Capitolo 28
Ægon
Erano in viaggio da alcuni giorni e già non ne poteva più di tutti i suoi compagni. Rischiavano di farlo lentamente impazzire.
Sempre che non lo fosse già.
Dopo l'ultimo scontro con l'orso corazzato, Djævel appariva decisamente più stanco. Ægon avrebbe voluto poter fare qualcosa per lui. Aveva anche provato a ridurre i suoi turni di guardia, cercando di farlo riposare, ma non c'era stato verso di tenerlo fermo.
«Acqua! Vi prego, ho bisogno di un bagno rinfrescante!» Miguel saltellò sul posto, indicando un piccolo lago.
Ægon lo trovò così simile all'allucinazione di una fonte d'acqua nel deserto. Non gli dispiaceva rilassare i muscoli per qualche istante.
Jacob pungolò il prigioniero con la punta della propria lancia. «Siamo sicuri che questo idiota non ci stia dando indicazioni sbagliate? Perché mi è sembrato di aver già visto quell'albero.»
Il Generale gli lanciò un'occhiata severa. «Già perché il Lago, in effetti, è comparso proprio adesso. E poi gli alberi sono così diversi tra loro. Ricordami i tuoi voti di botanica...» Si massaggiò il mento. «Ah, già. Voi non studiate botanica.»
Il prigioniero fece un risolino divertito. Djævel aggrottò la fronte. «Che cazzo hai da ridere?» Serrò la mandibola e schioccò le dita.
Ægon gli si avvicinò, per tenerlo fermo. Nel frattempo, una delle guardie che si occupava di lui lo colpì allo stomaco con una serie di pugni.
A giudicare dalle espressioni dell'uomo, dovevano essere piuttosto dolorosi.
Djævel si voltò a guardare gli altri con un'occhiata nervosa. Si sistemò i polsini della divisa e inspirò l'aria fredda di quella notte. Poi osservò ognuno di loro, soffermandosi su Miguel. «Va bene.» Decretò. «Ci accamperemo qui. A turno faremo un bagno.»
Herica rabbrividì nervosa. Così Ægon tossicchiò per attirare l'attenzione. «Ci sarà solo uno di noi con te, di spalle. Sarebbe pericoloso se ti lasciassimo completamente da sola. Va bene?»
L'amica gli rispose con un enorme sorriso e Ægon si sentì sollevato nell'essere riuscito a fare almeno qualcosa di buono per lei. Si inginocchiò a terra e iniziò a montare una delle tende.
Jacob gli si affiancò, battendo il picchetto sul terreno, per saldarlo al meglio. Ægon osservò l'amico di sbieco.
«Ammettilo. Ci stai provando con lei.»
Ad Ægon sfuggì il controllo del martello. Deglutì a fondo. Non aveva mai visto Herica come un qualcosa di diverso da un'amica. Inoltre, se anche avesse mai provato qualcosa per lei, si sarebbe fatto da parte. Miguel era il suo migliore amico. E anche a un cieco sarebbe stato palese quanto tenesse a lei. Scosse il capo, inorridito. «Non dire stronzate.»
«Ammetto di non capirti.» Jacob tirò una delle corde. «Siamo solo noi, a camminare qui nei boschi da giorni. Herica è l'unica donna del gruppo e a te non sale neanche un po' la voglia di assaporarla. Certo, prima non avevo notato quanto fosse carina, nel bel mezzo dell'Akademie, ma tutto sommato un pensierino ce lo farei... e abbiamo anche l'occasione.»
Ægon si irrigidì. Strinse forte il martelletto che stava utilizzato per i picchetti. Sistemò il sotto telo, per provare a placare l'irritazione. Le mani gli tremavano nervose. «Ma che cazzo stai dicendo? È tua amica.»
Jacob storse il naso. «Guarda che anche a lei piacerebbe, eh. A loro piace sempre.»
Ægon sentì un macigno abbattersi sul suo petto. Aveva l'esigenza di vomitare. «Smettila di dire queste stronzate.» Sbuffò infastidito. Si guardò intorno, per accertarsi che nessuno sentisse quell'aberrante e stranissima conversazione. «E non ti azzardare a farle qualcosa. Ti ricordo che sono io a capo di questa spedizione.»
Jacob fece schioccare la lingua contro i denti e lo studiò con una serie di occhiate quasi perforanti. «Continuo a ripetere che sia tu sia quell'inetto che abbiamo come Generale non siete all'altezza di questo compito. Né di rappresentare Sol.» Si allontanò, lasciando cadere delle funi a terra.
Ægon serrò la mandibola. Era strano, ma non aveva mai sentito un impulso così violento nei confronti di Jacob. Prese dei grossi respiri, cercando di stare calmo. Miguel gli si avvicinò di corsa, inginocchiandosi a terra. Prese ad aiutarlo a montare la tenda. Il suo sguardo saettava da Ægon a Jacob. «Cos'è successo? Cos'ha detto questa volta con quella bocca di merda?»
Ægon abbassò la guardia. «Lascia perdere. Saremo noi a controllare Herica dopo, va bene?»
L'amico annuì. Non chiese altro, ma un velo d'ombra si abbatté sui suoi occhi, come nubi pronte al temporale.
Ægon si tirò in piedi, battendo le mani sui pantaloni sgualciti. Si allontanò dal gruppo e si mosse verso il Lago. Era il suo turno. Il Generale era da poco uscito dall'acqua. Era intento a risistemare la propria divisa, allacciando i bottoni nell'asola.
Ægon di norma non avrebbe tenuto lo sguardo fisso su di lui, se non fosse che ad attirare la sua attenzione fu un livido violaceo formatosi come una chiazza d'olio attorno a una ferita.
Distolse immediatamente lo sguardo, anche quando i suoi occhi calamitarono sulla cicatrice che gli spaccava il volto, fino ad arrivare sul collo, sfiorando la clavicola.
«Quella?» Indicò la cicatrice ancora fresca sul fianco. «Quando è uscita fuori? Hai avuto scontri recentemente?»
Djævel si irrigidì. Poi scosse il capo. «Niente di che. Ho sconfitto un orso geneticamente modificato, direi che nulla mi è impossibile adesso.»
Ægon fece caso al suo repentino cambiamento d'argomento, ma preferì non insistere ulteriormente. «Stai bene?»
«Perché non dovrei?»
«Mi sembri in tensione.»
«Sei paranoico, Ægon.» Djævel si passò una mano tra i ricci scuri. Poi scrollò le spalle. «Dovremo essere quasi vicini al loro nascondiglio. Voglio che stiate attenti.» Si allontanò dopo un po'. Poi si arrestò sul posto e si appollaiò su un masso, dandogli le spalle. «Vai, lavati. Resto io di guardia, nel frattempo.»
Ægon sarebbe stato -paradossalmente- più tranquillo, se avesse saputo che lì con lui ci sarebbe stato Jacob. Almeno avrebbe avuto la certezza che fosse lontano da Herica.
Si spogliò velocemente. Non poteva perdere troppo tempo. L'acqua del Lago era davvero gelida e si ritrovò a rabbrividire. Sospirò piano, saltellando sul posto. «Non pensavo fosse così fredda, cazzo!»
Djævel ridacchiò. «E che ti aspettavi? Una sauna?»
Ægon roteò gli occhi. «Beh, vedendoti in acqua così tranquillo, prima, non pensavo che fosse gelida a tal punto. Come cazzo hai fatto?»
Il Generale si stiracchiò. Alzò per un istante lo sguardo tra i rami degli alberi in alto e Ægon seguì il suo stesso movimento, incuriosito. Una cornacchia starnazzante li stava osservando tra le foglie.
«Mi sono allenato anche a sopportare il freddo. Forse dovreste farlo anche tutti voi, sai?» Djævel si tirò in piedi, non appena Ægon uscì dall'acqua, riprendendo a vestirsi.
Il Generale si voltò a guardarlo. «Chi vado a chiamare?»
«Herica e Miguel.»
L'uomo aggrottò la fronte e annuì. Fece un passo in avanti per andarsene, ma poi si fermò. Si voltò a guardarlo e lo raggiunse. Gli posò una mano sulla spalla. «Non so di cosa tu ti stia convincendo ultimamente, ma sappi che se ho scelto te c'è un motivo.» Gli diede un buffetto goffo ma affettuoso sulla guancia. «E non importa quanto il tuo amico sia una perfetta macchina da guerra progettata. Tu, Ægon, hai quello che lui non ha. Abbastanza coraggio da saper prendere delle decisioni con la tua testa. Per questo la missione è tua, soltanto tua.»
Ægon sentì qualcosa riscaldargli il petto. Strano, l'orgoglio. Fece un piccolo sorriso e si dondolò sui piedi, a disagio. Nessuno aveva mai creduto in lui. Probabilmente aveva preso spesso delle scelte sbagliate nella sua vita. Si era abituato anche alla solitudine che abitava nel suo petto e al proprio costante bisogno di dimostrare al mondo che valeva qualcosa. Adesso aveva l'occasione per diventare grande a Sol e non poteva lasciarsela sfuggire.
Ma era sicuro di star facendo la cosa giusta? I dubbi lo divoravano.
Djævel si allontanò. «Vado a chiamare gli altri. Nel frattempo, cercherò un po' di legna nei dintorni.»
Ægon annuì. Quei piccoli istanti da solo erano strani. Sentì un fruscio curioso tra le fronde degli alberi e istintivamente alzò lo sguardo. Non c'era anima viva. Neanche qualche strano uccello. Eppure si sentiva osservato. Afferrò il fucile da terra e lo puntò davanti a sé. Aggrottò la fronte.
«Ehi.» Miguel gli posò una mano sulla schiena, prendendolo alle spalle. «Che succede? Hai sentito qualcosa?»
Ægon si strinse nelle spalle. «Devo essermi impressionato soltanto.» Lanciò una breve occhiata ad Herica. «Tu lavati pure. Noi non ti guarderemo. Restiamo solo di guardia.» Fece un cenno col capo a Miguel e insieme si sistemarono dove fino a poco prima c'era il Generale.
Miguel gli sfiorò la spalla con la sua. I suoi occhi saettavano per il bosco davanti a loro. Quando un gufo bubolò, fece un sussulto, portandosi una mano sul petto. «Ma che cazzo-» bofonchiò, «dici che anche questi cazzo di cosi piumati sono stati modificati?»
Ægon ridacchiò e si strinse nelle spalle. «Magari sparano raggi laser dagli occhi, tu che ne sai?»
«Cavoletti. Speriamo di no.»
«Chi diavolo dice cavoletti?» Ægon non riuscì a trattenere una risata più rumorosa.
Miguel sorrise e gli diede una gomitata nel fianco. «Dai, insomma, chiunque!»
Ægon scosse il capo. «Certo che sei stra-» Uno scricchiolio di rami attirò la sua attenzione. Si guardò intorno, attento a non lasciar cadere lo sguardo nel Lago. «Lo hai sentito anche tu?»
«Rilassatevi, idioti.» Jacob avanzò nella loro direzione.
In quell'istante, Ægon non riusciva a fare niente che fosse vagamente simile al rilassarsi.
Miguel si piazzò di fronte a Jacob; le braccia distese lungo i fianchi e le mani chiuse a pugno. «Che cazzo ci fai qui? Non dovresti essere a guardare il prigioniero?»
Jacob si strinse nelle spalle. Aveva uno strano sorrisetto a increspargli le labbra. «Sapranno badare a lui quei due idioti delle guardie. Perché il Generale se ne va in giro come se nulla fosse, piuttosto? Dovrebbe stare lui a controllare quell'idiota.»
Ægon lo spinse all'indietro. Sapeva fin troppo bene cosa stesse cercando di fare. La conversazione di poco prima lo aveva turbato anche troppo. «Stalle lontano, Jacob.»
Lui rise, portandosi una mano sul volto. Rideva così forte, che per un attimo Ægon sperò che stesse davvero scherzando. Invece aveva uno sguardo così cupo che gli fece orrore. «Andiamo, idiota. A lei piaccio. E sinceramente questi giorni di viaggio sono fin troppo faticosi. Toglietevi dal cazzo-» Posò una mano sulla spalla di Miguel, spingendolo a terra.
«Ma che cazzo ti prende?!» Miguel provò ad assestargli un calcio alle gambe. Jacob si girò a fissarlo furioso.
Ægon si frappose tra loro e sfilò il fucile da terra. Lo puntò contro Jacob e scosse il capo in modo meccanico. «Non costringermi a farlo. Torna dal prigioniero.»
Jacob avvicinò il petto alla canna del fucile. Poi ghignò. I suoi occhi scuri sembravano scintillare di follia. Mai come in quel momento, Ægon lo trovò davvero simile a suo padre. Aveva le stesse sfumature deliranti che a volte facevano capolino come tuoni negli occhi dell'ex Generale Schultz. Jacob doveva essere il soldato perfetto, ma mai come in quell'istante in lui Ægon vide un seme malato.
«Andiamo, Ægon. Mostrami che sai fare. Sei al comando di questa spedizione e mi sembri solo l'ennesimo agnellino fuori posto. Goditi questa piccola vittoria. Perché quelli come te non avranno futuro nelle gerarchie di Sol. Noi siamo stati programmati per comandare. Tu chi hai dalla tua parte? Un Generale in cui nessuno crede perché non ha una progenie da mandare avanti?» Jacob inclinò il capo. «Morirà come tutta la sua numerosa famiglia del cazzo. Gli Storm non esisteranno mai più dopo di lui. Un peccato, ma la loro supremazia è finita. Già da molto. Quel nome non gli salverà la pelle per sempre.»
Ægon dischiuse le labbra. La rabbia prese a montare forte. Ruggiva nello stomaco e risaliva su per la gola. Era sul punto di vomitarla sul volto di Jacob, ma doveva gestire quella situazione folle. Prese un grosso respiro. Affondò la canna del fucile contro il petto dell'altro. «Ho detto torna al tuo posto. È un ordine, Jacob. Per quanto non ti piaccia, sono io al comando.»
Poco prima, Ægon aveva sentito lo scroscio dell'acqua del Lago. Herica li raggiunse dopo qualche istante. Si strizzò i capelli. Poi corrugò la fronte. «Ragazzi, che vi prende?» Si irrigidì.
Jacob si voltò a guardarla, elargendo un sorriso gentile. «Stavamo chiacchierando. Perché non dici ai tuoi amici di rilassarsi e andiamo a farci una nuotata?»
Herica si scambiò un'occhiata con Miguel. Ægon la vide tremare quasi. Lei arretrò. «Non mi piace questa situazione. Abbassa il fucile.»
Ægon digrignò i denti. «Solo quando Jacob tornerà al suo posto.»
«Io sono esattamente dove dovrei essere.»
Miguel batté un piede a terra. «Io non credo proprio!»
Poi ci furono delle grida. Ægon si congelò sul posto. Alzò lo sguardo verso le fronde degli alberi.
Aveva sentito.
Aveva sentito qualcosa muoversi.
Scattò poi in avanti, seguito dagli altri, il fucile ben stretto tra le mani.
I corpi delle due guardie giacevano a terra in una pozza di sangue. E di Ares, ovviamente, non c'era nemmeno l'ombra. Il fuoco al centro continuava a crepitare, anche se ormai la legna era poca.
Djævel non era lì. Si era allontanato poco prima. Ægon aveva fallito. Ed era solo colpa di Jacob. Si girò di scatto verso di lui, puntandogli l'arma al petto.
Il ragazzo questa volta indietreggiò. C'era finalmente un'espressione di terrore nel suo sguardo e Ægon non avrebbe saputo descrivere quanto potesse essere inebriante. «Hai visto?! È tutta colpa tua-»
«Ægon-» Miguel provò a calmarlo, ma Ægon se lo scrollò di dosso.
«Se non avessi iniziato a fare di nuovo il cazzone, non avremmo perso il prigioniero.» Si fermò per un secondo. Poi assestò un calcio al ginocchio di Jacob, il suo punto debole da sempre. Ægon non era mica uno sciocco. Per quanto la genetica della mostra fosse perfetta, evidentemente non erano stati abbastanza scrupolosi. Jacob si era infortunato tempo addietro dopo un allenamento. Nonostante si ostinasse a dire che era guarito nel migliore dei modi, Ægon lo aveva visto quasi ogni sera spalmare delle creme antinfiammatorie sul punto dolente. Infatti, Jacob crollò a terra con un rantolo.
Ægon gli puntò il fucile alla testa. «Ammettilo.»
Jacob alzò lo sguardo su di lui, titubante. «Che cazzo devo ammettere?»
«L'hai fatto per far fallire la mia missione.» Ægon rinsaldò la presa sull'arma. «Sei un bastardo del cazzo. Se io avessi fallito, tu avresti subito iniziato a fare l'avvoltoio.»
Herica si portò le mani alle tempie. «Ægon, smettila-»
«Smettetela!» Miguel si avvicinò piano ad Ægon, tentò di posare la mano sulla canna del fucile, per farglielo abbassare, ma l'altro schizzò nervoso e gli scoccò un'occhiataccia.
«Stanne fuori!»
Sentì ancora una volta quel fruscio.
«Ægon, ti assicuro che non avrei fatto una cosa simile. Questa missione interessava anche a me-» Jacob provò a tirarsi in piedi.
«Ragazzi...» Herica indietreggiò.
«Bugiardo!» Ægon sparò un colpo in aria. Poi prese di nuovo la mira su Jacob. Non ne poteva più. Erano anni che sopportava le sue parole al veleno.
«Ma che cazzo ti prende?!»
Ægon premette la canna del fucile sulla sua fronte. «Non un passo.»
«Raga-» Miguel deglutì.
«Dobbiamo andarcene...»
«Ægon, ascoltami-»
«Ti ho detto di stare zitto!»
Poi sentì un tonfo alle proprie spalle, che lo fece voltare.
«Ah, quanto adoro la melodrammaticità di questo momento!» Thanatos se ne stava poggiato a un tronco con le braccia incrociate al petto. La maschera era coperta di sangue.
Ægon fece per prendere la mira, ma una corda si attorcigliò attorno alla propria arma, che gli venne strappata via. Si girò a guardare indietro e la vide.
Aaliyah gli ammiccò, tenendo metà volto coperto da un foulard.
E poi c'era Ares libero. E un'altra decina di uomini. Erano circondati. Jacob sfilò il proprio pugnale e si lanciò in direzione di Thanatos. Il demone schivò all'ultimo secondo, lasciando che la lama si incastrasse nel tronco. Poi gli assestò un calcio e lo fece ruzzolare a terra. «Fossi in te, coniglietto, scapperei lontano. Va' a dire ai tuoi amici che anche questo Generale è morto.»
Ægon sentì il mondo crollargli addosso. Smise di vedere chiaro. Le orecchie erano ovattate. Tutto il mondo prese a girare lentamente attorno a lui. Un paio di mani gli legarono le braccia dietro la schiena. Fecero la stessa cosa con Herica e poi Miguel, che si guardava attorno smarrito. Continuava a mandare, però, occhiate ad Aaliyah.
«Come è morto?» Ægon mormorò in un soffio di voce.
Thanatos si voltò a guardarlo. Poi mostrò i suoi guanti grondanti di sangue. «L'ho anche un po' carbonizzato. Mi piacciono i falò.»
Ares gli diede una gomitata al fianco.
Ægon sentì le lacrime premere agli angoli della sua bocca. Avrebbe voluto urlare. Vide Jacob fuggire via, indisturbato. Magari avrebbe convinto qualcuno a cercarli. Anche se ne dubitava. Si chiese quale storia avrebbe inventato.
Djævel era morto. I suoi amici erano stati tutti catturati insieme a lui.
Era colpa sua.
Trattenne un singhiozzo, costretto a seguire i ribelli.
Adesso era un prigioniero.
💃💃💃
Angolino
Allora, giuro che per chi legge entrambe, che non mi sono messa d'accordo con JediKnight01 per creare la giornata delle lacrime.
Ma eccoci qui💃
Non odiatemi Thanatos.
E non odiate me.
Ciao🧘♀️
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top