Petali d'innocenza

❝ Il leone attacca solo
quando è affamato,
quando è sazio
il predatore e la preda
vivono pacificamente insieme. ❞
𝓒𝓱𝓾𝓬𝓴 𝓙𝓸𝓷𝓮𝓼

personaggi presenti: Anaëlle, Ambroise, Dana, Théa

personaggi nominati: Françoise

Mattina del 5 aprile 1885

Un leggero canticchiare si innalzava per i corridoi dell'Opera, una melodia quasi coordinata con i primi raggi del sole che, nella prima mattina, filtravano dalle ampie vetrate che ornavano le pareti, rendendo visibili davanti alla giovane i pulviscoli che si innalzavano in controluce dal suolo e dai muri, mentre ella avanzava trattenendo un leggero sbadiglio. 
Proprio come il suo capo ella era reduce di lunghe giornate di lavoro e le ore di sonno non sembravano bastarle per quanto lunghe potessero essere. Molti probabilmente avrebbero potuto asserire che il lavoro di una segretaria non era niente di che, del resto in teoria ella avrebbe dovuto solamente lavorare con scartoffie e documentazioni varie in tutta calma, mentre si trovava tranquillamente seduta su una poltrona accanto ad un caldo camino che con il suo tepore l'avrebbe dolcemente accompagnata durante la giornata. In tutta onestà Anaëlle non si sarebbe mai potuta dire tanto pronta a contraddire quelle voci e teorie, difatti non aveva mai trovato il suo lavoro impegnativo come durante quei giorni seguenti all'assassinio della giovane ballerina. Le sue giornate da quasi una settimana ormai consistevano in frenetiche corse dal proprio ufficio a quello di Ambroise per consegnare lettere o fax, oltre che a rispondere a telefonate preoccupate di famigliari dei lavoratori dell'Opera e respingere insistentemente le richieste della stampa di poter intervistare il direttore e i dipendenti. Le istruzioni che aveva ricevuto erano state chiare: dire il meno indispensabile sulla faccenda e non fissare appuntamenti con nessuno, nonostante le pressioni esterne non fossero del tutto indifferenti. Per non contare del fatto che le fosse stato chiesto dal suo superiore di ritrovare il registro che riguardava il balletto Giselle, che sembrava ormai smarrito da mesi nel caos più totale degli scatoloni che la segretaria che l'aveva preceduta aveva lasciato nel ripostiglio del suo ufficio. Giornate piene e stancanti che certamente non l'avevano lasciata del tutto tranquilla, nonostante mantenersi occupata e in movimento l'aiutassero a non pensare ai terribili fatti accaduti nell'opera e a non farsi castelli mentali e paranoie che sarebbero risultate del tutto inutili. Mentre i suoi passi prendevano un'andatura più svelta ella si sistemò meglio tra le braccia lo scatolone che aveva portato con sé nel proprio appartamento, inutile scatola di documenti su cui aveva passato metà della nottata alla ricerca del registro del balletto sopra citato che, sfortunatamente, non aveva ancora trovato. La questione la seccava un poco, già ella non sopportava il tremendo disastro in cui la segretaria precedente aveva lasciato lo sgabuzzino in cui teneva i registri dei balletti e degli spettacoli, se fosse stato per lei sarebbe stato tutto perfettamente in ordine e rintracciabile alla prima necessità, peccato che prima di allora non avesse mai capito quanto fosse indispensabile che quelle quattro mura piene di documenti fossero ordinate. Di certo alla prima occasione di libertà avrebbe rimediato, ma in quei momenti poteva solo limitarsi a tirare fuori scatolone dopo scatolone, alla ricerca del famigerato documento.
Persa nei propri pensieri riguardo a ordine e scartoffie infilò la chiave nella toppa della porta del proprio ufficio, reggendo lo scatolone con un solo braccio e, con un certo sgomento, barcollò leggermente quando si accorse che la porta era già aperta.
Rimase per qualche secondo immobile, il volto giovanile corrucciato mentre osservava lo stipite della porta, nessun segno di scasso era presente su di esso e ipotizzò di averla lasciata aperta lei stessa la sera prima, magari mentre usciva con il cartone che ancora teneva tra le mani se ne poteva essere dimenticata. Guardandosi intorno constatò che nessuno passava per il corridoio, ma del resto chi mai sarebbe finito a passeggiare da quelle parti? Quella era solo un'ala riservata al suo ufficio e a quello del direttore, poco frequentata da persone dell'Opera.
-Molto bene Anaëlle, al massimo potrai dire di avere un'arma di difesa.- mormirò a bassa voce, più per far coraggio a sé stessa che per convincersi di poter davvero usare quell'ingombrante scatolone come arma contundente. Non si era sentita in pericolo fino a quel momento, perché avrebbe dovuto iniziare proprio allora solo per una piccola svista?
Deglutendo leggermente tirò un piccolo e lento calcetto alla porta che si aprì con un leggero scricchiolio, alzò gli occhi al cielo mentre avanzava aprendo del tutto l'uscio, pensando che, uno, era stata davvero stupida a farsi intimorire da così poco e, due, avrebbe di nuovo oliare la porta.
Si può immaginare quando fu grande la sua sorpresa nel notare di fronte a sé un uomo di spalle, il capo chino a leggere un documento e solo la schiena visibile alla donna appena entrata. Forse fu la sorpresa inaspettata, il fatto che fosse entrato di soppiatto o che tra i corridoi dell'Opera girasse un assassino a far sfuggire un singulto alle labbra della giovane. Lieve rumore che causò una reazione nella figura di fronte a lei che iniziò a muoversi lentamente.
-Anaëlle...- fu la parola d'inizio di una frase che venne bruscamente interrotta dal gesto rapido della ragazza che, i riflessi pronti e le gambe fermenti per girare i tacchi e iniziare a correre, lanciò la scatola proprio addosso all'uomo che aveva iniziato a girarsi. Scelta stupida o meno il cuore le batteva a mille e non ci teneva molto a far finire le proprie budella a decorare il pavimento.

Solo troppo tardi si rese conto di non aver effettivamente fatto la scelta migliore della sua vita: di fronte a lei, leggermente piegato in avanti e con una mano sullo stomaco si trovava Ambroise che, con un'espressione scandalizzata sulla faccia, la osservava come se fosse una pazza. Il motivo per cui non l'aveva riconosciuto era semplice: i capelli tagliati leggermente più corti li facevano sembrare quasi un'altra persona, donandogli un'aria più giovane e totalmente diversa dalla solita cadenza rude che gli conferita la barba portata solitamente più lunga.
-Oh mio Dio.- mormorò la donna passato lo shock iniziale, le mani leggermente portate in avanti mentre si avvicinava al suo superiore con aria mortificata sul volto, realmente più terrorizzata per il proprio posto di lavoro che per l'uomo. -Sono infinitamente dispiaciuta.-
Nella fretta di avanzare quasi inciampò nello scatolone caduto davanti all'uomo che ora le nascondeva la sua espressione, chinato in avanti. Probabilmente era stata l'adrenalina a permetterle di far fare quel piccolo volo alla scatola, ma l'adrenalina non avrebbe certamente lenito il dolore della figura di fronte a lei.
-Sono tremendamente mortificata, la porta era aperta e non ti avevo riconosciuto, pensavo...- quasi fu sorpresa quando il direttore la interruppe con un secco gesto della mano mentre si raddrizzava accanto a lei, una mano poggiata alla scrivania verso la quale era indietreggiato e l'altra portata allo stomaco.
-Che diamine c'è in quello scatolone? Penso mi si sia incrinata una costola.- borbottò lanciando un'occhiataccia allo scatolone semiriversato sul pavimento, le dozzine di fascicoli aperti e sparsi nel piccolo ufficio. -Se avessi saputo che eri catalizzata come un'arma letale ti avrei aspettato prima di entrare.-
L'espressione della donna esprimeva tutta la sua sorpresa, idem gli occhi confusi che osservano l'uomo che non sembrava per niente arrabbiato, una reazione del tutto contraria a quella che si sarebbe aspettata. Cosa avrebbe potuto dire di fronte all'espressione totalmente serena che entrava in realtà in netto contrasto con le occhiaie che adornavano il viso dell'uomo? Dire che era sorpresa era dir poco, una sfuriata l'avrebbe preoccupato di meno della risatina vagamente isterica che si fece spazio tra le labbra dell'uomo alla sua espressione.
-Non fare quella faccia, non è morto nessuno.- fu il commento di Ambroise mentre trasformava il riso in un semplice sorriso, raddrizzando la schiena e scrollando leggermente le spalle. -Per ora.-
Anaëlle si limitò a chiudere la bocca, sempre più confusa, un colpo allo stomaco poteva forse danneggiare il cervello?
-Sicuro vada tutto bene?- domandò di nuovo Anaëlle in tono titubante, mentre inclinava leggermente la testa di lato e con gli occhi lanciava un veloce sguardo alla marea di fogli sparsi sul pavimento. Che gioia sapere che avrebbe dovuto rimettere tutto in ordine di nuovo.
Ambroise fece di nuovo lo stesso gesto con la mano, come a chiudere la discussione in quel preciso istante, forse un po' poteva comprendere il fare stupito della donna, probabilmente in occasioni diverse si sarebbe davvero infuriato per un gesto tanto sconsiderato, ma non in quel momento e non con lei.
Poi si spostò portando una mano al fianco della donna di fianco a lui. Ella si irrigidì, sapeva che non poteva essersi chiusa lì la questione: l'avrebbe sbattuta fuori con le sue stesse mani passato il momento isterico? Invece l'uomo si limitò a sospingerla delicatamente di lato per poi sorpassarla, fermandosi solo un attimo accanto a lei, squadrandole il profilo con gli stanchi occhi verdi mentre il sorrisetto divertito non accennò ad abbandonargli il volto. -Ma attenta a lanciare scatoloni addosso alle persone, qualcuno potrebbe prenderla male.-
Detto ciò avanzò oltre, lasciando scivolare la mano lontano dal fianco e dirigendosi verso l'altro lato della scrivania. Dal canto suo Anaëlle rimase più sbigottita che altro, si era davvero svegliata quella mattina o quello era uno strano sogno?
-Perché mi stavi cercando?- si limitò a domandare, la tensione che iniziava lentamente ad allentare la presa sulle sue spalle fino a poco prima tenute rigide, il fianco ancora formicolante in seguito al tocco inaspettato, a quanto pareva non sarebbe stata licenziata.
-L'ispettore e il suo vice hanno richiesto il curriculum e lo schedario di Elodie Legrant, andrebbe recuperato in biblioteca, ma non ho tempo di farlo personalmente, dunque sono venuto a lasciarti le chiavi e, sorpresa delle sorprese, altre lettere a cui rispondere e cose simili.- disse, posando una grande chiave di ferro sulla scrivania della giovane, lo sguardo non intenzionato a lasciare il suo volto.
Anaëlle che sembrava essersi ripresa del tutto e aver catalogato l'evento di poco prima come qualcosa di molto vicino al paranormale e all'incomprensibile annuì, lo sguardo adesso deciso e l'aria tornata estremamente diligente come suo solito.
-Entro stasera se possibile.-
La donna annuì di nuovo, allungandosi per prendere le chiavi e infilarsele nella tasca dell'abito, non le avrebbe perse e non avrebbe fatto altri errori.
-Potrei passare a prendere i documenti prima di andarmene stasera e portarli in ufficio prima delle otto, se ciò non è un problema.- parole diligenti dette velocemente e dopo un'attenta quanto veloce analisi del cumolo di lettere che si trovava sulla sua scrivania, l'avrebbero tenuta occupata un bel po' se non si contava che avrebbe prima dovuto rimettere apposto tutti i fogli sparsi sul pavimento e aprire un'altro scatolone alla ricerca del registro scomparso.
-Perfetto.- rispose Ambroise annuendo e lanciando poi uno sguardo ai fogli sparsi sul pavimento. Probabilmente non gli sarebbe dispiaciuto rimanere ad aiutare Anaëlle a sistemare quel piccolo disastro, ma per sua sfortuna aveva compiti ben meno gradevoli a cui adempiere e probabilmente la sua presenza non sarebbe neanche stata del tutto adatta per un lavoro simile.
Storcendo leggermente il naso riportò lo sguardo sulla donna che stava sistemando una piccola statuina che si era ribaltata nella colluttazione con il tavolo, le gambe eleganti della ballerina di vetro subito riportate al loro posto nella stessa posizione graziosa di poco prima. I delicati lineamenti del volto dolci e quasi infantili posti come specchio di perfezione, tra la fragile statuetta che posava sul suo piccolo piedistallo e quella che posava di fronte a lui non avrebbe poi saputo trovare tante differenze o imperfezioni.
-È tutto.- furono le parole che disse per riscuotersi dal breve stato di trance in cui era caduto, il passo svelto a sorpassare la scrivania, evitare le dozzine di fogli sparsi e ad avvicinarsi alla porta. -Buon lavoro.-
-Ambroise?- furono le parole della donna che lo fermarono sulla soglia, facendolo voltare con un cenno del capo verso colei che l'aveva richiamato.
Ella lo stava guardando con un piccolo sorriso appena accennato sul volto, un leggero imbarazzo negli occhi.
-Non potrò vantarmi di averti quasi abbattuto, vero?- disse, probabilmente quella era stata davvero una pessima figuraccia, se almeno avesse colpito un assassino si sarebbe sentita un poco meno in colpa e sentimenti così erano rari perfino per lei, sdrammatizzare le risultò un poco naturale dunque, sperando di non aver creato danni all'ego del suo capo.
L'uomo ignorò il leggero pulsare dello stomaco, certamente non gli si era incrinata nessuna costola, ma un bel livido sarebbe probabilmente rimasto, provava però sollievo nel sapere della prontezza di riflessi della donna, le sarebbe senza dubbio tornata utile e per ciò non sarebbe riuscito ad incolparla.
-Buon lavoro.- si limitò a rispondere scuotendo leggermente la testa con aria divertita prima di scivolare oltre l'uscio, trattenendo una leggera smorfia di dolore che avrebbe probabilmente danneggiato il sorriso che si ritrovava sul volto.

I pensieri felici non durarono comunque a lungo nello spirito dell'uomo, aveva ancora un paio di cose di cui occuparsi prima di tornare alle proprie faccende e una di quelle sgradevoli mansioni era assicurarsi che l'ospite speciale dell'Opera non ricevesse strani trattamenti. Sospirò guardando il proprio orologio da taschino e calcolando che mancavano circa due ore all'arrivo di Françoise de Nay all'Opera, il giorno prima purtroppo non era riuscito ad accoglierla in quanto si trovava altrove occupato in altre faccende, la cosa che più lo preoccupava è che in quelle due ore avrebbe prima dovuto trovare una guardia disposta ad accollarsi alla donna senza fare storie in sua presenza e non era sicuro che tutti avrebbero accettato di buon grado di fare da galoppino ad una nobile.

Mattina del 5 aprile 1885

Altri animi si stavano risvegliando dall'altra parte dell'imponente costruzione, i raggi del sole annunciavano una nuova giornata lavorativa che, per chi di più e per chi di meno, avrebbe portato impegni e faccende da sbrigare. Gli artisti avevano ripreso ad esercitarsi con frequenza, la notizia che il direttore intendeva riaprire l'Opera era già giunta ai dipendenti, veritiera o meno ciò aveva creato un certo fermento che si poteva percepire fin dalle prime ore del mattino. Molte persone non erano d'accordo con tale velato annuncio, ma altri dipendenti quasi scalpitavano per tornare alla quotidiana routine, rassicurante quanto protetta. Di certo nessuno osava porsi di fronte ad Ambroise per discuterne apertamente, visto di pessimo umore in quei giorni il direttore non sembrava certamente una delle persone più piacevoli a cui accostarsi per fare delle domande, le voci dunque venivano solo trasportate nelle ombre, sussurrate e portate da un paio di labbra ad un altro come una sigaretta dal funesto fumo.
Ma tornando a quel preciso istante, a quella mattina primaverile in cui leggeri spifferi di freddo provenivano ancora da una Parigi che lentamente si risvegliava, un animo relativamente leggero schiudeva gli occhi un poco arrossati al giorno.
No, forse l'animo di Dana non si poteva ritenere del tutto tranquillo e spensierato. Quella notte si era rigirata tra le candide lenzuola per diverse ore, restia a prendere sonno, spaventata da ciò che le tenebre avrebbero potuto nascondere e da cosa avrebbe potuto colpirla da un momento all'altro. La candela sul suo comodino era ormai spenta e gli occhi color del ghiaccio erano spalancati ad osservare il soffito su cui, fortunatamente, il lampadario spostava senza problemi. Era viva, si era addormentata poco dopo le campane delle tre di notte e nessuno era entrato nella sua stanza a mettere fine alla sua vita, non sarebbe finita in ospedale e, ancora meglio, non sarebbe finita sotto terra.
Un sospiro di sollievo lasciò le candide labbra mentre ella si portava un elegante mano alla fronte, una leggera risatina vagamente isterica a circondarla mentre pensava che forse i pensieri della notte precedente erano stati un poco esagerati, solo perché aveva rischiato di finire impalata dal braccio di un candelabro non voleva dire che ella dovesse per forza morire nelle ore seguenti.
Sospirò leggermente interrompendo la propria risata, lasciando vagare il pensiero alla sua maestra che ormai si trovava in ospedale da due giorni, un miracolo che fosse ancora viva in pratica. Le immagini dell'incidente l'avevano torturata per la notte seguente a quel giorno e per parte di quella precedente, lasciandole riposo solo dopo svariato tempo passato a rigirarsi tra le coperte, spaventata che quando si fosse addormentata qualcuno da sotto il letto l'avrebbe trascinata nelle profondità dell'Inferno.
Alla rassicurante luce dell'alba però quei timori sembravano vani e stupidi, quasi come vapore pronto a dissolversi al primo colpo di un ventaglio.
La ragazza si tirò a sedere, allungando le braccia verso il cielo in un moto voluto a distendere gli arti e stiracchiarsi prima di alzarsi, contemporaneamente scalciò anche le coperte con le allungate gambe, causando però un movimento inaspettato.
Fu costretta ad immobilizzarsi di colpo quando qualcosa cadde dal letto, rimbalzando sul pavimento con un delicato tonfo che ella non avrebbe probabilmente udito se solo i suoi sensi non fossero tornati sull'attenti quando un piccolo lampo bianco si era fatto notare sul copriletto rosa antico.
Sporgendo leggermente il volto osservò cosa si trovava sul pavimento oltre al bordo del letto e ci volle tutta la sua forza dal trattenersi dall'urlare quando notò una candida rosa bianca che, era sicura, la notte prima non si trovava ai suoi piedi.

Poco lontano dalla sua stanza, in una camera poi non tanto diversa da quella di Dana, un'altra figura teneva tra le candide dita una rosa di identico aspetto e fattura, candida come la neve appena caduta e di un intenso quanto dolce profumo, quasi fosse stata recentemente recisa.
Lo sguardo di Théa però, a differenza di quello dell'apprendista lirica, non era per nulla spaventato, solo incuriosito e il volto giovanile corrucciato ad osservare quello strano fiore.
Strano per modo di dire, la ballerina nella sua vita aveva visto centinaia di rose e certamente non fu il fiore in sé a turbare il suo animo, quanto il fatto che non sapesse come fosse arrivato nella sua camera. Con un leggero frusciare della gonna della camicia da notte Théa fece un giro su sè stessa, osservando la finestra perfettamente chiusa e la porta serrata a chiave, per poi passare lo sguardo sul grande specchio in un angolo e sui mobili, tutto rispettivamente al proprio posto. Solo una cosa non era propriamente giusta in quell'ambiente, il suo intuito glielo suggeriva con un allarmante senso di urgenza: il fatto che ella non era sola e che, soprattutto, non era al sicuro.





Posso spiegare, mettete giù quei forconi.
Diciamo che questo capitolo non doveva esistere, o meglio, doveva essere totalmente diverso. Doveva essere mooolto più emozionante, movimentato e shockante, ma purtroppo non riuscivo a mettere giù la giusta suspence (blocco dello scrittore cheeeck) e non volendo fare una cagatina in un capitolo che avrebbe dovuto essere davvero stupendo e pieno di wtf ho buttato giù questo, più tranquillo e di transizione, leggero da leggere e da scrivere.
È anche un po' più corto degli altri e chiedo immensamente venia, giuro che il prossimo sarà molto più lungo e sarà pure una bomba, questo era tipo un piccolo siparietto con scene che mi serviranno per altri casini futuri❤️

Ah, notiziona importante, filate tutti a leggere la nostra nuova guardia dell'Opera di sailor-viv, é un personaggio fantastico che purtroppo riuscirò a introdurre tra due capitoli visto che tutto è scalato in avanti, ma nel frattempo voi potete informarvi. Su su, cosa fate ancora qui?

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