𝐆𝐥𝐢 𝐀𝐧𝐚𝐥𝐟𝐚𝐛𝐞𝐭𝐢 - 𝐏𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐈

𝐈𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐌𝐢𝐝𝐝𝐥𝐞 𝐨𝐟 𝐭𝐡𝐞 𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭, 𝐢𝐧 𝐚 𝐃𝐚𝐫𝐤 𝐇𝐨𝐮𝐬𝐞, 𝐒𝐨𝐦𝐞𝐰𝐡𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐖𝐨𝐫𝐥𝐝

"Ti saresti dovuto fare avanti un sacco di tempo fa, con Joannie, Mika. Inutile startene qui a mangiarti il fegato perché esce con persone che, secondo te, non la meritano."
Nathan pone enfasi sulle ultime parole, centellinando il suo barboun a piccoli sorsi. Il tintinnio del ghiaccio che urta il cristallo fine del tumbler, fornito dal servizio bar del rinomato 230 Fifth, fa da intermezzo alla pausa di silenzio che segue le parole dell'astro nascente di un raffinato cinema indipendente. Dal Penthouse Lounge del piano sottostante arrivano le note ovattate della musica.
Viste le temperature pungenti della timida primavera che si affaccia appena sulla città, si sta ancora molto bene all'interno. Tuttavia Mikaél è salito a fumare una sigaretta con suo fratello. I due lavorano insieme da molto: il maggiore dei Moshe è parte attiva dell'entourage di Nathan; qualche volta partecipa anche a piccole produzioni cinematografiche e spettacoli teatrali, insieme al fratello più celebre.

Dal Rooftop Garden si può godere di una vista mozzafiato su tutta Manhattan e ammirare l'Empire State Building, il Chrysler e la Fredoom Tower. Quando il cielo è molto terso, come quella sera, lo sguardo si allunga addirittura fino alla Statua della Libertà.

Stretti nei loro pesanti giacconi, i due uomini aspirano le rispettive sigarette, rilasciando volute di fumo bianco che va disperdendosi contro la volta scura di un cielo trafitto da una miriade di astri luminosi. Al tabacco, alternano sorsi di pregiato whiskey d'annata per sostenere il freddo ancora penetrante.

Mikaél resta in un silenzio ermetico. La vista di Joannie tampinata dall'anonimo attorino di turno, sui divani bianchi a lavorazione capitonnè, al di sotto delle caratteristiche sfere riscaldate del locale, gli ha raggelato il sangue più delle sere di un inverno morente che dibatte i suoi ultimi, siderali colpi di coda. Tale visione è bastata a fornire ai fratelli Moshe la scusa per una comoda via di fuga: la sigaretta strategica.

"La sua vita privata non sono affari miei, Nat, però toglimi una curiosità," Mikaél interloquisce il fratello nuovamente.

Nathan lo guarda in tralice da sotto i ricci, ricresciuti già di parecchio dopo l'ultima rasatura di scena; gli ricadono sulla fronte e in parte sugli occhi. Poi riabbassa le palpebre sul bicchiere, portandolo alle labbra, per attingere un generoso sorso della bevanda che lo riempie per metà e gli fa strizzare gli occhi, al bruciore tipico che ne accompagna la degustazione mentre percorre l'esofago. Gesto che vale una tacita asserzione: l'attore dirà a Mikaél ciò che vuole sapere.

"È stata di nuovo male, vero?" chiede il maggiore dei due fratelli, molto preoccupato.

L'attore emette un mezzo grugnito, mentre aspira un tiro prolungato dal drum che stringe tra indice e pollice; la piccola luce alla sua estremità incendia la penombra soffusa dei lampioni del roof garden, per l'ultima volta, andando a spegnersi nella sabbia del posacenere poco distante, un attimo dopo.

"Sì, è stata di nuovo male," ammette Nathan mestamente.

"Era del suo ultimo ex? Prima di questo imbecille che le si è accollato di recente?" rincara l'astio Mikaél.

"Te l'ho già detto, fratellino. Se vuoi Joannie devi farti avanti. Non è che puoi fare il geloso per tutti quelli con cui esce."

"La fai facile, tu. Non ti sei mai minimamente sforzato perché una ragazza ti notasse. Ne hai sempre avute a decine a correrti dietro."

"Quando hai esaurito la dose giornaliera di autocommiserazione magari puoi impegnarti a prendere l'iniziativa con le donne che ti piacciono, seppure madre natura non ti abbia fatto dono dei geni della bellezza," Nathan fa il verso a suo fratello, "la solita stronzata che racconti a te stesso per paura, per insicurezza. Le persone, a volte, vanno oltre il solo aspetto fisico. Ne sono la prova vivente: Mara non era affatto appariscente. Ho scelto la ragazza più timida del liceo," l'attore afferma lapidario, con il consueto piglio perentorio.

"Va beh, mi sa che hai bevuto troppo. Io chiamo un taxi e me ne vado a casa," gli fa eco Mikaél.

"Sei un cazzone avariato, Mika. Tu staresti benissimo con lei. Te l'ho sempre detto. Non si farà avanti per prima però, non ne è capace. Devi farlo tu. Con tutto quello che sta passando si è convinta, ancora di più, che non possa trovare un uomo che l'accetti con il problema che ha."

Mika abbassa le palpebre in uno sguardo amaro, infossando il capo nelle spalle, mentre infila le mani nelle tasche del parka dalle tonalità avio. Si volta per rientrare dabbasso, rincarando la dose. "È facile parlare quando sei tu quello aitante che se la spassa con una diversa, ogni sera, da quando è tornato libero come un fringuello. Ti preferivo quando stavi con Mara, in effetti. Un po' di notorietà ti ha dato alla testa."

A un tratto il ragazzo si sente strattonare dal retro del bavero. "Brutto figlio di... non posso perché è anche la mia di madre! Non l'ho mica voluta io la fine della storia con Mara. Sei... un disadattato. Ecco perché non ce l'hai una relazione fissa, nella tua vita." Nathan spintona Mikaél, alle spalle. Quest'ultimo si gira di scatto, afferrando e piegando esternamente il braccio del fratellino, di quarantacinque gradi, costringendolo a emettere un gemito di dolore.

"Con tutto il rispetto, non sono io quello che, a un party per l'uscita del suo nuovo film, acclamatissimo dalla critica peraltro, si isola come un eremita in cima al tetto del mondo. Disadattato io? Sei sicuro?" Mikaél irride il fratello, seguitando a sovrastarlo fisicamente.

"Ehi, insomma! Ma che vi prende?!" Joannie si precipita sui due per dividerli e per poco non finisce a gambe per aria, quando Nathan sferra una ginocchiata nello stomaco, a Mika, per allontanarlo e, contemporaneamente, un gancio ben assestato sotto il naso di quest'ultimo, provocandogli una copiosa perdita di sangue.

"Perché non te ne vai al diavolo con la biondina, di sotto, che ti punta da tutta la sera! È un modo migliore di sfogarsi," reitera Mikaél portandosi le dita tra il naso e il labbro per quantificare il danno causatogli da Nathan, il quale soffia dalle narici come un toro legato in un'arena, gli occhi iniettati fissi sul fratello.

Joannie prende Mika per le spalle, "Stai bene?" chiede, mentre estrae dei fazzolettini da un pacchetto recuperato in borsa, e tampona il rivolo di sangue che oramai ha finito per imbrattare il parka avio di Mika e il suo, bianchissimo, con tanto di pellicciotto sintetico intorno all'ampio cappuccio.

"Sì gela quassù e voi avete bevuto troppo. Vi porto a casa."
Joannie fa davvero fatica a resistere al freddo, essendo abbigliata in un abito corto che lascia le gambe coperte solo da leggere calze velate su vertiginosi tacchi bianchi. È una visione per Mika - lo è per chiunque non sia cieco - che la osserva grato e languido mentre lei gli tampona la ferita sul labbro, con premura, e punta i suoi occhi verdi dritti nei suoi, i loro corpi aderenti, incurante, lei, che il sangue abbia macchiato anche il suo piumino immacolato.

I tre ridiscendono al chiuso, cercando di passare più inosservati possibile. Complice la musica più alta che, dopo un certo orario, ha ufficialmente aperto le danze, la combriccola riesce a sgattaiolare da una delle uscite, non prima che Nathan si sia appropriato di due bionde Budwiser da tre quarti, adagiate nei vari seau à glace, posizionati sul tavolo da buffet.
Una volta in macchina, Joannie fa rotta verso l'Upper East Side dove i tre dividono un grazioso appartamento, non grandissimo ma accessoriato di tutti i comfort. È lei a guidare, quella sera: è rimasta sobria, come d'accordo con i ragazzi. Oltretutto i recenti problemi di salute e la conseguente assunzione di misoprostolo non vanno a nozze con gli alcoolici.
Nessuno batte ciglio e, nonostante la ferita dolorante tra naso e labbro, Mika è ben felice che la ragazza non sia più in compagnia: dell'attorino di inizio serata non c'è più traccia.
All'interno dell'abitacolo, il silenzio è interrotto solo dal rumore attutito del traffico notturno e dallo stridio della lama di un coltellino che sciabola la bottiglia di birra, con un tocco da maestro di Nathan, nel retro dell'auto. Poco dopo, l'attore, decisamente alticcio, raglia come un asino in agonia la melodia di una canzone composta di recente, a seguito dello sconforto per la fine della sua storia con Mara: la donna con la quale vedeva il proprio futuro. Joannie e Mikaél lo lasciano sfogare, di certo non sta passando un bel periodo e nemmeno i successi della sua carriera, in continua ascesa, placano l'amarezza del ragazzo.

Rientrati in appartamento, Mikaél è il primo a recarsi in bagno per cambiarsi e lavare via il sangue.
Joe intanto, dimessi la mise da sera e il belletto, riemerge dopo il suo turno in doccia, coperta di una felpa nera oversize che la copre poco oltre metà coscia. Un indumento comodo rubato a Mikaél. Sistema i capelli su un lato del collo, lisciandoli con le mani, e bussa alla porta di camera di Nathan - anche se è già aperta - il quale le fa cenno di entrare. La ragazza siede accanto all'amico, ginocchia al petto, raccolte sotto la felpa. Nathan se ne sta sdraiato in boxer e maglia di cotone a mezza manica, occhi al soffitto. Rimangono in silenzio. Non c'è molto da dire a chi non se la passa proprio benissimo. Gli resta accanto, basta la presenza che diviene conforto. Esattamente come Nathan c'è sempre per lei, da quando si conoscono. E sono passati dodici anni.

Il giovane attore volge il viso verso l'amica di sempre, fa leva sui gomiti per tirarsi su a sedere e, con delicatezza, allunga una mano fino ad accarezzarle i capelli per terminare poi sul viso. È sempre stata bella e quelle labbra rosee, che ha volutamente finto di non vedere, per anni, sembrano invitarlo. Con il passare del tempo, pel di carota è divenuta una diva di classe, elegante e raffinata. E, seppure il suo viso conservi un'espressione efebica, emana una sensualità conturbante, allo stesso tempo. Non c'è più nessuna ragione che possa far sembrare sbagliata una naturale attrazione verso una donna con la quale Nath ha condiviso tanti momenti di gioia e sconforto, al di là della vita lavorativa.

- Se Mikaél non si fa avanti, peggio per lui, lo farò io.- Nathan pare risoluto e fa per azzerare la distanza tra le proprie labbra e quelle di Joannie, ma lei lo ferma. "Sei ubriaco, Nath. Ossignore, vuoi per caso uccidermi con quest'alito? Ti voglio bene, lo sai. Non roviniamo tutto, okay?"
Joannie lo sussurra con una tale dolcezza che il ragazzo sta appena realizzando di essere un immenso idiota e aver fatto una figuraccia epocale ad aver anche solo pensato a lei diversamente dal consueto.

"Esci da una storia durata un'eternità. Sei confuso, Nath," Joannie accarezza il viso dell'amico, a sua volta, gli legge negli occhi si senta un verme. "Le consolazioni momentanee non servono però, lo sappiamo. Molte volte fanno anche più male del senso di abbandono."

"Tu non saresti mai una consolazione momentanea, per me, Joe, sai che tengo davvero a te."

Gli sorride assertiva e fiduciosa. Nessuno più di Nathan e della sua famiglia le sono stati vicini.

"Che c'è in me che non va, Joe? Io-io... le sono sempre stato fedele. Insomma, lo vedi lo schifo che abbiamo intorno, sarebbe stato un attimo che, giovane, famoso e corteggiato, fossi potuto andare con qualunque donna, ma ho sempre voluto solo lei. È assurdo. Non le è bastato. Anni e anni cancellati perché lei non si sente di vivere sotto i riflettori?! Quando mai l'ho fatto? Ho sempre preso parte ai soli impegni di lavoro. Sono lo stesso che si è innamorato della ragazza che lo fissava da dietro i grandi occhiali, arrossendo, quando mi accorgevo di lei.
Non frequento i locali modaioli di questa cazzo di città. Fuggo persino da ciò che è dovere, se posso. Quale vita sotto i riflettori, scusa?"

"Nath, vieni qui" Joe lo attira a sé, fino a che l'amico si accoccola sulla sua spalla, sprofondando il viso nell'incavo del suo collo. L'odore pregnante di alcool che emana dal ragazzo si fonde con quello dello shampoo all'argan di capelli di fuoco. Normalmente un uomo in quelle condizioni le susciterebbe repulsione. Ma è il suo migliore amico, suo fratello, la sua famiglia.
Joannie avverte i singhiozzi sommessi che il ragazzo soffoca, con vergogna, nel suo mare di rame. Con una mano gli percorre l'ampia schiena mentre l'altra liscia i ricci, nella speranza di calmarlo. È ridotto uno straccio. Non crede di averlo mai visto in uno stato simile, prima. Nathan: la roccia. È sempre stato lui a sorreggerla. Per la prima volta è venuto il turno di Joannie.

"Ehi, Nath, ho una soluzione per stasera, basta tragedie," gli suggerisce lei mentre gli sorride, tenendogli il viso tra le mani, gli occhi puntati in quelli stravolti e arrossati dell'amico.
"Vado a sollecitare tuo fratello, vediamo se riesco a farvi far pace. Tu aspetta qui."

Una volta che anche Mikaél è in camera con loro, Joe tira fuori il suo asso nella manica: un tiro ciascuno di marijuana di ottima qualità favorisce un ritrovato buonumore che
spinge, ben presto, i tre, nelle braccia di Morfeo, nel letto da una piazza e mezza di Nathan. Joannie si è abbarbicata scomposta al maggiore dei Moshe; gli cinge il torace con un braccio, il capo posato sul suo petto, e una gamba che finisce comodamente su quelle del giovane.
"Ha un buon profumo questo bagnoschiuma all'arsenico. Posso rubartelo qualche volta, quando faccio la doccia?" la rossa mugugna tenera mentre sprofonda nel sonno, acciambellata al gigante buono - felicissimo di farle da cuscino. Intanto Nathan ronfa, a bocca aperta, supino. Mikaél è l'ultimo ad addormentarsi. Con Joe stretta, stretta a lui è un'impresa. Resta a guardarla: la lucente chioma fulva sparsa sul suo petto, il buon profumo dello shampo all'argan si fonde con quello femminile. Quasi gli sembra un sogno poterla avere così vicina.

Tocca al più grande tra i tre tirare su le coperte, facendo attenzione a non svegliare i due ghiri che già popolano il mondo dei sogni.

Angolo Autrice:

Eccoci qua, a metà storia, circa. Gli anni sono passati per i nostri protagonisti; i problemi aumentano, ma anche alcune le soddisfazioni. Vecchie ruggini non mancano di corrodere, nel punto giusto, le insicurezze dei nostri personaggi. Che dire?
Mantenere un'amicizia con il sesso opposto, negli anni, scevra da un minimo di attrazione reciproca, che parta dall'affinità mentale, lo ritengo impossibile. Tuttavia, la forza di volontà e un limite imposto da un tipo di amore che va oltre quello carnale può determinare il successo di un rapporto complesso, da molti considerato utopistico ma che, se sincero, può essere baluardo nei momenti difficili l'uno per l'altra.

Stiamo arrivando a un punto di svolta.
Il prossimo capitolo, prestissimo.

Nives ♥️.

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