𝚇𝙸𝚅
Mi colpisce profondamente il fatto che il mondo, il più delle volte, sia un posto cattivo e crudele.
Bret Easton Ellis
𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝚇𝙸𝚅
È guerra.
Le parole di Taehyung continuano a tormentare Jeongguk, ininterrottamente. Sì, è una maledetta guerra, ma il modo in cui ha pronunciato quelle parole... Jeongguk rabbrividisce al solo pensiero. Sta fissando il cadavere ai suoi piedi da cinque lunghi minuti, ma non riesce a concentrarsi. La voce di Taehyung risuona troppo forte nella sua testa.
«Jeon?»
È guerra, ancora e ancora e ancora.
«Jeongguk?»
È la voce di Taehyung, di nuovo, ma questa volta la sente per davvero. Non solo nella sua testa.
«Sì?» Scuote la testa per scacciare i pensieri. «Scusa, io–»
«Che ne pensi?»
Sta chiedendo la sua opinione o...?
«Jeon, che ne pensi?»
Lui si acciglia, un po' destabilizzato senza sapere bene perché, ma finisce per rispondere: «Stavolta si è spinto ancora più oltre. Voglio dire, che cazzo è, un doppio senso?»
«Sì.» Taehyung digrigna i denti. «Ha emulato il mio ultimo caso con Amber.»
Allora è così. «Che cosa accadde?»
Taehyung lo fissa per qualche secondo, poi distoglie lo sguardo. «Lo dirò a tutti quando torneremo alla stazione di polizia.»
Gli sembra equo. Jeongguk non insiste. Dopo tre settimane passate ad essere il partner di Taehyung, ha imparato quando smettere di fare domande. Tuttavia, non mette spesso in pratica ciò che ha imparato, perché questo stronzo non merita di essere risparmiato più del necessario. Dannazione, Jeongguk non sa nemmeno perché stia cercando di fare uno sforzo con lui. Probabilmente è comunque inutile, ma lui non è il tipo che si arrende prima di averci provato.
«Penso che...» continua Jeongguk. «Penso che non sia una coincidenza. Questo posto, intendo.» Guarda la chiesa, la maestosa cattedrale. «È assurdo.»
«L'omicidio originale è avvenuto nei pressi di una chiesa, in realtà, ma non così vicino.»
Seokjin, che stava osservando attentamente il corpo, si alza in piedi e indietreggia un po' per partecipare alla discussione. «Non era nemmeno nel Near North Side.»
Certo che no. Taehyung non ha mai lavorato lì.
«Quello stronzo sapeva che lo avremmo cercato a East Garfield.»
Taehyung deve avere ragione, ma c'è dell'altro. «Scommetto che non aveva nemmeno intenzione di abbandonare il corpo a East Garfield.»
Taehyung aggrotta le sopracciglia e guarda Jeongguk, che aggiunge: «Credo che si stia evolvendo, sai? Sta acquistando autostima.»
Il maggiore stringe la mascella, digrignando i denti. «Farò a pezzi quella sua cazzo di autostima.»
«Prima dovremmo prenderlo, non credi?» Jeongguk non può fare a meno di essere ironico, anche se è la verità.
«Farò a pezzi anche la tua, Jeon.»
Jeongguk cerca di sforzarsi, ma è chiaro che a Taehyung non importa un bel niente.
«Va bene, signori.» Seokjin si mette in mezzo a loro due. «Non è il momento di litigare.»
Con Seokjin non lo è mai. A meno che...
Ah, non importa.
«Dai, non stiamo litigando.»
Seokjin alza un sopracciglio ma non replica, troppo distratto dalla vittima a pochi passi da lui. Jeongguk è nello stesso stato d'animo, nonostante le apparenze. Questa è, ovviamente, l'arte del loro assassino ma, allo stesso tempo, sembra diversa. Diciamo le cose come stanno: Jeongguk aspettava un caso come questo, pericolosamente avvincente. Di quelli che ti tengono sveglio la notte, che ti seguono più della tua stessa ombra. Una cazzo di maledizione, direbbe la gente. Ma non Jeongguk.
Un caso come questo è terribile, certo, ma è comunque un'occasione d'oro. E lui è nato per risolvere omicidi, soprattutto quelli più vili. Jeongguk ha visto cose terribili, ha avuto a che fare con giornalisti insistenti, ma in fondo sa che quello che sta accadendo adesso potrebbe superare tutto il resto, e di gran lunga.
In questa guerra, Jeongguk non sarà un semplice soldato.
«È più giovane di Janice», dice Seokjin.
Ha ragione. Jeongguk si sposta un po' per osservarla da un'angolazione diversa. Questa donna era più giovane di Janice e, purtroppo, lo sarà per sempre. Doveva essere anche bella, una bellezza che è stata rovinata dalla mano di qualcuno, sfigurata da una lama affilata. Jeongguk si accovaccia vicino alla donna e guarda i suoi occhi, quasi rovesciati all'indietro. Dovevano essere bellissimi, proprio come lei. Ora sono solo globi vuoti e arrossati. Ancora una volta, Jeongguk si ricorda che la morte non ha mai un bel volto. La morte è fredda e terribile, è inafferrabile, e al contempo è ovunque. Il nemico più imprevedibile, quasi invisibile e, allo stesso tempo, il più affascinante. Per la cronaca, Jeongguk non è veramente affascinato dalla morte in sé, ma piuttosto da chi la porta con sé e perché. Non fraintendetelo, non adora gli assassini o cose del genere; anzi, li disprezza, li disprezza a tal punto tale da aver dedicato tutta la sua vita a dar loro la caccia.
Caccia.
Non si può dare la caccia qualcuno che non si conosce, giusto?
Jeongguk lo ha capito fin dall'inizio della sua carriera. Non aveva previsto di affrontare un serial killer così presto, ma adesso si sente pronto. È sempre stato interessato a questo particolare tipo di assassino, e ora è il momento di usare ciò che ha imparato.
«Ed è più carina», dice infine Jeongguk ad alta voce, alzandosi in piedi— anche se Janice non era brutta.
Taehyung e Seokjin gli lanciano occhiate strane, così aggiunge: «Anche questo conta, sapete. Il nostro assassino è organizzato, non sceglie le sue vittime a caso.»
«Continua.»
«Sì, continua», risponde subito dopo anche Taehyung. «Genio che non sei altro.»
Jeongguk spinge di riflesso la lingua contro l'interno della guancia sinistra, infastidito. «Non c'è bisogno di essere un genio per fare delle osservazioni e poi delle deduzioni, idiota.»
«Sul serio», li rimprovera Seokjin. «Cosa siete? Uomini o bambini del cavolo?»
«Penso che tu conosca la risposta.» Jeongguk finge un sorriso e si concentra nuovamente sull'imbecille che ha come partner. «Non è l'unica stranezza. Una donna, un uomo e poi ancora una donna. Dai, Taehyung, deduco.»
Il maggiore probabilmente vorrebbe farlo a pezzi in questo momento, ma si contiene e risponde giustamente: «La quarta vittima sarebbe un uomo.»
«Dobbiamo ancora occuparci della terza vittima e già parlate di una quarta?» Seokjin si pizzica il ponte del naso e poi sospira. «Incredibile.»
«Era solo per dimostrare a Taehyung che anche lui può essere un genio.»
«Jeon, chiudi quella cazzo di bocca o—»
«O cosa?» Jeongguk si avvicina ma viene fermato dal sergente.
«Non fare così», dice a Jeongguk, il quale ridacchia.
«Così come? Siamo partner, Seokjin, proprio come volevi tu.»
«Sì, infatti. L'hai voluto tu», sibila Taehyung, alle spalle Seokjin. «Perciò lavoriamo a modo nostro.»
Oh, quindi hanno un "modo tutto loro" di lavorare? Interessante. Un modo che si chiama voglio-uccidere-il-mio-maledetto-partner-ogni-santo-giorno, ma fa lo stesso.
«Ma non state lavorando, state bisticciando come due bambini.»
«Va bene, va bene», si arrende Jeongguk alzando gli occhi al cielo.
È divertente questa strana dinamica tra loro tre...
O meglio, la dinamica tra Taehyung e Seokjin, poi tra Seokjin e Jeongguk e, infine, tra Jeongguk e Taehyung.
Quando guardi Seokjin e Taehyung, è come se si mescolassero vecchi sentimenti, un leggero odio e allo stesso tempo un forte affetto l'uno per l'altro. Per Taehyung e Jeongguk si tratterebbe di odio puro, ma c'è anche una punta di divertimento – solo da parte di Jeongguk che, deve ammetterlo, si diverte a infastidire il maggiore. Un'altra cosa divertente è guardare Taehyung e Seokjin da lontano, vedere il sottile filo che li unisce. È successo qualcosa tra quei due, e Jeongguk lo sa quasi per certo, ma non sembra essere davvero finita. Jeongguk è un chiacchierone, ma sa anche quando stare zitto e osservare. Quindi sì, ha osservato il sergente e il detective per un po' di tempo ormai e può dire che, in effetti, c'è ancora qualcosa tra quei due, qualcosa che a volte si avvicina alla gelosia e a volte al risentimento. A Jeongguk non importa nulla, ma la sua curiosità è tanto grande quanto il suo talento. E questo la dice lunga.
«Abbiamo finito qui?» aggiunge Taehyung dopo qualche minuto, desideroso di lasciare la scena. «Raggiungiamo Leroy e Georgie.»
«Io sì. Jeongguk?»
Quest'ultimo lancia un ultimo sguardo al cadavere. Sa che potrà rivederlo attraverso le foto, ma non è la stessa cosa. Ha bisogno che l'immagine reale resti impressa nella sua memoria.
«Pronto ad andare.»
Ringraziano la squadra forense e tornano da Leroy e Georgie, che stanno parlando con la squadra arrivata per prima sul posto. Jeongguk li ha già visti, perché erano con Seokjin quando sono arrivati, ma li saluta comunque con un cenno del capo.
«Allora, ricapitolando», inizia il sergente del diciottesimo distretto. «Siamo arrivati verso le 2:30, perché qualcuno ci ha chiamato ed eravamo vicini. Abbiamo raccolto le dichiarazioni dei pochi testimoni, e sono tutti uguali.»
«Ho i nomi e gli indirizzi», dice Seokjin, che non ha ancora avuto il tempo di comunicarlo ai suoi detective.
«Ci sono telecamere qui?» chiede Jeongguk.
«Ci sono, soprattutto vicino alla cattedrale, ma... Beh, non funzionavano.»
«Non funzionavano?» Taehyung è perplesso. «Stiamo cercando un fottuto hacker?»
«Può darsi», sospira il sergente. «Non posso dirlo con certezza, ma ho detto tutto ciò che sappiamo al vostro sergente.»
Seokjin annuisce, dandone conferma. «La scientifica prenderà il corpo», gli dice Seokjin. «Rimarrò lì ad aiutarti fino ad allora.» Poi si volta verso Jeongguk, Taehyung e le due matricole. «Tornate alla stazione, vi raggiungerò presto.»
I detective, Georgie e Leroy sembrano d'accordo, avendo finito di ispezionare il posto, e stanno per dirigersi verso il SUV, quando un grido li immobilizza, ed è più forte di tutto il casino che c'era vicino alla scena del crimine. Jeongguk si volta solo per vedere una giovane donna correre e rompere la fila di poliziotti che dovrebbero proteggere il luogo. Jeongguk scatta in avanti, passa sotto il nastro giallo e affronta subito la donna, afferrandola per le spalle prima che possa arrivare al corpo.
«La striscia gialla dice di non oltrepassare la linea per un motivo!» Cerca di catturare la sua attenzione, ma i suoi occhi vagano ovunque tranne che verso di lui. Accidenti, sembra anche più giovane di lui, e ha solo venticinque anni. «Signorina, si fermi.» Lei non lo ascolta, ovviamente, ma lui la tiene ferma. Deve farlo.
«Mi lasci passare!»
Col cavolo.
«È una scena del crimine», dice con la massima calma possibile. «Non ha il diritto di stare qui.»
La ragazza cerca di spingerlo via, ma Jeongguk non si muove di una virgola. Ovvio che non si muove. A un certo punto, la costringe a indietreggiare, ma lei oppone resistenza e grida: «Me la faccia vedere!»
«Chi è lei?» chiede il detective accigliandosi e lanciando un'occhiata a Taehyung, che li ha appena raggiunti.
«Un'amica.» I suoi occhi ora sono pieni di lacrime. «La prego, mi lasci andare», implora, fissando finalmente Jeongguk.
«Va bene, si calmi.»
La bruna annuisce debolmente e deglutisce, così Jeongguk allenta un po' la pressione delle mani.
«Venga con me», aggiunge e lei annuisce di nuovo. Seguito da Taehyung, la conduce più avanti, evitando il cadavere.
Una volta che sono di nuovo lontani dalla vittima e vicini a Seokjin e agli altri, Taehyung chiede: «Come ti chiami?»
La donna non risponde subito, con gli occhi a terra e la pelle abbronzata più pallida del dovuto. Incrocia le braccia al petto, rabbrividendo sotto la giacca leggera che indossa. Trascinato da un'improvvisa compassione, Jeongguk li lascia per un minuto e corre verso il SUV. Apre il bagagliaio, prende una delle giacche invernali della polizia, chiude l'auto e torna da loro.
«Ecco.» Porge la giacca alla giovane donna, che lo ringrazia silenziosamente mentre la indossa.
«Sono Rita Cedillo.»
«D'accordo, Rita.» Taehyung le porge la mano e lei la stringe debolmente. «Io sono il detective Kim e lui è il mio collega, il detective Jeon.» Quest'ultimo si inchina leggermente.
«E io sono il sergente Kim.» Rita annuisce, concentrata solo su loro tre, e si passa una mano sulle guance per cancellare qualche lacrima.
«Quindi, lei conosceva la vittima?» La voce di Jeongguk è dolce ma, purtroppo, le sue parole non lo sono.
Rita sembra dover trattenere altre lacrime prima di riuscire a parlare. «Noi, mh... lavoravamo insieme.»
«Posso chiederle dove?», è la risposta di Jeongguk.
«In un cabaret, non lontano da qui.»
«Signorina Cedillo, potrebbe venire alla stazione di polizia con noi?» chiede Taehyung. «Lì sarà più facile.»
La ragazza si morde il labbro inferiore, pensierosa, ma alla fine accetta. Per una volta, stanno per sapere chi è la vittima senza aspettare i risultati del laboratorio.
«Ecco qua.» Jeongguk poggia la cioccolata calda davanti a Rita, sul tavolo, prima di sedersi dalla parte opposta, accanto a Taehyung.
Per una volta non sono in cantina, ma in una stanza neutra, semplice, ma non stressante come quella degli interrogatori. Stressare qualcuno di cui non si sospetta sarebbe inutile.
«Ti senti meglio?» le chiede Jeongguk, una volta che la ragazza ha quasi finito di bere.
«Un po'. Grazie.»
Jeongguk annuisce e accavalla le gambe sotto il tavolo e poi intreccia le dita davanti a sé, rilassato sulla sedia. «Mi scusi se glielo chiedo», esordisce, «ma potrebbe dirmi il nome della sua amica? Non aveva con sé alcun documento.»
Rita impiega qualche secondo per riprendersi. «Kelsey Green. Aveva ventisei anni.»
Ventisei? Quasi la metà dell'età delle vittime precedenti. Questo dice già molto sull'assassino.
«E lavorava con lei, giusto?»
«Al Cabaret di Rick.» Un piccolo sorriso triste le attraversa le labbra. «Forse lo conosce.»
Lo conosce, e ci è anche stato per motivi professionali, ovviamente.
Taehyung scarabocchia sul suo taccuino e ipotizza: «Immagino che stessi tornando dal lavoro?»
«Sì», ammette lei, e poi aggiunge: «Ma non è ancora chiuso, se vuoi andarci.»
«Grazie per la dritta.» Taehyung si raddrizza sulla sedia. «Devi essere stanca, non ti tratterremo a lungo. Solo domande di base, va bene?»
Lei accetta queste condizioni. Ancora una volta, Taehyung sembra essere in grado di comunicare con esseri umani non correlati a Jeongguk. Impressionante.
«Hai notato qualcosa di strano ultimamente? Su Kelsey?»
«Non proprio.» Fa spallucce e sospira lentamente. «Era disinvolta come al solito, sempre presente per me o per le altre ragazze.»
«Eri molto legata a lei? E che mi dici delle altre ragazze?» chiede gentilmente Jeongguk.
«Siamo come una grande famiglia. Lavoriamo spesso con le stesse ragazze, quindi siamo unite. Bisogna esserlo quando si fa questo tipo di lavoro.»
«Ma alla fine si tratta solo di intrattenimento per adulti, giusto?» Jeongguk si avvicina, anche se conosce già la vera risposta. La prostituzione e le pratiche ad essa connesse sono illegali in Illinois, ma può accadere facilmente, soprattutto quando una struttura legale nasconde le proprie parti proibite.
Rita si agita un po', con le mani che probabilmente si contorcono sotto il tavolo. «È così, ma qualche stramboide a volte non lo capisce.»
«Lo so, è per questo che te lo sto chiedendo.» Jeongguk si sporge lentamente in avanti. «Vogliamo solo prendere il bastardo che ha fatto questo a Kelsey, Rita. Puoi dirci tutto.»
«Forse c'è un solo uomo, allora.» Abbassa lo sguardo per un po', dopodiché il suo sguardo vaga tra Taehyung e Jeongguk. «Veniva una volta alla settimana, poi due. All'inizio sembrava un cliente normale, ma ben presto ha cercato di avvicinarsi a Kelsey. Cioè, troppo vicino.» Si agita di nuovo. «Facciamo solo lap dance senza contatto fisico, ma quell'uomo lo voleva. Un giorno Kelsey ha chiamato le guardie di sicurezza. L'hanno cacciato e credo che non sia più tornato. Probabilmente non è niente, ma–»
«Posso assicurarle che è qualcosa di importante. Grazie.» Non è nemmeno una bugia, è quasi più di quello che hanno attualmente. Non c'è pista sbagliata, soprattutto quando si hanno pochissimi indizi.
«C'è qualcos'altro che vuoi dirci?» dice Taehyung dopo un po'. «Qualsiasi cosa.»
La donna rimane in silenzio per un po', immersa nei suoi pensieri, prima di scuotere la testa. «Mi dispiace, sono troppo stanca per trovare qualcosa in questo momento.»
«Non c'è problema», la rassicura Jeongguk. «Due agenti ti accompagneranno a casa, se non ti dispiace.»
«Non mi dispiace, grazie.» Poi si alza lentamente, con la giacca della polizia ancora sulle spalle. Sta per restituirla a Jeongguk quando lui si rifiuta, dicendole di tenerla fino a quando non sarà a casa. «Vi chiamo se mi viene in mente qualcosa.»
I due detective si alzano e accettano, accompagnandola nella zona principale della stazione, dove stanno lavorando alcuni colleghi. Taehyung estrae il suo telefono e, due minuti dopo, Leroy e Georgie sono davanti a loro, insieme a Seokjin. I due agenti accettano di accompagnare Rita a casa, quindi si allontanano rapidamente con lei, lasciando soli i detective e il loro sergente. Lì, Taehyung spiega ciò che hanno ottenuto a Seokjin, che sembra piuttosto sollevato di avere finalmente qualche indizio: il tipo strano, il cabaret, ma anche le telecamere vicino alla scena del crimine, anche se è una scena parecchio strana. Almeno hanno un dannato lavoro da fare, delle tracce da seguire, invece di un'irritante attesa che li ha condotti soltanto a un terzo omicidio.
«Bene», dice Seokjin, prendendo atto di quanto gli hanno detto. «Adesso andate a casa, tutti e due.»
Jeongguk lancia un'occhiata a Taehyung che, sorprendentemente, fa un sorriso molto – molto – falso, simile a quello che farebbe un bambino malizioso. «Certo. Ci vediamo tra qualche ora», è la risposta del maggiore.
A questo punto, anche Jeongguk non può fare a meno di sorridere, l'angolo sinistro della bocca si solleva mentre scambia uno sguardo complice con il suo maledetto partner. Seokjin deve essere troppo stanco per accorgersi di ciò che sta accadendo davanti ai suoi occhi e si limita ad annuire mentre si dirige verso le scale del seminterrato, probabilmente per mettere a posto le sue cose.
Jeongguk esprime un certo sostegno agli agenti che fanno il turno di notte e poi segue Taehyung all'esterno.
«Prendiamo la mia macchina», dice Jeongguk mentre il vento gli sferza il viso.
Taehyung fa una risata di scherno. «Non esiste che io salga sulla tua fottuta Range Rover.»
La frase lascia Jeongguk perplesso. Chi non andrebbe a fare un giro nel suo prezioso SUV? Ah, Taehyung, naturalmente. Solo quello che vuole distinguersi.
«E quindi, vai con un maledetto cavallo?»
«Levati dalle palle, Jeon.» Taehyung non sorride più, ma Jeongguk percepisce che non è cattivo come al solito.
«Vieni, poi ti riaccompagno qui.» Jeongguk non sa nemmeno perché vuole che salga in macchina. Potrebbe benissimo lasciargli prendere il suo catorcio e sprecare la sua benzina.
«No, non lo farai.» Taehyung allunga il palmo della mano verso Jeongguk, che aggrotta leggermente le sopracciglia. «Perché guiderò io.»
«Tu?» La risata di Jeongguk riecheggia nella strada semivuota. «Che guidi la mia macchina?»
«O così o prendo la mia.»
C'è una scintilla di sfida negli occhi di Taehyung, una scintilla che Jeongguk ha visto raramente. Quel coglione non vuole nemmeno guidare la sua macchina, è solo una maledetta sfida.
Jeongguk ha sempre amato le sfide, stupide o meno.
«Riesci almeno a immaginarne il costo?» Jeongguk vuole sembrare serio, ma non riesce a disfarsi del sorriso divertito che gli tende gli angoli della bocca. «E se la mi fai qualche danno?»
Taehyung sogghigna, a metà tra il divertimento e il fastidio. «Ne comprerai un'altra.» Si avvicina, con il palmo ancora aperto verso Jeongguk. «Non preoccuparti, però, sono un pilota migliore di quanto lo sarai mai tu.»
Jeongguk si incuriosisce improvvisamente, e la lingua preme un po' contro l'interno della sua guancia. «La stanchezza ti fa dire sciocchezze.»
«Dammi le chiavi, Jeon.»
Jeon qui, Jeon là. Ha un dannato nome di battesimo.
«Mi chiamo Jeongguk.»
Taehyung rimane spiazzato per un attimo, ma riacquista subito quella sua aria sprezzante ma nonostante tutto attraente.
«So come cazzo ti chiami.»
«Chiamami per nome, allora.»
«E poi mi darai le chiavi?»
«Sì», afferma Jeongguk, senza scherzare affatto.
«È ridicolo.»
«Abbiamo un accordo?»
Queste parole fanno rabbrividire Taehyung e gli fanno serrare la mascella, ma alla fine annuisce. «Va bene, cazzo. Ti chiamerò con il tuo stupido nome, Jeongguk.»
Con un sorriso orgoglioso sul volto, Jeongguk tira fuori le chiavi dalla tasca e le mette nel palmo di Taehyung, chiudendolo a pugno. «Fammi vedere cosa sai fare, Gosling.»
Va bene, Taehyung sa guidare. Sa guidare maledettamente veloce e – spiace dirlo, ma è un dato di fatto – anche in maniera folle.
Il cuore di Jeongguk batte a malapena, il corpo è incollato allo schienale in pelle e gli occhi passano dalla strada a Taehyung. Tutto si muove così velocemente e lentamente allo stesso tempo, le luci al neon di Chicago riverberano in tutta l'auto. Il maggiore è concentrato ma rilassato, le lunghe dita aderiscono al volante, la mascella affilata è messa in risalto dal contrasto tra luce e oscurità.
Jeongguk scherzava quando ha parlato di Ryan Gosling, ma l'intera situazione sembra una scena appena uscita da Drive.
Quando Taehyung parcheggia il SUV nei pressi del cabaret, le sue labbra si incurvano in un sorriso. Jeongguk vorrebbe chiedergli dove cazzo ha imparato a guidare così, ma invece dice: «Non male per un coglione.»
«La gelosia ti fa parlare.» Taehyung spegne il motore e si gira leggermente per guardare Jeongguk. «Perché sai che guido la tua macchina meglio di te.»
«La stanchezza ti rende sfacciato, attento.»
«Allora stai sperimentando come ci si sente a sopportarti tutto il giorno.»
A dire il vero, Jeongguk quasi apprezza questo Taehyung. Più dell'altro, almeno.
«Sono sicuro che ami la mia compagnia.»
«La odio, cazzo.» Taehyung non gli restituisce le chiavi e le infila in una tasca del suo cappotto di lana. «Come questa macchina.»
«Nessuno odia le Range Rover.»
Taehyung fa una smorfia di scherno. «Io non odio le Range Rover. Odio la tua.»
Jeongguk inclina la testa. «Quindi mi odi perché ho una Range Rover.»
Il maggiore sembra sinceramente stupito da questa risposta. «Ti odio perché sei tu, testa di cazzo.»
«Eppure sono una persona estremamente amabile.»
«Dice la persona più detestabile della Terra.»
Le sopracciglia di Jeongguk si aggrottano quando si rende conto di una cosa. «Mi odi perché–»
«Perché cazzo fai così?» Taehyung lo interrompe bruscamente. «Mi stai interrogando come se te ne importasse qualcosa.»
Il problema è che a Jeongguk importa. Gli importa eccome e, dannazione, non sa nemmeno perché da almeno tre settimane desideri conoscere le ragioni dell'odio di Taehyung. Ma non può dirglielo, no? Deve salvare la faccia.
«Non è che lavoreremo ancora insieme dopo questa merda di task force, comunque», aggiunge Taehyung scendendo dall'auto.
Jeongguk rimane seduto ancora per qualche secondo. Un'ondata di stanchezza lo investe in pieno, mentre l'adrenalina abbandona improvvisamente il suo corpo. Il latrato di Taehyung, proveniente dall'esterno, gli fa slacciare la cintura di sicurezza più velocemente del previsto. Poi prende due mentine dal barattolo che ha accanto e le appoggia sulla lingua. Alla fine si passa una mano sul viso ed esce dal SUV.
«Perché ci hai messo tanto?»
Jeongguk non risponde e si limita a camminare verso il cabaret. La facciata è semplice, grigia e levigata, ma c'è una certa originalità: l'ingresso gli ricorda un antico tempio greco, con il suo piccolo fregio placcato d'oro e, più in là, la sua grossa porta dorata.
«Troppo oro», brontola Taehyung. «Sto per svenire.»
«Poverino, non è abituato alla ricchezza», si azzarda a commentare Jeongguk, cosa che indispone profondamente Taehyung— obiettivo raggiunto, dunque.
«Grazie per avermelo ricordato, riccone figlio di puttana.»
Jeongguk ridacchia a malincuore, ma si ricompone quando passa sotto il lungo tetto e si dirige verso la porta, dove si trovano due guardie di sicurezza. Jeongguk non li lascia parlare e li saluta mostrando il proprio distintivo, mentre Taehyung fa lo stesso accanto a lui. I due colossi annuiscono e ognuno di loro afferra una maniglia, spalancando la porta. I detective entrano, immersi improvvisamente in un mondo di rosso e viola, di calore e rumore. La sala principale assomiglia a una grande camera di compensazione, con una fila di bancomat alla loro sinistra e, naturalmente, anche una specie di cassa. Ancora una volta, i due uomini salutano il personale e gli mostrano i loro distintivi.
«Non vi preoccupate», dice Jeongguk, «siamo solo di passaggio.»
Poi, senza ulteriori indugi, entrano nel locale, approdando nel cuore del club, pieno di gentiluomini, ma anche di donne- spogliarelliste o meno. Un'ondata di calore attraversa Jeongguk, percorrendo il suo corpo, insieme a una dannata scarica di adrenalina.
«Non potresti avere nemmeno la metà delle donne che ci sono lì», lo stuzzica Jeongguk mentre si avvicinano al palco principale, una piattaforma lucida e inebriante.
Il collo di Taehyung si irrigidisce un po', ma poi si rilassa. «Tanto non sono il mio tipo.»
Prevedibile, ma comunque interessante.
Jeongguk sa che sono lì per lavoro – certo che lo sono – ma giocare un po' è lecito, no?
«Quindi sono io il tuo tipo?»
Taehyung fa una risatina di scherno, probabilmente a voce più alta di quanto non abbia mai fatto. Si volta a guardare Jeongguk, gli occhi scuri illuminati dalle luci al neon sparse per tutto il locale, la pelle scaldata dall'atmosfera. «Con tutto il rispetto per le signore, preferirei sposare una donna piuttosto che toccare te.»
Il sorrisetto scherzoso di Jeongguk si allarga quando si fa più vicino, molto più vicino, e gli sussurra all'orecchio: «Davvero, Taehyung?»
Vede il maggiore stringere forte la mascella e deglutire lentamente. «Sei fuori di testa, cazzo.» Poi si ritrae, con il volto improvvisamente serio. «Mettiamoci al lavoro.»
Jeongguk alza gli occhi al cielo e scruta il primo piano. Ci sono molte persone, che chiacchierano in piccoli gruppetti, ordinano da bere al banco degli alcolici o semplicemente guardano lo spettacolo. La musica è piuttosto alta, ma riesce a sentire qualche stralcio di conversazione qua e là. Ci sono anche molti posti a sedere, comode poltrone nere raccolte intorno a piccoli tavoli rotondi. Alcuni di essi possono trasformarsi in spazi più riservati, a giudicare dai drappi che circondano certi posti. Nota anche un angolino, dove incombe una scala che porta a spazi ancora più riservati. Non è cambiato molto dall'ultima volta che è stato qui, riconosce persino alcune delle ragazze.
«Non sembri a tuo agio», nota Jeongguk quando raggiunge il suo partner.
«E tu sembri fin troppo a tuo agio», risponde lui in tono tagliente.
«Mi ambiento in fretta.»
«Non dureresti due minuti dove sono cresciuto io.»
«E dove sei cresciuto?»
«Jeongguk.» Si gira bruscamente. «Lavoro.»
«Sei così fastidioso.»
«Anche tu, testa di cazzo.»
Jeongguk non insiste e cammina in silenzio accanto a Taehyung. Vagano così per il locale per alcuni minuti, osservando tutto senza dirsi niente, cosa che sembra piacere al maggiore. Si mettono d'accordo per iniziare a cercare il manager, ma poi una delle spogliarelliste si avvicina a loro. Secondo il decoro del posto, sorride in modo civettuolo e chiede loro se si stanno divertendo. Jeongguk le sorride, non volendo rovinare la sua ultima ora di lavoro con una battuta del tipo "Sì, sto benissimo, grazie. A proposito, la tua collega Kelsey è morta." Quindi sì, le sorride in modo molto educato, mentre Taehyung... Beh, Taehyung sta facendo alcune cose tipiche di Taehyung, ed è diventato improvvisamente impacciatissimo. Il maggiore sembra a corto di parole, proprio lui che non esita mai a rimproverare Jeongguk ogni maledetta volta.
«Buon divertimento!» esclama la dipendente, poggiando brevemente una mano sulla spalla di Taehyung. «E non dimenticare di bere qualcosa!»
E così scompare, lasciandosi alle spalle un Taehyung turbato, e anche un Jeongguk più divertito del dovuto.
«Sono il famoso lupo solitario», lo scimmiotta Jeongguk, imitando la sua voce profonda, «e non sono capace di parlare con una donna.»
«Vaffanculo», ribatte il detective dando una spallata a Jeongguk, che si finge scioccato.
«Mi hai toccato!»
Taehyung sospira in modo spropositato. «Sei insopportabile stasera. Anche più del solito.»
«Grazie, partner.»
E con queste parole, Jeongguk si mette all'opera, perché, beh, devono trovare il direttore. La notte è giovane, ma non eterna. Si dirige subito verso un angolo della stanza, dove c'è un uomo del personale, con le mani dietro la schiena e il petto in fuori, forte e fiero. Taehyung dovrebbe imparare da lui.
«Salve», esordisce Jeongguk, mostrando il distintivo in modo piuttosto discreto. «Sono il detective Jeon. Dove posso trovare il vostro manager?»
L'uomo aggrotta le sopracciglia, più sorpreso che infastidito. Annuisce quando anche Taehyung gli mostra il suo distintivo e poi risponde: «Seguitemi, signori.»
Chiaro e conciso, come piace a Jeongguk.
Lo seguono attraverso un piccolo corridoio, che conduce a quello che deve essere un ufficio. L'impiegato apre la porta e precisa: «Capo, ci sono dei detective.»
Il capo in questione, un uomo alto e magro che indossa un abito di classe, chiede loro di entrare, cosa che fanno subito. Il collaboratore chiude la porta quando esce.
Il direttore – Larry, a giudicare dal suo tesserino – si alza e stringe loro la mano. «Che succede, detective?»
«Kelsey Green è morta», annuncia senza mezzi termini Taehyung, fissando apertamente Larry. Quindi adesso sa parlare, splendido.
L'incomprensione è visibile per un po' sul volto del direttore, i cui lineamenti si incupiscono di continuo. «Morta?» ripete, con gli occhi sgranati.
Sì, morta. Insomma, non respira affatto ed è maledettamente fredda.
«Sì, signore», risponde sobriamente Jeongguk. «E non è stato un incidente. È per questo che siamo qui.»
Per un attimo il suo sguardo balza da un punto all'altro della sala, ma a un tratto Larry riesce a schiarirsi la voce. «Che cosa è successo?» Poi, un lampo di consapevolezza. «È stato quel serial killer? Di cui parla il Tribune?»
Ah, sì. Ovviamente la gente lo sa, adesso. Lo sapranno ancora meglio tra qualche ora. Almeno Taehyung non ha ancora fatto fuori quel Namjoon.
«Onestamente, pensiamo di sì.»
«Ma non sapete chi è.»
Complimenti, Sherlock. Altrimenti l'avrebbero preso, no? Ah, non importa. Sembra che la stanchezza di Jeongguk cominci a renderlo irritabile.
«No, non lo sappiamo», conferma con calma, anche se per qualche motivo non è davvero calmo. «Un'amica di Kelsey ci ha parlato di uno tipo strano che era un po' ossessionato da lei. Ha idea di che uomo si tratti?»
«Hm, sì, fammi controllare...» Larry si china per aprire uno dei cassetti della scrivania, da cui estrae un quaderno. Sfoglia alcune pagine e poi: «Ah, ecco! Andrew Witz.» Lo gira per farli leggere. «Abbiamo il suo indirizzo e il suo numero.»
Sta andando piuttosto bene, non è vero? È quasi rigenerante, in un certo senso.
Beh, Jeongguk non si aspetta di catturare l'assassino, perché è quasi certo che questo tipo strano in questione non sia l'uomo che stanno cercando, ma forse avrà delle informazioni preziose, proprio perché è un maniaco ossessionato che deve sapere molte cose su Kelsey.
Jeongguk non può esserne certo, ma il suo istinto gli fa credere che l'assassino non sia una persona a lei vicina. Sarebbe troppo ovvio. Quel tipo sceglie una preda e la insegue, non le conosce in anticipo.
Jeongguk tira fuori il telefono per registrare i dati, mentre Taehyung li annota sul suo taccuino— sì, anche a notte fonda.
«Devo dirlo alle altre ragazze?», chiede il direttore con voce malferma.
«Probabilmente è meglio che lo sappiano da lei piuttosto che dalla stampa tra qualche ora», consiglia Jeongguk. «Aspetti la fine dello spettacolo e glielo dica. Anzi, le avverta. Se fossi in lei, direi loro di restare unite, di non tornare a casa da sole.»
Jeongguk non si aspetta che l'assassino scelga un'altra delle ragazze di Rick, ma prevenire è meglio che curare. Inoltre, la prossima vittima dovrebbe essere un uomo, sempre che, malauguratamente, ci sia un'altra vittima.
«Sì, va bene, lo farò.» La fronte di Larry sembra un po' sudata.
«Che Andrew avesse un problema con Kelsey è certo, ma ucciderla? Non lo so, detective.»
«Neanche noi lo sappiamo», confida Taehyung. «Ma dobbiamo seguire ogni pista.»
«Naturalmente. A tal proposito...» Il direttore infila una mano nella tasca dei pantaloni e prende il suo telefono. «Questo telefono è speciale. Se una delle mie dipendenti si sente a disagio con un cliente per un motivo o per un altro, può dargli questo numero. Di solito i nostri clienti sono educati e conoscono i loro limiti, ma a volte possono essere un po'... insistenti.»
«Sì, ho presente», gli assicura Taehyung. «Qualche messaggio per Kelsey?»
«Molti, in effetti.» Larry sblocca il telefono e poi lo porge a Taehyung.
Jeongguk si avvicina all'uomo per leggere anche lui i messaggi.
«Tutti questi messaggi sono di Witz.»
Sono davvero tanti, e ben pochi sono gentili. All'inizio ha cercato di essere gentile, ma in breve tempo è diventato mostruoso. Secondo quell'affascinante Andrew, Kelsey era una "fottuta puttana" per non avergli risposto, una "traditrice" per aver chiamato le guardie, "la peggiore troia mai esistita", una "fottuta succhia-cazzi" e chi più ne ha più ne metta. L'ultimo messaggio, di due giorni fa, è ancora più orribile.
«Ti ammazzo se mandi altri uomini», cita ad alta voce Taehyung. «Ma che cazzo?»
Larry si strofina nervosamente la nuca. «La sicurezza ha dovuto cacciarlo una volta, ma ha cercato di tornare qualche giorno dopo, così ho mandato due uomini a... calmarlo.»
«A casa sua?» chiede Jeongguk, con le sopracciglia alzate. «Avresti potuto chiamare la polizia, invece.»
«Sì, potevo e dovevo farlo. Mi dispiace.» Non è molto sincero, ma Jeongguk accetta la risposta. «A casa sua, sì.»
«Non giocare a fare il giustiziere, la prossima volta», dice Taehyung, dopo avergli restituito il telefono. «C'è altro?»
Il maggiore dei detective sta esaurendo la pazienza, evidentemente. Larry ci pensa su per qualche secondo, prima di scuotere debolmente la testa. «Non credo.»
«Va bene.» Taehyung estrae dal cappotto un piccolo biglietto da visita su cui è riportato il numero della task force. «Chiama questo numero se vuoi dirci qualcosa. Arrivederci.» Detto ciò, Taehyung lascia la stanza.
Ah, la sua pessima condotta.
Jeongguk, con un po' più di tatto, stringe la mano a Larry e si scusa per i modi rudi di Taehyung, prima di lasciare anche lui l'ufficio.
«Sei un pessimo diplomatico.»
«Sì, sei più bravo di me a leccare il culo.»
Taehyung fa una smorfia mentre realizza cosa ha appena detto, ma Jeongguk è più veloce di lui.
«Questo è poco ma sicuro.» Jeongguk preme la lingua contro l'interno della guancia in modo provocatorio. «Potrei dimostrartelo.»
Taehyung aggrotta le sopracciglia e, ovviamente, stringe la mascella. «Mi fai venire la nausea.»
«Fore volevi dire 'me lo fai venire duro', tesoro.»
«Jeongguk», ringhia Taehyung avvicinandosi pericolosamente. «Sei l'ultimo uomo che mi scoperei, quindi levati dalle palle.»
«Sei coraggioso a credere che saresti tu a scopare me.» Jeongguk ride un po' quando coglie la somiglianza tra le sue parole e quelle che Seokjin gli ha detto qualche settimana fa.
Anche Taehyung ride, ma di malavoglia. «Andiamo a trovare quel Witz.» Ah, adesso non ride più. «E non osare provocarmi.»
«Altrimenti?»
«O ti sparo in testa, rompicoglioni.»
«Bene», il sorriso scherzoso e probabilmente fastidioso di Jeongguk adorna le sue labbra. «Adoro il gunplay.»
No, non è vero— o per essere precisi, non l'ha mai provato finora.
Sono ancora nella piccola sala, soli nel buio, con una musica tenue che riecheggia in lontananza. Jeongguk si sente abbastanza orgoglioso di avere una risposta per tutto, ma questo non spiega davvero il calore che sente nello stomaco. Deve essere davvero stanco.
Sta per allontanarsi, pronto a lasciare il locale, ma viene fermato da Taehyung.
Correzione: dalla maledetta canna della Smith & Wesson di Taehyung premuta contro il suo addome.
«Perché non ti viene duro, allora?»
Jeongguk sostiene lo sguardo dell'altro per un momento, ma finisce per ritrarsi per un motivo molto semplice: potrebbe davvero avere un'erezione da un momento all'altro. Dannazione.
«Già, proprio come pensavo», sibila il maggiore riponendo la pistola, tutta acciaio e legno.
No, non è come pensa, ma Jeongguk si trattiene dal confessarlo. Cosa diavolo stava pensando?
Ah, Seokjin sarebbe scoppiato a ridere per questo. E Yoongi... Oh, Yoongi lo decapiterebbe. O Taehyung. Non ne è sicuro.
Non importa.
«Seokjin non sarà contento quando lo saprà.»
Taehyung, con gli occhi sulla strada, fa una risata di scherno, senza voltarsi a guardare Jeongguk.
«Da quando ti interessa?»
«Non mi interessa.» È un po' una bugia. «Ma a te sì.» È la verità.
«Chiederemo perdono, allora.» Il labbro superiore del maggiore si storce in un sorrisetto. «Non sono un grande fan del chiedere il permesso.»
«L'ho capito.»
La tensione generale è diminuita, ma Jeongguk sente ancora una certa frustrazione. Non si aspettava che Taehyung fosse così sexy mentre gli premeva una dannata pistola contro lo stomaco. Eppure.
«Quel pazzo ha minacciato Kelsey due giorni prima della sua morte. Non è che non abbiamo motivo di andare lì.»
Per una volta, Taehyung ha ragione, quindi Jeongguk annuisce e rimane in silenzio. Apre il portaoggetti e prende la bottiglietta d'acqua che mette sempre lì. La stappa e lascia che l'acqua fresca dia sollievo alla sua gola secca.
«Hai sete?»
Taehyung scuote la testa, Jeongguk mette la bottiglia a terra, vicino ai suoi piedi. Sa che Taehyung ha sete. Sono usciti dal centro di Chicago e si dirigono verso il South Side, la parte più grande della città. Taehyung li porta in fretta a Bridgeport, una delle zone più diversificate. Ci sono molte case sparse, alti edifici a schiera, ma Witz vive in un piccolo condominio di mattoni, come nota Jeongguk quando Taehyung parcheggia l'auto lungo il marciapiede.
«Ecco l'acqua», lo anticipa Jeongguk una volta che il maggiore ha spento il motore.
«Grazie», borbotta prendendo la bottiglia. Due sorsi dopo, Taehyung restituisce la bottiglia al minore e guarda il suo vecchio orologio. «Le cinque del mattino. L'ora perfetta.»
«Per scopare, forse.» Jeongguk alza le mani quando Taehyung gli lancia uno sguardo assassino. «Va bene, va bene.»
Il maledetto lupo solitario alza gli occhi al cielo e scende dalla Range Rover, seguito da Jeongguk. L'aria è più fredda di prima: nemmeno la bellezza incandescente di Taehyung può fare nulla a riguardo.
«Ultimo piano, andiamo.»
Jeongguk lo segue all'interno dell'edificio, piuttosto silenzioso. Salgono tutte le scale con calma e, una volta arrivati davanti all'appartamento di Witz, si fissano per qualche secondo. Taehyung, con le dita sulla pistola, sta per bussare alla porta quando un forte rumore giunge alle loro orecchie. Il maggiore bussa per abitudine ma, un attimo dopo, spalanca la porta con un calcio, con la suola che atterra violentemente vicino alla serratura.
Dannazione.
Dopo questa ennesima scarica di adrenalina, Jeongguk estrae la pistola e si precipita all'interno, con il corpo il più allerta possibile.
«La finestra», intuisce Taehyung, correndo verso di essa.
Jeongguk fa lo stesso, precipitandosi in fondo alla squallida stanza. Esce dalla finestra aperta subito dopo Taehyung. Il rumore si è fatto più forte e, quando Jeongguk si sporge in avanti, percepisce la sagoma di un uomo che corre lungo la scala antincendio. Jeongguk inguaina la sua Beretta e scende le scale a due a due, superando Taehyung.
«Andrew Witz, po—»
La voce di Taehyung è coperta da un colpo di pistola, il cui proiettile rimbalza sulla ringhiera vicino a Jeongguk. Quest'ultimo si protegge di riflesso, ma non smette di ricorrere l'uomo, che ormai ha raggiunto il piano terra. Un altro forte sparo riecheggia, ma questa volta proveniente dall'alto, facendo ronzare le orecchie di Jeongguk. Jeongguk si ferma per vedere dove è finito il proiettile e nota con stupore un buco proprio tra i piedi di Witz.
«Polizia, non muoverti e getta la pistola!»
L'ordine di Taehyung fa correre Jeongguk di nuovo giù per le scale. Una volta nel grande vicolo, estrae la pistola e la punta contro il ragazzo, che ha abbandonato l'arma per inginocchiarsi, con la testa sul pavimento. Jeongguk getta la pistola un po' più in là con il piede e si avvicina con cautela.
«Mani dietro la testa», ordina il detective.
Sente alcune voci confuse dall'alto ma non vi presta attenzione, mettendo via la Beretta mentre tiene sotto controllo il sospettato o qualunque cosa sia.
«N-non sapevo che foste della polizia, io—»
«Stai zitto», interviene Jeongguk mentre lo costringe ad alzarsi, con le mani ancora dietro la testa. Puzza di maledettissimo alcol.
«Per favore, tornate a dormire», dice Taehyung alle poche persone che guardano la scena dalle finestre, mostrando il suo distintivo. «Ci dispiace per il baccano, ma ora è tutto a posto.»
Si sentono ancora alcuni sussurri, ma presto la zona torna ad essere tranquilla.
«Cosa cazzo pensavi di fare?» ringhia Taehyung mentre raccoglie la pistola di Witz e gli si avvicina. «Sparando al mio partner?»
«Non l'ho fatto, pensavo che voi—»
«Avrei dovuto farti del male per questo», aggiunge Taehyung avvicinandosi. «Ma ti ho risparmiato, quindi verrai con noi e chiuderai quella cazzo di bocca durante il viaggio. Capito?»
«S-sì, ma la mia finestra—»
«Così si arieggia quel buco di merda in cui vivi.»
Va bene, Taehyung sta chiaramente esaurendo la pazienza.
«Hai il telefono?» chiede Jeongguk, in netto contrasto con il tono duro di Taehyung.
«Uh, s-sì.»
«Splendido. Sta' zitto, adesso», è l'ultima risposta di Jeongguk.
«Quale parte di 'andate a casa' non avete capito?»
Seokjin è, forse, un po' irritato.
«Credo di aver frainteso la parte del tornare a casa.»
«Taehyung, tu...» Seokjin espira e si pizzica il ponte del naso, con gli occhi chiusi. «Va bene.»
«Anche tu non dovresti essere qui», gli fa notare Jeongguk.
Il sergente riapre gli occhi, sorpreso. «Sono il maledetto sergente di questa task force. Faccio quello che voglio.»
«Dobbiamo interrogarlo», dichiara Taehyung, appoggiando la schiena contro una delle pareti del seminterrato.
«Non è nemmeno sobrio», protesta Seokjin. «Lasciatelo qualche ora in cella e andate a dormire.»
Jeongguk si sarebbe rifiutato qualche minuto fa, ma ora riesce a malapena a tenere gli occhi aperti.
«Va bene», acconsente. Ha bisogno del suo letto e di una maledetta doccia, a dire il vero. «Ma anche tu hai bisogno di riposare.»
«Nessuno ha cercato di spararmi e io non ho cercato di sparare a nessuno, quindi me la cavo meglio di voi due.»
«Ho sparato esattamente dove volevo», lo corregge Taehyung, prima di lanciare un'occhiata a Jeongguk. «Bravo a guidare, ma ancora più bravo a sparare.»
Seokjin aggrotta le sopracciglia, perplesso, ma non reagisce. «Andate a casa. Presto saremo braccati dalla stampa, ho bisogno che vi riposiate.»
«Cazzo, va bene, sergente.» Con queste parole, Taehyung sale le scale e sparisce.
Jeongguk sospira profondamente una volta che il suo partner ha lasciato la stanza. Dovrebbe sentirsi un po' sollevato, ma invece sente ancora un peso sulle spalle, persino nello stomaco e su tutto il busto. Non può fare a meno di pensare a ciò che è successo durante questa strana notte, non può fare a meno di lasciare che la sua mente vaghi tra ricordi e sensazioni ancora fresche.
Non sta facendo il drammatico, è solo divertente notarlo. Notate come sia passato dall'odiare Taehyung all'odiare-Taehyung-ma-non-proprio.
«Forse farvi lavorare in coppia non è stata un'idea grandiosa, alla fine», dice Seokjin scherzando.
Già, probabilmente no.
«Quindi il tizio ha sparato a te, e poi Taehyung ha sparato a lui?»
«È quello che ho detto, Leroy, sì», conferma Jeongguk per la seconda volta. L'ufficiale sembra sovraeccitato dall'idea che Taehyung abbia fatto una cosa del genere – Jeongguk deve ammettere di essere rimasto sorpreso anche lui quando è successo.
Ciò che è ancora più sorprendente è che Leroy parli così liberamente a Jeongguk.
«Taehyung, eroe della task force.»
«Non arriverei a tanto», Jeongguk fa una risatina sarcastica, dopodiché assapora il suo caffè. Ha bisogno di una forte dose di caffeina dopo le due ore di sonno che ha addosso.
Taehyung non è ancora arrivato, ma sono le otto del mattino, quindi dovrebbe arrivare presto, con uno o più giornali.
«Già, nemmeno io», ride anche Leroy. «Ma comunque, ora sei davvero il suo partner.»
«Lo ero anche prima.»
Leroy alza un sopracciglio e stiracchia le gambe, appoggiando i piedi sulla scrivania. «No, non lo eri.»
Jeongguk sta per replicare, quando Seokjin riappare nel seminterrato, seguito da Taehyung.
«Quello stronzo ha un nome, adesso», annuncia a bruciapelo Taehyung senza salutare la squadra, col viso un po' emaciato.
«E gli piace giocare», aggiunge Seokjin mentre si dirige verso la propria scrivania, dietro la quale si siede.
Ma che diavolo?
«Che cosa è successo?» chiede Georgie.
Taehyung le dà il giornale e lei si acciglia subito. «Ha contattato la stampa?»
Taehyung fa una risata acida mentre mette un altro foglio sulla scrivania di Jeongguk. «Ha mandato lo stesso fottuto messaggio a due giornali.»
Jeongguk prende il giornale e si alza quando i suoi occhi si posano sulla prima pagina del Chicago Tribune.
«"Il predicatore colpisce ancora"? Ma che diavolo?»
«Leggi l'articolo.»
Jeongguk lo sfoglia tutto e, una volta finito, accartoccia leggermente il foglio tra le dita. Chi diavolo è quel tizio? Un maledetto fanatico?
«Gli ha mandato un versetto biblico?» dice Zak, dopo aver letto anche lui la pagina di giornale, prima di porgerla a Kristin.
«"Quindi mettete a morte le cose terrene e peccaminose che si annidano in voi. Non abbiate nulla a che fare con l'immoralità sessuale, l'impurità, la lussuria e i desideri malvagi. Non siate avidi, perché una persona avida è un idolatra, che adora le cose di questo mondo." Che cazzo significa?»
«È tratto dalla Bibbia, ragazzino», spiega Taehyung.
«Lo so, ma comunque che cazzo significa?»
Ottimo riassunto dello stato d'animo generale, davvero.
«Ha mandato solo questo alla stampa?»
«Ho chiamato Namjoon per saperlo», deve ammettere Taehyung, tutto stizzito. «L'ha trovato nella cassetta della posta due ore fa. Non si è firmato, ma c'era scritto 'Kelsey Green'. Non so però se il Sun-Times ne sia a conoscenza.»
«Quindi non ai redattori?» ripete Jeongguk a modo suo. «È strano.»
«A questo proposito», continua Taehyung guardando Jeongguk. «La cassetta della posta era vuota quando è andato a letto.»
«L'assassino l'ha messa lì durante la notte», deduce Jeongguk, il che significa che...
«Witz è probabilmente innocente.»
«Beh, in fondo lo sapevamo», risponde Jeongguk alzando le spalle. «Andiamo a fargli visita.»
Taehyung annuisce e Jeongguk si alza per uscire dal seminterrato con lui. «Non possiamo tenerlo qui troppo a lungo», li avverte Seokjin da lontano. «Non dimenticate di lasciarlo andare!»
Non lo faranno.
«Almeno hai dormito?» chiede Jeongguk al maggiore una volta raggiunto il primo piano.
«E tu?» risponde Taehyung lentamente, prima di passarsi una mano sul viso. «Eri qui prima di me.»
«Ecco perché sono il miglior detective di Chicago.»
Taehyung alza gli occhi al cielo, troppo stanco per contrattaccare sul serio. «Trova l'assassino da solo, se sei così bravo.»
«Ah, e poi chi mi proteggerebbe dai proiettili?»
Il maggiore gli dà subito le spalle. «Va' a farti fottere.»
Jeongguk terrà per sé quello che sta pensando in questo momento.
Andrew Witz non sapeva nulla.
Gli ha fatto perdere solo tempo, dannazione. Per un'ora hanno affrontato un uomo ossessionato dal sesso, che beveva troppo per il suo bene e che probabilmente si masturbava anche troppo. Hanno capito subito che quell'uomo non era un assassino. Solo un dannato e patetico essere umano, che si è spaventato quando li ha visti dallo spioncino della sua porta, credendo che fossero altri scagnozzi mandati da Larry. Ma non lo erano, e Jeongguk ha rischiato di farsi sparare per questo... che nottata.
Quindi sì, hanno dovuto lasciarlo andare come se niente fosse, restituendogli anche il telefono. Non avevano nulla per trattenerlo oltre e, a dire il vero, non volevano nemmeno farlo.
Questo è ciò che dicono alla squadra una volta tornati nel seminterrato e la cosa sembra non sorprendere nessuno. Ciò che li sorprende, invece, è la mossa successiva di Seokjin.
«A proposito...» Il sergente si aggiusta la cravatta mentre si schiarisce la gola. «L'FBI ha inviato un agente. Dovrebbe arrivare a breve.»
E l'attimo dopo un forte brusio avvolge la stanza.
«L'FBI?»
«Ma che cazzo?»
«Un altro stronzo, eh?»
«Uno alla volta!» ordina Seokjin ad alta voce, battendo le mani. «E Taehyung, non osare dargli dello stronzo.»
Jeongguk se la ride, e ovviamente riceve uno sguardo cupo da parte di Taehyung per questo.
Jeongguk non ha ancora parlato, ma la cosa gli fa piacere più che dargli fastidio. A dire il vero, non sarebbe contrario all'idea di lavorare per l'Ufficio Federale di Investigazione più avanti nella sua carriera.
Tutti riescono a rimanere in silenzio, il che permette loro di sentire la vibrazione del telefono nella tasca di Seokjin.
Il sergente lo prende e, dopo aver letto il messaggio, dichiara: «È qui.»
Un altro brusio sommerge il seminterrato, ma Seokjin si affretta a spegnerlo: «Vado a prenderlo, quindi chiudete quella cazzo di bocca, va bene?» Tutti annuiscono. «Perfetto.» Seokjin offre loro un finto sorriso, prima di lasciare il seminterrato.
Il brusio non ricomincia, ma tutti bisbigliano, e in verità Jeongguk trova la cosa alquanto divertente.
«Cosa ti fa ridere, testa di cazzo?» Jeongguk alza gli occhi al cielo e si gira per affrontare Taehyung.
«La tua maledetta faccia scontrosa.»
«Non sono scontroso.»
«Dice quello che si lamenta di continuo.»
«Sei incredibile.»
«Lo so, grazie.» Taehyung fa una smorfia di scherno e dà le spalle a Jeongguk, che sospira.
Come ha appena detto, Jeongguk sa di essere incredibile, ma sapete chi lo è ancora di più?
Beh, il maledetto uomo che scende nel seminterrato insieme a Seokjin. La sua andatura imponente eppure leggera fa una grande impressione a Jeongguk, che sta lottando per non restare a bocca aperta. Il modo in cui si muove è pura grazia, proprio come il suo doppiopetto grigio, che si adatta perfettamente al suo corpo.
Sono tutti in silenzio in questo momento. Come potrebbero non esserlo? Quell'uomo lascia senza fiato.
Ancora qualche secondo di silenzio. Jeongguk vuole solo sapere il suo nome, sentire la sua voce, proprio come il resto della squadra.
«Buongiorno», dice l'uomo mentre si sistema i capelli castani, già impeccabili. «Sono l'agente speciale Jung, ma potete chiamarmi Hoseok.»
NdT: FBI sta per Federal Bureau of Investigation, in italiano Ufficio Federale di Investigazione.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top