XXV. Assalto

Altair

Avevano letto e spulciato qualsiasi tipo di informazione da quel fascicolo. Eppure non avevano trovato nessuna traccia del siero che Max -e tutta la Serpents Agency- bramavano con cattiveria.
C'erano conversazioni incriminanti. Aveva visto gli sguardi attoniti e confusi di tutti.
Era rimasto per una mezz'ora intera a rimuginare sull'effettiva possibilità che suo fratello fosse vivo.

Orion era vivo.
C'era una sua foto.
Una foto che lo dipingeva esattamente come avrebbe potuto essere dieci anni dopo, a trentaquattro anni. Lo sguardo sembrava incattivito, era solo un'immagine, certo, ma Altair aveva riconosciuto quella rabbia lacerargli gli occhi.

Orion era vivo.
Non era più una stupida percentuale di possibilità.
Era realtà.
Dopo aver letto quei documenti e conversazioni, aveva ignorato tutti. Se n'era andato e si era rinchiuso in camera. Voleva stare da solo. Aveva mandato via chiunque avesse cercato di avvicinarsi o a bussare alla porta.

Orion era vivo.
E non l'aveva mai cercato.
L'aveva abbandonato, pur di tenersi ancora in vita. Voleva tornare da loro, ma come avrebbe potuto accettare un fratello che l'aveva costretto a crescere?
Orion si era dimenticato di lui.

Si era disteso sul letto, immaginando ogni possibile scenario. Il cuore aveva preso a battergli in petto con violenza, quasi a schizzargli via, mentre cercava di pensare a cosa sarebbe successo al loro incontro.
Perché ormai era consapevole che fosse questione di tempo. Prima o poi si sarebbero rivisti, faccia a faccia.
E, in tutta onestà, Altair non vedeva l'ora di prendere a pugni quel bel volto.

Aveva socchiuso gli occhi, cercando di reprimere le lacrime. Non poteva lasciarsi andare ai propri sentimentalismi, non in quel momento.
Il giorno successivo ci sarebbe stato l'incontro con Maximillian e Zalia e Izar avevano bisogno del suo aiuto.
Buffo come tutti avessero bisogno di lui.
A volte si chiedeva chi sarebbe rimasto al suo fianco quando sarebbe crollato.
Si domandava anche se lo avrebbero cercato, qualora fosse scomparso. Forse nessuno si sarebbe accorto della sua assenza o, ancor peggio, se ne sarebbero accorti quando avrebbero avuto bisogno di lui.

Sapeva che il proprio crollo fosse imminente, ormai non studiava da giorni.
E per la prima volta non si era presentato a un esame. Era anche arrivato all'università, ma poi era scappato via, come un codardo.
Non aveva avuto il coraggio di affrontare le difficoltà, né di sopportare una bocciatura.

Aveva iniziato a fissare la finestra accanto al proprio letto, immaginandosi lontano dal mondo. Poi si era addormentato, forse la stanchezza e i mal di testa avevano preso il sopravvento.

Il mattino seguente era già in piedi. Prestissimo come sempre. Si diresse in cucina e iniziò a far colazione. Accarezzò il muso di Anita e prese a fissare il vuoto davanti a sé, mentre soffiava con distrazione sul proprio caffè espresso.
Doveva restare concentrato per quella giornata.
Era un piano auto distruttivo e sicuramente un'idea stupida e folle, ma l'unica che potevano permettersi per non rischiare di far uccidere tutta la famiglia.
Si era assunto anche le colpe di Zalia, ma poco gli interessava.

«Ehi.» La ragazza era sull'uscio della cucina, dondolandosi sui propri piedi. «Come stai?»

Altair alzò lo sguardo. «Bene.»

Zalia roteò gli occhi al cielo e gli si avvicinò. Si versò del caffè in una tazza e lo guardò con la coda dell'occhio. «Mh, certo. Al, non c'è niente di sbagliato a stare male, lo sai? Sei umano anche tu e credo sia giustissimo che tu sia incazzato per questa storia. Lo sarei anche io se mia sorella fingesse di morire.»

Altair storse il naso. Si mosse nervoso e svuotò la tazza nel lavello. «Tu non capisci. Lasciamo stare.» Non voleva discutere. Sapeva benissimo il proprio temperamento. Si conosceva abbastanza bene da sapere che sarebbe stato capace di ferire con la propria lingua, perché quando era arrabbiato perdeva il controllo di se stesso. Iniziava a sputare tutta la rabbia e il veleno accumulato, dicendo anche cose che davvero non pensava.
Era una tortura cercare di essere sempre il fratello maggiore, quello maturo che prende decisioni importanti. Era una tortura non poter essere un ragazzino che voleva ancora giocare a pallone e dipingere sulle proprie tele.

«Non capisco? I miei genitori sono scomparsi e forse morti!» Zalia aggrottò la fronte. Gli occhi erano ridotti a due fessure.

Altair si voltò a guardarla, dopo averle dato le spalle. Prese una grosso respiro. «I tuoi genitori hanno rovinato la vita di mio fratello, di Arthur e di Robert. Non sono niente di meno della Serpents Agency.» Alzò lo sguardo.
Zalia indietreggiò appena, forse ferita da una verità che faceva fin troppo male. Altair, però, avrebbe dovuto saper bene cosa significasse essere delusi dalle persone che più si amano.

«Non sei tu a parl-»

Altair si portò le mani in volto. «E nonostante abbiano fatto così tante cazzate, Arthur, Robert e mio fratello stanno cercando di salvarli. Ma guarda un po', uno fa del male e tutti cercando di aiutare. Quando tocca a me, Zalia? Quando vi accorgerete tutti di me?» Strinse le mani in due pugni, serrando le dita. Prese a tremare nervoso.

Zalia gli si avvicinò, ma si allontanò prima che potesse dire altro. Si mosse verso il salotto, lasciandosi cadere sulla propria poltrona. Pochi attimi dopo anche Arthur, Robert, Yen e Izar li raggiunsero.
Almeno non erano più soli e non avrebbe dovuto ascoltare stronzate come "ti capisco", "non sei solo".

Si portò le mani alle tasche dei pantaloni e osservò gli altri.

«È successo qualcosa?» Yen spostava lo sguardo di continuo dalla sua figura a quella della sorella.

Zalia scosse il capo, fingendo un sorriso. Aveva imparato a riconoscere quelle false espressioni rassicuranti. Erano il suo cavallo di battaglia. «No, tutto bene.»

Arthur e Robert non smettevano di fissarlo. Il primo gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla. «Al, se non te la senti, possono andare anche Izar e Zalia soli. Io e Robert copriremo loro comunque le spalle. Se hai bisogno di riposare, non preoccuparti-»

«Sto bene.» Incrociò lo sguardo di Zalia, che scosse il capo sconfitta. «Grazie.» Strinse la mano di Arthur, ancora posata sulla sua spalla.

Robert fece un passo avanti, al centro del salotto e tossicchiò, attirando le loro attenzioni. «Bene, allora faremo così. Zalia, Izar e Al saranno le nostre esche. Si incontreranno con Max, anche detto testa di cazzo, alla stazione di Cleveland. Nel frattempo, Yennefer contatterà un esperto di informatica per scoprire da quale localizzazione sono stati mandati i messaggi di Orion, così da avere almeno l'ultima posizione nota.» Si passò una mano in volto. Sembrava teso. Quando pronunciava il nome dell'amico, però, non poteva far a meno di sorridere. Altair trovava comunque bello come fossero legati tra loro. Robert e Arthur sembravano quasi rinati davanti a quella novità. Avrebbe voluto poter essere felice quanto loro, lasciare che la felicità prendesse il sopravvento sul dolore e la rabbia. «Io e Arthur vi seguiremo, a debita distanza. Appena avrete dato la chiavetta contenente una marea di stronzate-» Sfilò dalla tasca dei pantaloni la chiavetta usb incriminata, lanciandola in direzione di Zalia, che la afferrò al volo. «- scappate. Correte il più velocemente possibile. A quel punto a Max penseremo noi due.» Indicò alla fine Arthur al suo fianco.

Arthur fece un sorriso divertito. «Se un tempo mi avessero detto che Robert Nicholson, re degli idioti, fosse stato il leader, sarei scoppiato a ridere.»

Robert lo fulminò con lo sguardo. «Io sono cresciuto, tu e Orion a quanto pare avete deciso di restare bambini.»

Altair roteò gli occhi al cielo e si tirò in piedi. Prese le chiavi della macchina e si avvicinò a Zalia e ad Izar. «Allora noi andiamo. Voi ci seguirete con un'altra auto, giusto?»

Arthur annuì. Lo guardava con un cipiglio preoccupato, così come Robert, ma decise di ignorarli. Si voltò a guardare poi Yen e le si avvicinò. Prese un foglio di carta e le scrisse il numero di Ivy. «Puoi chiedere a lei di localizzare mio fratello. È molto brava con l'informatica.»

Yennefer annuì. Altair fece per andarsene, ma la donna lo bloccò, prendendogli il braccio. «Promettimi che non permetterai che le succeda qualcosa.» Indicò con un cenno del capo sua sorella, intenta a parlare con Robert e Izar. Altair osservò Zalia. Poi fissò Izar, che sembrava nervoso. Non gli era sfuggita la freddezza che correva tra i due negli ultimi tempi. Preoccuparsi dei problemi di cuore, però, era l'ultimo dei suoi pensieri, anche perché non avrebbe mai capito nulla di sentimenti.

Guardò poi Yen e fece un cenno di assenso col capo. «Sei in buone mani. Non le succederà nulla, te lo prometto.»

Si liberò dalla sua presa e si incamminò verso la porta di ingresso. Izar e Zalia lo seguirono subito e si mossero verso l'auto.

Mai come quella volta il viaggio fu silenzioso. Zalia, di solito una gran chiacchierona e piantagrane, se ne stava zitta a rimuginare forse sulla loro discussione. Attraverso lo specchietto retrovisore incrociò qualche volta il suo sguardo. Era preoccupata. Avrebbe anche voluto scusarsi con lei, non credeva davvero alle sue parole, o per lo meno in parte.

Parcheggiò poco distante dalla stazione. Il piano era scappare e sicuramente essere vicino a un'auto li avrebbe aiutati a essere più veloci.

Si incamminarono uno accanto all'altro, lasciando Zalia al centro tra loro, come a volerla proteggere. Forse avrebbe dovuto parlare con Izar della loro situazione, probabilmente aveva bisogno della spalla di un amico, ma in quel periodo a stento riusciva a concentrarsi su se stesso. E forse avrebbe dovuto iniziare a imparare a volersi bene per primo, altrimenti amare chiunque altro sarebbe stato difficile.

Si strinse nel proprio cappotto, guardandosi attorno. Era una giornata grigia, il cielo era oscurato da nuvole, che non lasciavano presagire nulla di buono. In lontananza poteva sentire il profumo di qualche ristorante, che stava iniziando a preparare i piatti del giorno. Il fischio -assordante e fastidioso- di un treno attirò la loro attenzione. Serrò gli occhi, come d'istinto, quando sentì lo stridio metallico del treno, che frenava. Odiava quei rumori, lo facevano letteralmente impazzire, e avrebbe voluto strapparsi le orecchie.

Izar era teso, si muoveva sul posto, come fosse un giocattolo a molla. «Dite che non verrà?»

Zalia sospirò piano. «Sarebbe troppo bello per essere vero.»

«Oh ecco qui il mio trio dei desideri.» Max era alle loro spalle. La voce rauca era impossibile da non riconoscere. Se ne stava tranquillo, altezzoso nella propria stazza, tenendo le mani nascoste nelle tasche della giacca di pelle. Fece un piccolo ghigno in direzione di Zalia. «Andiamo nel parcheggio. Qui ci sono persone.»

Altair serrò la mandibola. Giustamente, doveva assicurarsi non ci fosse alcun testimone per l'omicidio. Si guardò attorno, sperando che Arthur e Robert fossero nascosti chissà dove. Si diressero verso il parcheggio coperto.
Osservò l'uomo. Oltre ad essere alto, però, aveva un cipiglio familiare, c'era qualcosa di già visto nel suo sguardo, ma non sapeva come spiegarlo.

«Allora, datemi quello che vi ho chiesto e non ci vedremo più.»

Altair a volte dimenticava quanto fosse impulsiva Zalia. La vide aggrottare la fronte e chiudere le mani in due pugni. «E tu dimmi dove sono i miei genitori.» Insieme ad Izar, si voltò a guardare la ragazza, sgranando gli occhi. Non era un incontro per trattare. Già gli stavano rifilando una truffa, rischiare a tal punto era troppo. Troppo anche per lei.

Max scoppiò a ridere. La sua risata sembrava un inquietante latrato. Ghignò cattivo. «Non credo tu sia nella posizione di trattare, tesoro. Ora datemi quella formula e non vi sparerò.» Mise in mostra la propria pistola e Altair era abbastanza sicuro che non si sarebbe fatto scrupoli a premere il grilletto. A premere il grilletto ripetutamente.

Zalia sbuffò piano e sfilò la chiavetta usb. Se la fece girare tra le mani, quando dei fari illuminarono il parcheggio. Maximillian si voltò di scatto, sparando verso l'auto.

Altair prese Zalia per la giacca e la spinse dietro di sé. Si abbassarono come a voler deviare i proiettili. Strisciarono, nascondendosi dietro alcuni pilastri. Izar si affacciò.

«Che succede?»

«Un uomo ha assalito Max.» Zalia aveva il fiatone.

Altair sentì un tuffo al cuore. Si sporse dal pilastro per dare un'occhiata. Un uomo, coperto dal passamontagna, era intento a prendersi a pugni con Maximillian.

Dovevano approfittarne e andarsene. «Zalia, lascia cadere la chiavetta. Noi andiamocene.» Altair la scosse per il braccio.

La ragazza si era irrigidita. Fissava i due uomini picchiarsi a sangue. Poi sentirono uno sparo. Sussultarono.

Chiunque dei due fosse stato, aveva mancato il bersaglio.
Zalia scosse il capo, riprendendosi. Prese la chiavetta e urlò. «Max se la vuoi, allora dovrai dirmi dove sono i miei genitori!»
Altair voleva urlare dalla frustrazione, perché nessuno ascoltava mai i loro piani?
Era una chiavetta vuota, usata come esca.

Da quel momento tutti e tre iniziarono a correre diretti verso l'auto. Zalia aveva voluto trattare con lui, approfittando di un momento di debolezza.
Altair sentì un tonfo alle loro spalle e si voltò a guardare. Max aveva sbattuto il capo a terra, cercava di tirarsi in piedi dolorante.

L'altro uomo, invece, zoppicava. Ma zoppicava nella loro direzione per seguirli. Sparò un colpo, che li evitò di striscio. Altair aprì l'auto. Sentì le spie accendersi e salì. Gli altri lo imitarono. «Dagli la chiavetta. È chiaro che la vuole anche lui! Tanto ha comunque informazioni inutili.»

«No! Tu metti in moto!»

«Potete discutere dopo?!» Izar era esasperato. «Si sta avvicinando.»

Le mani presero a tremargli. Sentì un sospiro di sollievo,  quando vide Arthur e Robert placcare l'uomo, tenendolo lontano e sparando verso di lui. Sorrise appena, vedendo come lo mancavano di proposito. Almeno tra di loro non c'era un assassino vero e proprio.

Altair mise poi in moto l'auto e uscì dal parcheggio. Avrebbe tanto voluto vomitare dalla tensione accumulata. Poggiò il capo contro lo schienale, tenendo lo sguardo fisso sulla strada. Batté un pugno sul clacson. «Dovevamo lasciargliela! Capisci che verrà a cercarci? Cazzo.»

Zalia lo guardò male. «Lo avrebbe fatto comunque. Vogliono uccidermi, Al. Perché io e mia sorella siamo le uniche che si fanno domande sui nostri genitori! Io non posso accettarlo!» urlò a squarciagola, più forte del traffico di Boston. Izar teneva le mani in volto, disperato. «Tu almeno sai che tuo fratello è vivo, io non so assolutamente nulla! Non so un cazzo!»

Altair fece una risata amara. Scosse il capo. Strinse forte il volante tra le mani, al punto che le nocche impallidirono. «Ma vaffanculo. Vaffanculo. Mio fratello non si è mai fatto sentire o vedere e mi ha rovinato la vita! Tu almeno una cazzo di vita l'hai avuta.»

Izar diede un pugno al sedile. «Cristo! Smettetela! Sembrate due bambini del cazzo! Siamo vivi per miracolo. Andiamo a casa e basta.»

Altair si scambiò un'occhiata con Zalia, attraverso lo specchietto retrovisore, e si morse l'interno guancia. La vide imbronciarsi offesa. Sospirò piano e tornò a nascondersi nel proprio religioso silenzio. Era più bravo a starsene sulle proprie.

Una volta arrivati a casa, si poggiò all'auto. Restò ad aspettare per alcuni minuti Arthur e Robert. Altrimenti sarebbe andato a cercarli. Almeno si era assicurato di tenere al sicuro Zalia e Izar.
Il suo volto si contorse in un enorme sorriso, quando vide l'auto dei due entrare. Corse loro incontro, abbracciandoli.
Entrambi si irrigidirono a quel contatto, sapeva che fosse raro che si lasciasse andare a quel genere di emozioni, ma ricambiarono subito dopo.

«State bene? Quell'uomo chi era?»

«È scappato.» Robert si fece schioccare il collo. «Ha approfittato del fatto che Max si fosse riprese e stesse per attaccare. Arthur si è distratto per fermarlo e anche io. Così è scappato via.»

Altair sbuffò piano. «Voleva anche lui la formula del siero.»

Arthur sbuffò piano. «Eppure, non capisco. Avevano chiuso il nostro progetto, perché vogliono creare altri soldati simili?»

«La Serpents Agency vorrà un proprio esercito personale. È l'unica spiegazione. Sai quanto potrebbero guadagnare se offrissero guardie superdotate?»

Altair annuì. Il discorso di Robert aveva senso.



Angolino
Manca sempre meno!
Nel prossimo avremo finalmente il primo pov di Orion🌝
Alla prossima

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