Capitolo 9



I'd let the world burn
Let the world burn for you
This is how it always had to end
If I can't have you then no one can
I'd let it burn
I'd let the world burn
Just to hear you calling out my name
Watching it all go down in flames
Fear in their eyes
Ash raining from the blood orange sky
I let everybody know that you're mine
Now it's just a matter of time
Before we're swept into the dust
Look what you made me become
I let you get too close
Just to wake up alone
And I know you think you can run
You're scared to believe I'm the one
But I just can't let you go
-Chris Grey, let the world burn

I broke my rules
for you

Thanatos

Saltò da un tetto, scivolando su quello successivo. Strusciò col ginocchio per terra, lasciandosi andare a un'imprecazione di dolore. «Fanculo.» Guardò alle proprie spalle.

Quella cazzo di guardia era una scimmia arrampicatrice. Certo non era bravo quanto lui, ma se la cavava. Sotto il palazzo, altri tre soldati li seguivano dal basso, forse nella stupida speranza che cadesse.

Ma Thanatos non era mica un novellino. Era allenato da anni a essere un funambolo, a spaccarsi le ossa e continuare comunque a correre sul dolore.

Sfilò un gancio dalla cintura e si lanciò verso una fune, mantenendosi per evitare di spiaccicarsi al suolo come un moscerino. Scivolava verso il basso e all'ultimo si infilò nella finestra aperta di un appartamento.

Una donna, intenta a sistemarsi i capelli allo specchio, lanciò un urlo. Lui rotolò a terra, tirandosi in piedi zoppicante. Fece un saluto militare. «Sta molto bene con quel vestito, signora. Il rosso risalta le sue curve.» Uscì dall'appartamento di getto, sfondando la porta. Poteva sentire le voci delle guardie che giravano nel palazzo, urlando a tutti di farli entrare.

Thanatos ghignò da sotto la maschera metallica. Si avvicinò a una delle finestre del corridoio e la tirò su a fatica. Si chiese da quanto tempo fosse chiusa, incrostata dalla polvere. Dopo qualche strattone, riuscì ad aprirla. Si appollaiò sul bordo e si guardò intorno, quando una piccola idea folle e -forse- un tantino melodrammatica gli attraversò la mente. Si guardò verso l'alto e, reggendosi tra i mattoni, scalò la parete. Raggiunto il tetto, iniziò a muoversi come un equilibrista su una delle funi che collegava i vari palazzi. Spesso alcuni ci stendevano i panni. In equilibrio sul vuoto si fermò. Si abbassò sulle ginocchia, osservando una delle guardie in basso.

Sfilò con attenzione un dardo da corda metallico che portava legato alla vita.

Ricordava ancora quando Aaliyah gliel'aveva procurato.

«Secondo me questo nuovo gioiellino ti piacerà.»

«E cosa diavolo sarebbe?» Thanatos aveva storto il naso, rigirandosi quella strana corda tra le mani.

«Un dardo da corda. La costruzione prevede l'assemblaggio di quattro componenti: il dardo, l'anello, la fune e l'ansa. Il dardo l'abbiamo fabbricato in ferro o in acciaio, ma adesso arriva il bello.» Aaliyah sorrideva come una bambina, mentre gliene parlava. Gli occhi le brillavano estasiati. Thanatos le aveva fatto segno di proseguire, rapito più dalla sua felicità che dall'arma in sé. «La sua particolare forma gli consente di trapassare il corpo nemico e di agganciarsi alla sua carne. Poi, gli anelli legati al dardo, lo uniscono a una corda in pelle, cosparsa di cera per minimizzare l'attrito. Puoi usarla per agganciare uno dei soldati oppure per impiccarlo. Nel caso in cui tu voglia farlo, il dardo dev'essere applicato per trafiggerne il collo. Questa cosa però puoi farla solo da una certa altezza, come il ramo di un albero o un'impalcatura.»

Thanatos fece un mezzo sorriso. «O da una fune.»

La fece roteare in aria, fendendola, e poi colpì il soldato a terra, arpionandolo. Come fosse stato un contrappeso lo tirò su, mentre lui scendeva giù.

Una volta a terra, alzò lo sguardo verso l'alto soddisfatto. Aveva impiccato la guardia. Forse era un metodo un tantino teatrale, ma desiderava da fin troppo tempo di usare quel suo nuovo gioiellino.

Quando le altre due guardie lo raggiunsero, restarono impalate a osservare il corpo del loro amico. Thanatos scrollò le spalle, appoggiandosi a una parete. «Già, immagino che sarà noioso tirare giù quel salame.» Approfittò della loro distrazione, per correre verso la loro direzione. Sfilò due pugnali dalla giacca interna. Scivolò al centro tra i due e pugnalò entrambi alla carotide con un gesto secco. Il sangue schizzò sulle pareti e in parte sulla propria maschera.

«Domani sarà anche scocciante ripulire tutta la strada.» Si avvicinò ai due corpi esanimi e posizionò sui loro quadranti il proprio. Le loro vite scorrevano sullo schermo del suo orologio. Gli anni aumentarono di colpo di quarantacinque. Alzò lo sguardo verso quello rimasto in alto come un fantoccio.

Sbuffò. «Forse recuperare i suoi anni di vita sarà un tantino pesante.»

Quando fece ritorno alla Gilda dei Ladri, i muscoli erano intorpiditi da tutti quei salti. Anche se era abbastanza sicuro che il suo piccolo volo sulla fune, attaccato a un gancio, fosse stato il più fatale per la sua povera schiena.

Spinse in avanti la porta con un calcio.

Nel salotto comune, i due bambini erano impegnati a giocare a scacchi con Laurel. Aaliyah stava vicino al camino, maneggiando un cubo colorato, cercando di rendere tutte le facce dello stesso colore. Quando posò i suoi occhi color ambra su di lui, si incupì.

«Altra notte brava? Hai intenzione di morire uno di questi giorni?»

Thanatos roteò gli occhi. Il meccanismo meccanico della maschera ripeté il gesto, seguendo i suoi movimenti. Si allungò verso il bancone e prese da bere. Mandò giù un generoso sorso di rhum. Poi andò a sedersi accanto a lei. «Sono la reincarnazione della Morte, non posso crepare, ricordi?»

Aaliyah gli assestò un pugno sulla spalla, strappandogli un rantolo di dolore. «Prima o poi finirai davvero per credere alle stronzate che dicono su di te e crederai sul serio di essere immortale.»

Thanatos si avvicinò al suo orecchio. «E chi ti dice che non lo sia?»

Aaliyah si imbronciò, tornando a prestare attenzione al suo cubo. «Io non verrò al tuo funerale.»

«Me ne farò una ragione.»

«Come fai a essere sempre così? A fregartene di tutto e tutti?» La ragazza bofonchiò. Si avvicinò al camino, battendo la legna con l'attizzatoio; i gesti erano stizziti.

Thanatos scrollò le spalle. «Così.»

Si tirò in piedi, per dirigersi verso i corridoi. Erano come al solito silenziosi di notte. Aprì la porta della sua camera e si guardò intorno.

Quando accese la luce, non fu sorpreso di ritrovarsi Doom disteso sul suo letto. L'uomo teneva le braccia incrociate dietro la testa. I capelli argentati erano in perfetto ordine.

«Ti sei perso, fatina?» Thanatos sbuffò scocciato. Richiuse la porta alle sue spalle, facendo scattare la serratura. Si appoggiò alla superficie di legno e osservò il suo padrone, in tensione. Si chiese cosa diavolo volesse da lui. Ancora.

Doom si mise a sedere. Si sgranchì le gambe e posò i suoi occhi color ghiaccio su di lui. Si liberò della metà maschera che gli copriva parte del volto. Un taglio gli spaccava il labbro. «Hai fatto un po' di macello oggi.» Gli tese l'orologio.

Thanatos annuì e avvicinò lo schermo al suo, passandogli le vite accumulate quella notte. «C'è altro?»

Doom lo afferrò per il mento costringendolo a guardarlo. Sfiorò la punta del naso con la sua. «Non parlarmi con questa sufficienza, Thanatos. Se ti permetto di ammettere tra i nostri la puttana, che hai deciso di allevare come un cucciolo abbandonato, è solo perché mi servi ancora.» Lo spinse contro la parete.

Thanatos sostenne il suo sguardo. Gli posò una mano sul petto. «Allontanati o ti spacco la faccia.»

Doom ridacchiò, stringendo la presa sul mento. Facendogli male. «Allora non ti è abbastanza chiara la tua posizione. Noi siamo così simili.» Lo lasciò di scatto. «Sei mio, Thanatos. La tua anima mi appartiene. Hai firmato. Tu fai quello che io dico. Sempre.» Inclinò il capo. «Chiaro?»

«Chiaro.» Thanatos borbottò. Si allontanò, andando a sedersi sul bordo del letto. «Perché sei qui? Hai ucciso quello spione, non potevo immaginare che avrebbe parlato.»

Doom fece un piccolo ghigno. «Meglio così. Sai già, suppongo, cosa succederà domani.»

Thanatos si fece schioccare il collo. «Sì.»

«E ti senti pronto? Non ho intenzione di perderti in uno stupido scontro.» Doom intrecciò le braccia al petto.

Thanatos finse un tono melodrammatico. «Oh, non ti starai preoccupando per me, fatina?»

«Mi preoccupo sempre di te. Se sei ancora vivo, è grazie a me.» Doom si scostò dalla parete. Si passò una mano tra i capelli, allontanando il ciuffo dalla fronte. «Bene, allora. Buona notte e buona fortuna.»

Thanatos attese che se ne fosse andato, prima di crollare sul letto con un sospiro.

Noi siamo simili.

Tantissime volte gliel'aveva ripetuto, quello psicotico manipolatore. Non sapeva neanche se lo odiasse o meno. C'era stato un momento in cui aveva anche creduto potessero essere amici. Invece adesso era solo il suo burattinaio, che ogni tanto allentava le sue catene per farlo divertire un po' di più del solito. Ma, alla fine, restava solo il suo umile servitore.

Il mattino seguente, furono tutti risvegliati da una musichetta violenta. Le televisioni di ogni casa, ogni camera si accesero di colpo, come quando, di solito, c'erano importanti notizie da dare, da parte del Governo.

Thanatos si tirò a sedere. Si sistemò la maschera in volto e uscì dalla propria stanza.

Aaliyah stava richiamando tutti all'ordine nel salone. Diversi ragazzi si accomodarono sui divani. Thanatos lanciò una semplice occhiata ai due bambini, senza riuscire a trattenere un piccolo sorriso, per fortuna nascosto dalla maschera adeguatamente.

Si appoggiò alla parete, intrecciando le braccia al petto.

Lo schermo si illuminò, mettendo finalmente a tacere quell'assordante suono. Apparve poi una donna. Lo sfondo alle sue spalle era come al solito bianco e oro. Thanatos si allungò dalla propria sedia e lanciò un'occhiata al televisore, forse alla ricerca di ottimi indizi.

I capelli biondi erano sistemati elegantemente sulle spalle. Il trucco la faceva apparire così buona e gentile. La spilla del Sole, simbolo della loro città, splendeva come se fosse stata lucidata per ore. «Ecco, siamo qui collegati col Generale. Ci sono notizie importanti, sappiamo che ci state tutti ascoltando.»

Il generale Schultz tossicchiò per rinvigorire la propria voce. Si sistemò sulla sedia e fece uno sguardo serio verso la telecamera. «Dopo tutti gli affronti, devo difendere i nostri uomini. Adesso non possiamo permettere ancora che i nostri giovani vengano brutalmente uccisi.»

Thanatos roteò gli occhi al cielo, quando tutti si voltarono a guardarlo. Si strinse nelle spalle. «Che volete? Questi crescono tanti piccoli psicopatici in erba e il bastardo sarei io?»

Aaliyah scosse il capo. Dal suo atteggiamento, la chiusura delle spalle e i respiri pesanti, gli apparve molto in tensione.

Il Generale riprese a parlare. «Ora basta. Mettiamo fine a questa storia. Io, Generale Jerome Schultz, sfido a un duello all'ultimo sangue il demone della notte Thanatos. Ci affronteremo nell'Arena, tra due giorni. Tutta Sol è invitata ad assistere.» Prese un grosso respiro, mantenendo lo sguardo puntato sulla telecamera di fronte a sé. «Così, forse capirete che affidarsi a un pazzo assassino non risolverà i nostri problemi dall'Incidente. Affidarsi a noi, che vogliamo il vostro bene dall'inizio, invece sì.»

Aaliyah scattò nella sua direzione. «Tu lo sapevi?!»

«Beh, avevo avuto qualche spoiler da Doom, sì.»

«Cosa? Non accetterai, vero? È sicuramente una fottuta trappola!» Ares sbraitò nella sua direzione.

Thanatos sbuffò. Indossò una giacca per uscire. Sarebbe stato quasi in ritardo, se continuava ad ascoltare le loro stupide preoccupazioni. «Non è una trappola. Il Generale è un orgoglioso del cazzo e gli spaccherò il cranio. Così tutti inizieranno a temermi sul serio. E poi avrò le informazioni che cerco.» si avvicinò alla porta che conduceva al corridoio per raggiungere l'uscita. «Ci vediamo.»

Aaliyah gli urlò dietro. «Non verrò al tuo cazzo di funerale, chiaro?»

Thanatos sorrise, mentre si liberava della maschera per tornare a condurre la sua normalissima e noiosa vita.

"Perché non ce ne sarà uno" pensò.

Quando la notte calò sulle loro teste, fagocitando la giornata come una bestia che si abbatte sulle prede, Thanatos decise di far visita al suo nuovo amico.
Sempre se poteva considerarlo davvero tale.

Si infilò nell'appartamento di Eros, passando attraverso la solita finestra dai cardini vecchi e arrugginiti, al punto tale che bastava una leggera spallata per spingerla in avanti.

Si guardò intorno e aggrottò la fronte, quando individuò Eros accucciato in un angolo del salotto. Tremava, arricciato su se stesso. Si dondolava in avanti e poi indietro.

«Che cazzo è successo?»

Eros sussultò spaventato. Poi posò gli occhi sulla sua figura e i muscoli delle spalle si rilassarono appena. Era pallido e alcune gocce di sudore gli imperlavano la fronte. La pelle gli sembrò fatta quasi di porcellana, così come lui interamente. Thanatos ebbe il timore che, soltanto sfiorandolo, potesse romperlo. Sì inginocchiò davanti a lui. «Quanta roba hai preso?»

Eros fece una risatina amara. «E a te che cazzo importa? È stata una serataccia, come saranno tutte le successive. Sai perché? Perché tanto tu morirai in quel cazzo di duello e io vedrò la mia libertà sfumar-»

Thanatos lo afferrò per il bordo della camicia, avvicinandolo a sé. «Io non morirò. Non posso morire. Tu devi fidarti di me.» Si tirò in piedi e gli tese la mano, per aiutarlo ad alzarsi. Eros tremava come un bambino spaventato. Non aveva idea di quanta roba avesse inalato, ma doveva aver esagerato.
Prima ancora che Eros potesse anche solo pensare di fare un movimento, se lo caricò in spalla, come un sacco.

Eros sbuffò, poggiando la fronte contro la sua schiena. «Hai le stesse maniere di un troll.»
«Se avessi aspettato che tu trovassi la forza di alzarti, sarei di sicuro morto di vecchiaia.» Thanatos lo trascinò fino alla camera da letto o quella che avrebbe dovuto essere tale.
Storse il naso, con tutto quel disordine era difficile orientarsi. Le coperte del letto erano ancora sfatte, chissà da quanti giorni, poi.
Lo fece distendere a letto ed Eros scattò nervoso, puntandogli un dito sul petto.

«Non mi va. Ti prego-» Gli si strozzò la voce in gola.

Thanatos serrò la mandibola, così forte che sentì i denti stridere tra loro. «Vuoi dirmi chi è stato?»

Eros si accoccolò sul letto, accovacciandosi come un neonato. Sembrava stesse cercando un modo per farsi il più piccolo possibile. «Oggi lui non c'era.»

Thanatos deglutì. «Lui chi?»
«Il Comandante. Lui viene quasi ogni sera a farmi compagnia, e-e oggi non ci è riuscito. Ma è venuto-»

Thanatos si sedette sul bordo del letto. «Tu dimmi solo il nome. Poi sarò io a strappargli la pelle da dosso.»

«Il Generale. Diceva che voleva dimostrare al suo sottoposto che nulla sarà mai suo.» Mormorò. Si tastò il fianco dolorante.

Thanatos arretrò. Fece per andarsene. Non gli importava di quello stupido duello. Lo avrebbe ucciso anche in quel momento. Non aveva bisogno di aspettare due giorni. Il suo tempo era scaduto già da un po'.

Eros gli sfiorò il braccio. «Puoi non andartene, ora?»
«Sei sicuro di volere la mia, di compagnia?» Inclinò il capo.

Eros annuì, senza neanche parlare. Socchiuse gli occhi stanco. Thanatos si distese al suo fianco, fissando il soffitto. Avrebbe aspettato che si addormentasse. O forse no, avrebbe vegliato su di lui per quasi tutta la notte. Si girò su un fianco per osservarlo meglio. D'altronde le stragi potevano aspettare per quella volta. «Quindi? Vuoi essere uno dei nostri? Devi solo dirmelo, Eros. E comprerò il tuo contratto.»

Lui aprì leggermente le palpebre, facendo un mezzo sorriso. «Adesso nessuno accetterebbe un tuo pagamento, né tantomeno Poul. Non vorrebbe mai perdermi, se tu morissi.»

«Non morirò.»
Eros annuì. «Allora sopravvivi per salvarmi. Non ne posso più.»

«Sarai libero.» Thanatos giurò a se stesso che lo avrebbe portato via da lì, in un modo o nell'altro.





☀️☀️☀️
Angolino
Buonasera!
Ho aggiornato.
Spero che SaC vi stia piacendo.
Come pensate che andrà a finire?
Vi ricordo ancora della stellina👀

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