eight

[Pieces — Andrew Belle]

È passato poco più di un mese da quando sono arrivata a Nottingham: sono uscita con Stephan qualche volta; mi ha guidata portandomi a scoprire la città, e sto imparando a darle una possibilità.

A scuola ho conosciuto qualcun altro, ma riesco a fidarmi solo di Stephan e Tara. Con lei passo molto tempo, mi parla tanto ed io la ascolto. Sembra che tutto nella sua vita sia già stato stabilito; un programma stilato quasi dalla nascita. Spero per lei che i suoi programmi si realizzino in un modo migliore rispetto ai miei.

Ho visto anche Harry in queste settimane; è venuto un paio di volte a scuola per Tara e mi ha accompagnata a casa una seconda volta quando siamo usciti insieme agli altri.

Ho provato tanto a fidarmi, ad aprirmi di più durante queste ultime settimane con le persone che adesso sono diventate le mie abitudini, che fanno parte della mia vita che io lo voglia oppure no.

E nonostante tutto, giorno dopo giorno riesco a sentire Nottingham più vicina e meno estranea di quanto credessi, di quando sono arrivata e di quando ho saputo che ci sarei venuta.

🌹

Oggi è il compleanno di Tara e ha organizzato una festa a casa sua. L'abito che ho deciso di indossare è blu scuro, le maniche mi fasciano le braccia fino ai gomiti e lascia quasi completamente la schiena scoperta. Si appoggia sul mio corpo fino a metà coscia e mi piace il modo in cui lo fa. È un abito nuovo, quindi non mi ricorda niente del mio passato e della vita che non è più mia. Le scarpe dal tacco troppo alto che allaccio alle caviglie sono di Tara, ha insistito perché le prendessi in prestito dato che io non ne ho.

Con esitazione raggiungo mio padre, seduto al tavolo in sala.

«Credi che possa andare?» gli domando, e lui alza lo sguardo su di me.

So che non si aspettava che potessi chiedergli qualcosa del genere, ma alla fine mi sorride e mi viene incontro, alzandosi e sfilandosi gli occhiali dal volto. «Va benissimo.»

Io ricambio il suo sorriso; in questi momenti non posso fare a meno di sperare che forse non tutto è perduto. «Grazie, papà.»

«Hai bisogno di un passaggio?» mi chiede mentre torna a sedersi.

«No, non preoccuparti» rispondo scuotendo anche la mano. «Viene a prendermi Stephan.»

«Passate molto tempo insieme» afferma sollevando lo sguardo per portarlo su di me. Non c'è troppo giudizio nel suo tono e nella sua domanda indiretta, e so che si fida di Stephan.

«Siamo soltanto amici, papà.»

«Io non ho detto nulla» dice alzando le mani e accennando un sorriso.

Scuoto piano la testa. «Lavori ancora?»

«Sì, ma non ne ho per molto.»

Vado verso la cucina e riempio un bicchiere con dell'acqua; quando torno in sala leggo il messaggio di Stephan che dice che arriverà tra poco e mi siedo al tavolo di fronte a mio padre.

«Ho conosciuto un ragazzo in clinica, qualche giorno fa» inizia, «credo abbia più o meno la tua età, o che possa essere di poco più grande.»

Non so esattamente perché abbia iniziato questa conversazione in questo modo, ma ho imparato che mio padre non dice mai niente per sbaglio, che dietro le sue parole c'è sempre qualcosa di più.

«Era un paziente?»

Scuote la testa. «No, era un volontario

Io annuisco soltanto, non sapendo cos'altro dire. Mio padre sorride. «È un bravo ragazzo.»

«Papà, non so perché...» comincio, ma vengo interrotta dal suono del mio cellulare. Leggo il nome sullo schermo: è Stephan.

«È arrivato, devo andare» lo avviso, alzandomi e prendendo la giacca.

«Non fare troppo tardi. E, Ariel» mi volto prima che lui continui. «Divertiti.»

Gli sorrido prima di uscire e chiudermi la porta alle spalle; appena quelle dell'ascensore si spalancano Stephan è davanti a me, che lascia scorrere lo sguardo sul mio corpo per qualche istante.

«Stai benissimo» dice mentre lo raggiungo.

«Grazie» mormoro guardandolo e accettando il suo invito ad appoggiarmi a lui, così lascio scivolare un braccio intorno al suo.

🌹

La casa di Tara è talmente grande che da dove siamo ora sembra non finire mai. Ci sono già stata in realtà, ma dal modo in cui tutto è stato allestito sembra una casa completamente diversa.

Io e Stephan veniamo accolti da una ragazza che ha la lista degli invitati; mi intima di lasciarle anche la giacca e la borsa, ma recupero il cellulare prima di entrare.

Sono ancora àncorata al braccio di Stephan mentre insieme attraversiamo il giardino. Ci sono tavoli addobbati con fiori e piccole luci; è tutto bellissimo e curato nei minimi dettagli. In sottofondo c'è una musica leggera che si fa sentire ma non troppo, che non dà fastidio a chi cerca di intavolare una conversazione.

«Siete arrivati» una voce alle nostre spalle ci fa voltare, e quando lo faccio percepisco il cuore fermarsi per un istante.

Harry indossa una camicia bianca che lascia intravedere i due tatuaggi incisi al di sotto delle clavicole. La giacca nera è aperta sul torace e i capelli sono portati all'indietro e verso l'alto come tutte le volte. Anche i suoi occhi sono sempre gli stessi.

«Styles» lo saluta Stephan, ancora al mio fianco.

«Hold» replica Harry con un cenno del capo, poi sposta il suo sguardo su di me.

«Ariel Green» dice, e una serie di brividi ricoprono il mio corpo per il modo in cui solo lui riesce a pronunciarlo. Sento Stephan stringere delicatamente il mio braccio ancora intorno al suo.

«Ciao, Harry» sussurro in risposta, e nessuno dei due sembra riuscire a distogliere lo sguardo dall'altro per primo, ma è poi Tara ad interromperci.

«Finalmente siete arrivati!» esclama mettendosi affianco ad Harry. I lunghi capelli biondi le ricadono in morbide onde sul petto e sulla schiena. Harry si volta verso di lei e le cinge la vita con un braccio, e Tara non esita a lasciarsi andare contro di lui. Si guardano in un modo inspiegabile, e so di non essere l'unica ad essersene resa conto. Insieme si completano, fanno affidamento sull'altro e vanno avanti insieme, le dita strette intorno a quelle dell'altro.

Stephan si allontana da me per stringere Tara in un abbraccio. «Buon compleanno» le dice lasciandole un bacio sulla guancia. Lei lo ringrazia con un sorriso e poi mi avvicino anch'io.

«Tanti auguri» le sussurro tra i capelli e ricambiando la sua stretta calda. «Sei bellissima.»

Quando mi volto distrattamente vedo Harry osservarci con un'espressione che non riesco a decifrare. Distolgo lo sguardo e lo riporto su Tara.

«Grazie» sorride, «e anche per essere venuta.»

Scrollo le spalle e le dico che non avrei potuto non esserci, poi sposta lo sguardo sulle mie gambe fino a scendere sulle mie — sue — scarpe.

«Temevo che non le mettessi più!» ammette con una risata, poi torna a guardami in volto. Mi tiene le mani tra le sue e gli occhi le brillano di una luce che sono riuscita a trovare in poche persone. «Stai davvero molto bene, Ariel.»

Dopo un po' ci dividiamo, e io sono di nuovo insieme a Stephan.

«Prendiamo qualcosa da bere?» suggerisce, e non posso fare altro che accettare la sua offerta.

Andiamo verso uno dei tavoli più grandi e aspettiamo che il cameriere ci versi qualcosa. Alzo il mio sguardo sul cameriere pronta a prendere il mio bicchiere, quando lui indugia sulle mie dita strette intorno al vetro.

«Grazie» dico e lui annuisce sorridendomi; io imbarazzata mi volto tornando a guardare Stephan.

«Quel tipo ti ha guardata per bene» conviene mentre ci allontaniamo dal tavolo.

«Era soltanto gentile» minimizzo, prendendo la cannuccia tra le dita.

«Adesso si dice così?» continua, ma non riesco a comprendere il tono che maschera la sua voce.

Prima che possa rispondergli avverto una presa gentile sui miei fianchi che mi coglie di sorpresa e che mi fa spostare leggermente, ma poi riconosco la presa mentre mi volto. Zayn mi bacia una guancia velocemente, io mi stringo nelle spalle di riflesso ma sorrido.

«Sei uno schianto» mi sussurra all'orecchio, io alzo gli occhi e scuoto la testa. Mi divincolo dalla sua stretta e nel frattempo siamo stati raggiunti anche da Louis ed Eleanor, che si tengono per mano mentre salutano me e Stephan. Si avvicina anche Niall, che ha un bicchiere tra le mani e un sorriso pronto da mostrare a tutti.

Ho conosciuto tutti una sera, quando sia Tara che Stephan mi avevano detto che non saremmo stati soli e che Harry aveva invitato anche loro a passare la serata con noi. Sono tutti più grandi, ma nessuno di loro fa pesare la differenza d'età che intercorre tra noi. Zayn mi ha chiesto più volte di uscire con lui; io ho sempre declinato. Nonostante tutto non perde l'occasione per ripropormelo o per starmi vicino.

«Accetterai il mio invito, prima o poi?» mi domanda mentre vero Louis ed Eleanor allontanarsi e Niall e Stephan parlare tra loro.

«Prima o poi, forse» scrollo le spalle, e poi penso che potrei accontentarlo. Almeno per una sera potrei lasciarmi andare e vedere come potrebbe essere passare del tempo con lui. È certo che non sono pronta ad avere qualcuno al mio fianco, e probabilmente non sono neanche queste le intenzioni di Zayn, ma provare a distrarmi potrebbe davvero farmi solo bene.

«Sai che non mi arrendo» sostiene, un sorriso sulle labbra. «Non fino a quando mi avrai detto di sì.»

Il cellulare mi vibra tra le mani e leggo il nome sullo schermo prima di spostarmi da lui e di dargli una risposta. «Scusami, devo allontanarmi.»

«Non stare via troppo» continua, e io gli rivolgo un ultimo sguardo mentre vado verso il retro della casa. Apro il messaggio velocemente.

Mi manchi ogni giorno di più. È Liam, e non è l'unico messaggio che mi ha scritto. Scorro la conversazione e leggo il secondo.

Tornerai?

Siamo riusciti a parlare poco da quando sono qui, e mi dispiace perché avrei bisogno di almeno sentirlo vicino. Anche se con gli orari diversi è difficile proviamo ad andare avanti lo stesso quando riusciamo a farlo. Mi parla spesso di mio fratello, mi aggiorna su come stiano andando le cose lì.

Scrivo una risposta mentre calcolo che ore possano essere a Portland in questo momento. È ancora mattina lì.

Lo farei soltanto per rivederti.

Ieri ho incontrato tua nonna, mi informa. Adesso mio fratello è con lei, abbiamo deciso di lasciarlo lì per non sradicarlo dalle sue abitudini. Tutto ciò di cui lui non aveva bisogno era un cambiamento talmente drastico da stravolgergli e annullare ogni altro legame che ha costruito a Portland.

Come sta Todd?

Credo bene, ha ripreso la scuola. Gli manchi, manchi a tutti noi.

Mi si stringe il cuore quando leggo le sue parole, e un senso di malinconia misto alla tristezza mi attraversa completamente e mi fa riflettere come tutte le volte; ho davvero fatto la scelta giusta assecondando mio padre a venire qui?

L'insistente vibrazione del mio cellulare mi distrae, rispondo alla chiamata di mio padre quando leggo il suo nome sullo schermo.

«Ariel, sono io.» Ha il respiro pesante mentre pronuncia quelle parole, sento che si sta muovendo tanto e velocemente anche attraverso il telefono.

«Papà, è successo qualcosa?»

«C'è un'urgenza, devo tornare in clinica. Non so quanto tempo mi terrà occupato.» È questo quello che intendevo quando ho sostenuto che su mio padre non è si può fare affidamento. Non lo biasimo per questo, non lo farei mai, ma in questo modo si è perso tanti momenti di ognuno di noi. Di me, di Todd, e della mamma.

Traccio con le dita l'orlo del vestito. «Non preoccuparti.»

«Hai le chiavi dell'appartamento con te?»

«Sì» rispondo, anche se non ne sono del tutto sicura. Le porto sempre con me solitamente, quindi dovrei averle nella borsa, solo che adesso non posso controllare perché l'ho lasciata a quella ragazza all'entrata assieme alla giacca.

«Va bene, allora ti scrivo un messaggio più tardi. Stai attenta» dice, prima di chiudere la chiamata.

Scorro la breve conversazione con Liam e finisco per ritrovare una foto che ci ritrae qualche settimana prima della morte di mia madre. Vorrei poterlo avere più vicino e vorrei non aver dovuto rinunciare anche a lui.

«Posso?» è una voce che ho imparato a riconoscere per il modo in cui tutto dentro sembra riprendere a scorrere che me lo chiede e io alzo lo sguardo su di lui quando lo fa.

Gli rispondo spostandomi per permettergli di sedersi accanto a me, e la sua gamba sfiora la mia per qualche istante. Ho ancora l'immagine aperta sullo schermo del cellulare, e i suoi occhi cadono sulla foto.

«È Liam?» mi domanda, e non credevo che se ne ricordasse. Gli ho parlato di lui soltanto quando una delle prime sere mi riaccompagnò a casa.

Io però annuisco. «Sì, è lui.»

Segue qualche minuto di silenzio, prima che Harry rilasci un sospiro e si volti verso di me costringendomi a fare lo stesso. So quello che sta pensando, e so quello che sta per chiedermi.

«Perchè sei qui, Ariel?»

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