III
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— It's not just my pride,
it's just 'till these tears have dried.
Rehab, Amy Winehouse.
«Em.» Mi richiamò Seth per l'ennesima volta.
Sentivo il mio nome sussurrato più e più volte, ma io ero presa da altro, e non riuscivo a portare la mia attenzione su di lui.
«Cosa non può essere?» Continuò mentre io mantenevo lo sguardo sul corpo del ragazzo che stava venendo nella nostra direzione.
Lo abbassai non appena prese posto a qualche passo da noi — che adesso eravamo dietro il bancone a risciacquare e ad asciugare bicchieri.
Mi ero accorta che Seth si era arreso perché non sentii più la sua voce riecheggiare nella mia mente.
Non sapevo se quel ragazzo si ricordasse di me e non ero neanche sicura che fosse lui, eppure in qualche modo quasi ci speravo.
Poggiò il cellulare sul bancone e fu così che notai la croce che aveva tatuata sulla mano. Mi piacevano le sue mani, dovevo ammetterlo.
Osservai il suo profilo: dai lineamenti decisi della mascella al naso che sembrava essere privo di imperfezioni; fino a quegli occhi, il cui ricordo era ancora fresco nella mia mente.
Senza neanche accorgemene stavo andando nella sua direzione.
Mi fermai proprio davanti a lui, che ora aveva il capo chino sul cellulare come se si trattasse di un qualsiasi cliente che ogni giorno passava in quel locale.
Accorgendosi della mia presenza sollevò lo sguardo che, quando intercettò il mio, mi permise di non avere più dubbi: era lui.
«Ciao.» Mi limitai a dirgli, cercando di non lasciar trasparire alcuna emozione dettata dall'intensità con cui mi stava guardando. Non sapevo neanche se si ricordasse di me.
«So cosa stai facendo» disse ad un tratto, e la sua voce era esattamente come la ricordavo, roca e incredibilmente profonda.
«Come, scusa?»
«Stai letteralmente scomparendo dalla voglia di sapere se mi ricordo di te.» Se ne uscì poi, e sul suo volto comparve un provocatorio sorriso malizioso.
«Non so di cosa tu stia parlando» gli risposi distogliendo lo sguardo dal suo e fingendo di non capire cosa mi stesse dicendo.
«Quindi sostieni di non avermi mai incontrato?» Chiese ed io mi sollevai, tornando a guardarlo. I suoi occhi si riflettevano nei miei in un modo così intenso da provocare dei brividi lungo tutta la mia schiena.
«Dovrei farlo?»
«Non si risponde mai ad una domanda con un'altra domanda, ricordi?» Infierì, confermando che si ricordasse di quella sera, esattamente come me.
«Comunque, non ringraziarmi» continuò prima di alzarsi e dirigersi verso l'uscita, senza neanche aver preso nulla o avermi dato la possibilità di replicare.
Lanciai una veloce occhiata a Seth, e considerando che il locale non era poi cosi straboccante di gente, seguii quel ragazzo di cui non sapevo praticamente nulla, senza neanche conoscerne il motivo.
«Aspetta» dissi quando lo vidi a soltanto pochi metri di distanza dal locale. Lui si voltò e sembrò quasi come se si aspettasse di vedermi.
«Rincorri sempre le persone?» Chiese avvicinandosi.
«Cosa?»
«Vedo che non vuoi proprio imparare.» Scosse la testa prima di lasciare che i nostri sguardi si trovassero.
«Perchè sei venuto qui?»
«Fai troppe domande, e a quanto pare non mi sbagliavo sulla tua intraprendenza.»
«Non sono intraprendente.» Mi difesi, ribattendo alle sue parole.
«Lo sembravi in quel locale, ti riferisco soltanto ciò che dai a vedere. E non è proprio carino farlo davanti al tuo ragazzo, sempre che sia l'unico.» Disse, ed ero abbastanza intuitiva da capire che lo stava facendo semplicemente per provocarmi.
«Non c'è nessun ragazzo.»
«E che mi dici di quello che era con te quella sera e che era con te proprio qualche minuto fa?»
Scossi la testa.
«È Seth. E non stiamo insieme.»
«E lui lo sa?» Riprese, e sembrava quasi infastidito dalle mie risposte, come se non mi credesse.
«Tu non sai assolutamente nulla.»
«Permettimi di sapere, allora.» Affermò poi, catturando la mia attenzione. Notai che si era avvicinato sempre di più, e che in quel momento eravamo estremamente vicini.
«Non conosco neanche il tuo nome.» Gli feci notare, anche perchè non ero sicura che fosse serio.
«Dai così importanza ad un nome?»
«Neanche tu conosci il mio» dissi sperando che così cedesse. Non sapevo il motivo per cui volevo così tanto conoscerlo, ma era così. Come una calamita.
«Chi ti dice che io voglia conoscerlo?» Mi sorprese ancora una volta. Sembrava che avesse sempre una risposta pronta, a qualsiasi cosa gli venisse detto.
«Hai detto di voler sapere, e credo che conoscere il nome di una persona sia il primo passo per poterlo fare.»
«Uno a zero per te, ragazza intraprendente.»
«Non chiamarmi in quel modo.»
«Sei più vivace di quanto pensassi.»
«Il nome.» Replicai in tono deciso.
Si sporse verso di me, e non ero sicura di ciò che intendesse fare fino a quando poi estrasse il mio cellulare dalla tasca posteriore dei miei pantaloni sbloccandolo velocemente. Stavo per chiedergli cosa stesse facendo e mi maledissi per non avere un codice o un blocco di sicurezza, quando la porta del locale venne spalancata rivelando Seth.
«Emma, dovresti tornare dentro.»
«Vengo subito.» Gli assicurai, e quando mi voltai poi verso il ragazzo, un compiaciuto sorriso increspò le sue labbra rosee.
Si avvicinò ancora riponendo il cellulare nella tasca, indugiando e restando in quella posizione. Potevo sentire il suo respiro sul mio collo rendermi completamente incosciente e incapace di fare qualsiasi cosa. Odiavo sentirmi così vulnerabile.
«Ci vediamo presto, Emma.» Sospirò nel mio orecchio prima di allontanarsi, lasciandomi soltanto con il ricordo delle sue parole che si ripetevano nella mia mente e di cui cercavo di coglierne il significato che c'era tra le righe.
Scossi la testa cercando di non pensarci e tornai dentro.
«Chi era quel tipo, Em?» Mi domandò Seth, quando mi vide.
«Non lo so, Seth.»
— 🌙 —
Il nostro turno era finalmente finito; Seth mi stava aspettando per accompagnarmi da Lindy come ogni lunedì, che mi aspettava per la nostra serata insieme.
«Eccomi.» Richiamai l'attenzione di Seth, poggiato contro la sua auto.
Lo raggiunsi e in pochi minuti fummo davanti la clinica. Solitamente l'orario di visite era fino a tardo pomeriggio, ma conoscendomi tutti non facevano caso a me, sapendo anche del mio lavoro al locale e delle lezioni.
«Vuoi che ti aspetti?» Mi chiese Seth, ma scossi la testa, non essendo a conoscenza di quanto tempo sarei stata con Lindy, e non volevo rovinare i suoi possibili piani per quella serata.
«Non preoccuparti. Prenderò un taxi, o l'autobus.»
«Okay. Se hai problemi chiamami.»
«Lo farò. Ci vediamo più tardi.»
Scesi dall'auto ed entrai nell'edificio, dove Maybelle mi salutò con uno dei suoi soliti abbracci. Era sempre stata una delle persone di cui mi fidavo di più quando mi trovavo qui.
Fu grazie a lei che dopo soltanto tre mesi io riuscii a recuperare ciò che ne restava di me stessa.
Per Lindy però non era così. Era in quella clinica da quasi un anno, e i progressi erano lenti e spesso inesistenti. Le sue condizioni erano molto più gravi delle mie, e sembrava che lei non avesse alcuna motivazione per tornare a vivere e a smettere di sopravvivere.
Mi era stata accanto durante quei tre mesi. Era la mia compagna di stanza, e ricordo che i primi tempi non furono semplici. Il legame che avevamo lo costruimmo col tempo, e giorno dopo giorno si rafforzava sempre di più.
Ero molto legata a Lindy, e lei non meritava di stare in quel posto. Nessuno lo meritava.
La porta della sua camera era socchiusa, e da quando io me ne ero andata nessuno aveva preso il mio posto, quindi lei se ne stava lì, da sola con tutti i suoi demoni a gravarle sulle spalle.
«Emma.» Mi sorrise ampiamente non appena mi vide.
«Ciao, Lindy.» Le andai incontro e la abbracciai.
«Hai già mangiato?» Le domandai, ma lei scosse lievemente la testa indicando il vassoio sul comodino accanto al suo letto, totalmente intatto. Non aveva toccato praticamente niente.
«Dovresti. Almeno qualcosa, Lindy.» Cercai di persuaderla, ma ero già a conoscenza di come probabilmente sarebbe andata a finire. Succedeva sempre, ogni volta.
«Non ho fame in questo momento.» Rispose con disinvoltura, distogliendo lo sguardo dal mio.
«Sai già come la penso.»
«Da che parte stai, Emma?» Sbottò, riportando la sua attenzione su di me.
«Non è come credi.» Le assicurai, anche se lei sapeva perfettamente che ero dalla sua parte.
«Non uscirò mai da questo posto, è inutile.»
«Ce la farai, invece.» Replicai, poggiando la mia mano sulla sua.
«Non ne sono così sicura. È da quasi un anno che tutti continuano a ripetere esattamente le stesse cose. Ma alla fine sono io quella che vede gente arrivare e poi andarsene. È come se per me tutto questo tempo non bastasse mai.»
Sapevo esattamente come si sentiva. Io ci avevo passato tre mesi e spesso mi ero ritrovata a pensare che non sarei mai guarita, che per me era ormai la fine. Vedevo le persone che anche dopo una sola settimana di terapia venivano rilasciate, e ciò non faceva altro che far calare le mie speranze di una possibile uscita. Credevo che sarei rimasta in quella stanza per sempre.
«Devi continuare a lottare, Lindy. Tu sei più forte di lei.»
«Grazie, Emma.»
Io e Lindy ci sdraiammo sul suo letto e iniziammo a guardare un film insieme, durante in quale ero riuscita a convincerla a mangiare qualcosa di quello che le avevano portato.
Verso la fine il mio cellulare squillò, tenendomi sveglia.
Risposi alla chiamata senza neanche controllare chi fosse, e fui grata poi che si rivelò essere Seth, che aveva insistito per venirmi a prendere alla clinica. Salutai Lindy promettendole che sarei ripassata appena avrei potuto, e mentre ero nella hall ad aspettare Seth mi accorsi di un messaggio non letto. Aprii la casella di posta e notai che non conoscevo quel numero che il cellulare mi segnalava come sconosciuto. Soltanto quando lessi quel messaggio una vaga idea su chi potesse essere balenò nella mia mente.
Voglio darti un indizio, sfruttalo fino al nostro prossimo incontro. —H
Author's Notes
Cosa ne pensate della storia?
Anche soltanto in generale, accetto qualsiasi cosa/suggerimento/curiosità 🌸🌸🌸
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