Beh, vedi, anch'io sto lavorando.» Si appoggia alla sedia e inclina la testa. «E in questo momento il mio lavoro consiste nello scoprire perché avete seguito i miei due detective.»

«I suoi detective, mh? Interessante.» Namjoon lancia loro un'occhiata che fa stringere la mascella a Taehyung e inarcare un sopracciglio a Jeongguk. «Beh, ero anche curioso.»

«Curioso di cosa, Namjoon?»

«Volevo solo saperne di più sul caso. Il vostro compito è indagare, il mio è sapere su cosa state indagando.»

«Quindi devi sapere che, in questo preciso momento, stiamo indagando su di te.»

«Devo essere onorato o preoccupato?» è la risposta presuntuosa di Namjoon.

«Direi entrambe le cose», è il contrattacco di Seokjin, che fa sorridere Namjoon.

«Sei spiritoso.»

«Sono un sergente, e un sergente non ha molto tempo da perdere», risponde lui a tono. «Cosa ci facevi al cabaret tre settimane fa?»

«E divertirsi non è una risposta», aggiunge Taehyung mentre incrocia per un attimo lo sguardo di Namjoon.

«Mi stavo incontrando con un altro giornalista, del Sun-Times.»

«Flirti con il nemico, eh?»

Namjoon storce il naso e scuote debolmente la testa. «Non proprio, detective Kim.»

«Come si chiama?» chiede Seokjin senza prestare attenzione al giochetto di Taehyung e Namjoon.

«Rick Dodge, lavora anche lui al vostro caso.»

Ora che ci pensa, Jeongguk ricorda di aver visto questo nome sui giornali, ma anche su uno dei biglietti da visita di Kelsey.

«Ha scritto gli articoli sugli omicidi e sul messaggio.»

«A proposito di questo messaggio... perché mai l'assassino l'ha mandato a te?»

Namjoon fa una risata nasale. «Che cazzo ne so io. È il vostro lavoro scoprire questo genere di cose.»

«Lo faremo, ma tu devi aiutarci.»

Il giornalista scrolla le spalle e sospira. «Vorrei lasciarvi cuocere nel vostro brodo, ma in realtà non so perché. Forse perché quel tizio sa che ci sto lavorando?»

Nessuno lo corregge, lasciandogli pensare – come d'altronde pensano loro stessi – che l'assassino non può essere altro che un lui.

«Forse hai ragione, ma è comunque strano.»

«Strano davvero, ma non significa nulla.»

Invece sì. Forse non per Namjoon, ma è così.

«È vero.» Seokjin si sporge un po' in avanti. «Vuoi un caffè o qualcos'altro?», chiede all'improvviso.

Namjoon socchiude gli occhi, ma poi si affretta a rivolgergli un sorriso. «Sto bene così, grazie.» Il giornalista guarda Seokjin. «Voi due dovreste imparare dal vostro sergente.»

Jeongguk preme la sua spalla contro quella di Taehyung per impedirgli di muoversi, e sembra funzionare.

«Perché incontrarsi in un cabaret?» chiede Seokjin, tornando all'argomento precedente.

«Rick è un cliente abituale. Forse perché porta lo stesso nome del cabaret, chi lo sa?»

«Quindi ti ha chiesto lui di incontrarlo lì?»

«Gli ho chiesto di incontrarci e lui ha stabilito il luogo, non posso dirle altro. Lì abbiamo parlato di quello che sappiamo.»

«E cioè?»

Namjoon sorride. «Non posso condividere i miei segreti con voi. Sapete già più di me.»

Sì, questo è il loro lavoro.
Jeongguk lancia un'occhiata a Taehyung, che lo fissa a sua volta, stringendo la mascella. Sembra turbato – come sempre finora – ma anche stanco, a giudicare dagli occhi quasi iniettati di sangue. Jeongguk inclina la testa per guardarlo da un'altra angolazione, ma poi Taehyung distoglie lo sguardo e il giovane preme la lingua contro l'interno della guancia, come d'abitudine.

«Parlami di qualcosa che non so, allora.»

«Può sempre chiedere, sergente.»

«Chi ha scelto questo soprannome, 'Il predicatore'?»

Namjoon si china in avanti per incrociare le braccia sul tavolo, con le labbra tese in un sorriso. «È un bel nome, vero?»

«Di' che l'hai scelto tu, stronzo. Sei l'unico in grado di trovare un nome così schifoso.»

Seokjin inspira profondamente e Namjoon si mette una mano sul cuore. «Mi ferisce, detective.»

«Concentrati su di me», pronuncia il sergente, cosa che Namjoon fa. «Sei stato tu?»

«Sì, più o meno, con la mia collega Stacy. Al nostro capo è piaciuto, così l'abbiamo tenuto.»

«Quindi l'avete scelto per il verso?»

«Esatto», conferma Namjoon, incrociando di nuovo le braccia. «Spero che vi piaccia.»

«Una volta che apparterrà al passato, forse.»










Non è così tardi quando Jeongguk torna a casa. Anzi, è abbastanza presto, anche se il cielo è già buio.
L'appartamento non è così silenzioso quando Jeongguk torna a casa. Anzi, è pieno di dolci melodie, un po' distanti ma udibili.

Si libera delle sue cose e si toglie la giacca, appoggiandola sul mobile nero vicino a lui. Comincia a canticchiare, seguendo il ritmo impartito da Yoongi da lontano, e si dirige verso la fonte, intrufolandosi nella stanza degli ospiti— o piuttosto in quella di Yoongi. Rimane in silenzio, con le spalle appoggiate al muro e gli occhi puntati sulla schiena dell'uomo. La melodia è lenta, quasi bassa, ma non sembra malinconica. A dire il vero, suona come Yoongi: meravigliosa e complessa, richiede una buona conoscenza per essere compresa. I suoi movimenti sono fluidi e fanno apparire l'intera performance così semplice, come se tutti potessero realizzarla, il che non è altro che un'illusione.
Il minore assapora il brano fino alla fine, battendo lentamente le mani quando Yoongi raggiunge l'ultima nota.

«Sembri un idiota felice», dice Yoongi quando si gira sullo sgabello.

Il sorriso di Jeongguk diventa ancora più grande mentre si allenta la cravatta. «Non mi aspettavo che fossi qui stasera.»

Yoongi scrolla le spalle, rilassandole un po', prima di alzarsi per avvicinarsi a Jeongguk.

«Posso andarmene se vuoi.»

«Non hai detto che sembravo un cretino felice?»

Yoongi ridacchia e lascia che Jeongguk catturi il suo corpo in uno stretto abbraccio, che dura per un po'.

«E questo che cos'è?», chiede il maggiore una volta che Jeongguk lo lascia andare.

«Un abbraccio.»

«Per cosa?»

«Per te.» Jeongguk inclina la testa. «Da quando ho bisogno di un motivo per abbracciarti?»

«Giusto.»

Jeongguk soffia l'aria dal naso, ma poi aggrotta le sopracciglia quando sente il telefono suonare nella sua tasca. Si vede già tornare alla stazione perché è successo qualcosa, ma i suoi lineamenti si rilassano immediatamente quando i suoi occhi si posano sullo schermo.

«Mamma!» cinguetta Jeongguk, sollevando il braccio in modo che lei possa vederlo. «Come stai?»

Lei gli offre quel suo caldo sorriso e risponde che sta bene. Jeongguk, con un'aria stralunata, passa un braccio intorno alle spalle di Yoongi.

«Guarda chi c'è!»

«Salve signora Kearney», dice timidamente Yoongi, anche se la conosce da anni— e la madre di Jeongguk si affretta a rimproverarlo per non averla chiamata per nome.

«Come state, ragazzi?»

«Anche noi stiamo bene», afferma Jeongguk. «Vero, Yoongi?»

«Bene, ma ho molta fame.»

«Jeongguk cucinerà per te.»

Gli piacerebbe molto, ma vede già arrivare la risposta di Yoongi.

«Credo che senza di me morirebbe di fame, in realtà.»

Jeongguk alza gli occhi al cielo e sua madre ride. «Spero che ti ringrazi abbastanza, allora.»

«Con degli abbracci», dice il minore mentre tira delicatamente la testa di Yoongi verso il suo petto. Il suo amico brontola qualcosa di impercettibile e Jeongguk gli permette di allontanarsi un po', mentre il maggiore grugnisce quando vede i suoi capelli spettinati sullo schermo.

«Non esitare a metterlo al suo posto se si comporta in modo troppo fastidioso, Yoongi!»

La bocca di Jeongguk si spalanca in maniera drammatica e Yoongi fa un'altra risata. «Buono a sapersi.» Poi riesce a sfuggire alla presa di Jeongguk. «Preparo la cena. Buona serata, Denise.»

Lei gli augura lo stesso, agitando la mano libera.

«Sono felice che tu abbia lui», dice sua madre quando Yoongi se n'è andato.

«E io sono ancora più felice.»

Proprio come quello di Yoongi, il sorriso di sua madre gli scalda il cuore, lo riempie solo di amore profondo, solo di felicità e di sensazioni che non potrebbe mai provare senza di loro. Gli dà l'impressione che non sarà mai solo, qualunque cosa accada.

«Papà non c'è?» Jeongguk chiede dopo un breve silenzio, aspettandosi una risposta negativa.

«È ancora in ufficio, sta lavorando a un grosso processo.»

È proprio suo padre, e Jeongguk lo ammira per questo. Sono abbastanza simili, tranne per il fatto che Jeongguk preferisce lavorare a casa. Beh, non è che preferisca lavorare a casa, è che non si ferma mai veramente.

«A proposito di lavoro... Ho visto il video di te e il tuo partner. La pressione è sempre più forte, non è vero?»

Jeongguk sospira. «Sì, e Taehyung non rende le cose meno dure di quanto non siano già.»

«Da quello che ho visto, è lui quello duro.»

Jeongguk ride, con un sapore amaro sulla lingua. «Se solo sapessi», dice il detective uscendo dalla stanza e andando verso il divano, sul quale si siede, lasciandosi avvolgere dalle curve della pelle.

«Quelli tosti sono i migliori», decreta infine sua madre.

Suo figlio inarca un sopracciglio. «Quindi stai dicendo che sono un tipo tosto?»

Lei ridacchia e annuisce, con gli occhi lucidi. «Puoi esserlo! A modo tuo, perché tu fai sempre le cose a modo tuo, però puoi esserlo.»

Jeongguk non può dire altrimenti. Chi mai potrebbe conoscerlo meglio di sua madre, che gli ha insegnato quasi tutto? Il suo modello di riferimento? Nemmeno suo padre. Non fraintendetelo, Jeongguk lo ama quanto ama sua madre, ma c'è qualcosa che li avvicina ancora di più. La loro comune passione, e dunque il lavoro— ma non solo.

«Va bene», si arrende Jeongguk. «Non posso dire che sia un cattivo detective. Diavolo, sai che ho scelto Chicago a causa sua.»

«Lo so, coniglietto.»

Coniglietto. Giusto. O quello, o piccolo coniglietto. Non smetterà mai di chiamarlo così, Jeongguk lo sa e se ne è fatto una ragione. Di sicuro farebbe ridere Taehyung. O forse anche sua madre lo chiama coniglietto? Sarebbe piuttosto inaspettato. Magari lupacchiotto?
Ah, non importa.

«Concentrati sul lavoro. Se è un buon detective, gli piacerà questa parte di te.»

«Magari», risponde Jeongguk ridacchiando.

«Smettila di dire 'magari'. Sei intelligente, saprai come gestire la situazione.»

Sì, lo è, ma comunque Taehyung è una maledetta spina nel fianco. E anche il loro assassino sembra maledettamente intelligente.
Comunque.
Questi pensieri vengono rapidamente spazzati via e il volto di Jeongguk sembra illuminarsi per un secondo.

«Un sorriso così bello all'improvviso!»

Jeongguk ridacchia debolmente. «Yoongi sta cantando in cucina.» Sta per alzarsi per raggiungerlo, ma a un tratto suona il campanello e lui si acciglia.

I passi di Yoongi riecheggiano finché non si avvicina a Jeongguk. «Ci penso io.»

Il minore lo lascia dirigersi verso la porta— beh, le porte, dato che la prima conduce all'ingresso, che a sua volta conduce alla porta blindata. Qualcuno ha detto maniaco del controllo e della sicurezza?
Beh, il brivido è bello, ma anche sentirsi al sicuro in casa propria è importante.

«È arrivato qualcuno, devo andare», dice Jeongguk, desideroso di sapere cosa sta succedendo.

«Certo, tesoro. Ti voglio bene.»

«Anch'io ti voglio bene, mamma!» risponde lui, salutandola e poi riagganciando. Infila il telefono in tasca e lascia il divano.

«Tu chi sei?» dice una voce sconosciuta. «Un'altra scappatella di Jeongguk?»

«Come scusa?» risponde Yoongi, e un attimo dopo arriva finalmente Jeongguk.

Lo sconosciuto sorride quando vede Jeongguk, con gli occhi curvi a mezzaluna, e il detective non può ignorare la bellezza di quel ragazzo, né il suo viso etereo. Chi diavolo è?

«Lui è il mio più caro amico, ma non credo di conoscerti.»

«Io sono Jimin.» Un altro sorriso. «Piacere di conoscerti.»

Yoongi guarda Jeongguk con occhi stretti.

«Quel Jimin?»

«Se con questo intendi il più caro amico di Taehyung, allora sì, sono quel Jimin.»

Ma che diavolo?
Primo, cosa ha fatto Taehyung per meritarsi un simile premio e secondo, cosa ci fa qui il premio in questione?

«Stiamo per mangiare», dice Yoongi a bruciapelo, cogliendo Jeongguk di sorpresa. «Vuoi unirti a noi?»

Nonostante sia lui il vero proprietario, Jeongguk non ha il tempo di respirare che Jimin sta già rispondendo di sì, ringraziando gli uomini davanti a lui.

«A proposito, io sono Yoongi.»

Jimin annuisce e stringe la mano che Yoongi gli porge. Jeongguk chiude la porta, con i lineamenti ancora congelati in un'espressione confusa e, quando si volta, gli altri due non ci sono più. Gli occhi di Jeongguk si allargano e si serrano un paio di volte, fissando i due uomini che scompaiono nel suo appartamento, prima di espirare dal naso. Questa mossa è stata piuttosto inaspettata, soprattutto da parte di Yoongi, ma Jeongguk non può biasimarlo e, a dire il vero, non gli dispiace avere qualcuno così vicino a Taehyung in casa sua. Taehyung non gli ha parlato molto di lui, ma a giudicare da quello che ha visto e sentito, Jeongguk può solo immaginare quanto Jimin sia importante per lui. Migliore amico è un eufemismo a questo punto. Jeongguk conosce bene quel tipo di legame. Anche lui farebbe di tutto per Yoongi. Forse Taehyung e lui hanno più cose in comune di quanto pensasse, dopotutto.
Quando Jeongguk arriva in cucina, Yoongi ha ricominciato a cucinare e Jimin è graziosamente in piedi al suo fianco.

«Che profumino», dice il ragazzo dai capelli castani, e Yoongi ridacchia mentre lo ringrazia.

Ridacchia.
Dov'è finito il vero Yoongi? Certo, il suo Yoongi sa ridacchiare, ma non con un maledetto estraneo e— dannazione!

«Quindi vivete insieme?» Jimin chiede loro e Jeongguk inarca un sopracciglio mentre preme la schiena contro il bordo del tavolo dietro di lui, appoggiandovi un gomito.

«Non è scortese chiedere una cosa del genere a qualcuno che hai appena conosciuto?»

Jimin sogghigna in modo dolce. «Allora ti piacciono proprio le buone maniere, vero?»

«Forse è per questo che non riesco ad andare d'accordo con Taehyung», risponde Jeongguk inclinando la testa.

«Oh, ma Taehyung sa essere educato.»

«Sarei sorpreso di vederlo.»

La risata di Jimin non è altro che un'espirazione. «Per te andare a letto con Seokjin è avere buone maniere?»

Jeongguk solleva le sopracciglia, fissando Jimin per un po', prima di lasciarsi scappare una breve risata. «Quindi è per questo che sei qui.»

L'ufficiale di polizia— beh, almeno secondo quanto ha capito Jeongguk, scuote la testa. «No, non proprio.»

«La cena è pronta», dice Yoongi, ma Jeongguk non si arrenderà tanto facilmente.

«Perché allora?»

«Jeongguk, prendi tre piatti.»

«Aspetta—»

«Piatti.»

Jeongguk sospira e si alza dal tavolo, dopodiché prende tre piatti dal ripiano. Li mette sul tavolo e fa la stessa cosa con le posate.

«Fatto, chef Min.»

Yoongi gli dà una leggera spallata e si dirige verso il tavolo, con la pentola in una mano, aggiungendo equamente il riso a ogni piatto, mentre Jeongguk fa lo stesso con la padella e il pollo.

«Scusate, non è una cucina da gourmet», dice Yoongi mentre riempie d'acqua la padella vuota.

«Ma non ci aspettavamo un ospite», aggiunge Jeongguk mentre invita Jimin a sedersi, cosa che fa.

«Non preoccuparti, andrà bene.» Anche Jeongguk e Yoongi si siedono, il minore di fronte a Jimin, che afferra delicatamente la forchetta. «Non sono uno chef stellato.»

Jeongguk inizia a giocare con la propria forchetta. «Nemmeno Namjoon sembra esserlo.»

Jimin annuisce mentre taglia un pezzo di pollo. «Oggi gli hai fatto una buona impressione.»

«Davvero?»

Jimin annuisce e inizia a mangiare, Yoongi lancia un'occhiata a Jeongguk. «Che cosa è successo?»

Jeongguk deglutisce prima di rispondere: «Ci ha seguiti, ma siamo riusciti a fermarlo. Niente di che.»

Yoongi aggrotta le sopracciglia, insoddisfatto, ma non fa altre domande, avendo probabilmente intuito il motivo della risposta poco dettagliata di Jeongguk. Nessuno di loro parla per un po', mangiano tranquillamente come se lo facessero da anni, ma sotto sotto tra loro si è creata una piccola tensione che cresce lentamente con il passare dei minuti.

«Come hai trovato l'indirizzo?» chiede Jeongguk.

Jimin si umetta le labbra e avvolge le dita intorno al bicchiere d'acqua, i suoi anelli tintinnano contro di esso. «Ho i miei metodi.» Poi beve lentamente e posa il bicchiere.

Certo che sì. Ma non ha avuto questa informazione da Taehyung, Jeongguk ne è sicuro.

«Ma Taehyung non sa che sei qui, vero?»

«Non sarei qui se lo sapesse.»

Oppure sarebbe qui con Taehyung, il che sarebbe peggio, ma forse anche più interessante.

«Dimmi perché sei qui.» Un altro boccone, quasi l'ultimo. «Il vero motivo.»

«Non basta la curiosità?»

«Un agente di polizia come te deve avere di meglio da fare che trovare casa mia per curiosità.»

«Un detective come te deve avere di meglio da fare che ferire il suo partner, e per cosa poi?»

Yoongi si affoga un po' con il riso e Jeongguk batte tre volte la forchetta sul piatto. Jimin sta ancora sorridendo, con gli occhi luminosi e selvaggi, anche se visibili solo per metà.

«Ferire?» Jeongguk sussulta. «Non potrei ferire un uomo così freddo nemmeno se ci provassi.»

Taehyung non è così spietato, ma Jeongguk deve difendersi, no? Insomma, un po' senza cuore ci è, almeno quando si tratta di Jeongguk, quindi non è nemmeno una bugia.

«Eppure l'hai fatto», dice Jimin incrociando le posate sul piatto vuoto.

Jeongguk spinge via il proprio piatto. «Quindi sei venuto qui perché Taehyung ha pianto sulla tua spalla?»

«Sono venuto qui per vedere chi lo ha reso così fastidioso.»

Jeongguk fa una breve risata sarcastica. «Non aveva bisogno di me per questo.»

Jimin intreccia le dita e appoggia il mento sulle mani, fissando Jeongguk, che fa lo stesso, fino a quando il suo sguardo si sposta su Yoongi, quando quest'ultimo si alza e prende il suo piatto. Jeongguk gli lancia un'occhiata severa, ma Yoongi scuote la testa e gli dice di avvertirlo quando avranno finito.

«Sembri molto legato a lui», osserva Jimin fissando la sagoma di Yoongi che scompare.

«Come tu sei legato a Taehyung.»

«Esattamente.» L'uomo si sporge un po' in avanti. «Quindi capisci perché sono preoccupato per lui.»

Jeongguk vuole risposte concrete, non congetture. «Non hai nulla di cui preoccuparti.»

«So che Taehyung può comportarsi da idiota», sospira Jimin. «Ma anche tu, evidentemente, quindi... non essere troppo severo con lui.»

Jeongguk schiocca la lingua. «È lui quello duro.»

Jimin inspira profondamente e poi espira lentamente. «Perché lo hai provocato? E non dirmi che non l'hai fatto.»

Jeongguk preme brevemente la lingua contro l'interno della guancia, cosa che fa ridere Jimin. «Che c'è?»

«Mi ha parlato anche di questo», risponde Jimin, facendo aggrottare le sopracciglia a Jeongguk. «Di questa tua abitudine.»

Fermi tutti, Taehyung ha davvero accennato a cosa?
Jeongguk sa già quanto sia attraente, ma Taehyung che parla di lui a Jimin ne è un'ulteriore conferma.

«Perché sei sorpreso?» chiede Jimin inclinando la testa dall'altra parte. «È quello che volevi, no? Metterlo in difficoltà?»

Jeongguk si mordicchia il labbro inferiore. Non sa nemmeno cosa volesse— ma almeno voleva davvero qualcosa da lui? Attirare l'attenzione di Taehyung era soddisfacente in quel momento, principalmente per due motivi: primo, infastidire il maggiore non potrà mai essere poco divertente e secondo, Jeongguk era preso dal suo stesso gioco, godendo del fatto stesso che Taehyung fosse ricettivo— a modo suo, ma lo era. Jeongguk non può ingannare la sua mente, né il suo corpo. È consapevole del calore che sente nello stomaco quando Taehyung si avvicina troppo, del battito del suo cuore quando stabilisce il minimo contatto tra loro. Sa tutto.
E vuole tutto.
Jeongguk ha sempre voluto troppe cose.

«Non volevo nulla in particolare.»

Jimin storce il naso. «Non lo accetto.»

«Perché è così importante?» Jeongguk sospira. «Non ho fatto nulla di male, eppure mi sono scusato con Taehyung e ho detto a Seokjin che abbiamo chiuso.»

Si è davvero scusato? Non se lo ricorda nemmeno.

«L'hai fatto per Taehyung?»

L'ha fatto?

«No, cavolo», risponde Jeongguk incrociando le braccia al petto. «L'ho fatto per il caso.»

«Quindi, in un certo senso, per Taehyung.»

Questo ometto è un po' testardo, eh? Non c'è da stupirsi che sia così legato a Taehyung.

«Pensalo pure se vuoi, ma io so di non averlo fatto.»

«Davvero?»

Dannazione.
Gli occhi di Jeongguk cominciano a bruciare.

«Cosa stai cercando di dirmi, per l'amor di Dio?»

«Che cos'è Taehyung per te?»

È una domanda vera? Sta succedendo davvero, non è un sogno o un maledetto incubo? Jeongguk non sa se ridere o piangere. Beh, in entrambi i casi starebbe piangendo.

«Il mio partner, naturalmente. Perché me lo chiedi?»

«Andiamo.» Lo sguardo di Jimin è così luminoso e selvaggio che Jeongguk sta quasi per convincersi di essere sotto processo. «Non mi comporto come te con i miei colleghi.»

«Forse è una mia abitudine.»

«Non fare il furbo, Jeongguk.»

Non sta facendo il furbo, lui è furbo.
E allo stesso tempo lo sta facendo, perché sa perfettamente che c'è una risposta un po' più profonda di "il mio partner". Ammettere a se stesso di essere attratto da Taehyung non è difficile, ma ammetterlo davanti agli altri, e soprattutto a Jimin? Dannazione.

«Non sono cieco», dice infine Jeongguk con un sospiro, facendo spuntare sulle labbra di Jimin un sorriso orgoglioso. «Mi piace solo provocarlo, fine della storia.»

Fine della storia, ma ha già detto troppo. Jimin non saprà mai che Jeongguk apprezza la sensazione della pelle di Taehyung contro la sua, la sensazione del suo stomaco che si contorce quando gli occhi di Taehyung sono più scuri e profondi del dovuto, il—
Non importa.

«È ancora innamorato di Seokjin?» chiede Jeongguk senza mezzi termini.

«Non sono la persona a cui devi chiederlo.»

Jeongguk alza gli occhi al cielo. «Non mi risponderà mai se glielo chiedo.»

«Osserva, allora.» Jimin allontana le mani e incrocia le braccia sul tavolo, con disinvoltura. «Proprio come il detective che sei.»

Sta osservando da un po', è questo il problema.

«C'è ancora qualcosa tra loro.»

«Ed è amore?» Gli occhi curiosi di Jimin scrutano Jeongguk, in attesa della sua risposta.

Jeongguk si prende un attimo per rispondere, raccogliendo i suoi pensieri in merito. «Forse? Una particolare attenzione, almeno.»

«Ovvio che si preoccupano l'uno per l'altro. Non sono più adolescenti, sanno che una rottura non deve per forza sfociare nell'odio.»

Una rottura può sfociare in molte cose, ma Jeongguk non ha molta esperienza in questo campo. Gli è successo molto tempo fa, ed è stato sufficiente. Le relazioni che ha ora sono più facili da gestire, meno dolorose.

Jeongguk si passa una mano tra i capelli e sospira. «Però ha reagito come se fosse ancora innamorato.»

«Davvero?» Jimin fa una leggera smorfia. «Questa cosa non mi convince.»

Il detective socchiude gli occhi. «Sai qualcosa che io non so?»

«Certo che sì», ride Jimin. «Ma sono qui per metterti sulla strada giusta, non per darti tutte le risposte.»

«Comincio a credere che sia uno scherzo.»

«Oh, non lo è.» Jimin batte due dita sul tavolo. «Sono solo stupito di quanto siate sprovveduti per essere dei detective. Tutti e due.»

Jeongguk si acciglia. «Cosa ti ha detto di me?»

«Cose basilari, tipo "cazzo, è il peggior stronzo di Chicago".»

Alza gli occhi al cielo, e adesso gli bruciano ancora di più. «Questo lo so già.»

«Non ho paura di lui, ma non voglio morire», dice Jimin. «Quindi non ti dirò altro.»

Jeongguk fa una risata ironica. «Hai firmato la tua condanna a morte non appena sei entrato.»

«Solo se lo scopre.» Jimin fa spallucce. «Non sarebbe poi così male.»

Taehyung si arrabbierebbe, questo è certo, ma forse la mole della sua rabbia è minore quando si tratta di Jimin.

«Cosa dovrei fare, allora? Chiederglielo? Te lo ripeto, lui non—»

«La fiducia di Taehyung è difficile da conquistare», lo interrompe Jimin. «Non deluderlo di nuovo.»

Taehyung ha detto di essere deluso da lui, ma non ha alcun senso. A meno che...
Non importa. La testa gli pesa troppo sul collo per pensarci adesso. Jeongguk cerca di combattere la stanchezza, ma alla fine sbadiglia e Jimin si alza.

«Ti lascio riposare.»

La vista di Jeongguk si offusca quando si alza anche lui e strizza gli occhi un paio di volte per darsi una svegliata.

«Avverto Yoongi», dice quando Jimin gli è vicino. Il suo amico lo ucciderà se non lo farà, Jeongguk lo ha capito.

Le sue gambe lo portano istintivamente nella stanza di Yoongi dove, in effetti, trova l'uomo, sdraiato sul letto con un libro, gli occhi che si incrociano con quelli di Jeongguk quando lo nota.

«Jimin sta per uscire.»

Il maggiore chiude il libro e lo getta sul materasso. «Cosa mi sono perso?»

«Perché non sei rimasto?»

Yoongi sospira. «Voi due avevate molte cose di cui parlare.»

Jeongguk scuote la testa e poi colpisce leggermente la spalla di Yoongi. «Vai a chiedergli il numero di telefono, muoviti.»

Yoongi fa una mezza risata, ma non ribatte, uscendo dalla stanza. Jeongguk lo segue, saluta Jimin e poi lo lascia accompagnare da Yoongi verso l'uscita. Da lontano, appoggiato a un muro, li vede parlare per un po' e poi, finalmente, estrarre entrambi il proprio telefono.

A quel punto, Jeongguk pesca il proprio dalla tasca. Lo sblocca e cerca Bellissimo Stronzo nell'elenco dei contatti, aprendo la chat vuota. Il suo pollice vaga senza meta sullo schermo per un attimo, e quello dopo i suoi pollici stanno digitando qualcosa. Cancella ciò che ha scritto, ma poi sente le risatine di Jimin in lontananza e digita qualcos'altro. Picchietta l'indice contro il bordo del telefono e sospira guardando le poche parole scritte. Mi dispiace sembrava brutto, ma Parliamo è ancora peggio.

Sente il rumore della porta che si chiude.
Jeongguk blocca il telefono e lo rimette a posto.

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