capitolo quarantadue - solas ~ da soli

"Lord Voldemort che si presenta a corte, è una novità"
Rose indietreggiava man mano che egli si avvicinava, con le dita che strisciavano sulla sua bacchetta.
"È stato particolarmente emoziante il dialogo tra te e il tuo patrigno, mi ha ricordato delle cose"
Patrigno?
Le sue ipotesi erano fondate: la regina Morgana era sua madre.
Ma c'erano delle cose insensate che la trattenevano; una fra queste, la profezia.
Chi conosceva esse più di tutti? Ovviamente, il cattivo dei cattivi, Voldemort.
"Che profezia immischia mia madre?"
Egli rise di scherno; voleva troppo da lui.
Stavolta, Rose decise di avvicinarsi e inchiodarlo alle mura rosse, bloccandogli il respiro.
Piegò le falangi attorno allo squamoso pallido collo e strinse fortemente, non allentando mai la presa.
Con l'altra mano, creò delle catene resistenti che gli legarono i polsi alla parete; Voldemort inarcò il sopracciglio coperto di squame: probabilmente era colpito dell'intelligenza di Rose.
"Dimmi quello che sai"
"Stai cercando di combattermi? Inutile tentativo"
Il ferro delle catene s'incendiò e adesso quella soffocata era lei: le dita serpentesche premevano sulle vene pulsanti.
"Questa guerra sarà più dura del previsto: l'erede angelico di Potter oppone troppa resistenza. Ho bisogno di tempo ed energia per ucciderti definitivamente"
Strisciò via come un serpente, lontano dal collo della ragazza.

Rose traballò da una parete all'altra: le mancava il respiro e quelle parole le avevano trafitto il petto.
Erede angelico.
Non aveva senso; niente aveva un filo logico.
Con la mente altrove, si avventurò nel corridoio dell'ala Nord, la proibita.
All'entrata era stato esplicitamente chiesto di non oltrepassare la sala da ballo, cosa infranta più volte da Rose.
-Non c'è un bagno!- pensò torturandosi i polsi irritati.
Aprì la prima porta che vide alla sua sinistra: sul legno scuro vi era inciso uno stemma, qualcosa riguardante il divino e l'antico. Qualcosa che spaventava e ammirava contemporaneamente.
Quando vi entrò, non trovò il bagno, bensì un grande studio elegante e d'altra epoca: centinaia di libri torreggiavano le pareti beige.
Dietro la scrivania vi era dipinto un cielo stellato; probabilmente ogni costellazione, formatasi da piccole stelle di diamanti, corrispondeva a una persona.
Percorse col dito l'unione di stelle che l'attirava di più: dei lineamenti dolci componevano un viso dalle labbra serrate e gli occhi feriti, offesi.

Susan Hayley Rèal

Quella donna, forse, era la madre indegna che strappò brutalmente i poteri al figlio.
Delle linee, collegavano il suo nome ad altre due costellazioni.
La prima, era formata da rubini morti che ormai non possedevano quella luce fiammeggiante: era il ritratto di Louis.
Ad egli, nessuna freccia partiva e portava agli eredi.
La seconda, raffigurante una donna portante la corona, era legata ad un'altra costellazione.
Essa era formata da opale nero: le iridi erano dipinte, diversamente dalle altre.
Il dito era attirato da esse, ma qualcosa la distrasse; la porta si era aperta.
"La curiosità è di famiglia" disse una voce angelica ma fredda.
Senza neanche voltarsi, ella capì da chi provenisse quella melodia di parole: la regina Morgana.
Un telo nero coprì l'albero genealogico stellato.
"Voltati, non mordo tranquilla"
Rassicurata dal tono più smussato e dolce, ella s'inchinò e si protese a lei.
"Regina, mi perdoni, volevo solo trovare il ba-"
"Tranquilla"
Alzò lo sguardo.
Una donna, portante un'abito blu ricordandole la notte, le sorrideva come se fosse l'anima più innocente del mondo.
La vide deglutire; Morgana, nel suo cuore crepato, voleva così tanto dirle tutto e salvarla da un destino atroce.
Ma ormai era troppo tardi: la congrega aveva già fatto l'inevitabile.
Con la questione di James, principale causa di dolore, Rose era diventata un angelo mortale oscuro.

"Lily Potter, giusto?"
Era la prima volta che la chiamavano così.
"Preferisco Rose" ammise la ragazza, arrossendo in viso e torturando ancor di più i polsi.
Quella donna le indugeva ansia e preoccupazione futile.
"Sei fortunata ad avere un padre come Harry, ci tiene così tanto a te"
"Mi ha cercata per anni, credo di sì"
Rise: aveva una risata così bella, nascosta dagli anni e conservata in un tesoro.
"Almeno il tuo ti ha sempre cercata, il mio non ci ha provato e ha mollato subito"
Notò un smorfia di rabbia quando rivolse uno sguardo al velato ritratto stellato: il nome di Sirius non era presente.
Rimuginandosi su, neanche il nome dell'amato zio era presente.
Era stata la causa dei suoi problemi, il rancore, forse, l'aveva spinta ad eliminarlo dalla propria vita.
"Crescere senza una famiglia, è un danno enorme. Appena ne hai una, non apprezzi l'amore materno o paterno e ti sembra tutto troppo"
"Ti capisco. Non sono una madre eccellente, ho fatto errori peggiori, ma il problema era lei. Sono così per colpa sua."
Quella conversazione si stava spingendo troppo oltre, ma Rose si sentiva libera di parlare: come madre e figlia.
Sussultò; tutti i suoi sospetti erano fondati.
La famiglia...
Sirius la disprezzava perché sapeva che non erano fratelli.
Ecco cosa mancava; doveva solo parlare con la madre per capire tutto. Almeno sapeva chi fosse il vero genitore.
"I-io adesso devo andare. Avevo promesso un ballo a Jonn"
"Ah, quel ragazzo. Bello e dannato"
Rose s'inchinò nuovamente.
"È stato un piacere parlare con lei"
"A presto, Rose"

Rose uscì da quello studio scossa; la madre era esattamente come le narrò Gilbert.
L'unione tra Paradiso e Inferno: ecco da chi aveva preso questa dote.
Era inaspettatamente felice. Morgana era una delle poche persone che sapeva come si sentisse; la capiva.

Si trovò, in pochi istanti, nella sala da ballo.
Cercò i suoi familiari, seduti dal lato opposto al suo.
Erano così sorridenti, felici, anche senza di lei.
Il loro quadro colorato macchiato dal nero; si sentiva come l'unica pecora nera in un gregge candido.
Forse lo era.
"Scusate, mi sono persa nel castello" disse non appena li raggiunse.
Vide Hermione alla sua destra, nervosa nel suo abito rosa confetto, che si girava intorno.
Louis.
Non si aspettava che ricordasse granché della loro storia d'amore,
nessuno si ricordava di loro.
Ron le parve più nervoso della moglie.
Sussurrò qualcosa al cognato, che scoccò un'occhiata furtiva proprio a Rose.
"Ehm, Rose, hai visto la regina da qualche parte?" chiese Ron, tremando al viso rosso di rabbia della sorella.
"No" mentì per difendere la madre biologica da qualche inganno degli Auror.
"Ho visto un quadro, però, firmato Louis Rèal. Era davvero un bravo pittore" disse Rose, accomodandosi accanto al fratellastro burbero.
Sirius si scostò al contatto e andò a ballare con una ragazza.
Liberandole la vista, Rose capì di aver raffiorato i ricordi omessi da qualche magia.
L

a vide sorridere: un sorriso dolce e doloroso allo stesso tempo.
"Adesso vado a trovarmi un cavaliere"
Rose si alzò, scrutando torva il cugino Hugo, seduto accanto alla madre mentre l'osservava deluso.

Jonn cercò la ragazza dappertutto, trovandola solo quando ella stava coi genitori.
Sapeva che quel magico posto era una trappola di leoni.
Ogni angolo era invaso da assassini, politici assetati di potere, sicari, mangiamorte, dannati.
La maggior parte dei dannati era al corrente della presenza dell'alpha: tutti gli abitanti del regno conoscevano la legenda dell'angelo mortale, ovvero la reincarnazione del Creatore.

"Alex" richiamò il fratello, che lo aveva visto con la sua amata.
Alex troncò una discussione con dei politici e si recò da Jonn.
Col calice ben stretto tra le mani, egli diede una pacca sulle spalle al ragazzo e si girò intorno.
"Ho rotto con la congrega" annunciò Jonn, una volta arrivati al buffet per parlare privatamente.
"Mh, perchè?"
"Per lei. L'ho vista piangere, uccidere, per quella gentaglia"
"Attento con le parole; tra quella gentaglia c'eravamo anche io e mia madre"
"Hai forse dimenticato quanto le è costato vedere James?"
"Poteva evitarlo. Ma non posso dire che non mi dispiace, sto cercando di aiutarla"
Jonn aggrottò la fronte e contorse le labbra in una smorfia di confusione.
"Come?"
"Eccola"
Alex le andò incontro e le prese la mano.
Un fremito di gelosia convolse Jonn, portandolo ad afferare il braccio del fratello e conducendo Rose al centro della pista.
Essa era invasa da una melodia malinconica, lenta, ma aggrazziata e intima.
"Che stai facendo?" gli chiese Rose, guardandolo negli occhi e dimenticandosi delle altre persone.
"Voglio dimostrarti che sei la mia ragione di vivere"
La portò a sè prendendola per i fianchi; strinse la mano nella sua e iniziò a farla volteggiare al centro della pista.
Gli altri invitati si spostarono, lasciandoli soli nella loro dimostrazione di amore.
Erano solo loro due adesso: loro contro loro.
Solo un fitto orgoglio li separava.
La alzò, stringendole ancor di più i fianchi; ella aveva solo occhi per lui ed egli non riusciva a smettere di tremare al contatto con lei.
La melodia scemava, ma il pianista decise di improvvisare e ripetere note su note per quella danza di amore vero, puro, altalenante, tagliente.
"Rose, ti amo" gli sussurró quando la calò lentamente, avvicinando il viso al suo.
Le loro labbra si unirono e un'esplosione di musiche colorate riempirono l'ambiente circostante.
Poggiò i piedi per terra, divicolandosi dal bacio passionale.
"Ci stanno guardando tutti"
"Tutti vorrebbero essere al mio posto, non li biasimo"
Rose rise di gusto al complimento e portò Jonn al limite del tavolo del buffet.

"È proprio come sua madre" sussurrò Harry ad Hermione, osservando la figlia che rideva con il ragazzo.
Ginny era distante, nel giardino con l'ultima figlia e il fratello.
"Ci siamo preoccupati troppo per evitare che lo sia, ma a quale scopo? Rose sarà sempre come Morgana"
"Quel ragazzo avrà visto ciò che ho visto io in Morgana"
"E cosa hai visto?"
Harry sorrise e guardò altrove, trattenendo il luccichio negli occhi.
"Morgana era un demone travestito da angelo. Il suo sguardo gelido addolcito da quel sorriso, quella risata flagorosa.
L'amavo quando era felice, speravo che riuscissi a renderla così per il resto della mia esistenza, ma non ci sono riuscito"
Questo è l'amore.
Morgana ed Harry erano semplicemente la persona giusta al momento sbagliato.
E, in quell'istante, la regina algida si scoprì e invase la stanza del suo profumo.
Harry si voltò e i loro sguardi si incontrarono: nuovamente quel sorriso.
"Ecco quello che intendevo" disse infine ad Hermione, sognante e splenica.

Rose osservava la madre come se fosse una dea da venerare.
"Mio fratello è fortunato a vivere con lei" disse Jonn, abbracciandola dalla schiena.
"Fratello?"
Egli annuì: ecco perché la grande somiglianza tra i due.
Ecco perché Jonn sapeva che ella fosse Lily.
"Rose, vieni con me" disse poi, conducendola al di fuori del palazzo, nel labirinto di rose.

Una distesa di verde colmava la notte e dei fiori candidi contenenti dei diamanti illuminavano il sentiero.
"Wow" sussurrò Rose meravigliata.
Al centro del labirinto eregeva una statua in pietra calcarea e decorata in argento.
Raffigurava una donna indossante una tunica greca e al capo torreggiava unab corona di spine.
Louis si era ispirato a lei, probabilmente.
Lo capì dalla postura della donna: era seduta a gambe icrociate sulla lastra incisa.
Rose si avvicinò e provò a leggervi su.
"È una profezia, rivelatasi vera" disse Jonn, staccando una rosa da una siepe.
Le porse la rosa, che tenne con cura tra le mani.
"Cosa dice?"
"Una profezia narrava che un uomo, nato nel diciannovesimo secolo, era destinato a procreare dannati alpha. All'epoca, come ora, era considerato un orrore e una punizione da parte dell'Angelo Creatore.
La donna ch'era stata scelta per far nascere essi, fu proprio la moglie combinata di un Rèal.
"Questa donna amava troppo il futuro marito per negarlo al prorpio destino e allora provò a convincerlo.
Ma egli rifiutava sempre: lui stesso era un dannato alpha segretamente, sapeva l'orrore"
Rose sospirò: sembrava la storia della sua vita, condannata a soffrire.
"Per non macchiarsi di vergogna per aversi opposto al matrimonio, si uccise. La chaperon della donna, perciò, maledì i Rèal, condannando l'ultima beta alla stessa sorte di Ferdinando"
Rose girò attorno alla lastra, cercando il nome della donna.

Alle maledette Artemisia Peverell e Adelaide Evercreech.

"Perché è dedicata a due donne, se raffigura una sola?"
"Artemisia era la moglie di Ferdinando, Adelaide la sua chaperon. La donna con la tunica rappresentata proprio Artemisia, mentre la corona di spine Adelaide, la strega antica fondatrice della congrega"
Adelaide aveva condannato Morgana alla stessa sorte dell'antenato.
"E se l'ultimo Rèal e l'ultimo Peverell erano destinati a stare insieme?"
Jonn non volle capire: Rose stava arrivando alla conclusione dell'enigma, stava vincendo la partita a scacchi.
"Morgana e Harry?" chiese Jonn, deglutendo.
"Esatto. Ferdinando forse era stato condannato a qualcosa di più."
"Rose, che vuoi dire?"
"Era stato destinato ad avere me"

Scacco matto.

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