vii. la noiosa formalità

When love led to tragedy.
; CAPITOLO SETTE
🌱 - il primo giorno


"dialoghi in italiano"
«dialoghi in giapponese»

༄ ༄ ༄

Jude's pov

ORE 07:00

L'alba di un nuovo giorno arrivò e mi alzai un po' spossato: quello sarebbe stato il nostro primo giorno effettivo di scuola alla Parthenope.

Avremmo conosciuto i nuovi professori e compagni di classe, anche se non ne ero molto entusiasta, anzi apparivo molto più apatico del solito, mi interessava solamente allenarmi e dedicare tutto me stesso allo sport che amo, a cui avrei poi dedicato la mia intera esistenza.

Insieme ai miei compagni di stanza, dopo esserci preparati e aver indossato la nostra divisa scolastica - una camicia bianca con la cravatta del colore dominante di tutto il complesso, il blu oceano, e dei pantaloni lunghi del medesimo colore - ci dirigemmo nuovamente verso l'ingresso dell'imponente edificio.


ORE 08:00

Non appena ci raggruppammo tutti, proseguimmo verso l'ampio cortile scolastico per poi entrare all'interno, ammirando la curata vegetazione e l'enorme vulcano imponente che faceva da protagonista alla nostra veduta, anche se era letteralmente dall'altro lato del litorale.

« Ecco perché mia sorella era così fissata con questo paesaggio. » pensai.

Accorremmo vicino ad una bacheca su cui erano scritti i nostri nomi e cognomi.

Con nostra grande sorpresa capitammo tutti nella stessa classe, anche se Celia, Victoria e Austin erano di un anno più piccoli - si sarebbero diplomati insieme a noi.

5C, secondo piano, scala destra.

Tra vari punzecchi tra Victoria e Nathan, mia sorella che andava nel panico e Mark che non faceva altro che parlare con me ed Axel su quanto sia noiosa la scuola,
(non potevo obbiettare dato che avevamo la stessa opinione a riguardo)
vedemmo spuntare fuori da una delle tante classi del corridoio Irina e Raffaele intenti a parlare animatamente.

Sorpresi alla nostra vista ci vennero incontro con entrambi un sorriso a trentadue denti.

Mi fermai alla vista di tutto il nostro gruppetto che, sprizzando felicità da tutti i pori, parlottavano con i due italiani.

Al momento non sapevo cosa pensare, la situazione non mi faceva né caldo né freddo.
La voglia di uscire e correre libero e solitario con un pallone tra i piedi in un campo verde si faceva strada in me prepotente, perché relazionarmi e rapportarmi con nuova gente non era mai stato il mio forte, mi bastavano semplicemente le conoscenze che avevo e il mio piccolo cerchio era già perfetto.
Preferivo starmene per conto mio, di non dare fastidio a nessuno, di essere lasciato a me stesso, almeno così potevo stare in pace; avevo paura che anche loro avrebbero iniziato, prima o poi, a vedermi con quella maschera che, parzialmente, non mi apparteneva.

Tra di noi io ero quello che tutti consideravano " il secchione " perché andavo bene in tutte le materie prendendo voti anche abbastanza alti. Poi con il tempo si era creata questa immagine di me in cui, oltre al calcio e allo studio, mi isolavo dal resto del mondo e non facevo altro, questo per il mio carattere introverso e il mio essere esageratamente pragmatico.

Mi adeguai a questa immagine che mi avevano imposto, non potevo ribellarmi o mostrarmi come ero davvero perché, in caso contrario,
" avrei perso di credibilità ".

Però quel nuovo ambiente, in cui potevo reinventarmi e riscoprirmi, e magari riuscire a non importarmene del giudizio degli altri, mi confondeva. Tutto il mio mondo dominato solo ed esclusivamente da razionalità si stava piano piano sgretolando.

La voce di Irina sovrastò il mio confuso monologo interiore e notai che mirava particolarmente ad Axel, non che la cosa mi desse fastidio, ma lei non mi andava a genio, c'era qualcosa di viscido.
Speravo di sbagliarmi, ma dopo tutto quello che era successo con il comandante,
Ray Dark, e Zoolan quattro anni fa, sapevo riconoscere chi era "buono" e chi fingeva di esserlo.

Lo prese a braccetto e la sua reazione fu repentina: si distaccò leggermente, senza offenderla o ferirla in qualche modo, e la seguì, insieme a tutti gli altri, all'interno dell'aula.

Ad Axel non piaceva chi gli stava troppo accollato addosso senza il suo consenso, non era molto "carnale", come si diceva da quelle parti.

Vidi mia sorella fermarsi davanti alla porta e girarsi verso di me. Mi disse due parole che mi risvegliarono di colpo.

« Possiamo farcela. »
mi rivolse un sorriso amaro.

Mi avvicinai a lei e le lasciai un bacio sulla fronte.

« Qualsiasi cosa conta su di me,
sono tuo fratello no? »
« Si, te ne parlerò dopo le lezioni. »
disse poi superandomi, sedendosi ad uno dei primi banchi, vicino a tutte le altre ragazze della Raimon.
Centrava sicuramente quello stronzo di Minetaka, quando litigavano lei ne usciva sempre più provata e ferita.
In realtà lui non mi era mai andato molto a genio: un ragazzo universitario che si interessò di una liceale la quale era diventata solo di sua proprietà.
Non poteva farla rendere sempre in quello stato, mi aveva stancato.
Volevo solo la felicità di mia sorella e lui non era quello che lei voleva davvero.

Io mi feci strada tra i rettangoli di legno dipinti di bianco presenti nella stanza e decisi di posizionarmi tra Stonewall e Axel, tra i posti centrali, nel mentre il biondo pieno di gel in testa puntò un pollice in alto imitando Mark. Mi scappò un leggero riso e gli feci un occhiolino scherzoso.

« Hey Sharp, non ti sento rompiscatole come al solito... Non dirmi che sei in ansia perché siamo in un ambiente nuovo?! »
disse provocandomi il ciuffetto alla mia destra - puntiglioso anche di prima mattina - ma, tristemente, aveva centrato in pieno.

Mi conosceva davvero bene il ragazzo.

« Senti Stonewall è solo una giornata no e ho tanti pensieri per la testa, tutto qui.
Presta attenzione che è arrivata l'insegnate. »
lo liquidai in questo modo, l'unico che avevo.

Affranto, si girò in avanti, seguito da uno sbuffo di rassegnazione.

Entrò così la docente seguita da un'alunna che si stava lamentando. Tutti i ragazzi presenti iniziarono a ridere in coro, soprattutto i due con cui condividevamo il posto in squadra.
All'inizio non la riconobbi ma, guardandola meglio, era niente di meno che
Cristalia Persico, il nostro capitano.

" Bene, vedo che anche oggi avevi molta voglia di studiare, Persico, così ti ho trascinata in classe insieme a me.
Adesso non rimanere lì impalata e con quell'espressione, prendi posto dai."
pronunciò con voce soave la nostra docente. Ero incantato dalla sua voce, sarebbe diventata la mia insegnate preferita probabilmente.

Quando sentii le iridi verdi della corvina puntate sulle mie una sensazione strana avvolse il mio petto. Niente di romantico, solo che pensavo che con lei avessi condiviso una parte importante della mia vita e che avrei dovuto proteggerla per sempre, anche a costo di farmi del male, solo ed unicamente per lei.

Al pensiero mi venne subito in mente mia sorella in fasce che mi teneva per mano mentre correvamo in un campo pieno di tulipani e ridevamo, eccome se ridevamo.
Davanti a noi c'era un'altra bambina, più o meno della mia età, che si stava voltando verso di noi, ma il suo viso mi era del tutto irriconoscibile. Sapevo solo che la stavamo inseguendo, come se stessimo giocando ad acchiapparello.

Perchè pensai a quell'episodio della nostra infanzia?
Perchè solo in quel momento mi ricordai di quella bambina?
Non sapevo trovare risposta a questi due quesiti ma speravo che con il tempo l'avrei trovata, e ci avrei dedicato anima e corpo.

Mentre la ragazza si spostò verso il suo banco, l'imbambolato alla mia sinistra la seguiva attento e lei non gli toglieva gli occhi di dosso.

Probabilmente erano entrambi sorpresi della corrispettiva presenza e si scambiarono in risposta un sorrisetto di intesa, quasi come se fossero costantemente in competizione.
Era un rapporto sano, non avevo mai visto il mio amico così preso e invaghito per una persona perchè di solito allontanava chiunque provasse un minimo di interesse nei suoi riguardi, il che accadeva molto spesso nel nostro istituto.

« Il fascino del biondo! » una volta gli disse Austin, ma lui era annoiato di questo suo aspetto.

Dall'altro lato del mondo però trovò una ragazza così composta e testarda che sarebbe stata una bella sfida per lui, non amava particolarmente perdere.

Credevo che lei sarebbe stata un ottimo stimolo e che, finalmente, avrebbe trovato la persona giusta per lui.

Sarebbe riuscita ad animare il suo animo.

« Ciao! Tu sei Jude Sharp vero? »
sobbalzai e mi girai dietro di me.

Era un ragazzo dai capelli neri come la pece e due enormi occhi azzurri, pimpante a quanto sento.

« Si, tu saresti? »

« Quell'egocentrico di mio fratello va sempre a disturbare i ragazzi nuovi! » si aggiunse questa voce femminile a me sconosciuta.

Era la copia spiccicata del ragazzo, probabilmente erano gemelli.
Nel mentre si era spostata di peso letteralmente su di lui ponendosi davanti a me.

« Noi siamo i gemelli Corvetti! Molto piacere! Il mio nome è Lucia, mente lui è Giacomo! Prima di domandarcelo noi riusciamo a parlare bene giapponese perché i nostri zii lo sono! Qualsiasi cosa chiedi a noi,
siamo qui per questo! »
« Vi ringrazio ragazzi. » poi mi persi a chiacchierare con loro invece di seguire la lezione ma non me ne pento.

L'atmosfera che si era creata con i nostri compagni di classe mi piaceva alquanto e tutte le mie ansie e preoccupazioni precedenti svanirono gradualmente.





DURANTE L'INTERVALLO

Cristalia's pov

« Che bello Kris, siamo capitati nella stessa classe... Non sei felice? »
si avvicinò euforicamente Mark Evans.

Era così tenero che mi frullava in mente il modo per rendere le cose un po' più divertenti, per sciogliere il ghiaccio che si era creato stranamente tra noi e i giapponesi.

" Mh? Hai detto qualcosa?"
feci finta di non capirlo, e i miei migliori amici e Celia, che era di fianco a me, avevano capito le mie intenzioni.

« Eh? Ho detto che sono felice di averti in classe con me! »
" Vuoi capire una fase con me?
Che stai dicendo, stai parlando di scienze o di altro?
Non ti capisco proprio Mark, ripeti, mh.
Sei sicuro che a Nelly non dia fastidio?"
partì una risata soffocata da Nathan e Victoria e intanto Caleb osservava Mark appoggiato al muro con un ghigno soddisfatto.

Mark saltellò vicino a me completamente rosso in volto e mi urlò nell'orecchio la stessa frase nuovamente e scoppiai a ridergli in faccia, come tutti gli altri ragazzi attorno a noi.

" Mark caro ti stavo semplicemente prendendo in giro, ma tu hai reso le cose più divertenti."
« Ah! Mannaggia a te Kris, hai fatto sorridere anche a me! Ti perdono. »

Suonò la campanella, indice che l'intervallo stava per finire, e mi appoggiai verso la finestra aperta socchiudendo gli occhi, inalando l'odore di ginepro che riecheggiava all'interno grazie all'intervento del vento, che mi spostava anche i capelli.

Mi sentivo leggera e gioiosa per la bella giornata che stavo trascorrendo in compagnia di questo gruppo molto strambo ma stimolante allo stesso tempo.

Il mio pensiero trasportato ricadde sul biondino non poco distante da me e istintivamente mi voltai verso di lui, ovviamente mi stava guardando con la bocca leggermente aperta, come se fosse affascinato da ciò che aveva davanti.

Non mi scomposi e né mi rivolsi in maniera fin troppo seria, non volevo iniziare un'altra discussione con lui, per questo decisi di non dire nulla. Era l'ennesimo momento in cui volevo che tutto il mondo si azzerasse, le voci si ovattassero e che ci fossimo solamente io e lui, a studiarci, a capirci, ad ammirarci.

Però ci fu una persona, una maledetta persona a rovinare tutto, Raffaele, che mi stava richiamando da un bel po', dicendomi che la seconda campanella era suonata e che quindi le lezioni sarebbero andate avanti.

Ritornammo in noi stessi e presi posto.

Notai che solamente un banco ci separava orizzontalmente, stavamo sulla stessa fila - ricordo che avevo il banco più vicino alla finestra - e per questo, durante lo svolgimento delle altre ore scolastiche, scambiarci di sguardi era molto più semplice del previsto.
Ciò che più mi mancava al mondo era lì, quella sensazione era tornata da me, e non volevo che se ne andasse, mai più.

Avevo trovato finalmente un motivo per andare a scuola e avrei fatto qualsiasi altra cosa se ci fossero state quelle sue pozze a scrutarmi in continuazione.

Non mi stancherò mai né di quegli occhi né della sua presenza.
È la costante di cui ho bisogno, quella che mi da vitalità e forza.
Senza di lui non sono niente.
Lui senza di me non è niente.

Ci mettemmo un po' a capirlo, ma qualcosa iniziammo ad intendere, tra quei banchi di scuola.

Passarono due settimane da quel giorno, e l'atmosfera era decisamente accogliente e leggera. Tutti avevano avuto modo di conoscersi ancora meglio, sia in classe che in squadra, e le cose tra me e il wonder boy miglioravano di giorno in giorno, e la cosa mi piaceva. Volevo capire il perché mi sentissi così, e ciò accadeva solo con lui.

Se gli avessi raccontato il mio segreto, come avrebbe reagito?

Tra vari allenamenti pomeridiani e i giorni che passavano arrivammo al fatidico giorno:
la prima partita di qualificazione al torneo contro la Calipso, la squadra di un liceo di Caserta.

Noi eravamo pronti a batterli, con tutte le nostre forze.



₊°✧︡ ˗ ˏ ˋ ♡ ˎˊ ˗ * • ○ ° ★ 
🔮 spazio me 🔮
Altro capitolo stramegalungo scusatemi, ma quando una situazione mi prende tanto voglio descriverla bene sennò non sono in pace con me stessa! uhm well scusate la mia enorme attività ma sto sotto esame e niente manca sempre meno :(
Bene, passate una buona giornata e ci si vede nel prossimo capitolo <3 🌱

- fede

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