Il Rubino della Morte

❝ Era tutta una bugia.
Il mondo era pieno di mostri
e non c'era niente che potesse impedirgli di mordere
gli innocenti e gli incauti.❞
𝓢𝓽𝓮𝓹𝓱𝓮𝓷 𝓚𝓲𝓷𝓰

personaggi presenti: Lucien, Maurice

personaggi nominati: Monique, Artemis

Notte del 5 aprile 1885


Vincent Van Gogh soleva dire: "Penso spesso che la notte è più viva e intensamente colorata del giorno"; quali parole romantiche dette da un tale artista possono essere più adatte a scaldare romantici cuori e sognanti anime, spingendo dolci sogni nelle menti di chi sotto al lume delle stelle posa il proprio capo su un cuscino e lascia che la mente viaggi oltre i confini del possibile, fino al luogo in cui l'anima umana trae la sua fonte di ristoro. Dolci erano le parole di Van Gogh che, finemente interpretate, possono lasciare un significato romantico a chi le legge, ma solo pochi notano una leggiadra mancanza in quella frase: di che colori si tinge la notte? Si adorna dello splendente brillare delle stelle? Del blu di un infinito cielo sereno? O si tinge del rosso del sangue e del nero della tenebra?
Pochi sanno che in quella notte, quel cinque marzo, il sangue si sarebbe versato sul terreno dell'Opera di Parigi, la sete di sangue era tornata a tormentare la bestia e quando affamato, il predatore, inizia a cacciare. Scappi la preda, fugga l'innocente, si celi al mondo colui che teme l'ira degli inferi e la vendetta di un demonio.
Non tutti, anzi, quasi nessuno, sospettava del pericolo imminente che non pendeva sul capo di una solo persona, ma su tutti coloro che un segreto celavano e che nella loro vita avevano seminato il seme del male, anche inconsapevolmente.
Solo una persona invece sapeva che da quella notte una tragedia ben peggiore sarebbe iniziata, la vera messa in scena dell'Opera Garnier, che con il riso sarebbe iniziata e con il pianto sarebbe terminata, il primo atto stava per cominciare e presto i tendaggi si sarebbero scostati lasciando intravedere qualche scorcio del completo spettacolo agli spettatori ancora ignari di tutto. Uno spettacolo che trattava di un eroe e di un mostro, di amore e di odio, di bene e di male, di abbandono e di perdono.

Ma sugli spalti del vero teatro dell'Opera Garnier a ciò non si pensava, la notte aveva portato quiete e tranquillità, una calma monotonia per coloro che si aggiravano quotidianamente in quei corridoi e una nuova notte di lavoro per coloro che alla sorveglianza degli stessi corridoi erano addetti.
Non tra questi ultimi era annoverato Lucien che di sua spontanea iniziativa sostava sugli impianti su cui di solito si aggirava durante gli spettacoli, nella sua posizione ben conosciuta al di sopra del palco. Durante i giorni precedenti aveva sentito l'ispettore e alcuni agenti borbottare cose simili a "un assassino tanto violento solitamente trova gusto nel tornare sulla scena del crimine" e appunto per quello si trovava appostato nel suo sicuro quanto ben conosciuto sovrappalco. La cosa che non capiva era perché, oltre a lui, in quel luogo non ci fossero altri agenti o poliziotti che in teoria avrebbero dovuto tenere d'occhio anche nelle ore notturne la scena del crimine, aveva cercato in ogni angolo e in ogni nicchia del teatro, ma delle forze dell'ordine non c'era traccia. Era alquanto seccato da questa loro mancanza, ma non intendeva accettare un altro cadavere per la loro negligenza o per quella del direttore che sembrava essere davvero intenzionato a riaprire gli spettacoli al pubblico. Perché sembravano tutti incompetenti in quel luogo. Dalla sua postazione rialzata egli poteva definirsi il re di quel piccolo spazio, che a lui pareva sin da tutti quegli anni magico e infinito, niente sfuggiva al suo sguardo e nemmeno le ombre avevano segreti al suo cospetto. Gli sanguinava il cuore a sapere che in quel luogo tanto meraviglioso e pieno d'arte era stato commesso un crimine tanto violento ed efferato come l'omicidio della settimana precedente, era passato così poco tempo ma a Lucien sembrava ormai un'eternità. In quei pochi giorni tutto sembrava essere stato scoinvolto: gli spettacoli che erano in programma sospesi e contando che sarebbero stati le ultime messe in scena della stagione ciò non giocava sicuramente alle casse dell'Opera, inoltre non erano ancora stati decisi quali sarebbero stati gli spettacoli messi in atto in primavera e molti dipendenti erano preoccupati per i loro stipendi. Chi poteva contraddire quella povera gente che aveva sulle proprie spalle famiglie da mantenere e affitti da pagare? Inoltre c'era la tensione che sembrava aver avvelenato l'aria come un subdolo nemico, causando una diffidenza diffusa tra quella che prima sembrava essere quasi una grande famiglia unita. O quasi, Lucien non si era mai sentito parte di qualcosa di grande all'interno di quel luogo, sin da quando ci era arrivato i suo sogni erano stati troncati e di fare amicizia con le persone intorno a lui non ne aveva davvero bisogno ne voglia. Chissà come sarebbe stato avere qualcuno di vicino in quel momento all'Opera, qualcuno oltre a sé stessi di cui preoccuparsi e di cui provare a preservare la vita, una cosa desiderabile tanto terribile che portava l'uomo ad essere quasi felice nella sua aria grigia di pace: nessun amico e nessun nemico, di notte dormiva in pace di giorno si aggirava senza paure di venir pugnalato alle spalle. Forse è meglio dire che solito al calare delle tenebre dormiva, ma non in quella fresca notte primaverile in cui la luna era celata da fitti nuvoloni che preannunciavano pioggia.

Lo seccava un poco saper di dover fare un lavoro relativamente di compito altrui, ma che altro avrebbe potuto fare se la sua coscienza non lo lasciava in pace, se il suo io interiore non gli permetteva di dormire sonni sereni a sapere che qualsiasi povero malcapitato in quel luogo avrebbe potuto finire sbudellato sul lucido pavimento di legno, il sangue a decorare quelle macabre assi che ormai nascondevano più segreti che verità.
Immerso nei suoi pensieri l'uomo camminava lentamente e a passo silenzioso nella sua solita postazione dalla quale manovrava le luci, nelle tenebre la sua figura nera più simile a quella di una pantera a quella effettiva di un uomo, le movenze tanto elastiche da non fare il minimo rumore sulle impalcature sovraelevate, nessuno avrebbe potuto notare la sua figura che invece tutto vedeva e tutto udiva.
E dal suo piccolo "trono", dalla sua posizione privilegiata, non gli sfuggì l'ombra che si spostò nelle tenebre sottostanti, sicuro di aver colto con la coda dell'occhio un nero mantello che si muoveva e frusciava nei pressi della parete orientale.
Si immobilizzò giurando di aver perso anche un battito di cuore, non era davvero arrivato lì nella speranza di affrontare l'assassino, ma solo per sentirsi più leggero nella sua persona, chi mai avrebbe potuto pensare che effettivamente avrebbe visto qualcuno? Solo due possibilità gli si paravano di fronte: far finta di niente o seguire l'ombra che aveva imboccato un corridoio laterale da cui gli artisti raggiungevano le quinte.
Un fremito attraversò l'uomo da capo a piedi mentre una decisione sicura quanto pericolosa calò nella sua mente: l'avrebbe seguito, se non fosse stato l'assassino avrebbe fatto dietro front senza problemi, ma se colui che si muoveva con il favore delle tenebre era seriamente il responsabile dell'omicidio allora non l'avrebbe lasciato andare senza minimo riconoscere la sua identità.
Così, veloce quanto sfuggente, sfruttando la sua agilità e la sua capacità di muoversi in silenzio tra le più svariate ambientazioni dell'Opera, trotterellò lontano dalla sua postazione e, lasciandosi scivolare lungo una scaletta laterale, si ritrovò proprio all'imbocco che l'ombra aveva preso.
Si fermò qualche secondo per lasciar calmare il respiro pesante mentre, appiccicato al muro per non farsi vedere, osservava con attenzione il buio corridoio che si allungava di fronte a lui. Non sembrava esserci nessuno, ma era certo di averlo visto avanzare in quel luogo. Attraversò le quinte a passo svelto e osservandosi intorno, sempre senza trovare traccia dell'intruso, più nessun rumore a indicare dove quell'uomo potesse essere andato. Per un attimo pensò di avere avuto un allucinazione e di tornare indietro, abbastanza sicuro che fosse meglio rinunciare che farsi beccare in giro dalle guardie in piena notte, ma poi un leggero rumore giunse alle sue orecchie, facendogli cambiare immediatamente idea. Non gli fu difficile riconoscere quel leggero brusio come lo strisciare di qualcosa lungo una parete, probabilmente un'arma o un paio di unghie.
Rabbrividì a questo pensiero, era davvero intelligente rincorrere una figura tra le ombre e rischiare la propria vita per persone di cui non gli interessavano? La risposta Lucien l'aveva: no, non era la cosa intelligente da fare, ma era quella giusta. Recuperando la propria lucidità e sangue freddo avanzò di nuovo verso la fonte di quel rumore, afferrando un candelabro argentato lì posato nel caso avesse dovuto difendersi. Imboccò un nuovo corridoio a passo lento, non era sicuro di essersi avvicinato alla fonte di quel rumore, ma forse era solo ingannato dal rimbombare del sangue nelle sue orecchie.
Si immobilizzò prima di sboccare in un incrocio tra due corridoi nonappena udì un chiacchiericcio che si avvicinava d'istinto da sinistra, probabilmente una coppia di persone, dalla voce poteva distinguerli come due uomini. Attese nascosto nelle tenebre e nella penombra, mentre di fronte a lui passavano due guardie dell'Opera in divisa intente a fare un baccano infernale tra di loro, una torcia portata nella mano di uno dei due che però gli fu di grande aiuto: quando la fiamma dissolse l'ombra del corridoio opposto a quello in cui si trovava non gli risultò difficile distinguere una figura che se ne stava in piedi, troppo vicina all'imbocco per passare inosservata dal tecnico che gli puntava addosso gli occhi, attento e fisso come un segugio. Ma come quel secondo in cui era stato visibile la figura si rintanò di nuovo nell'oscurità, scomparendo al raggio di luce con un fruscio inudibile ad orecchio umano.

Lucien rimase immobile facendo ricorso ricorso a tutto il proprio sangue freddo che gli permise di non fare retrofront e tornare a gambe levate nella propria stanza. Era pericoloso continuare a seguire quella figura nelle ombre, rischiando la propria vita da solo, avrebbe potuto richiamare in qualche modo le due guardie e convincerle a indagare, ma chi gli assicurava che i due non l'avrebbero arrestato ancor prima di lasciargli aprir bocca? D'altro canto non poteva andarsene così, se il giorno prima si fosse ritrovato un nuovo cadavere come avrebbe fatto a non sentirsi in colpa? Certo, avrebbe potuto rischiare chiamando le guardie, ma un gioco di ombre avrebbe potuto avergli tirato solo un brutto scherzo e avvertire persone finché non aveva visto un effettivo sospettato che non fosse lui era una cosa stupida, inoltre sapeva quanto preferisce fare le cose di per sé.
Combattuto quanto incerto cercò di mantenersi lucido e non farsi prendere dal panico, stringendo la presa sulla pesante arma di difesa che si era guadagnato, avanzando nella penombra dei corridoi vagamente illuminati da qualche sporadica torcia appesa ai muri, uniche rare fonti di luce in quelle tenebre visto che di notte i candelabri venivano tutti spenti.
Quello era un corridoio secondario poco frequentato dai visitatori e molto di più dalle guardie, anzi era quasi sicuro che fosse il corridoio impiegato da coloro che dormivano negli appartamenti per raggiungerli, nonostante non sapesse quanti di quelle piccole stanze fossero effettivamente occupate in quei giorni. Forse il suo fu in gesto eroico o stupido, ma le conseguenze sarebbero state probabilmente peggiori di quanto Lucien potesse immaginare.
Non vide neanche il colpo arrivare quando una figura che sembrava essersi staccata direttamente dalla lisca parete del corridoio lo attaccò alla spalle, sbattendolo di petto contro il muro più vicino.
La mossa più inaspettata e anche quella più dolorosa, egli che era sempre attento ai minimi dettagli come aveva fatto a farsi sfuggire un uomo dopo averlo addirittura sorpassato? Non avendo tempo di perdersi in troppi pensieri che avrebbero potuto costargli la vita si diede una spinta con le braccia, scagliandosi lontano dal muro e sbattendo contro la parete opposta, il colpo alla schiena attutito dal corpo della persona che lo aveva aggredito.
Lo aveva colto di sorpresa, lo capiva chiaramente, ma la lucidità anche nei momenti più disperati era tipica del tecnico che non sarebbe andato nel panico rischiando ancor di più la propria vita. Rapido si voltò e puntò a colpire in volto quella figura con il candelabro che teneva ancora stretto un mano, riuscendo solo a darvi un'occhiata veloce alla ricerca del suo volto. Non lo trovò, era come se il suo avversario fosse coperto da qualcosa celato a sua volta sotto al cappuccio nero che ne oscurava i lineamenti, facendo intravedere solo un mento di porcellana giallastra e nient'altro.
Il suo colpo andò a segno, ma con grande sorpresa dell'uomo non sembrò neanche che la figura che aveva intrappolato al muro tentasse di sfuggire o parare il colpo, anzi, quando il duro argento del candelabro venne a contatto con quello che avrebbe dovuto essere un volto si udì solo un duro impatto tra due oggetti di rigida fattura piuttosto che tra del metallo e della carne umana.
Questo lasciò Lucien un attimo sorpreso, mentre una risata gutturale e roca scaturita dalla figura di fronte a lui faceva da sottofondo ai suoi pensieri pieni di sorpresa: un colpo simile avrebbe stordito qualsiasi essere umano mentre colui che si trovava di fronte rideva e basta, che razza di demone dell'inferno si trovava ad affrontare? Se avesse saputo di questo pericolo non l'avrebbe mai seguito, si sentiva abbastanza sicuro di sé stesso da affrontare un altro umano, uomo o donna, ma cosa avrebbe dovuto fare con qualcuno o qualcosa che sembrava indifferente ad un colpo simile?

I suoi pensieri non ebbero vita lunga quando a sua volta la figura lo rispinse indietro, Lucien barcollò fino al muro prima di prepararsi a scagliare un altro attacco prima che, con un gesto inaspettato da parte della figura incappucciata un lungo pugnale gli venne conficcato nella mano, strappandogli un urlo dalle labbra e squarciando la carne, attraversandola come se fosse semplice burro, prima di conficcarsi nella parete e bloccare così l'uomo con la mano impalata e sanguinante.
Prima che potesse urlare la scura figura gli fu addosso, un secondo pugnale a sfiorargli il collo.
-Urla e il prossimo colpo ti trancerà la giugulare.- fu il sussurro roco che lo raggiunse, sussurro proveniente dalla persona di fronte a lui, la voce attutita da qualcosa che copriva le labbra  rendeva difficile identificare il sesso del suo avversario.
In quel momento Lucien sembrò quasi realizzare di essere ad un passo dalla morte, per quanto ne sapeva quello era l'assassino e per lui chiedere aiuto o urlare sarebbe stato l'equivalente di condannarsi da solo. Per non parlare della mano grondante sangue che era bloccata al muro dal pugnale e che gli impediva di provare un colpo per difendersi, certo, avrebbe potuto tirare un calcio, ma probabilmente ciò gli sarebbe costato una gola squarciata.
-Bravo bambino.- furono le parole seguenti che giunsero alle orecchie dell'uomo, parole roche e sussurrate, un cupo mormorio dall'oltretomba. -So che sei intelligente e impari in fretta. Ora, andrà tutto bene, devi solo dirmi dove si trova.-
Lucien rimase in silenzio, solo il respiro pesante a fendere l'aria e il silenzio tombale della notte, la figura di fronte a lui non emetteva un singolo suono, nemmeno un respiro.
Il tecnico rimase in silenzio cercando di ignorare il dolore che pulsava lungo tutta la mano sinistra, il braccio e la spalla, arrivando a pulsargli nella testa. Non sapeva di cosa quell'uomo stesse parlando e non aveva intenzione di parlare.
-Oh, Lucien, mi deludi così. So che sai a cosa mi riferisco, il gioiello che hai raccolto qualche sera fa, il rubino.-
Il tecnico chiuse gli occhi, quasi a voler buttar fuori quella voce fuori dalla sua testa. Era quasi come se non gli stesse parlando direttamente, come se in realtà quella terribile voce ipotizzante risuonasse nei meandri della sua mente come una sinistra melodia. Aveva qualcosa di strano, era una voce...non c'erano aggettivi per descriverla, era una voce non umana.
-Lucien, Lucien, cosa stai nascondendo?-
Non avrebbe dovuto dare il gioiello a quelle due ragazzine, era ovvio che due giovani non perdevano collanine nelle quinte di un'Opera ed era anche ovvio che se così fosse stato non l'avrebbero cercato di notte. Perché si era lasciato ingannare da un po' di gentilezza e un paio di occhioni verdi?
-Mi sto arrabbiando, chi ha il mio rubino?- ribadì la voce, il tono più severo che melenso e la tonalità un poco più elevata.
Silenzio. Non le avrebbe tradite mettendo in pericolo due giovani innocenti, se fosse morto almeno sarebbe finito nella tomba qualcuno che avrebbe vissuto abbastanza e non due ragazze appena affacciate alla vita.
-Dove si trova?!- fu l'urlo che squarciò l'aria, il tono furioso rimbombò nelle orecchie del tecnico che, subito dopo, urlò lui stesso di dolore mentre una nuova fitta gli percorreva la mano sinistra, subito seguita da un piccolo tonfo sul pavimento. Questa volte il dolore fu tanto forte da non potergli impedire di urlare, inarcando la schiena mentre cercava di staccarsi dal muro peggiorando solo le cose e squarciando ulteriormente il palmo della mano, schizzando sangue sul muro e sulla faccia dell'individuo incappucciato che gli aveva appena tranciato il mignolo della mano.
Lucien rimase in silenzio, sbattendo la nuca contro il muro mentre cercava di calmarsi, i denti stretti in una morsa per tentare di lenire il dolore sfogandolo altrove. Non doveva parlare, non poteva parlare, non voleva parlare.
Inaspettata fu la reazione dell'uomo di fronte, al posto di tranciargli un altro dito, urlargli contro o picchiarlo si limitò a ridere. La risata che raggiunse le orecchie di Lucien fu qualcosa di tanto maligno e allo stesso tempo divertito da fargli venire i brividi.
-Tutto bene?- fu il grido incerto di un uomo che provenne dal fondo del corridoio, attirato dall'urlo emesso dal tecnico pochi secondi prima. Mentre egli si avvicinava la figura di fronte a lui estrasse qualcosa dalla tasca posandolo accanto al suo dito mozzato che giaceva a terra senza posa.
-Io so già tutto.- disse infine la figura mentre si allontanava dall'altra parte del corridoio, la guardia che stava arrivando di corsa dalla parte opposta non l'avrebbe mai raggiunto in tempo. -Ma tu sei un bravo ragazzo Lucien, hai superato la prova e mi piacerebbe trattenermi con te, ora le bambine mi aspettano però.-
Detto ciò sparì nelle tenebre dove le torce non spandevano chiarore, tutto nel lasso di brevi secondi nonostante a Lucien sembrassero passate interminabili e dolorose ore.

-Che diamine...- mormorò l'uomo che lo raggiunse, non una guardia  o almeno non una persona vestita da guardia, addosso degli abiti da viaggio e non una divisa.
Maurice non poteva lamentarsi apertamente del posto dove lavorava, certamente non era il massimo per fare carriera, anzi, solitamente non gli si richiedeva troppo e poteva vivere in una relativa tranquillità, non pensava che dopo essere stato via per meno di una settimana al suo ritorno avrebbe ritrovato il luogo andato in scatafascio. Sapeva dell'omicidio della ballerina e del probabile assassino che si aggirava per l'Opera, anche se era abbastanza convinto quella parte potesse essere una messa in scena per attirare l'attenzione della stampa, di certo non si aspettava di ritrovarsi in una tale situazione appena arrivato.
-Merda, mi senti?- fu la domanda che pose all'uomo di fronte a lui, lasciando cadere a terra le proprie valigie e squadrando gli occhi azzurri del tecnico sgranati ad osservare il nulla in un chiaro stato di shock.
-Sto via qualche giorno e va tutto a puttane.- borbottò il nuovo arrivato, un apparente calma che non gli apparteneva in tale situazione, mentre analizzava la mano cercando di capire se sarebbe stato opportuno estrarre il coltello oppure sarebbe stato meglio aspettare qualcuno di competente che non avrebbe causato ulteriori danni. Di certo la ferita non era buona e nemmeno lo stato dell'uomo che sembrava totalmente sotto shock, quasi in stato vegetativo in quel momento, ma perlomeno immobilizzato com'era si reggeva in piedi da solo.
Maurice sentiva già dei passi avvicinarsi in lontananza e fu abbastanza sicuro che non sarebbe stata la cosa migliore farsi ritrovare lì da solo con un uomo mezzo morto impossibilitato a dire che non era stato lui ad aggredirlo. Diede una pacca veloce sulla guancia del tecnico, cercando di risvegliarlo, non ottenendo nessun risultato se non un piccolo sussulto.
-Amico, senti i passi che si stanno avvicinando in coppia?- domandò prima di indietreggiare, pronto ad andarsene a gambe levate solo dopo aver raccolto le proprie valigie. -Sono guardie, ora andrà tutto bene, ti aiuteranno loro, chiaro?-
Aveva già abbastanza guai di per sè e non voleva di certo anche venir accusato di tentato omicidio, indietreggiò pronto ad andarsene quando pestò su un piccolo rialzo duro rispetto al pavimento, qualcosa che scivolò lontano dalla suola della propria scarpa come se fosse fatto di burro. Chinando il capo mentre si allontanava non poté fare a meno di notare una strana carta che attirò la sua attenzione, costringendolo a fermarsi nonostante non volesse farsi trovare dalle guardie in avvicinamento. Era solo uno stupido tarocco che, per qualche strano motivo lo incuriosì fin troppo, portandolo a chinarsi come ipnotizzato dalla figura colorata dal volto affilato, affascinante ed inquietante allo stesso tempo. Trattenne il fiato e una smorfia di disgusto quando notò che il bordo della carta era macchiato di sangue ed un dito mozzato si trovava accanto ad esso. La carta gli era famigliare in un modo che non avrebbe saputo spiegare.
-Fermo o apriamo il fuoco!- gridò una voce alle sue spalle, interrompendo il suo movimento e facendolo sussultare.
-Avrei dovuto restarmene da mia nonna.-

Poco lontano passi silenziosi si allontanavano con l'aiuto delle tenebre, la seconda preda era stata marchiata e un sinistro piacere pervadeva l'animo di una delle creature più oscure che la notte avesse mai concepito. Quale scopo muoveva una tal mente malata? Quale perverso proposito muoveva quei passi? Qual era il sangue che avrebbe macchiato ulteriormente quelle mani adunche?
Ma chiunque potesse anche solo distrattamente porgere un orecchio ai corridoi dell'Opera in quella notte avrebbe potuto udire il sinistro canto che si levava in essi, una melodia dall'ipnotizzante cadenza ma da parole tanto infantili da far pensare alle rime di una malefica filastrocca.
-Vira, vira uccellino verso l'alba, trema, trema bambino mentre la cicala canta, tieniti stretta la vita, la caccia non è ancora finita.-

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