30: C10H15N?!
Tyler sbuca dalla stanza di Gerald con un'espressione seria e asettica, per poi salutarmi con la mano e cercare di sorridere, anche se non ci riesce:-Sì, in effetti si è proprio sfondato- commenta leggendo la cartella clinica, che tiene nell'altra mano. -Cosa?- chiede Rich, alzando lo sguardo confuso e bisognoso di sapere. -Oltre ai numerosi drink che ha bevuto, e quando dico numerosi sono proprio tanti, ha perfino assunto C10H15N in grande quantità. Per fortuna non l'ha fumata, in modo che l'effetto sia ritardato e prolungato nel tempo- mi massaggio le tempie:-Che cazzo è "C10H15N"?- Tyler mi guarda come se fossi io quella a parlare in codice. -Metanfetamina- Rich spalanca occhi e bocca:-Porca. Puttana- dice strusciandosi i palmi contro i suoi jeans strappati. -Già. Menomale non ha avuto molto effetto, l'ha rincoglionito un po' ma adesso è passato- spiega. -Volete entrare? So che può entrare solo uno alla volta, ma sinceramente parlando Gerald sta bene, è sveglio ed ha chiesto di entrambi- ci apre la porta e ci lascia passare, lanciandomi un breve sguardo temporalesco, mentre intravedo un lampo violaceo in un suo occhio, convincendomi che sto davvero male. Dentro, Gerald ha gli occhi chiusi e i capelli scompigliati, e non l'ho mai visto così bello e angelico prima d'ora. Cosparso da mobilio chiaro e lenzuola bianche, i suoi capelli neri sono un colpo nell'occhio molto piacevole, e quando apre lentamente gli occhi castani scuri, il mio cuore striminzito fa una capriola di sollievo. -Eleanor- mi sembra incredibile che non sia ancora impazzita all'idea di sapere che sarebbe potuto morire. -Ciao- lo saluto, sedendomi vicino a lui e stando attenta alla flebo. Mi prende la mano e mentre mi accarezza il dorso, leggeri e piacevoli brividi si espandono per la colonna vertebrale, facendo risplendere il sole anche tra le mie ombre, sui miei demoni, che si rintanano impauriti quanto me da ciò che provo. -Rich- saluta il suo amico, il quale è diventato improvvisamente serissimo. -Bello, mi hai fatto morire almeno cento volte oggi- gli dice, e Gerald ridacchia, per poi tossire e cercare di respirare bene. "Che ti è successo, G?" chiede la mia vocina, triste e compassionevole. -Come stai?- mi chiede, e io sorrido. -Sei tu il malato, qui. Comunque sto male- gli dico, e lui si allarma. -Perché?- mi chiede chiudendo e riaprendo lentamente gli occhi:-Perché è da irresponsabili quello che hai fatto- gli dico. -Ma sono felice che tu sia ancora qui- mi affretto ad aggiungere per farlo stare meglio, infatti sorride. -Come potevo abbandonarvi?- dice, per poi sorridere a Rich:-Ma per il test?- chiede preoccupato. -Ho chiamato la Loyola, e dicono che forse te lo faranno fare appena uscirai dall'ospedale- sospira di sollievo, e i battiti cardiaci illustrati in uno schermo alla sua sinistra mostrano che il ritmo è diminuito. Tyler entra di nuovo in stanza, e ci avvisa dell'arrivo di un medico, quindi uno di noi due deve uscire:-Vado io, Rich. Tu resta pure qui, e magari avvisami quando te ne vai- gli do il mio numero velocemente e seguo Tyler fuori dalla stanza, lanciando un ultimo sguardo a Gerald, il quale mi risponde con gli occhi scuri iniettati di stanchezza.
-Eleanor, lui è il tuo ragazzo?- mi chiede Tyler appena siamo fuori, e il colore delle mie guance muta in un colore simile allo scarlatto. -Ehm, no... Perché?- gli chiedo, curiosa e intimidita da quegli occhi grigi. Credo che sia la prima volta che vedo un colore del genere negli occhi di qualcuno, che sembra mutare proprio come un cielo in tempesta: il problema, o ciò che rende così facile fidarmi di questo ragazzo, è che sono spenti come lo è la mia anima – tralasciando i momenti di gioia insieme a Gerald, che non sono abbastanza dal farmi pensare che la mia vita sia bella. -Perché qui c'è scritto che sei la sua ragazza. Me lo hanno dato poco prima che entrassi nuovamente nella stanza di Gerald- sorrido. -Lo sai mantenere un segreto?- gli chiedo con un sorrisetto complice ma incredibilmente stanco. -Se me lo chiedi con quello sguardo, certo- i suoi occhi si riempono di fulmini e la pioggia aumenta. -In realtà ho detto di essere la sua ragazza solo per vederlo. Sai, siamo amici, e considerando che non ne ho, lo ritengo importante per me...- ometto il fatto che forse diventeremo qualcosa di più perché non voglio che si faccia gli affari miei. "Ci stai ripensando?" oh, è solo che trovo talmente irresponsabile quello che ha fatto, così poco da lui, anche se non so cosa sia "realmente da lui". "Ci stai ripensando!" urla la mia vocina, e in certo senso ha ragione: voglio avere più tempo, più di quattro giorni per poter iniziare qualcosa di serio e impegnativo. Per poter iniziare qualcosa non da me. -Davvero una come te non ha amici? Eppure non mi sembri avere problemi del genere...- dice sedendosi e invitandomi a sedermi di fianco a lui. -In che senso?- non lo intimorisco, non come con Shaq, e questa cosa mi rasserena. -Nel senso che parli con sicurezza e dici ciò che pensi, senza aver paura di quello che pensano gli altri- sorrido amaramente. -Beh, è che me ne frego di quello che pensano. E poi non ho amici perché viaggio molto, quindi non c'è tempo per farmeli- mi dà fastidio parlare così tanto di me, ma mi fido di Tyler, senza sapere bene il perché. -Eppure, adesso ne hai uno in più. La prossima volta, fai in modo che i tuoi pensieri non si leggano così facilmente... Anche io mi fido di te, ma non rivelare così tante informazioni personali ad uno sconosciuto- con questo, mi sfiora il braccio, si alza e se ne va. "Ha capito troppo". Io resto seduta per un po', a riflettere su Gerald: e se non fossi fatta per stare con qualcuno? Può darsi che provando io debba fingere di essere la perfetta fidanzatina, quando mi è già chiaro adesso che non posso farlo, e così starei male io e finirei per far stare male Gerald se scoprisse la verità. Non sono fatta per i cuori e i fiori, mi bastano i gesti che le persone reputano stupidi e semplici, solo perché io non ho mai ricevuto affetto da nessuno per molto tempo, o almeno, non ho mai ricevuto affetto da chi desideravo me ne desse almeno un assaggio. Ma parallelamente a questi pensieri negativi, ci sono quelli positivi; quelle volte in cui mi ha toccato, mi ha guardato, ha detto qualcosa di dolce o ha sfiorato le mie labbra i pensieri si sono sempre spenti all'unisono e il mondo con loro, facendoci rimanere soli, senza demoni e senza scheletri negli armadi. Con lui mi sento libera di esprimere tutto ciò che penso, di sfogarmi, di far vedere chi sono realmente, e tutto avviene con una naturalezza che non mi aspettavo possibile.
Mi alzo ed esco lentamente dall'ospedale: sul marciapiede prendo il telefono e compongo il numero di Logan, il primo dei tre numeri presenti sulla mia rubrica: Logan, Gerald, John. -Ele?- deduco che stava dormendo dalla voce impastata. -Dormiglione, verresti a prendermi?- gli chiedo mentre un vento gelido si alza e mi fa tremare le ginocchia dal freddo. -Uhm, okay. Fammi vestire e arrivo- lo saluto e mi stringo in un abbraccio. Guardo lo schermo del telefono e mi rendo conto di averlo usato solo in questa vacanza; prendo la mia adorata Polaroid, e non sapendo che fare scatto un po' di foto all'ospedale, all'erba alta che si erge di fronte al complesso e al Sole, che illumina questa giornata fredda come me. Dopo dieci minuti, vedo la Jeep imbucare la strada dritta che arriva fino al pronto soccorso, e mi domando come faccia Logan a sapere dov'ero, dato che mi rendo conto solamente adesso di non averglielo detto. -Salta su- mi incita pieno di energie, e io mi accoccolo sul morbido sedile dell'auto:-Grazie. Ma come hai fatto a sapere dov'ero?- menomale il riscaldamento è attivato nell'abitacolo, lasciando un tepore rilassante che mi fa socchiudere gli occhi. -Secondo te non mi chiedo dove sei finita dopo tre ore di assenza?- sono stata davvero così tanto in ospedale? -Boh- rispondo prima di essere cullata in un piacevole sonno dalle note di "Fake It".
Questo capitolo mi piace, non so perché. Spero piaccia anche a voi, e se è così fatemelo sapere nei commenti (che leggo molto volentieri).
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