23: What the hell is happening?
Dopo avermi ripetuto due volte tutti gli argomenti che aveva studiato quel giorno, decidiamo di fare una passeggiata nei dintorni, e restiamo in silenzio, nel nostro silenzio. Non è imbarazzante né spiacevole, perché ci lanciamo sguardi, ci sfioriamo le mani, ed è un gioco strano, a volte fastidioso, ma a cui mi piace giocare. Lo trovo fastidioso perché siamo in una situazione fastidiosa: a me lui piace, credo di piacergli in qualche modo, ma so che non posso stare con lui. Non voglio farlo soffrire per una partenza del cazzo, e soprattutto non voglio soffrire io: so già che quando lascerò San Diego soffrirò perché non potrò più vederlo, ma almeno soffrirò di meno perché non siamo stati insieme, e non dovrò fargli cento promesse che non riuscirò a mantenere. Mentre camminiamo, un gruppo di ragazzi vestiti con canottiere enormi e jeans attillati ci viene incontro, e Gerald passa da uno stato tranquillo ad uno stato in allerta:-Ehi G-Eazy, come te la passi?- fa uno del gruppo, un biondino pallido e ricoperto da scritte:-Benone, Hunter. Voi?- dice Gerald, improvvisamente freddo e distaccato. Mi sfiora la mano in segno di conforto guardando ogni componente di quel gruppetto, e io mi sorprendo di quanto sia diventato teso da un momento all'altro, di quanto si aspetti chissà cosa da loro. -Beh, noi non stiamo così tanto bene. Sai, ci devi ancora quei 400 dollari per il piccolo prestito che ti abbiamo fatto... E non dimentichiamo gli interessi- ha un sorriso beffardo stampato in faccia, gli occhi da pitone, piccoli e perfidi. Poi si passa la lingua sul labbro inferiore e sposta il suo sguardo su di me, e anche io finisco per tendermi come la corda di un violino. -E tu, bellezza?- non rispondo, non trovo le parole. Non mi sembra cauto rispondergli con delle offese, dato che non hanno un'aria da stupidi: questi sono tanto coglioni quanto furbi, e non credo che la prenderebbero bene se gli offendessi i parenti. -Lei non c'entra- si intromette Gerald, ma il tizio continua:-Potrebbe estinguere gli interessi, se viene con me- dice a Gerald, poi si rivolge a me, avvicinandomi e sfiorandomi una guancia. Chiudo gli occhi sperando che sia un sogno, ma quando gli riapro, sono sempre qui:-Sai, posso farti divertire più di quanto faccia il tuo amichetto stangone, qui- e fa un cenno con la testa a Gerald, mentre io inghiotto la bile che sale alla gola: "non adesso. Non qui, ti prego". Gerald ha la mascella tesa e le mani chiuse a pugno, mentre lascia scivolare il braccio lungo il suo fianco. Il tizio mi viene incontro, e indietreggio d'istinto, finché non trovo il muro di mattoni appoggiato alla mia schiena. -Mmh, profumi di buono...- mi dice avvicinando il naso al mio collo, e io giro la testa con una smorfia di paura. Non so che fare, per una volta invita mia non trovo il coraggio da stronza che mi ha sempre caratterizzato. -Non la toccare- ringhia Gerald, avvicinandosi a noi. Tiene il telefono in mano, e mi sorprendo del perché non chiami la polizia. -E se la tocco, che mi fai? Siamo un po' troppi per te, amico. E poi non mi sembra che tu sia ben addestrato alle botte, capisci che intendi...- e simula una smorfia di dolore, per poi ridere e costringere la sua combriccola a imitarlo. Mi sfiora i capelli, e Gerald urla:-Adesso!- al telefono, che poi lancia per strada frantumandolo in mille pezzi, e carica un pugno diretto molto vicino a me. Si pianta sulla nuca di quel ragazzo tanto presuntuoso, che cade a terra. Io cerco riparo dal muro, ma rimane piatto e senza via d'uscita; Gerald tira pugni e calci a casaccio, colpendo e tramortendo molti ragazzi di quel gruppetto tanto unito che era fino a pochi secondi fa, quando spunta una Land Rover nera che sfreccia per quella strada. Si ferma a due metri da me e cerco di scappare, di muovere le gambe, ma esse non rispondono ai miei comandi, come se fossero paralizzate; nessuno nota l'auto, talmente sono concentrati su Gerald, che è diventato un toro nel quadrato, e mi viene da pensare a cosa succederà adesso: io sarò presa e portata chissà dove, e Gerald verrà picchiato a sangue, o peggio, ucciso. Ma quei ragazzi avranno il coraggio per uccidere un uomo? Dalla rabbia che traspare dai volti pieni di lividi e graffi credo di sì. Eppure Gerald sembra difendersi bene, anche se incassa molti colpi: ha una forza innata, non si ferma mai e non perde mai l'attenzione su ogni individuo che è contro di lui, cercando di mandare a terra qualcuno, e se la situazione non fosse così tanto di merda ammirerei la sua agilità e la sua forza. Le mie gambe capiscono il segnale sbagliato, e invece di correre a chiedere aiuto, tirano un calcio sullo stomaco del ragazzo che mi aveva sfiorata poco fa, che è ancora steso a terra dolorante, poi vedo una portiera aprirsi, e penso al peggio.
Davvero Gerald era messo così male? Davvero rischia sempre la vita quando esce? In che cazzo di casini si è intrufolato?
Mi faccio tutte queste domande mentre penso che adesso il mio viaggio non poteva andare peggio, che adesso sarò rapita da non so chi o picchiata, e io non sono come Gerald: sono debole e fragile, e mi batterebbe perfino una ragazzina: ma ecco che la mia espressione cambia appena vedo il volto del guidatore della Land Rover, e mi dico che non c'era momento migliore per rivedere quel volto.
"Chi non muore si rivede", eh?
Non cerco giustificazioni, non le meritate.
Non vi chiedo scusa perché l'ho già fatto troppe volte.
Vi regalo solo un capitolo nuovo, come segno di vita. Spero vi piaccia.
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