𝐅𝐑𝐄𝐍𝐂𝐇 𝐋𝐄𝐒𝐒𝐎𝐍𝐒






pairing: yoonmin
tags: fluff, smut, messy, oral sex,
messy&wet kisses, masturbation
nei media: roi by videoclub

















Gli anni dell'adolescenza sono gli anni dell'attesa: diventare grandi, perdere la verginità, viaggiare con gli amici, diplomarsi, marinare la scuola, ubriacarsi per la prima volta e fumare uno spinello. Attese che sfiancano e che sembrano non finire mai, che durano un'eternità. Perché come puoi dire di essere cresciuto se non hai mai fatto sesso nella macchina di tuo padre, se non hai mai bevuto fino a vomitare nel parcheggio di una discoteca, se non hai mai dato buca a scuola il giorno dell'interrogazione? Agli adolescenti non piace ubbidire, hanno fretta di crescere, di lasciare il loro io infantile.

Park Jimin, però, era diverso dai suoi coetanei. Lui aspettava soltanto il martedì, con trepidazione, con euforia, come un bambino che attende il suo regalo di compleanno. Tutti gli altri giorni della settimana erano insignificanti per lui, gli servivano soltanto a prepararsi per il martedì. I suoi progetti iniziavano la domenica notte, quando steso sul suo letto pensava ossessivamente a Min Yoongi. Nel buio pesto della sua camera non c'erano occhi a giudicarlo, a prenderlo in giro perché gli piaceva un suo compagno di scuola, perché gli veniva un'erezione al solo pensiero di sfiorarlo con un dito. Non c'erano sguardi accusatori a trafiggergli la schiena perché desiderava un altro uomo, un corpo come il suo, il corpo di un ragazzo. Al buio si sentiva protetto, gli dava conforto. Poteva sognare tutto ciò che non aveva il coraggio di fare alla luce del sole.

Jimin chiudeva gli occhi e spogliava di qualunque indumento con estrema lentezza, come avrebbe fatto il suo hyung. Min Yoongi non faceva mai niente di fretta. E Jimin lo sapeva bene, perché lo osservava per ore. Durante le ricreazioni e le lezioni di educazione fisica divorava con gli occhi quel corpo magro, pallido e spigoloso. Gli piaceva vederlo giocare a basket con i suoi compagni, bello da far tremare le ginocchia con i suoi capelli biondi ossigenati grondanti di sudore e la fascia nera che lasciava scoperta la fronte tralucente. I muscoli sotto la pelle alabastrina si flettevano ogni volta che faceva rimbalzare la palla sul campo, avanzando agilmente verso il canestro, e quando schiacciava il suo intero corpo era in tensione, un fascio di muscoli e nervi e guance arrossate. Min Yoongi era un esibizionista, persino quando giocava. Non si preoccupava di ridere troppo forte, di urlare un'imprecazione all'avversario o di togliersi la maglietta davanti a tutti quando assegnava un punto alla sua squadra. Non era neppure particolarmente portato per quel gioco, ma tutti lo ammiravano e facevano il tifo per lui. Anche Jimin, sebbene gli avesse parlato soltanto una o due volte in tutta la sua vita, lo osservava dagli spalti come se fosse il quadro più bello della mostra, la stella più luminosa del firmamento.

Guardava il suo completino rosso, le ginocchia sbucciate, le braccia nude, ma ogni volta che poteva - più di tutto - Park Jimin osservava le sue mani. Studiava il loro movimento, la posizione delle dita. Yoongi aveva il vizio di toccarsi le labbra, le sfiorava con l'indice quando rifletteva, quando era in imbarazzo e soprattutto quando mentiva. Jimin era ossessionato dalle sue mani. Le aveva disegnate centinaia di volte sui suoi album da disegno, con meticolosa e devota precisione. Le vedeva tutte le notti stringersi attorno al suo collo, sul suo culo rotondo e sui suoi capelli. Non gentili, non violente; erano morbide, bagnate, calde. Roventi.

Jimin tremava tutte le notti sotto quel tocco, nei suoi sogni e nei luoghi più reconditi delle sue fantasie. Con una mano si masturbava e con l'altra si accarezzava la gola, si spingeva le dita in bocca, le leccava, le succhiava. Chiunque l'avesse visto, non l'avrebbe riconosciuto.

Timido, introverso e solitario, Park Jimin bruciava solo per Min Yoongi. Solo per lui era cherosene sulla fiamma, che avvampava e divampava, distruggeva e si estingueva. Lo desiderava come non aveva mai desiderato niente in tutta la sua vita. La sua mano tremava per l'inesperienza e pompava sul cazzo lentamente, mentre tratteneva a stento gli ansimi per non farsi sentire dai genitori. Strozzava i gemiti addentandosi le labbra, tirando fuori la lingua come un cucciolo affamato. Mordeva il cuscino madido di sudore e la sua pelle alabastrina s'accendeva di piacere. Era sporco di saliva, ma nelle sue fantasie Jimin vedeva soltanto lo sperma chiaro e lucente del suo hyung. Ne sentiva l'odore, lo assaporava, lo ingoiava, se lo spalmava sul viso, sul petto e poi sull'inguine. Le mani fradice aggrappate al suo cazzo arrossato, pulsante e vergine.

Con gli occhi chiusi, Yoongi era dietro di lui. Jimin percepiva le sue mani stringergli la vita, le sentiva percorrere linee immaginarie sui suoi fianchi e le sue cosce. Il suo hyung affondava dentro di lui con lentezza, lasciandogli scie di baci umidi alla base della nuca. Per Jimin era una tortura. Lo pregava, implorava, ne voleva di più. «Più forte» sussurrava ansimando contro il cuscino. «Ti prego, Hyung-nim, più forte». Spingeva il bacino contro la sua mano, accelerando e rallentando il ritmo a suo piacimento. Il cazzo duro e gonfio vibrava contro le sue dita. «Yoongi-hyung!». Pronunciava il suo nome con la voce roca per l'eccitazione soffocata sul tessuto, e si riversava sulla pancia quegli orgasmi puerili.

Dopo essersi ripulito, Jimin andava a dormire, e persino tra le braccia di Morfeo l'unico calore che riusciva a percepire era quello del petto del suo hyung che si alzava e si abbassava lentamente contro la sua schiena.

Poi arrivava il lunedì, con la scuola e le lezioni, e Park Jimin tornava ad essere il ragazzo timido e introverso che non alzava mai gli occhi dal pavimento. Sedeva compostamente al suo banco, fissando la lavagna di ardesia come se dentro di essa ci fossero tutte le risposte ai quesiti dell'universo. In cuor suo si malediceva per essere nato due anni dopo il suo hyung, per essere più piccolo e più invisibile di lui. Se soltanto avesse potuto seguire le lezioni con lui, avrebbe avuto la possibilità di parlargli, di salutarlo al mattino e magari di pranzare con lui alla mensa della scuola.

Jimin aveva tentato in tutti i modi di disfarsi della sua ridicola cotta, ma ogni volta che incontrava Min Yoongi il suo cuore batteva all'impazzata contro il petto, ricordandogli che non avrebbe mai smesso di desiderarlo. E così, per un anno, l'amore germogliò in quel ragazzo fragile e inesperto, e fiorì ancora fino a diventare un rigoglioso giardino, che dentro di lui spingeva e si dibatteva per uscire allo scoperto. Jimin si innamorò, e non ricevette in cambio neppure una stretta di mano.

Questo fino a un martedì di maggio, quando si trovò faccia a faccia con Min Yoongi nel corridoio della scuola. Jimin non l'aveva mai visto così da vicino e credette di sognare quando pronunciò il suo nome.

«Park Jimin?» chiese con aria annoiata appoggiandosi con la spalla al suo armadietto. Indossava l'uniforme, ma non in maniera canonica. La camicia non era abbottonata fino al collo e lasciava scoperte le clavicole. Non aveva messo la cravatta e al posto della giacca blu notte indossava una felpa nera di almeno una taglia più grande. Chiunque altro avrebbe avuto un aspetto trasandato vestito in quel modo, ma non Min Yoongi. Con gli abiti sportivi e i capelli arruffati attirava su di sé tutti gli sguardi, senza neppure doversi sforzare. E non era soltanto per il suo bel viso. Il carisma di quel ragazzo brillava nel suo sguardo magnetico, nei suoi sorrisi sfrontati e nei modi fuori dal comune. Jimin era sempre stato affascinato dalla sua personalità. Intorno a lui c'era un'aura luminosa, attraente come una calamita, e in quel momento - l'uno di fronte all'altro - Jimin credette di poterla sfiorare.

Yoongi lo guardò dritto negli occhi, come faceva con tutti. Non abbassava mai lo sguardo con nessuno, non rompeva mai il contatto visivo con le persone, neppure quando era imbarazzato. Jimin rimase a guardarlo imbambolato, con le guance accese di un rosso vermiglio e gli occhi pieni di lui. Non si accorse neppure che si stavano fissando in religioso silenzio, fino a quando Min Yoongi fece scoppiare la gomma che stava masticando. Bop.

Quel rumore sembrò ridestarlo. Jimin spalancò gli occhi e annuì rapidamente, evidentemente imbarazzato, e Yoongi trattenne un sorriso sardonico mordendosi la lingua.

«La professoressa Choi mi ha detto che sei bravo in francese» disse svogliatamente Yoongi. Jimin riusciva a vedere la gomma che si spostava da un lato all'altro della sua bocca, la lingua rosa che la rincorreva e il lieve luccichio del piccolo labbro inferiore del suo hyung. Gli stava fissando le labbra mentre parlava, senza alcun pudore. Si sforzò di distogliere lo sguardo, abbassandolo rapidamente sulle sue scarpe.

«M-mh». Riuscì a dire soltanto questo, con un lieve cenno del capo, lanciando occhiate furtive a Yoongi attraverso le morbide ciocche color grano che gli coprivano gli occhi. Lo stava ancora guardando, con la fronte un po' aggrottata, come se fosse soprappensiero.

«Io faccio schifo in francese e la professoressa si è stufata di mettermi tre in pagella. Mi ha detto che tu sei il migliore della scuola e che a volte dai ripetizioni ad alcuni tuoi compagni» continuò guardandosi distrattamente intorno. Il corridoio si stava affollando. Il vociare degli studenti riempiva l'aria, mentre si intrattenevano in rumorose conversazioni fuori dalle aule. Le lezioni stavano per cominciare. Di norma Jimin sarebbe stato già in classe, al primo banco, pronto a prendere appunti o a fantasticare come suo solito, ma non quella volta.

«Vuoi che io ti dia ripetizioni di francese?» chiese con voce troppo bassa. Il suo hyung si sporse verso di lui e Jimin sussultò così forte che alcuni studenti si voltarono verso di loro per capire cosa stesse succedendo tra uno dei ragazzi più popolari della scuola e un secchione del secondo anno. Yoongi non sembrò farci troppo caso, ma in quel momento Jimin avrebbe voluto scomparire.

In un'aula o in un bagno, tra le braccia del suo hyung.

«Va bene» esclamò a voce più alta. «Ti darò ripetizioni». Inciampò su qualche sillaba e avvampò violentemente, ma cercò in tutti i modi di mostrarsi amichevole. Accennò persino un sorriso, rapido e incerto, con gli angoli della bocca che tremavano più forte del suo cuore.

«Davvero? E quando saresti disponibile?».

«Il martedì».

Quella era la sua occasione. La aspettava da un anno e finalmente era arrivata. Tutto ciò che sperava era di diventare suo amico, quel poco che bastava per pranzare con lui, anche soltanto una volta.

In un comune martedì di primavera Park Jimin diede ripetizioni di francese a Min Yoongi. Quella era stata la sua attesa, l'unica che avesse davvero importanza per lui.

In cambio avrebbe chiesto soltanto la sua amicizia, ma il suo hyung non fu della stessa idea.


«Je m'appelle Park Jimin, comment tu t'appelles?». Il libro di francese era aperto sulla scrivania e le pagine svolazzavano leggere, mosse dalla lieve brezza primaverile. La finestra della camera di Jimin era aperta e lasciava entrare la tenue luce dorata del tramonto.

Baciato da quella luce calda, Yoongi sembrava meno pallido. I raggi del sole gli accarezzavano il viso di porcellana, facendolo splendere come se fosse fatto di seta. Jimin riuscì a stento a tenere la voce ferma mentre cercava di conversare con lui in francese. Ironico, aveva a malapena parlato con lui in coreano.

Il suo hyung aveva iniziato la lezione con entusiasmo, ma la sua concentrazione era  calata dopo appena mezz'ora. Aveva iniziato a curiosare nella camera di Jimin, lasciando che il suo sguardo si posasse ovunque tranne che sul libro di francese. Aveva anche sbadigliato un paio di volte e giocherellato con la matita che teneva tra le mani, prima di appoggiarsela sull'orecchio.

Non sapendo cosa dire, Jimin iniziò a torturarsi le mani. Voleva iniziare una conversazione con lui, ma non sapeva più cosa inventarsi. Yoongi era restio a parlare in francese, non ci metteva il minimo impegno, né nella pronuncia né nella grammatica. Avevano ripetuto quel dialogo per ben tre volte, ma continuava a fare gli stessi errori. Ogni volta che sbagliava, scoppiava a ridere e Jimin arrossiva fino alla punta dei capelli. Sembrava farlo di proposito, quasi come se volesse vederlo imbarazzato a causa sua.

Il maggiore l'aveva scoperto a fissarlo più di una volta quel pomeriggio. Le guance di Jimin ardevano ed era certo che anche il suo hyung avesse notato quel vivace rossore. Anche la voce gli tremava mentre parlava, ma Yoongi non lo interrompeva mai. Lo ascoltava in silenzio, osservando i suoi movimenti con curiosità.

Jimin era persino sceso al piano di sotto per recuperare una scatola di cioccolatini da offrire al suo ospite insieme al caffè, nella speranza di salvare quel pomeriggio noioso e scoprire qualcosa in più sul suo hyung. Quando era tornato in camera sua, l'aveva lasciata sulla scrivania, invitandolo a mangiarne uno, ma Yoongi non l'aveva neppure sfiorata.

Così Jimin aveva fatto il primo passo. Aveva aperto la scatola rossa e aveva scelto un cioccolatino al latte. Lo avvicinò la bocca e lo addentò, sporcandosi le dita come un bambino. Alzò lo sguardo e si accorse che Yoongi lo stava fissando. Prima le labbra, poi gli occhi e poi di nuovo le labbra. Jimin era troppo piccolo e inesperto per capirne il motivo, si sentì soltanto in imbarazzo, e abbassò lo sguardo sulle sue mani. Masticò in silenzio, a capo chino, anche l'altro pezzo del cioccolatino e, quando ebbe finito, lanciò un'occhiata incerta a Yoongi. Non lo stava più guardando. Era concentrato a digitare un messaggio sul cellulare.

«Tu non mangi?» chiese all'improvviso.

Le labbra di Yoongi si distesero in un mezzo sorriso. «Non mi piace il cioccolato».

«Posso prenderti qualcos'altro, se vuoi. Cosa ti piace?» rispose in fretta Jimin, alzandosi in piedi e arrossendo ancora una volta.

Yoongi stavolta lo imitò. Si alzò e lo raggiunse, afferrandogli un polso. Jimin aveva gli occhi spalancati, grandi e lucidi come quelli di un cerbiatto, mentre osservava la mano del suo hyung chiudersi così dolcemente sul suo polso minuto.

«Non l'ho mai mangiato, in verità» disse Yoongi con aria divertita. Le sue guance si erano colorate di un rosa tenue, mentre quelle di Jimin ormai bruciavano vistosamente, rosse come due ciliegie mature.

«Non hai mai mangiato il cioccolato?» chiese Jimin sbalordito.

Yoongi si morse il labbro per trattenere un sorriso e il suo sguardo si addolcì. Non ripose a quella domanda, ma indicò i cioccolatini con un cenno del capo. «Scegline tu uno per me».

Jimin lo guardò senza capire. Sbatté le palpebre e restò a fissarlo, palesemente confuso e imbarazzato. Yoongi si era avvicinato di più, ora stava in piedi di fronte al più piccolo e scrutava nei suoi occhi con la testa lievemente inclinata. Il suo sguardo era un coltello tagliente e una morbida carezza. Jimin lo sentiva graffiargli le guance e poi sfiorarle con tenerezza.

Dolce amaro.
Come il cacao.

Era desiderio quello che s'intravedeva negli occhi neri come bragia del suo hyung? Era curiosità? Timore, forse?

Jimin aveva iniziato a tremare e, quando arretrò di un passo per raggiungere la scatola di cioccolatini, sentì le ginocchia cedere sotto il suo peso. Si appoggiò con una mano alla scrivania, come se avesse appena corso una maratona e stesse cercando di recuperare il fiato. Sotto lo sguardo del maggiore, scelse un cioccolatino fondente a forma di cuore, perché quello era l'unico modo per dirgli quello che sentiva. Con le parole non ci sarebbe mai riuscito, quindi racchiuse in quella carta lucida e rossa tutto ciò che aveva tenuto nascosto nel suo cuore per un anno, tutte le notti passate a chiamare il suo nome e tutti gli sguardi che gli aveva rivolto, sperando che si voltasse almeno una volta nella sua direzione.

Era tutto in quel cioccolatino, amorevolmente incartato, tra le sue mani tremanti. Lo porse al suo hyung senza riuscire neppure a guardarlo, ma Yoongi non lo prese. Lo lasciò lì dov'era, sul palmo della piccola mano di Jimin, che alzò lo sguardo verso di lui.

Yoongi si sedette sulla scrivania, un piede poggiato per terra e l'altro penzoloni. Poi serrò gli occhi e schiuse le labbra. «Come si dice cioccolato in francese?» chiese lentamente, con il suo tono di voce tranquillo e confortante.

Jimin fu tentato di darsi un pizzicotto soltanto per capire se tutto quello fosse reale oppure no. Yoongi era davvero davanti a lui - occhi chiusi, bocca aperta, guance rosse - seduto sulla scrivania della sua camera. Quella non era una delle sue fantasie. Min Yoongi gli stava davvero chiedendo di mettergli un cioccolatino in bocca.

Jimin ci mise più tempo del dovuto a scartarlo. Il rumore della carta lo fece rabbrividire così forte che temette di avere la febbre.

«Chocolat. Si dice chocolat» rispose in un soffio con il cuoricino di cioccolata tra le dita.

Lo imboccò con le mani e Yoongi si avvicinò per prenderlo in bocca. Le sue morbide labbra sottili fremettero contro le dita da bambino di Jimin. Ogni centimetro del corpo di Jimin tremava. Il fugace contatto tra il suo indice e il labbro superiore del suo hyung era bastato a farglielo venire duro. I blue jeans stringevano sulla sua erezione e Jimin si tirò più in basso la felpa nera per nasconderla.

Yoongi seguì il suo movimento con lo sguardo e alzò un sopracciglio. Jimin smise di respirare e per un attimo anche lui sembrò trattenere il fiato. Poi gli afferrò un polso e lo tirò a sé, mettendogli una mano dietro la schiena. I loro corpi si scontrarono e Jimin sentì per la prima volta il cazzo duro di Yoongi contro il proprio.

«Non so una parola in francese, ma grazie a Dio so come baciare alla francese». Pronunciò quelle parole in un sussurro a fior di labbra e poi fece scontrare le loro bocche. Era bagnata, calda, sporca di cioccolato, così dolce che il primo istinto di Jimin fu quello di leccarla. Chiuse gli occhi e gli ansimò nella bocca, per il sollievo e per l'eccitazione, lasciandosi andare completamente contro quel corpo rovente.

Yoongi schiuse le labbra e spinse lentamente la lingua dentro la sua bocca. Jimin dovette aggrapparsi alla sua t-shirt per non perdere l'equilibrio. Tentò di ricambiare il bacio, ma l'inesperienza lo tradì. Quando picchiarono i denti, si allontanò celermente, rosso di vergogna. Yoongi non sembrò apprezzare quel gesto, perché lo tirò di nuovo a sé con un mugolio e lo baciò con più foga, mordendo, succhiando, leccando e torturando le labbra del più piccolo.

L'eccitazione gli fece trovare il coraggio, e Jimin spinse più a fondo la lingua nella gola del suo hyung. Gli andò incontro, premendo tutto il corpo contro di lui e strusciandosi sulla sua coscia per dare sollievo all'erezione che gli doleva nei pantaloni.

Ma a Yoongi non sembrò sufficiente. Lo prese per i fianchi e fece scontrare ancora una volta il cavallo - umido, duro e gonfio - dei loro jeans. A quel punto aveva iniziato a toccarlo dappertutto; gli aveva afferrato i capelli, li aveva tirati all'indietro per scoprirgli la gola e baciargli il mento, leccare la linea del suo collo fino al pomo d'Adamo, e poi più in basso, nella cavità tra le sue clavicole. Yoongi lo stava leccando dappertutto. Jimin sentiva la sua lingua bagnata contro la pelle e l'odore di cioccolato nell'aria.

«Ancora» disse senza fiato, aggrappandosi disperatamente a lui. «Ancora, ancora, ancora» ripeté.

«Ancora cosa?» chiese Yoongi alitando sul suo collo e accarezzandogli con calma la nuca. I suoi modi gentili e pacati stavano uccidendo Jimin, che avrebbe voluto soltanto farsi divorare, farsi prosciugare la bocca, baciandolo fino a non sentire più le labbra.

«Cioccolata».

Yoongi non se lo fece ripetere due volte. Lo afferrò per le cosce e ribaltò le posizioni. Lo fece sedere sulla scrivania e gli aprì le gambe. Jimin alzò il bacino, ansimando e gemendo come un disperato, con la testa reclinata all'indietro e la bocca spalancata sporca della loro saliva.

Fu rumoroso. Lo sguardo del suo hyung si fece più affamato, più insofferente. Yoongi non riuscì più a mantenere la calma. Afferrò la scatola di cioccolatini e ne prese uno senza neppure guardare quale fosse. Lo scartò con una mano sola e infilò quella libera sotto la sua felpa, la sollevò e gliela tolse con uno strattone, quasi volesse strappargliela di dosso.

Il modo in cui lo guardò accese in Jimin un desiderio che non aveva mai provato prima. Gli piaceva che lo guardasse in quel modo, senza inibizioni, eccitato e vulnerabile per lui. Jimin non era mai stato guardato così e desiderava che quegli occhi si posassero solo su di lui, sul suo corpo nudo, il più a lungo possibile.

Quello sguardo abbatté tutte le sue difese. Jimin aprì la bocca e tirò fuori la lingua. Una preghiera nel suo sguardo e un sussurro tra le labbra: ti prego, fammi tuo.

Yoongi sfregò il cioccolatino sulla sua bocca e sulla lingua, fino a ricoprirle completamente di cioccolato. Poi si avvicinò e gemette nella sua bocca, gli leccò le labbra, le morse e le tirò con i denti. Si staccò soltanto per riprendere fiato e un filo di saliva rimase sospeso tra le loro bocche. Pulite quelle, gli succhiò la lingua, spingendo il bacino contro il suo. Il cazzo del suo hyung era duro come il marmo. Si strusciava contro il suo inguine, e nel momento in cui lo sentì pulsare Jimin temette di venirsi nei pantaloni.

Si baciarono a lungo, si divorarono a vicenda le labbra ormai livide. Baci fondenti e baci al latte, fino a riempirsi lo stomaco.

Non parlarono affatto. Nella piccola camera di Jimin si sentivano soltanto gli schiocchi delle loro bocche e il rumore dei jeans che sfregavano tra di loro. Ormai senza fiato, Yoongi gli morse il labbro inferiore e si tirò indietro. Con una mano si scostò i capelli dalla fronte madida di sudore. Aveva le guance rosse quanto le sue e i loro respiri bollenti avevano incendiato l'aria nella stanza. Jimin gli accarezzò il petto e gli sfilò la maglietta in un unico rapido gesto, ma poi se ne pentì.

Che cosa gli avrebbe detto? Lui non l'aveva mai fatto con nessuno. Non aveva nessuna esperienza ed era certo che Yoongi ne avesse molta, perché il modo in cui l'aveva baciato, la sicurezza nei suoi gesti e la tranquillità delle sue carezze non potevano appartenere a qualcuno che era alla sua prima volta.

Yoongi allungò una mano per sbottonargli i pantaloni e Jimin iniziò a tremare. Erano entrambi a petto nudo, sporchi di saliva e cioccolato, e per niente sazi dei loro baci.
Non potevano più fermarsi, erano entrambi troppo eccitati.

«È-è la prima volta per me» balbettò, sentendo le lacrime rigargli le guance roventi. L'idea di deludere il suo hyung, il ragazzo che aveva sempre desiderato e che per miracolo ricambiava i suoi sentimenti, era insopportabile. Non voleva rovinare tutto proprio quando aveva ottenuto le sue attenzioni, non voleva vedere quello sguardo eccitato e affamato svanire a causa della sua inesperienza.

Yoongi spalancò gli occhi per un solo istante, sorpreso da quella rivelazione. Poi il suo sguardo si addolcì e le sue labbra si distesero in un sorriso gentile. Gli incorniciò le guance con le mani e si abbassò sul suo viso per asciugargli le lacrime con la bocca. «Mi dispiace, mi hai colto di sorpresa. Sei così bello, Jimin, così bello» sussurrò tra un bacio e l'altro. Poi poggiò le labbra sulle sue, e questa volta il bacio fu più tenero, quasi premuroso.

«Possiamo fermarci, se vuoi» gli disse a fior di labbra.

Jimin scosse rapidamente la testa e si aggrappò alle sue spalle come se avesse paura di lasciarlo andare. «Ti voglio» mormorò rosso di vergogna. «Solo che... non so come si fa. Voglio che sia bello per entrambi» continuò guardandolo negli occhi.

Yoongi non rispose, si abbassò sul suo petto e gli leccò un capezzolo senza distogliere lo sguardo dal suo viso. Poi gli tolse i pantaloni e riprese a baciarlo, percorrendo con la lingua prima le labbra carnose, poi il collo, le spalle spigolose, il petto e infine la pancia. Jimin lo vide inginocchiarsi davanti a lui e sfregare il viso contro le sue mutande.

«Hyung» gemette stringendogli i capelli e tirandoli disperatamente.

Non appena chiuse le labbra intorno alla sua erezione attraverso il tessuto delle mutandine, Jimin sentì un brivido lungo la schiena che sembrò sciogliergli le viscere.

Non riuscì ad aspettare un secondo di più. Gli tirò i capelli per scostarlo e si abbassò le mutande, liberando il cazzo duro e pulsante. Ansimò di sollievo quando Yoongi ci respirò sopra. La punta era già fradicia. Era stato sul punto di venirsi nei pantaloni così tante volte che ormai si era bagnato come una donna.

Yoongi lo leccò, pulendolo e percorrendo le vene del suo cazzo con la lingua, come se fossero le strade sconosciute di una mappa del tesoro. Poi lo prese in bocca, tutto in una volta e fino in fondo. Jimin ansimò così forte che dovette mettersi una mano sulla bocca per non gridare.

La lingua del suo hyung premeva contro il suo punto più sensibile, dalla base fino alla punta, mentre lo succhiava lentamente con le labbra. Non faceva rumore, ma Jimin riusciva a sentire il suono della sua bocca piena di saliva e della gola strozzata dal suo cazzo. Yoongi gemette con le labbra strette intorno a lui e Jimin si tirò indietro appena in tempo per venirgli in faccia. Gridò il suo nome mordendosi il polso e si accasciò sul pavimento. L'erezione pulsava, si alzava e si abbassava ripetutamente, come il petto di Jimin.

Yoongi si pulì la bocca con un una mano. Rivoli di sperma gli sporcavano il mento, le guance arrossate e parte del collo. Poi si portò le dita in bocca e le succhiò, ingoiando il suo seme. Jimin pensò che quella fosse la cosa più erotica che avevano fatto quel giorno.

Con il cazzo ancora duro e gonfio tra le cosce, Jimin gli morse il collo, succhiando la pelle dapprima piano e poi più forte. Voleva sentirlo gemere ancora, più forte, e chiamare il suo nome.

Succhiò la pelle con veemenza e si fermò soltanto quando sentì il sapore del sangue sulla punta della lingua. Quando si scostò, vide Yoongi con la testa reclinata all'indietro e la bocca aperta, abbandonato al piacere, e decise che non era abbastanza.

Afferrò il cazzo del suo hyung e iniziò a toccarlo. «Alzati in piedi» sussurrò contro la sua bocca. Yoongi esitò, ma quando vide lo sguardo deciso del più piccolo si lasciò sfuggire un'espressione sollevata e piena di desiderio.

In ginocchio davanti a lui, Jimin gli afferrò le cosce e gli restituì il piacere che aveva ricevuto, prendendolo in bocca. Era più grosso del suo e dovette quasi strozzarsi per spingerselo tutto in gola. Gli mancava il fiato e sentiva la bile risalirgli su per l'esofago mentre pompava sul suo cazzo, ma non avrebbe rallentato neppure se glielo avesse chiesto.

Yoongi si morse il labbro ed espirò violentemente. Jimin lo guardava dal basso, con i suoi occhi da cerbiatto colmi di lacrime e il mento grondante di saliva. Era più rumoroso di lui. Faceva un sacco di rumore mentre leccava e succhiava l'erezione pulsante del suo hyung, ma non gli importava se poteva sentirlo gemere ancora e ancora.

«A-ah! Jimin!» gemette più forte e gli strinse i capelli con le mani, spostandoglieli dalla fronte grondante di sudore. «Sto per venirti in bocca» disse con voce roca e tremante, cercando di allontanarlo. Jimin però oppose resistenza e continuò a succhiare, a leccare e a spingerlo più a fondo. Le lacrime gli rigavano le guance per lo sforzo, ma erano lacrime di piacere, di desiderio e di eccitazione.

Lasciò scivolare una mano dalla coscia al sedere magro e sodo del maggiore. Strinse le dita sulla carne morbida e poi spinse il bacino contro la sua bocca.

Yoongi gridò e venne copiosamente nella sua gola, riempiendogli la bocca dello sperma caldo su cui aveva tanto fantasticato.

Jimin si affrettò ad ingoiarlo tutto e lo lasciò andare, ansimando violentemente. L'aria era piena dei loro respiri e profumava di sesso e cioccolato.

Quando entrambi ebbero recuperato un po' di fiato, Jimin si voltò verso di lui e gli disse con aria divertita: «Non avevi detto che non ti piace il cioccolato?».

Yoongi ridacchiò e fece schioccare la lingua contro il palato. «Qui n'aime pas le chocolat».











non dirò niente, perché at the moment sono un po' imbarazzata. questa è la mia prima smut, se non contiamo la mini scena presente in ninna nanna per adulteri, quindi siate clementi🥺

fatemi sapere cosa ne
pensate per favore!
don't be quiet💓

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