CAPITOLO 7

~ANNA~

Le emozioni più belle sono quelle che non sai come spiegare

CHARLES BAUDELAIRE

«Hasta mañana», il professor Gerald esce dall’aula senza guardarsi indietro.

Con lo stomaco che brontola dal bisogno di caffeina mi affanno a chiudere gli appunti, caccio tutto nella borsa ed esco in fretta dall’aula, diretta al bar dell’università. A metà strada lo stomaco brontola ancora; con tutta la fretta di questa mattina, non ho nemmeno fatto colazione.
“Meglio un bel panino, prima”, cambio direzione e mi dirigo verso la mensa.

«Anna!» la voce di Federico risuona nel corridoio, sopra il chiacchiericcio degli altri studenti.
Mi giro con un sorriso e incontro i suoi occhi verdi.
«Ciao, Federico».

«Ehi, come va?» si abbassa per darmi un bacio sulla guancia e mi solletica coi ricci neri che ricadono in avanti. Irrigidisco, in attesa che il solito calore mi scaldi le guance, ma non arriva. Forse sono stanca anche per quello.

Mi stringo in spalle: «Tutto bene, sto andando a prendermi un panino e un caffè perché muoio di fame. Tu?»

«Vado a fumare una sigaretta prima della lezione. Comunque ti ho chiamata perché ti volevo invitare ad una festa a casa mia, questo sabato. Ci saranno tutti i nostri amici e tu non puoi in assoluto dire di no», mi si rivolge perentorio.

Arriccio il naso e sposto lo sguardo altrove per evitare il suo, due ragazze nell’atrio se lo mangiano con gli occhi coi quaderni stretti al petto.

«Ah! Non lo so. Questo fine settimana sarò piena di lavoro. Lo sai che ho quel dannato esame tra poco», mi lamento.

«Non accetto un no come risposta», mi interrompe, alzando un sopracciglio.

Prendo un respiro e faccio mezzo passo, ma prima che parli Manuel e Filippo ci raggiungono. «Ehi ragazzi».
Ricambio il saluto e rivolgo lo sguardo verso Fede, che continua a fissarmi accigliato in attesa di una risposta. Non demorde.

«Cosa c’è?», Filippo aggrotta le sopracciglia scure, i suoi occhi neri passano da me a Federico, pieni di curiosità.

«Anna, non vuole venire alla festa questo sabato».

Alzo gli occhi al cielo. Quando vuole, sa fare il drammatico. «Non è che non voglio, è che devo studiare, e lavorare!»

Manuel mi si affianca, piega la testa e mi osserva coi suoi occhi marroni. «Non è una novità, non sei mai disponibile. Ma questo sabato devi esserci!»

Scuoto la testa: «Perché? Cosa ha di speciale questo sabato?»
Federico li guarda stringendo appena le labbra carnose e i due ragazzi si ammutoliscono.

Li osservo confusa tutti e tre e sospiro. «Potreste non essere così evasivi, per favore?»

Manuel apre la bocca per tirare fuori tutto ma Federico sbuffa. «Ma niente in particolare, ci tenevo che ci fossi. Ogni volta è la stessa risposta e sta iniziando a stufarmi il gioco del “no”».

Alzo gli occhi al cielo: «Accidenti, come sei melodrammatico. Ti ricordo che non è perché non voglio».

Fede sposta il peso del corpo da una gamba all’altra mentre mi fa gli occhi dolci. «Allora?»

Mille farfalle prendono il volo nel mio stomaco, stringo forte le labbra per non farglielo capire. «Ah, non lo so. Ci penserò. Devo prima vedere se riesco a fare qualcosa questo venerdì».

«Bene!» esclama Federico tutto sorridente estraendo il pacchetto delle Lucky strike rosse dalla tasca dei jeans. «Ora vado a fumare. Ho raggiunto il mio obbiettivo».

Rido: «Certo, certo. Ma non ti prometto niente, eh!» gli urlo dietro. Sorrido per l’espressione stupida che fa a Manuel e mi dirigo verso la mia meta con lo stomaco che brontola in continuazione.

Appena affondo i denti nel mio buonissimo panino che profuma di tacchino e formaggio, il suono del cellulare mi fa sussultare sulla sedia. Chiudo gli occhi infastidita, mastico in fretta e furia e lo tiro fuori dalla borsa per guardare chi sia.

Federico Savia: Ciao, “fatina” sei dei nostri oggi dopo le lezioni per un caffè di gruppo?

Il cuore torna a battere regolarmente. Prendo qualche minuto per trovare qualche scusa decente e declinare l’invito.

Non posso dire sempre di no, e un po’ di compagnia ultimamente non mi dispiace affatto. Vero, devo studiare per l’esame; vero, devo concludere le ultime ricerche per il lavoro, ma direi di essere sulla buona strada e quelle più grosse le ho già sbrigate. Ho ancora molto da fare, ma forse il tempo per due chiacchiere e un caffè con loro posso ritagliarmelo.

Mi ripulisco le labbra, ma il cellulare suona di nuovo. Lo sguardo mi cade sull’orologio in alto a destra. “Sono in ritardo per tedesco!”
«Cazzo!» impreco a denti stretti, avvolgo il panino nella stagnola e lo infilo in borsa.
Mentre scappo in fretta verso l’aula, controllo il messaggio.
Federico Savia: ‘PS: so che dopo questa lezione sei libera. Ti aspettiamo sulle scale.’

Sbuffo, ma appena arrivo vicino alla porta gli rispondo: ‘Ci sono!’

Dopo le lezioni, trovo Federico insieme a Gaia e gli altri che mi aspettano sotto le scale, vado loro incontro. «Ce l’hai fatta!» dicono all'unisono.

Rido imbarazzata, quando vogliono sanno essere dei veri stronzi. Mi avvicino alla mia amica e l’abbraccio. «Ciao anche a voi».

Gli occhi verdi di Federico mi scrutano con insistenza sotto le lunghe ciglia scure, sento le guance prendere fuoco, Gaia mi mette un braccio intorno alle spalle. «Andiamo?»

«Andiamo», le dico e ci avviamo verso il solito bar circa cento metri più distante dall’università.  

«Dobbiamo parlare», sussurra, mortalmente seria, mentre si sistema i capelli lunghi e neri dietro le orecchie.
Aggrotto la fronte, o ha commesso qualche errore madornale, oppure ha litigato con sua madre. Opto per la seconda, ma lei mi guarda con i suoi occhi scuri come l’abisso, muovendo la testa per dire di no, e io mi acciglio ancora di più.

«Non adesso», sussurra.

«Che cosa hai combinato?»

«Niente!», si mette sulla difensiva.
Assottiglio lo sguardo dubbiosa, ma lascio stare, non è il momento migliore per cavarle le informazioni di bocca.

Mi volto verso i ragazzi, Manuel e Filippo si stanno stuzzicando a vicenda. Un muscolo guizza sulla guancia di Manuel, se il suo amico non lo lascia stare, temo perderà la pazienza e gli darà un cazzotto.

Federico, davanti a me, chiacchiera con un suo amico e si fuma una sigaretta, ogni tanto si volta a guardarmi. Non riesco a trattenere il sorriso che mi spunta sulle labbra ogni volta che i nostri occhi si incontrano. I suoi capelli mossi spettinati dal vento lo fanno sembrare un angelo.

«Cosa sono quegli sguardi?» la voce di Filippo mi fa irrigidire, mi sento come se fossi stata colta in fallo e un’ondata di fuoco mi avvolge la gola irradiandosi su, fino alle gote.

Federico fa un mezzo sorriso prima di fare l’ultimo tiro della sua sigaretta e gli dà un pugno sul braccio. «Stai zitto!»

Gli occhi scuri di Gaia mi trafiggono come due spade dalla lama ardente. «A quanto pare non sono l’unica che ha qualcosa da raccontare», sussurra.

Deglutisco e muovo la testa senza la facoltà di riuscire a negare.

«Eccoci», la voce di Manuel fende di netto l’imbarazzo, lui striscia la sedia contro il pavimento. Tiro un lungo respiro e prendo posto in silenzio.

«Se hai finito di fare il coglione, Fili, potrai sederti. Fino a quel momento sei in punizione», scherza Federico, togliendo una sedia dal tavolo. Filippo alza un sopracciglio scuro e lo manda a quel paese con un dito medio, ma va a ordinare i caffè.

«È troppo facile prenderlo in giro», ride Manu.

«Siete tremendi», riesco a dire solo questo, mi sento molto agitata. “Oddio, speriamo che se ne sia accorta solo Gaia”.

Gaia si guarda le spalle in continuazione, come se stesse cercando qualcuno, o come se avesse paura di vedere qualcuno.

«Cerchi qualcuno?», le domando perplessa. Lei si volta di scatto, ha lo sguardo impaurito per un attimo, prima di cambiare totalmente espressione, sospira e alza gli occhi al cielo.

«No, certo che no!», assottiglio lo sguardo, c’è qualcosa che non va, e il fatto che si guarda le spalle mi mette in apprensione.

«Basta ragazzi, lasciatelo stare. Chi lo sopporta quando si arrabbia poi?», dice in fine la mia amica, tornando con lo sguardo verso Federico che prende posto vicino a me.

Filippo torna e si accomoda. «Ci vieni allora sabato al compleanno di Fede?» annusa una sigaretta rollata e cerca l’accendino nelle tasche.

Federico irrigidisce e lo guarda con la mascella serrata, trafiggendolo con lo sguardo, io invece resto di sasso. “Perché non ha voluto dirmelo?”

«Compleanno? Io sapevo che era una festa!» cerco gli occhi del diretto interessato, ma lui mi evita.

«Vedi com’è quel coglione? Deve sempre avere la lingua più lunga delle gambe», acchiappa gli occhi neri di Filippo, che resta congelato sul posto.

«Andiamo amico, mica sapevo fosse un segreto! Mi dispiace», sospira.

«Sarà una festa esclusiva. Ci saranno molte persone», aggiunge Gaia. «Pensavo che te l’avesse detto».

Nego con un cenno guardando tutti, un po’ confusa e lo redarguisco:
«Non c’era bisogno di tutto questo mistero».

Federico sospira e si gira verso di me. «Non era un mistero, però conoscendo le tue risposte, non volevo che questa volta ti sentissi obbligata, per questo non te l’ho detto».
“Non ha torto…”

«Comunque, ora che so che è il tuo compleanno, certo che ci vengo», gli rivolgo un sorrisetto che sa tanto di scuse.

Federico mi regala un sorriso sensuale che mi fa arrossire tutta. Però cerco di contenermi non abbassando lo sguardo. «Me lo potevi anche dire».

«Non volevo che ti sentissi obbligata», ripete, scrollando le spalle. «E poi, mio padre, ha invitato un paio di persone importanti, anche per quello non ti ho detto nulla».

Arriccio le labbra e raccolgo i capelli, leggermente infastidita. Non posso dargli torto, odio i festoni, le discoteche e le persone ingessate nei loro smoking impeccabili. “Come quel troglodita del mio capo”.

Scaccio il pensiero e gli tiro un buffetto sul braccio: «Ma che obbligo, non dirlo nemmeno! Ci sarà tanto alcool?»

«Parecchio» sorride lui. Gli altri urlano e ridono, appena si parla di alcool non c’è più spazio per altri argomenti.

«Allora il divertimento sarà assicurato», sorrido, mentre il cameriere posa il caffè di fronte a me.

Gaia ride: «Tu?» mi apostrofa, «Tu e l’alcool! Sicura?»

La guardo in cagnesco. «Io! Io e l’alcool!»

Ride di nuovo, di petto. «Vedremo “fatina”», mi sfida, prendendomi in giro.

«Doppia stronza».

Alza gli occhi al cielo, per nulla offesa. «Ah! A proposito: ci sarà anche il cugino di Federico! È un figo da paura…» sghignazza.

La osservo stringendo le labbra, questa ragazza non si smentisce mai. «E quindi? Cosa c’entra?» le domando alzando una spalla.

La mia amica sbuffa seccata. «Nulla! Era solo per dire!», alza gli occhi al cielo. «Con te non funzionano mai questi discorsi».

Apro la bocca per ribattere, quando Federico mi precede: «Ah, è così eh?» guarda la mia amica. «Sono i geni di famiglia, infatti guardate il sottoscritto», si indica, alzando il mento.

Rido appena mordendomi il labbro. “Non potresti avere più ragione”.

«Oh, smettila di credertela, non sei una diva!» ribatte Jaja alzando gli occhi al cielo.

Il moro, si tocca il petto e mette su un broncio che farebbe sciogliere anche i ghiacciai. «Ma come ti permetti! Io sono il re delle dive!»

Rido sotto i baffi osservando lo schermo del telefono. L’ora è volata e i miei libri mi stanno chiamando a gran voce, soprattutto lo spagnolo.

Mi alzo e tiro fuori il portafoglio dalla borsa.
«Cosa fai, Anna?» Federico posa la mano sulla mia. Una scarica elettrica mi percorre tutto il braccio e la pelle formicola.

«Vado a pagare. Io devo andare, ho tantissimo da studiare», dico, mantenendo lo sguardo basso.

«Assolutamente no! Te lo offro io il caffè, se me lo permettessi ti accompagnerei a casa volentieri», sorride, levando la mano dalla mia.
Arrossisco.

«Oh, no. Non ce n’è bisogno», mi affretto a rispondere imbarazzata.

«Insisto», dice gentilmente alzandosi dalla sedia e guardandomi negli occhi.

«Se insisti... allora va bene», abbozzo un sorriso timido.

Saluto gli altri, lui va a pagare e ci incamminiamo verso la sua macchina.

«Sei fidanzata?» la domanda di Federico mi coglie di sorpresa.

«Cosa? No, certo che no!» rispondo di getto, aggrottando la fronte. Lui sorride appena e annuisce in silenzio, osservando oltre i portici. «Perché lo chiedi?»

«Ero solo curioso», dice a mezza voce. Si stringe nelle spalle e mi osserva intensamente con i suoi occhi verdi come zaffiri che brillano sotto il sole.

Deglutisco, sento il calore risalire di nuovo in superficie e spandersi come la lava bollente sul suolo.
«Credo di non aver ancora trovato il ragazzi giusto per me», sussurro appena.

Federico mi guarda con insistenza e  annuisce solo una volta. «Beh, speriamo che succeda presto, allora. Chissà…»

Deglutisco con il cuore in gola sperando che non si sia accorto dell’enorme cotta che ho preso per lui prima di rispondere: «Già, chissà», volto lo sguardo verso la strada, le macchine si sono appena fermati al semaforo rosso.

Il cuore mi tamburella nel petto mentre cerco di nascondere l’imbarazzo e il disagio che provo quando mi è vicino.
“Maledetto semaforo”.

Attraversiamo in fretta, mentre cerco di restare al suo passo. Averlo vicino mi scombussola i pensieri, potrei piacergli? E se gli dicessi che mi piace e a lui non piacessi? Rovinerei la nostra amicizia.

“No, Anna, smettila di pensare sempre al negativo. Buttati per una volta.”

Ogni volta che mi è accanto lo stomaco mi si contorce come se qualcuno lo stesse strizzando e le guance mi prendono fuoco come se mi trovassi dentro una sauna da ore.

Le mie emozioni vengono messe sottosopra e tutto perché sono così stupida da essermi preso una cota per il ragazzo che tutte le giovani universitarie sognano.

«Eccoci qui», attira la mia attenzione Federico che si è fermato davanti a un Audi nera. Scaccio dalla mente i pensieri che mi stavano affollando la testa e gli rivolgo un sorriso tirato.

“Spero di avere il coraggio di dirtelo, quanto mi piaci.”

Apre la portiera e mi fa salire, poi la richiude, fa il giro e sale anche lui.

«Come vanno gli studi?» mi domanda una volta per strada.

«Bene, devo dare l’ultimo esame con Gerald, perciò puoi immaginare». Alzo gli occhi al cielo e lui annuisce, alzando le sopracciglia.

«È davvero strano quell’uomo. Oltre che parecchio severo. Qualche volta penso che non sia mai stato giovane».

«Siamo in due, allora! Credo che odi tutti, però è onesto, almeno», sospiro.

Federico mi rivolge un sorriso dolce e risveglia di nuovo le farfalle nel mio stomaco, che prendono il volo, libere.
Senza nemmeno accorgermene, siamo sotto casa. «Grazie mille Federico. Davvero!»

Scendo dalla macchina e lui si sporge verso di me. «Di niente Anna, è stato un piacere». I suoi occhi dal colore dell’amazzonia in primavera mi investono in pieno, portando le mie emozioni a fare a botte tra loro, il cuore prende il sopravento battendo forte nel mio petto, le sue labbra si piegano in un sorriso gentile che mi fa sciogliere come neve al sole e mentre mi guarda con quello sguardo di meraviglia negli occhi, penso solo a quanto vorrei dirgli che mi piace.

Sorrido con le farfalle alla bocca dello stomaco e alzo la mano a mezz’aria per salutarlo, poiché ho paura che mi tremi la voce se dovessi aprire bocca.
Lo saluto prima che riparta e sparisca dietro l’angolo e salgo in casa.

Trovo Carmen sul divano con dei fogli scarabocchiati. «Ehi!»

«Ciao scricciolo!»

«Ho una notizia, sabato andiamo alla festa di Federico, è il suo compleanno», mi avvicino e raccolgo i fogli accartocciati per terra.

«Oh…» squittisce la mia amica, sorridendo. «Bene, bene, bene!», alza le sopracciglia civettuola.

«Bene!», alzo un sopracciglio e sorrido imbarazzata.

La mia amica mi misura con lo sguardo sotto le ciglia e sorride. «Finalmente vi metterete insieme, spero. Anzi: credo proprio che sarà così».

Resto a bocca aperta, e un calore bollente mi pervade il collo e il volto. L’imbarazzo mi arriva fino ai capelli.

Sgrano gli occhi e la liquido con un: «Vado a studiare», prima di sparire dal soggiorno e chiudermi la porta della camera alle spalle.

🥀●Spazio Autrice●🥀

Sì, sì, sì. Non ve lo aspettavate eh, questo è un cambiamento radicale dal vecchio LEGAMI.
Federico e Anna...
Ma ve li immaginate insieme?
(Sto ridendo tantissimo per ciò che accadrà quando un signor 'tenebroso' lo verrà a sapere).

Vostra, Kappa_07 💜

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