Capitolo 6
Y/N'S POV:
Questa mattina mi sono svegliata alle 5 del mattino, un vero incubo, non ho altre parole per descrivere quello che mi attende. Mi trovo compressa in uno scomodissimo sedile di un dannatissimo autobus diretta chissà dove. La missione segreta di oggi è sopravvivere alla gita aziendale che è in programma. Un incubo... ma forse questa parola l'ho già usata parecchie volte oggi. In realtà è un vero e proprio mantra, me lo sto ripetendo da quando la mia sveglia ha suonato, o meglio dire tuonato, solo poche ore fa. Era ancora buio pesto quando sono uscita di casa per recarmi all'appuntamento mattutino. Dell'alba, all'epoca, non c'era neanche l'ombra.
Siamo un fiume in piena di dipendenti assolutamente decisi a divertirsi, ma ditemi voi cosa ci si può aspettare da una giornata in cui il programma principale è il rafting? Il rafting, avete presente?
Gommoni impazziti di gente che vuole suicidarsi a tutti i costi, sballottati dalla forza delle onde, lanciati addosso a sassi giganti. E ditemi un po', secondo voi in uno scontro tra essere umano e un ammasso di rocce chi potrebbe mai uscire vincitore? Mah, io azzarderei un'ipotesi, ma forse qualcuno potrebbe definirmi di parte...
L'autobus si inclina pericolosamente a destra e io finisco per la millesima volta a colpire il povero braccio di Sun Jung, che come sempre non mi dice niente. Dannate stradine di montagna.
Se i ruoli fossero invertiti io mi sarei già incazzata nera, ma qui oggi sono tutti così felici della gita da non farsi rovinare la giornata da niente. Nemmeno da me, che invece sembro la personificazione del cattivo umore.
Questa gita unisce insieme tutte le cose che detesto di più: la sveglia all'alba, o meglio la sveglia di notte, un lunghissimo viaggio in autobus e per finire un'attività sportiva pericolosa ed inutile. Per farmi diventare di cattivo umore sarebbe bastato fermarsi all'affermazione di attività sportiva, perché devo ammettere che io detesto tutte quante le attività sportive, anche quelle che non sono affatto pericolose. Far fatica non mi piace, non mi diverte e non mi crea alcuna soddisfazione.
«Y/n, mi sembri davvero terrorizzata all'idea di fare rafting» mi dice la mia compagna di viaggio con falsa comprensione.
«Non sono terrorizzata, sono solo molto molto seccata di dover essere in questo maledetto autobus...» rispondo sinceramente, cercando di aggrapparmi al sedile mentre il nostro allucinante mezzo affronta l'ennesima curva a gomito.
Ma dove diavolo stiamo andando? In Nepal?
Sun Jung mi lancia un'occhiata di sincero turbamento. Cielo, è turbata per me.
In verità ho cercato ogni scusa per evitare di partecipare a questa spedizione suicida, ma Namjoon mi ha minacciato. Non lo dico tanto per dire, mi ha letteralmente minacciato nel caso avessi deciso di non venire. A quanto pare qui in Corea tutto quello che è aziendale è un obbligo. È come una specie di postilla presente sul contratto di assunzione: non devi firmarlo, ma devi rispettarlo, perché la causa aziendale qui viene prima di qualsiasi altra cosa. Prima della propria vita privata, prima del diritto al riposo e al sonno, prima del diritto di infischiarsene delle spedizioni suicide. E io che m'illudevo che fossero solo i giapponesi quelli disposti ad alienarsi per la causa; a quanto pare lo sono anche i coreani.
D'altronde dovevo saperlo che finiva così, altrimenti perché mai i coreani erano primi nella classifica della popolazione che lavora di più al mondo? Me l'ha mandata Jennie qualche giorno fa, ma non ho ancora capito cosa sperava di ottenere. Farmi lavorare? Non penserà mica che basti così poco...
Sì, le gite aziendali si devono fare, costi quel che costi, e si devono anche fare con il sorriso sulle labbra.
Quello che forse ha alimentato la mia rabbia riguardo a questa vicenda è che Namjoon mi ha prima costretto a partecipare iscrivendomi lui stesso, e poi si è dileguato. La causa ufficiale è un viaggio di lavoro e quindi oggi non ci sarà. Il bastardo...
Anche se è sabato. Da quando le trasferte durano anche durante il fine settimana?
Da una parte dovrei essere contenta, e lo sono, perché non sarò continuamente ripresa come se fossi una bambina piccola, ma dall'altra parte c'è qualcosa che mi causa insoddisfazione. Il che mi annoia ancora di più.
«Sei delusa perché Namjoon non ci sarà?» mi chiede la dolce fanciulla.
Io la guardo stranita e nego con convinzione. «Ma sei matta? Meno male che non c'è...»
Ma quando sono diventata così dannatamente trasparente affinché anche una persona così poco perspicace come Sun Jung finisca per il capire certe cose?
Lei mi squadra per un attimo davvero molto lungo, ma alla fine finisce con il decidere di rigettare l'argomento. Scelta molto saggia, brava ragazza.
◦•●◉✿✿◉●•◦
Dopo un viaggio che io trovo interminabile, finalmente il malefico pullman si ferma aprendo le sue porte. «Benvenuti all'inferno» mi dico a voce bassa. Sun Jung fa finta di non aver sentito.
Eccoci quindi arrivati. Non ne potevo davvero più, nell'ultima mezz'ora mi era anche venuta la nausea a forza di tornanti.
Squadro velocemente l'ambiente: davanti a noi prati verdi, un boschetto scintillante, e poi un ronzio fastidioso. Ma che cos'è questo benedetto rumore? Oddio, è il frastuono del fiume che non si vede ancora, ma si sente, e si sente eccome.
Non ho neanche il tempo di rifiatare che veniamo subito divisi in squadre. Una dozzina di persone per ogni gommone. Una dozzina???
Ci fanno indossare una ridicola muta in neoprene, una giacca imbottita e ci ficcano in mano caschetto e giubbotto salvagente.
Il super lecchino Adam mi si è subito appiccicato non appena mi ha visto con la muta indosso. Non vorrà mica palparmi dentro il gommone?
Che idee che mi vengono, deve essere la montagna a farmi male. Con tutta questa gomma toccarmi sarebbe assolutamente impossibile.
Un tizio spiega il funzionamento dei giubbotti salvagente, chiaramente lo fa in coreano. Panico.
Ma non ho bisogno di capire le spiegazioni, in fondo è solo un dannato giubbotto, la spiegazione sarà come prima di ogni decollo sull'aereo. Ma perché mi è venuta in mente la parola decollo? Prima di riuscire a fermarle mi balenano davanti agli occhi immagini di me che volo fuori dal gommone e plano su una roccia. Scuoto violentemente la testa per scacciare la terribile profezia. Ma come fanno a venirmi certe idee? Siamo in Corea, qui è tutto super sicuro e lo sarà di sicuro anche il rafting.
Sono così immersa nei miei vaneggiamenti che non mi accorgo che uno ad uno i dipendenti della banca stanno saltando dentro l'acqua del torrente. Qualcuno mi spinge e volo dentro anch'io... volo e per poco non muoio dal gelo assoluto dell'acqua, che deve essere attorno allo zero assoluto.
Sono così costernata che non riesco nemmeno ad urlare.
Sun Jung si è nuovamente materializzata accanto a me, deve aver intuito la mia difficoltà.
«Tutto bene Y/n?» domanda premurosa. Lei non sembra così in difficoltà, sembra a postissimo. È bagnata fradicia, esattamente come la sottoscritta, ma sembra quasi felice di essersi rinfrescata, il che è grottesco perché fuori ci saranno sì e no 15 gradi. E io stavo bene anche senza ulteriori bagni nel ghiaccio.
Annuisco solo con il capo perché ancora non riesco a proferire parola.
«In effetti è un po' freddina...» mi dice teatralmente.
Freddina? Ma da dove diavolo sfocia? Direttamente dal polo? Le faccio un sorriso di circostanza. Maledetto Kim Namjoon, giuro che se ti prendo ti uccido come prima cosa. Come si fa a condannarmi ad una cosa simile e poi svignarsela? Se ci teneva tanto doveva essere qui a dare il buon esempio e gelare insieme a tutti noi!
«Ci hanno buttato in acqua con lo scopo di farci acclimatare, così se qualcuno dovesse cadere dal gommone lo shock per la temperatura non sarà eccessivo.»
Come no... così se non muoio per lo spavento ci rimango secca per la polmonite, peggio che un'eroina del 1800.
«Credimi, in genere preferisco fare altro invece che acclimatarmi il sabato mattina...»
Mi faccio veramente paura da sola, sono davvero incazzata nera e non riesco più a nasconderlo. Adam infatti deve aver annusato aria di guai e si è volatilizzato, mentre Sun Jung ha sgranato gli occhi di fronte al mio tono duro. Non è per quello che ho detto, ma per il modo in cui l'ho fatto. Sembro l'acida sorella cattiva di Cenerentola. Namjoon, se ti prendo...
Sto ancora immaginando tutte le torture a cui vorrei sottoporlo quando il signor so tutto io sbuca improvvisamente nella radura, vestito sportivo e sorridente. Ma che ha da sorridere?
Poi il suo sguardo cade su di me, sulla mia assurda muta e sulla mia espressione di puro odio, e se possibile, sorride ancora di più.
«Namjoon, che bello che ce l'hai fatta!» esclama Adam. Gli si avvicina e gli da una pacca sulla spalla.
«Beh, sì...mi sarebbe dispiaciuto perdermi la giornata aziendale. Il mio volo è atterrato questa mattina e sono venuto con la mia macchina» spiega.
Per un brevissimo istante sono quasi colpita: avrebbe potuto far finta di niente e non venire, invece eccolo qui. Ricaccio in gola una sensazione quasi di gioia.
E poi vengo catturata dal suo sguardo beffardo e capisco. È qui perché non vuole perdersi lo spettacolo, perché pensa che combinerò un casino... ma che grandissimo bastardo!
Si avvicina alla sponda del fiume dove sono ancora immersa fino alla vita, ormai cianotica credo, e mi porge una mano per aiutarmi ad uscire. Pensa davvero di cavarsela con così poco?
Faccio finta di non vederla, e con un balzo davvero sorprendente esco finalmente dall'acqua. Sun Jung invece ha saggiamente accettato la mano di Adam.
Rialzandomi in piedi rimango incastrata dal suo sguardo. Non ho la minima intenzione di distogliere gli occhi dai suoi, questa è una sfida che io ho assolutamente intenzione di vincere.
«Sempre di cattivo umore il sabato mattina, Y/n?» mi punzecchia.
«Sempre odioso come tutti gli altri giorni?» gli ribatto a bassa voce. In fondo questa è una cosa tra noi due e non c'è bisogno che anche gli altri sappiano della nostra lite riguardo a questa gita.
«Non vorrei mai deludere le tua aspettative al riguardo» mi dice, come se mi stesse parlando delle previsioni del tempo, con un tono molto leggero. Il mio sguardo di risposta, invece, non lo è affatto.
«Non ti cambi?» gli chiedo acida, cercando di cambiare argomento. Noto che indossa ancora jeans e maglione.
«Io non partecipo» mi risponde come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Cooosa??? Cosa intende dire che non partecipa?
Sono come sbigottita. Quindi il vigliacco non si butta in questa ghiacciaia?
«E perché mai sua grazia non si unisce a noi?» chiedo e mi stupisco di essere stata quasi civile.
Mi rivolge un sorriso di soddisfazione. «Siccome non pensavo di farcela non mi sono iscritto.»
E io dovrei anche crederci? Così non solo non partecipa, ma si gode anche lo spettacolo.
Prima che io possa azzardare una risposta sensata vedo Sun Jung che mi afferra per un braccio.
«Vieni Y/n, ci chiamano.»
E in men che non si dica mi trascina nuovamente verso la riva del fiume.
Prima di voltarmi definitivamente riesco ancora a scorgere le labbra di Namjoon che si stanno incurvando in un sorrisetto odioso.
Ridi, ridi pure, penso dentro di me. Ma questa me la paghi.
◦•●◉✿✿◉●•◦
Sono dentro il gommone con indosso il mio caschetto e un remo in mano. Un tizio sta nuovamente parlando in coreano.
«Vuoi che ti traduca cosa sta dicendo?» mi chiede Sun Jung.
«Fa niente, tanto cosa diavolo ci vuole a saper usare un banale remo?» le rispondo.
«Sei sicura? Neanche le basi?» chiede ancora.
Insomma, è solo un maledetto remo! Mi viene da pensare. Sospiro pazientemente come si fa con i bambini piccoli. «Davvero, so come si fa a remare.»
Me lo ha spiegato papà quando siamo andati sul laghetto della zia Yasmin. Certo, si trattava di un piccolo laghetto assolutamente immobile mentre questo fiume sembra portare alle cascate del Niagara, ma la base deve essere sempre la stessa, no?
Improvvisamente sento che allentano le corde della barca. Oddio si parte.
Il gommone inizia a muoversi lentamente, ma in pochi minuti ha preso velocità ed inizia a sobbalzare. Tutti gli altri remano vigorosamente, io osservo impotente.
Veniamo sballottati da una parte all'altra della riva con sempre maggiore violenza, gli spruzzi si alzano sempre più forti, l'acqua inizia ad entrare nella barca.
Mica affonderà questa benedetta cariola?
Cielo Y/n, non sei mica sul Titanic, mi ripeto cercando di controllarmi.
No, non lo sono, ma qui l'acqua è così fredda che i ghiacciai potrebbero esserci comunque. E se qualcosa ci colpisse?
La mia mente è talmente presa dall'elaborare piani di salvataggio che non mi accorgo neanche che stiamo per affrontare un saltino. A mia discolpa posso solo dire che l'omino deve averci gridato qualcosa in coreano, ma è pur sempre coreano e quindi al momento del volo non sono per niente preparata. Anzi, non me lo aspetto nemmeno, e questo non solo mi fa sobbalzare molto più degli altri ma mi fa anche prendere il volo. Letteralmente.
In pochi attimi volo fuori dal gommone e finisco con un tonfo molto eloquente nella stessa acqua gelida in cui sono stata spinta solo pochi minuti fa, solo che ora l'acqua mi sembra ancora più fredda. Per forza, sono completamente immersa.
Prima che io me ne renda conto la corrente inizia a trascinarmi velocemente verso il basso, sento gente che grida, ma il rumore del torrente è così forte che non capisco un accidente di quello che stanno dicendo. Sempre che lo stiano dicendo in inglese.
Quello che provo non è veramente panico, ho troppo freddo per sentirmi spaventata. Non riesco a riflettere su niente.
Improvvisamente ecco una voce che grida molto più forte delle altre. Alzo gli occhi al cielo e vedo il volto di Namjoon dall'altra parte della riva. E ora cosa vuole questo qui?
«Y/n, aggrappati!»
La fa facile lui... come se non ci avessi pensato, ma a cosa?
«Dannazione, stupida donna! Aggrappati alla roccia!»
Sono così arrabbiata dal suo ennesimo insulto che mi aggrappo subito alla roccia più vicina senza fare neanche troppa fatica. La rabbia mi ha così accecato che è stato facilissimo.
«E ora rimani lì dove sei!» urla ancora Namjoon.
Come se potessi andarmene da qui.
In men che non si dica lo vedo gettarsi dentro il torrente e, facendosi largo tra gli ammassi rocciosi, venire verso di me.
«Ora ascoltami bene: al mio tre ti stacchi e afferri la mia mano. Chiaro?» mi urla.
Sempre quella voce arrabbiata, ma è possibile che non sia capace di modulare un altro tono?
Vorrei dire qualcosa di adatto all'occasione, ma non mi viene in mente niente, quindi annuisco semplicemente. La mia roccia sta diventando sempre più scivolosa, meglio non perdere tempo inutile.
«Uno, due e tre!»
Al suo tre mi lancio con tutta la forza che ho verso Namjoon, che mi afferra per un pelo, davvero per un pelo.
Sospiro per il sollievo e mi rendo conto di stare tremando, per il freddo e per la paura.
«È tutto a posto» mi dice Namjoon. «Vedo subito di tirarti fuori di qui.»
Dalla riva Jimin e Hoseok ci buttano una corda, che Namjoon afferra prontamente e, tenendola sempre stretta, ci avvicina pian piano alla riva.
Hoseok mi tende la mano e finalmente sono fuori da quell'acqua gelida. Mi accascio sulla riva sdraiandomi senza forza. Il cielo è azzurrissimo, limpido, senza nemmeno una nuvola.
Accanto a me sento il rumore del corpo di Namjoon. Volto lo sguardo e incontro il suo, esausto e arrabbiato.
Lo so che cosa devo dire, ma mi costa fatica, anche perché una parte di me lo incolpa per avermi costretta a venire qui oggi.
«Grazie, Nam» dico semplicemente cercando di non riflettere troppo.
Lui mi osserva e per un po' sembra non aver niente da aggiungere.
Ma poi ci ripensa.
«La prossima volta giuro che ti lascio sfracellarti contro una roccia» dice minaccioso e cerca di alzarsi. Mi rendo conto solo ora che è completamente bagnato fradicio, visto che a differenza di me non indossava una muta ma solo jeans e maglione.
Non starà mica pensando di andarsene così, convinto davvero di aver ragione?
«Eh, aspetta un po'!» gli dico, rimettendomi prontamente a sedere, «Niente di tutto questo sarebbe accaduto se tu non mi avessi costretta a partecipare a questa benedetta gita!» gli urlo alzando un dito minaccioso nella sua direzione.
Namjoon si ferma, si volta verso di me e, rimuovendosi un ciuffo fradicio di capelli dalla fronte, mi osserva costernato.
«Stai scherzando?» sibila.
«Affatto» rispondo convinta.
Silenzio per un paio di terrificanti attimi. Vedo che Jimin e Hoseok fanno finta di non sentirci. Molto saggio da parte loro.
«Io non volevo partecipare, non volevo gelare, non volevo farmi male. E tu lo sapevi, dannazione.»
Sorrisetto beffardo di derisione, eccolo di nuovo sulle sue belle labbra.
«Molto maturo Y/n, continua pure ad incolpare sempre gli altri dei tuoi fallimenti e dei tuoi errori.»
E detto ciò Namjoon riprende a camminare e se ne va.
◦•●◉✿✿◉●•◦
Sono finalmente a casa, questa catastrofica giornata sta per finire. È stato orribile, sembravo l'invitata a nozze sfigata con cui nessuno voleva avere a che fare per tutto il resto della giornata. Solo la povera Sun Jung ha avuto compassione di me.
E che diamine, vuoi vedere adesso che è colpa mia se sono finita nel torrente?
Mi sono appena fatta una meravigliosa doccia bollente, mi sono infilata il mio pigiamone caldo e infine ci ho aggiunto il mantello di lana rosa. Ho smesso di tremare dal freddo solo da poco.
Nonostante tutto questo la mia rabbia però non si è smontata nemmeno per un po'. Sono nervosa, agitata e muoio dalla voglia di finire la litigata con Namjoon iniziata questa mattina.
L'idiota se n'è tornato a Seoul nel primo pomeriggio mentre io ho dovuto attendere che l'autobus ci riportasse tutti quanti solo verso sera. Infine ho dovuto prendere la metro per raggiungere il mio appartamento.
Lo so che sto per fare una stupidaggine, ma non resisto, mi prudono le mani.
Prima di poterci ripensare esco di volata dalla mia sala e mi precipito nell'atrio. Forza codarda, suona alla porta, mi dico. Conto fino a tre e pigio con decisione il campanello.
Aspetto, aspetto, ma nessuno viene ad aprire.
È uscito? In fondo è sabato sera, magari aveva un appuntamento galante. Tiro un sospiro di sollievo: sinceramente era una pessima idea quella di affrontarlo così conciata. Cielo, ho indosso il mio pigiamone, ma cosa pensavo di fare?
Beh, in realtà non pensavo affatto, ero solo accecata dalla rabbia.
Sto ancora riflettendo sul mio abbigliamento quando improvvisamente la porta si apre. Sembra la grotta di Alì Babà. Ho detto senza accorgermene la parola magica?
Di fronte a me si materializza un Namjoon stranamente pallido, oserei dire... malato. Se non fosse che un tipo come lui probabilmente non si ammala mai.
Come prima cosa vedo uno sguardo di evidente sorpresa nei suoi occhi spenti. Probabilmente la mia mise è un po' strana ai suoi occhi.
«C'è un ballo in maschera da qualche parte?» chiede con voce bassa.
Ridi, ridi pure di me.
«Cos'hai?» gli chiedo subito a bruciapelo.
«Ho la febbre.» dice seccato. «I bagni nell'acqua ghiacciata senza muta portano a questo, se hai già un raffreddore prima. Che poi è anche il motivo per cui avevo deciso di non partecipare inizialmente.»
Non devo sentirmi colpevole, non devo sentirmi colpevole, non devo... al diavolo, mi sento colpevole eccome!
«Hai mangiato qualcosa?» gli chiedo.
«No.»
Non sembra intenzionato ad aggiungere altro ma sta per richiudere la porta quando lo blocco con una gamba.
«Dovresti mangiare. Ti posso preparare qualcosa.» Non so nemmeno come mi è venuta in mente una cosa simile. «Prometto di non metterci il veleno.»
Esitazione. Tentennamento. Resa.
Lo vedo che ho vinto. Si fa da parte per permettermi di entrare. Indossa una maglietta bianca e dei semplici pantaloni neri stile tuta. Ed è nuovamente a piedi scalzi.
«Se hai la febbre per prima cosa vedi di coprirti. Inizia mettendoti delle calze.»
«Sei venuta per farmi stare peggio?» chiede mentre si infila un maglione.
«Veramente ero venuta per litigare, ma visto che sei malato aspetterò un'altra occasione. Non mi godo le vittorie se il mio nemico non è in piena forma.»
Namjoon si sdraia sul divano e chiude gli occhi.
«Ti dispiace se non ti rispondo? Sto davvero troppo male per litigare con te ora.»
Ma allora sta davvero malissimo! Alzo le spalle come a dire fai pure.
«Hai preso una qualche medicina?» domando.
«Non ancora. Prima volevo mangiare qualcosa, ma poi mi sono addormentato.»
«Bene, allora vedo di mettermi all'opera.»
Apro il frigorifero alla ricerca di qualcosa con cui fare una zuppa. Sono una pessima cuoca, ma vedrò di inventarmi qualcosa. Trovo dei piselli e delle carote e inizio a far bollire il tutto.
«Hai anche delle patate?» gli domando, ma non ottengo risposta.
Mi sporgo dalla cucina e mi avvicino al divano.
«Nam?» lo chiamo.
Si è nuovamente addormentato. Il respiro è però agitato, la pelle lucida. Gli tocco la fronte con la mano scostando la ciocca di capelli neri: è bollente.
In tutta fretta finisco di preparare la mia zuppa e poco dopo ritorno vicino al divano di pelle.
«Namjoon, svegliati» gli dico scuotendolo lievemente. «Forza Nam, devi mangiare.»
Lui apre lentamente gli occhi e per un attimo mi guarda senza capire. Ha un aspetto molto diverso dal solito, per un istante sembra estremamente vulnerabile. Ma poi vedo che ricorda tutto e si mette faticosamente a sedere. Io gli passo la ciotola e il cucchiaio. Senza dire niente inizia a mangiare.
«È pessimo» dice dopo una prima cucchiaiata, «ma ti ringrazio comunque.»
«Non sapevo dove trovare le cose» mi difendo.
«Sei qui perché ti senti in colpa?»
«No» mento malamente.
«Puoi anche ammetterlo. Anch'io mi sono sentito in colpa quando sei planata in acqua oggi. Siamo pari in un certo senso.»
Ci rifletto un attimo. «Potresti avere ragione.»
«Suona molto strano sentirti ammettere una cosa simile. Sono davvero così malato da immaginarmi le cose?» domanda tra una cucchiaiata e l'altra.
«Decisamente malato» gli rispondo. «Ma lasciando perdere chi ha ragione e chi torto e passando alle cose serie, hai già la medicine?»
Mi indica un pacchetto sul tavolino. «Tutto pronto. Finisco la tua terribile zuppa, prendo una dose massiccia di medicine e me ne vado a dormire.»
«Molto saggio da parte tua. Hai bisogno di qualcosa?» Il mio tono è davvero preoccupato.
«Non sto per morire, non dovrai avermi sulla coscienza» dice ridendo.
«Va bene, allora ti lascio riposare.»
Mi alzo dal divano. Namjoon solleva lo sguardo e mi dice semplicemente «Grazie.»
Per la prima volta una sua frase diretta a me ha un suono quasi... quasi gentile.
«Lo so.» Gli sorrido e inforco la porta, ma prima di uscire definitivamente mi volto un'ultima volta: «Comunque, per la cronaca, avevo ragione io a non voler partecipare. Niente più rafting per l'amor del cielo.»
«Ma sei matta? Un'altra cosa del genere potrebbe uccidermi.»
Ridendo, richiudo la sua porta.
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